LA VOCAZIONE DI UN CARMELO TERESIANO CHIAMATO A VIVERE IN DIALOGO CON DIO E CON I FRATELLI!

Epistolario 5


351. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Valladolid, 20 novembre 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. La presente non è di mia mano, perché oggi ho scritto molto ad Avila e ho la testa stanca; ieri avevo scritto una lettera a vostra paternità servendomi, per l’invio, della signora donna Giovanna Dantisco, e prima gliene avevo scritto un’altra ben lunga per la stessa via. Piaccia a Dio ch’essa abbia più fortuna nell’arrivare là di quanto non ne abbiano quelle di vostra paternità per giungere qui – qualora le abbia scritte –, perché io sarò molto preoccupata finché non saprò se è arrivato bene. Le scrivo ora, affinché sappia che esiste un corriere tra qui e lì; non manchi di scrivermi servendosi di questo mezzo. Sto bene, grazie a Dio, e anche la sorella Maria di san Giuseppe non ha più febbre.

2. Ciò che le dicevo nella lettera di ieri è la storia di don Francesco che ci ha tutte sbalordite. Si direbbe proprio che ne abbiano demolito la personalità per rifare di lui un altro uomo. Non mi stupisco del suo comportamento verso i parenti, ma mi stupisco che Dio abbandoni così una creatura che desiderava servirlo. I suoi giudizi sono davvero straordinari. Mi ha fatto gran pena la vista di lui. Si occupa attivamente degli affari inerenti ai suoi beni, a cui tiene molto, ed ha tanta paura di trattare con scalzi e scalze che non credo desideri vederci, me per la prima. Dicono ch’egli affermi di temere d’essere ripreso dal desiderio che aveva. Da ciò si vede la gran tentazione di cui è preda. Supplico vostra paternità di raccomandarlo a Dio e di averne pietà. Cerca di sposarsi, ma non fuori di Avila. Sarà un matrimonio ben povero, affinché non gli manchino dispiaceri. Il fatto che vostra paternità e il padre Nicola l’abbiano lasciato solo tanto presto deve aver influito molto sulla sua decisione; quella casa di Pastrana, poi, a mio giudizio, non dev’essere allettante. Mi sono, peraltro, liberata da un gran peso.

3. Si torna a parlare della costruzione della cappella; ieri il padre fra Angelo mi ha scritto a questo riguardo. Tutto mi è causa di stanchezza. Egli non è mai andato a Madrid, e ora va a S. Paolo de la Moraleja. Dice che il Generale gli ha mandati gli atti del Capitolo. Il padre fra Pietro Fernández non è morto, ma sta malissimo. Qui, la maggior parte delle consorelle sono in buona salute e desiderano notizie di vostra paternità. La segretaria e la madre Ines di Gesù le baciano le mani.

4. Siccome penso che sarà preoccupato per quello che si è pagato a Godoy, sappia che ho dato ordine perché lo si faccia passare come un prestito, e così si è ridotto quel ch’egli mi doveva, ch’era più di questo. È passato il Mattutino ed è la vigilia di Nostra Signora della Presentazione, giorno che non dimenticherò, perché in esso ha avuto luogo il tumulto, quando vostra paternità ha presentato il Breve nel Carmelo di là. Dio la protegga e le dia quella santità di cui io lo supplico, amen. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

5. Dio voglia che questo scritto sia leggibile, considerata la fretta con cui vi si è dato corso. Francesco è assai disturbato: ho saputo che ha un gran mal di stomaco e di testa, e il cuore debole. Per me è stata proprio una grazia di Dio che non abbia preso l’abito. Egli ha detto ripetutamente ad Avila che nessuno lo sforzava a farlo. Le dirò, padre mio, ch’io ho sempre temuto quello che ora vedo. Non so da che cosa ciò venga, ma ho provato un senso di sollievo nel non dovermi occupare di lui, benché egli dica che per il matrimonio non si discosterà dalla mia volontà. Ma ho paura che non sarà affatto felice; pertanto, se non fosse per non voler sembrare sdegnata di quanto è avvenuto, lo lascerei perdere.

6. Se vostra paternità vedesse le lettere che mi ha scritto da Alcalá e da Pastrana, resterebbe stupito della gioia e della fretta che manifestava nel chiedermi di adoperarmi a fargli dare l’abito. Indubbiamente è stato preda di una violenta tentazione, anche se io non gli ho parlato in merito a ciò, perché soffriva molto e il suo congiunto era presente. Deve avere anche vergogna. Dio lo emendi e protegga vostra paternità. Secondo me, con i santi sarebbe stato santo. Spero in Dio che si salverà, perché teme di offenderlo.

7. La compagna di vostra paternità, suor S. Bartolomeo, le si raccomanda molto ed ha viva preoccupazione e desiderio di sapere come le è andata in quei viaggi e senza di noi, perché qui ce la passiamo così male senza vostra paternità, che ci sembra d’essere rimaste in un deserto. Suor Casilda della Concezione si raccomanda a vostra paternità.

8. Nostro Signore ci conservi vostra paternità e ci permetta di vederla presto, amen, padre mio. Non le dico di più per non stancarla. L’indegna serva e suddita di vostra paternità, Anna di San Bartolomeo.

9. Se vostra paternità saprà qualcosa del buon fra Bartolomeo di Gesù, ce ne dia notizia, perché sarà per me una gran consolazione.

 

352. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Valladolid, 21 novembre 1580

Originale e autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe, a Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia, amen. Ho vivo desiderio d’avere notizie della salute di vostra reverenza. Per amor di Dio, la controlli di continuo, perché ne sono molto preoccupata. Mi faccia sapere come si sente e quale consolazione tragga dalla presenza del nostro padre Gracián; a me è di conforto pensare al sollievo che per vostra reverenza sarà averlo lì adesso, disponibile in ogni circostanza. Io sto meglio, grazie a Dio. [2]. Vado riprendendomi, anche se non mi mancano motivi di sofferenza con le mie continue malattie e le preoccupazioni sempre presenti. Mi raccomandino a Dio, e lei mi scriva che cosa devo fare di quei fogli che mi ha inviati, visto che non valgono nulla per la riscossione del denaro. Pensi a una soluzione possibile, e cerchi di trovare qualche religiosa per pagare il denaro necessario a costruire la cappella voluta da mio fratello, lavoro a cui ormai non si può più evitare di dare inizio. Io, qui, non ho alcuna risorsa, il che mi rincresce molto; non posso far altro che raccomandare tutto a Dio, perché vi ponga il rimedio che occorre, avendo il potere di farlo.

3. Degli affari dell’Ordine non c’è ora nulla di nuovo da dire; quando ci saranno novità, le sapranno dal nostro padre Gracián. Mi raccomando molto a tutte le consorelle. Piaccia a Dio che godano della salute ch’io auguro loro.

4. Le ho già scritto che chi le deve il denaro a Toledo la tira molto in lungo; è uditore dell’arcivescovo, e non so che cosa si potrà cavare da lui, se non ci si riesce con le buone. Nel caso che il padre Nicola, quando andrà lì, volesse fermarvisi un po’ di giorni e chiarire la cosa con lui, forse si otterrebbe qualche risultato. Io avevo pensato di poter fare qualcosa a tale riguardo, se fosse andato in porto il progetto religioso di Francesco, ma tutto mi sfuma tra le mani. Lo faccia Dio com’è nelle sue possibilità e le dia la salute di cui io lo supplico.

5. Visto che c’è un corriere ordinario per questa città, non tralasci di scrivermi, servendosi di lui, e avvisi nostro padre di fare altrettanto; la madre sottopriora mi dica come sono i loro rapporti con lui, s’egli sta bene, e mi scriva di tutto lungamente, perché vostra reverenza non si stanchi.

6. Per carità, stiano molto attente, visto che hanno in casa qualcuno a cui sembra molto ciò che non è niente. E mi dicano come sta quella poveretta, e anche il padre priore di Las Cuevas. Faccia sì che nostro padre lo vada a trovare, e gli mandi molti saluti da parte mia, come anche al padre Rodrigo Alvarez, del cui ricordo mi sono molto rallegrata. La mia testa non mi permette di scrivergli. Mi dica come sta suor San Girolamo. A lei e a suor San Francesco, molte cose. Oggi è il giorno della Presentazione di Nostra Signora. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

Preghino molto per gli affari dell’Ordine.

 

353.Alla M. Anna dell’Incarnazione, a Salamanca

Valladolid, primi di dicembre 1580

Autografo: Carmelitani Scalzi di Burgos

1. Gesù. – Dopo aver scritto una lettera che vostra reverenza riceverà, il padre García Manrique mi ha inviato questa che le accludo; riguardo a quanto egli in essa chiede, non c’è da indugiare né c’è ragione di temere: vostra reverenza, dunque, lo faccia; quando ho scritto la lettera, stupita della novità della loro decisione, ho pensato che da parte di Pietro de la Banda fosse state richieste di una scrittura e che il padre García Manrique non ne fosse stato avvisato; pertanto le chiedo d’informarmi se c’è qualche altra novità. Ma per fare quello ch’egli ora chiede, non vedo alcun inconveniente – né ce lo vedono la madre Ines di Gesù né la priora – perché si tralasci di farlo subito. E anche se qualche inconveniente vi fosse, basta che sia ormai stabilito l’accordo; non ci è sembrato, infatti, troppo bello che ci abbiano mancato di parola i gentiluomini di Salamanca, tanto da essere indotti a imitarli.

2. Siccome mi dilungo nella lettera a cui alludo, non dico di più, se non che Dio conceda a vostra reverenza molto amore per Lui. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

354.A d. Lorenzo de Cepeda (figlio), a Quito

Valladolid, 27 dicembre 1580

Autografo parziale: Carmelitane Scalze di Peñaranda (Salamanca)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei, figlio mio. Creda pure che sono molto afflitta dal doverle dare in questa mia assai cattive notizie. Ma considerando che le saprà da qualche altra parte e che nessuno potrà informarla altrettanto bene della consolazione inerente a una così grande prova, preferisco che le sappia da me; se, infatti, riflettiamo bene sulle miserie di questa vita, dobbiamo godere della gioia di cui godono coloro che già stanno con Dio.

2. È stata volontà di nostro Signore chiamare a sé il mio buon fratello Lorenzo de Cepeda due giorni dopo la ricorrenza di S. Giovanni, quasi all’improvviso, in seguito a un vomito di sangue, ma si era confessato e comunicato proprio il giorno di S. Giovanni. E credo che sia stata una grazia, dato il suo temperamento, non avere più tempo, perché, per quanto si riferisce alla sua anima, io so bene come sempre sarebbe stata pronta: proprio otto giorni prima mi aveva scritto una lettera in cui mi diceva di aver ben poco da vivere, anche se ignorasse esattamente il giorno della sua morte.

3. È morto raccomandandosi a Dio come un santo; perciò, in base alla nostra fede, possiamo ritenere che sia rimasto poco o nessun tempo in purgatorio. Anche se, infatti, è stato sempre, come lei sa, servo di Dio, adesso lo era in modo tale che non avrebbe voluto più occuparsi di cose della terra; e, salvo ritrovarsi con persone che gli parlavano di Sua Maestà, tutto il resto lo stancava a tal punto, ch’io avevo molto da fare per consolarlo; pertanto, per essere in una più grande solitudine, se n’era andato a La Serna, dove è morto o, per meglio dire, ha cominciato a vivere. Ché s’io potessi scrivere qualche particolare sulla sua anima, lei capirebbe l’obbligo di gratitudine che ha verso Dio per averle dato così buon padre, e quello che ha di vivere in modo da mostrarsi degno figlio di lui. Ma per lettera non si può dire di più, se non che lei deve consolarsi e credere che da dove sta può farle più bene di quanto non gliene farebbe stando sulla terra.

4. Mi lascia molto sola, più di ogni altro, e altrettanto è per la buona Teresita di Gesù, anche se Dio le abbia dato tanta saggezza che ha sopportato tale perdita come un angelo, quale effettivamente è, ottima religiosa e felice di esserlo. Spero in Dio che somiglierà a suo padre. A me non sono mancate preoccupazioni, come quella di vedere lo stato in cui si trova ora don Francesco, che è rimasto assai solo, perché lei sa che abbiamo pochi parenti.

5. È stato così sollecitato a sposarsi in Avila, ch’io temevo che avesse da prendere in moglie chi non gli conveniva. Dio ha voluto che il giorno della Concezione si sposasse con una nobile di Madrid che è orfana di padre. La madre desiderava tanto questo matrimonio che ne siamo rimasti stupiti, perché, essendo chi è, avrebbe potuto sposarsi assai meglio. Quantunque la dote sia poca, nessuna di quelle a cui avevamo pensato ad Avila avrebbe potuto portargli altrettanto, anche volendolo.

6. La sposa si chiama donna Orofrisia; non ha ancora quindici anni; è bella e molto saggia. Si tratta, dico, di donna Orofrisia de Mendoza y Castilla. La madre è prima cugina del duca di Alburquerque, nipote del duca dell’Infantado e di altri molti signori titolati. Infine, sia da parte di padre, sia da parte di madre, dicono che nessuno in Spagna la superi per nobiltà. In Avila è imparentata col marchese di Las Navas, con quello di Velada e, più strettamente, con la moglie di don Luigi, parente del sacerdote Rubí.

7. Le hanno dato quattromila ducati. Egli mi scrive d’esser molto contento, il che è la cosa principale. A me fa piacere che donna Beatrice, sua madre, sia donna di tanto valore e saggezza che potrà governarli entrambi e che si adatterà, per quanto si dice, a non spendere molto. Donna Orofrisia ha solo un fratello, che detiene il maggiorasco, e una sorella religiosa. Se il fratello non avesse figli, il maggiorasco verrebbe ereditato da lei. Sarebbe una cosa possibile.

8. Io non vedo altro difetto in questa circostanza tranne il poco che don Francesco possiede; i suoi beni sono così carichi di debiti che, se non gli si manda al più presto da lì ciò che gli è dovuto, non so come potrà vivere. Pertanto faccia, per amor di Dio, quanto le è possibile. Poiché Egli va dando loro tanto onore, non manchi di che sostenerlo.

9. Fino ad oggi don Francesco si è dimostrato assai virtuoso, e spero in Dio che continuerà ad esserlo, perché è assai buon cristiano. Piaccia a Lui ch’io senta le stesse notizie di vostra grazia. Vede bene, figlio mio, che tutto finisce, mentre è eterno, destinato a non aver fine il male o il bene che faremo in questa vita.

10. Pietro de Ahumada sta bene, e così mia sorella e i suoi figli, anche se versano in estremo bisogno, perché erano aiutati molto da mio fratello, che Dio abbia in gloria. Recentemente è stato qui don Gonzalo, suo figlio. Vuol molto bene a vostra grazia, come altre persone che lei ha tratto in inganno circa la buona opinione che hanno di lei, perché io vorrei vederla migliore. Piaccia a Dio che ora lo sia e Sua Maestà le dia la virtù e la santità di cui lo supplico, amen.

11. Vostra grazia potrà inviare le lettere al monastero delle religiose di Siviglia, di cui è priora la stessa che lo era quando io mi trovavo lì, ove tutte le lotte sono finite assai bene, grazie a Dio. Scrivo la presente dal monastero di Valladolid. Questa priora bacia a vostra grazia le mani , e io quelle di quei signori e quelle signore nostri parenti. Teresa di Gesù.

 

355. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Valladolid, 28 dicembre 1580

Autografo e originale: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe del Carmine, a Siviglia.

1. Gesù Maria. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia, sperando che Sua Maestà le abbia dato un così santo Natale come io lo volevo per lei. Avrei vivo desiderio di scriverle questa lettera di mia mano, ma la mia testa e le molte mie occupazioni, essendo in procinto di partire per la fondazione di Palencia, non me lo permettono. Vostra reverenza ci raccomandi a Dio perché voglia che ciò serva grandemente al suo servizio.

2. Sto meglio, grazie a Dio, e consolata di sapere che anche vostra reverenza stia rimettendosi. Per amor di Dio, si controlli accuratamente e si guardi dal bere, poiché sa quanto male le faccia. L’infuso di rabarbaro è stato di gran giovamento per due consorelle che avevano tali enfiagioni: lo prendevano per più mattine di seguito; ne parli col medico e, se gli sembrasse a proposito, lo prenda.

3. Ho ricevuto entrambe le sue lettere: in una mi parlava della gioia che aveva per la presenza lì del nostro padre Gracián. Io sono felice di questa sua gioia e del fatto che abbia qualcuno da cui attingere riposo e prendere consiglio, perché è molto tempo che soffre tutto da sola.

4. Nell’altra lettera vostra reverenza parlava dell’affare delle Indie; mi sono rallegrata di sapere che lei abbia laggiù qualcuno che possa occuparsene convenientemente, perché non c’è altra soluzione per il monastero di Salamanca, e se non arrivasse nulla prima della scadenza del termine in cui le religiose devono abbandonare la casa, ci vedremmo in un grosso guaio. Pertanto, per amor di Dio, vostra reverenza si adoperi con tutto l’impegno perché sia consegnato quel plico, ov’è contenuto il contratto fatto per la vendita della casa; se per caso colui al quale è destinato il plico fosse morto, vostra reverenza scriva a quelle persone di cui parla affinché trattino l’affare; anche se si danno le lettere a coloro cui sono indirizzate, essi possono ugualmente occuparsene, e forse lo faranno con più calore del destinatario, e avranno cura d’inviarci con sollecitudine una risposta: è molto importante per noi. Vostra reverenza deve, quindi, raccomandarglielo e aggiungere alle lettere che invierà questa copia del contratto che le accludo; se, poi, è necessario inviarne una personalmente a ciascuno di loro, ne faccia fare altre copie e le unisca alle lettere; preghino Dio, poi, che arrivino là e che questo affare si concluda.

5. Per quanto vostra reverenza dice dei denari della cappella, non si affligga se non potrà inviarli tanto presto, perché gliene ho scritto solo per l’uso a cui servono.

6. Con la sua ho ricevuto anche la lettera dalle Indie. Vostra reverenza raccomandi ugualmente la consegna di quella che le accludo per mio nipote don Lorenzo.

7. Il mio vivo ricordo alla madre sottopriora e alle consorelle, lieta che stiano ormai bene: si rendano conto che non sono state tra le più svantaggiate dalla sorte, a giudicare da quanto è accaduto qui e da quanto siano state lunghe le malattie. Io ancora non sono riuscita a ristabilirmi del tutto.

8. La lettera indirizzata a Lorenzo non dev’essere unita al plico, perché i luoghi sono lontani fra loro, ma vostra reverenza deve cercare qualcuno che vada in quella città o provincia o non so che cosa. Stia attenta, figlia mia, a far le cose bene. Nel plico è contenuta un’altra memoria degli accordi per la casa. Non può immaginare le sofferenze di quelle religiose e le prove che hanno subito. Vostra reverenza scriva a don Lorenzo, indicandogli dove deve indirizzarle la lettera, quando scriva, cioè a quella casa di San Giuseppe, perché forse non se ne ricorda: dica che dei denari che vostra reverenza deve pagare, mio fratello ordina che gli si faccia una cappella a San Giuseppe, dov’è sepolto. Non li mandi a don Francesco, ma a me, che gliene farò rilasciare ricevuta, perché temo che non abbia a spenderli in altra cosa, specialmente ora ch’è sposato. Non vorrei per nulla affliggerla, ma cerchi di ottenere che le diano tale somma certe religiose di cui nostro padre mi scrive che devono entrare lì. Io vorrei che disponessero di un orto più grande, affinché Beatrice avesse di che occuparsi maggiormente. Non posso sopportare questo dar credito a quando dice (Dio, certo, non può ingannarlo e la sua anima dovrà pur pagare), poiché davanti a tutti sosteneva le sue false testimonianze e altre cose ancora che mi sono state scritte: o dicono la verità le consorelle, o lei.

9. Dia tutto il mio ricordo a Rodrigo Alvarez e al buon priore di Las Cuevas. Oh, che piacere lei mi fa nel manifestargli affetto! Molti saluti al buon Serrano e a tutte le mie figlie. Dio me la conservi. Non tralasci di domandare dell’infuso di rabarbaro, ch’è un rimedio già sperimentato. Oggi è l’ultimo giorno delle feste di Natale. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù. . ANNO 1581

356. A don Pietro Giovanni de Casademonte, ad Alcalá

Palencia, primi di gennaio 1581

Autografo: Parrocchia del S. Salvatore, Ejea de los Caballeros (Saragozza)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei e le dia la salute spirituale e corporale di cui tutte lo supplichiamo (di questo abbiamo assidua cura, e non c’è ragione di ringraziarcene perché le siamo molto obbligate), e lo stesso chiediamo per la signora donna Maria. Mi raccomando molto alle sue preghiere; nostro Signore la ricompensi delle notizie così buone come son quelle che sempre mi dà.

2. Ora sto aspettando ogni giorno le altre che ancora mi mancano e che logicamente non possono mancare. Sono ben sicura che lei non verrà meno alla premura di farcele avere presto. certo, è per noi motivo di lodare nostro Signore la sua infaticabile elargizione di favori e carità.

3. Ho già scritto a vostra grazia d’aver ricevuto il plico del nostro padre Provinciale fra Angelo e di avergli risposto. Ora torno a scrivergli. Per carità, se non fosse lì, vostra grazia gli faccia avere le lettere con gran cura, quando ci sarà un corriere. Non c’è bisogno di ritirare la risposta; se egli non gliela manderà, non c’è ragione di chiedergliela.

4. Io non sono stata molto bene per i soliti acciacchi. Ora sto meglio e sono felice di pensare alla gioia che avranno quei miei padri. Piaccia a nostro Signore ch’io li veda completamente soddisfatti, e che ciò sia per il suo maggior servizio.

5. Supplico vostra grazia, quando veda il signor Giovanni López de Velasco, di dirgli che ieri ho ricevuto la sua lettera per la via di Valladolid, ma che qui giungono meglio col corriere ordinario, perché il capocorriere è mio amico: farò quello ch’egli mi chiede. Io credo che qui ci sia ora ben da fare per alcuni giorni, ma anche se così non fosse, non ho l’intenzione di andarmene, se l’obbedienza non me lo impone, fino a che non veda la conclusione dei nostri affari. Vi provveda Dio che lo può, e protegga vostra grazia dandole la pace temporale e spirituale di cui io e tutte Lo supplichiamo.

6. La madre Ines di Gesù si raccomanda alle orazioni di vostra grazia. Per questa volta le perdoni che la presente non sia scritta di sua mano; io sono stata felice di aver la possibilità di scriverle con la mia, e così vorrei far sempre. Da Palencia, in questa casa di San Giuseppe. Serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

357. Al Padre Giovanni di Gesù, Roca, a Pastrana

Palencia, 4 gennaio 1581

Autografo: Carmelitane Scalze di Siviglia

Per mio padre, il maestro fra Giovanni di Gesù, a Pastrana.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza. Lei mi dà una grande gioia ogni volta che mi dice di star bene. Sia lodato Dio che ci fa tante grazie. Io vorrei servire vostra reverenza nel cercar di ottenere la lettera dell’arcivescovo a cui lei si riferisce, ma sappia che non ho mai parlato né poco né molto a sua sorella né la conosco; inoltre vostra reverenza sa bene in che conto l’arcivescovo abbia tenuto la mia lettera, quando lei, andando a Roma, mi ha incaricata di scrivergli, e io sono assai nemica d’importunare chiunque, se ciò non può servire a nulla, tanto più che non passerà molto tempo circa la richiesta della sua autorizzazione per la fondazione di Madrid. Sarebbe mio vivo desiderio di poter fare ben più di questo per una persona a cui tanto si deve, ma non vedo certamente come.

2. Quanto a ciò che vostra reverenza mi dice delle costituzioni, il padre Gracián mi ha scritto d’aver avuto segnalate le stesse cose che sono state dette a lei, ed egli ha lì nelle sue mani gli appunti delle monache. Tutto quello che dovrà essere oggetto di nota è così poco, che si potrà darne presto l’avviso, e bisognava trattarne prima con le loro reverenze, perché ciò che mi sembra conveniente da una parte, dall’altra mi appare pieno d’inconvenienti; pertanto non riesco a prendere una decisione. È assai necessario mettere ciò bene a punto, affinché per causa nostra non ci sia alcun ritardo.

3. Mi scrive ora il signor Casademonte ch’è stato dato ordine da chi può farlo, d’interdire al Tostado qualunque ingerenza negli affari degli Scalzi, il che va molto bene. È una cosa straordinaria la cura di questo suo amico nel darci qualunque buona notizia e informarci di tutto. Certo, gli dobbiamo molto.

4. La dote di cui, come vostra reverenza mi scrive, dispone quella postulante mi sembra poca, per il fatto che consiste in un podere, che forse, al momento della vendita, varrà molto meno e sarà pagato tardi e male; pertanto non mi decido a farla andare a Villanueva, perché lì hanno più bisogno di denaro, essendoci più monache di quante ne vorrei. Il padre fra Gabriele mi ha scritto per propormi una sua parente, ch’è più giusto prendere, anche se non ha tanto, perché a lui dobbiamo molto. Quando ho scritto nei riguardi della prima, non mi avevano dato la lettera in cui si parla di quest’altra. Vostra reverenza non se ne occupi più, ché lì troveranno chi sia più adatta al caso loro: se vogliono sovraccaricare le nostre case, è meglio che sia nella stessa città.

5. Siamo partite da Valladolid il giorno degli Innocenti, per venire qui, a fondare il monastero di Palencia. La prima Messa è stata detta la festa del re David, molto in segreto, perché temevamo che potesse sorgere qualche opposizione, ma il buon vescovo di qui, don Alvaro, aveva negoziato tutto così bene che non solo non c’è stato alcun ostacolo, ma non c’è nessuno in città che non faccia altro se non rallegrarsi, nella certezza che la nostra presenza in questo luogo vi attirerà il favore di Dio. È la cosa più straordinaria ch’io abbia mai visto. Mi sembrerebbe un brutto segno se non pensassi all’opposizione che c’è stata prima, da parte dei molti i quali lì ritenevano che non era bene fare una fondazione qui; pertanto io sono stata assai pigra a venire, finché il Signore non mi ha illuminata un po’ e dato più fede. Credo che sarà una delle migliori case che sono state fondate e di maggior devozione, perché l’abbiamo comprata vicino a un romitorio di nostra Signora, nel posto migliore della città, dove convergono tutti quelli del luogo e della regione, animati da grandissima devozione, e il Capitolo ci ha permesso di aprire una grata nella chiesa, cosa che è stata stimata come una grande concessione. Tutto si fa in grazia del vescovo, circa il quale non ci sono parole per dire tutto quello che gli deve quest’Ordine e la cura che si prende di quanto lo riguarda. Ci dà anche il pane necessario.

6. Ora stiamo in una casa che un gentiluomo aveva dato al padre Gracián quando è stato qui. Presto, con il favore del Signore, passeremo nella nostra. Le assicuro che tutti loro si rallegreranno quando vedranno le comodità che qui abbiamo. Dio sia lodato per tutto.

7. L’arcivescovo mi ha dato già la licenza per la fondazione di Burgos. Quando avremo finito qui, se Dio vuole, faremo quella fondazione; il luogo è troppo lontano per tornare qua da Madrid; temo anche che il padre Vicario non dia la sua autorizzazione per fondare a Madrid, e io vorrei che prima di andarvi giungesse il nostro dispaccio. Sarà opportuno stare col freddo dove il freddo è così intenso e col caldo dove il calore è più forte per soffrire un po’, e inoltre criticata dal padre Nicola, le cui mormorazioni proprio mi divertono, perché ha ragione da vendere.

8. Per carità, vostra reverenza gli dia la presente, affinché sappia di questa fondazione e ne sia resa lode al Signore; se, infatti, raccontassi tutte le cose che si seguono qui, loro ne sarebbero compresi di devozione, ma ciò mi stancherebbe. Il romitorio ha un legato di due Messe giornaliere, e se ne dicono molte altre. La gente che di solito vi si reca è così numerosa da crearci qualche difficoltà.

9. Per carità, se vostra reverenza trovasse da quelle parti un messaggero per Villanueva, faccia sapere a quel convento come si è fatto questo. La madre Ines di Gesù ha lavorato molto. Io non servo a nulla, tranne per il rumore che fa il nome di Teresa di Gesù. Dio si serva di tutto e protegga vostra reverenza.

10. La madre Ines le si raccomanda molto; io, a tutti quei miei fratelli. Domani è la vigilia dell’Epifania.

11. Tre canonici si sono prestati ad aiutarci, specialmente uno di essi, ch’è un santo: si chiama Reinoso. Lo raccomandi a Dio, per carità, e al vescovo.

12. Tutte le persone ragguardevoli ci favoriscono molto. Il fatto è che in generale la gioia della gente è qualcosa di straordinario. Non so dove tutto ciò andrà a finire. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

358. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Palencia, 6 gennaio 1581

Originale e autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù Maria. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia, amen. Mi fa una gran carità con le sue lettere, a tutte le quali ho risposto prima di partire da Valladolid, inviandole anche la documentazione relativa all’affare di Salamanca. Credo che, quando le giungerà la presente, vostra reverenza l’avrà ricevuta. Abbiamo bisogno di tutto il suo impegno perché la risposta giunga in tempo. Dio vi provveda come richiede la necessità, e dia a vostra reverenza la salute ch’io le desidero. In questa lettera non me ne dice nulla, e fa male, perché sa la preoccupazione in cui sono. Dio voglia che stia meglio.

2. Ci ha molto divertito ciò che le vecchie dicono di nostro padre, e lodo Dio del bene che opera con le sue prediche e la sua santità; essa è tale che non mi sorprende la sua influenza su quelle anime. Vostra reverenza mi scriva di ciò, ché avrò molto piacere di esserne al corrente. Dio lo conservi com’è necessario per noi; pertanto ha ragione di dire ch’egli deve porre un freno alle sue prediche, le quali, essendo così numerose, potrebbero nuocere alla sua salute.

3. Per quanto riguarda i duecento ducati che vostra reverenza dice d’inviarmi presto, ne sarò felice per cominciare i lavori di cui mio fratello (che Dio abbia in gloria) ha lasciato ordine, ma non li invii a Casademonte né servendosi del padre Nicola (questo che le dico lo tenga per sé: potrebbe darsi che ne facesse uso là e che venissero a mancarmi qui); vostra reverenza li mandi piuttosto a Medina del Campo, se dispone lì di un mercante conosciuto a cui poter inviare una lettera di credito; è il modo più sicuro per far pervenire il denaro e senza alcuna spesa; altrimenti, a Valladolid; se no, mi avvisi prima d’inviarli, affinché le dica io la via per cui devono giungerci.

4. Io sto discretamente, ma così occupata in visite, che, anche se avessi voluto scriverle di mio pugno questa lettera, non mi sarebbe stato possibile.

5. Le accludo la relazione di ciò ch’è avvenuto in questa fondazione, perché per me è motivo di lodare Dio la vista di quel che succede qui, e della carità, dell’affetto, della devozione di questa città. Siano rese grazie a Dio del favore che ci fa, e lo ringrazino tutte le consorelle, a cui presenti molti saluti da parte mia. Quelle di qui si raccomandano alle preghiere di vostra reverenza, in particolare la segretaria, che è rimasta molto consolata di godere della sua benevolenza, perché la raccomandi a Dio, cosa di cui ha molto bisogno.

6. Scrivo a nostro padre la ragione per cui non voglio che quei denari siano rimessi in altre mani all’infuori delle mie. Sono così stanca dei parenti dopo la morte di mio fratello, che non vorrei con essi alcuna discussione. Le assicuro che mi dà gran pena quanto mi scrive nostro padre della carestia di quel paese, perché non so come vivano, anche per il fatto che debbono pagare ora quel denaro, ch’io vorrei piuttosto venisse loro dato. Dio vi provveda e dia la salute a vostra reverenza, perché con essa si sopporterà tutto, ma vederla in così cattive condizioni, e nel bisogno, mi affligge grandemente. Temo che il clima di quel paese le faccia male, e non vedo una soluzione perché possa uscirne. Il Signore la trovi, Egli che ha ben udito la sua preghiera di sottoporla a prove.

7. Dica a suor San Francesco che non mi passa per la mente d’essere inquieta con lei; ne sono, invece, così compiaciuta che mi rincresce di saperla tanto lontana. Mi ricordi a tutte, con la madre sottopriora. E resti con Dio, visto che questa mia testa m’impone d’esser breve, altrimenti dovrei rimproverarla, perché quello che dice al padre Nicola mi ha fatto ridere; da una parte vedo che ha bisogno di prendere religiose, dall’altra noi, qui, sappiamo per esperienza quale gran fatica comporti il non essere poche e quanti inconvenienti ne seguano. Dio voglia condurgliene una come quella ch’è morta, per sistemare tutto, e mi protegga vostra reverenza. Oggi è l’Epifania.

8. Con l’ultimo corriere ho mandato le lettere delle Indie: mi dicono che fra García de Toledo, a cui sono indirizzate, sta per tornare; è necessario, pertanto, che vostra reverenza raccomandi lì a qualcuno quel plico, nel caso che Luigi de Tapia (perché ce ne sono indirizzate anche a lui) fosse morto. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

359. A donna Giovanna de Ahumada, ad Alba de Tormes

Palencia, 13 gennaio 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei, sorella mia. Ho vivamente desiderato di sapere come sta e come ha trascorso il Natale. Mi creda, ne sono passati molti senza ch’io abbia avuto così presenti lei e la sua casa, per farne oggetto di raccomandazione a nostro Signore, e anche affliggermi delle sue pene. Sia benedetto, Egli che non è venuto al mondo se non per soffrire; poiché so che chi ne seguirà meglio l’esempio in questa via, osservando i suoi comandamenti, avrà maggior gloria, mi sono di gran consolazione le sofferenze, anche se preferirei che le prove penose toccassero a me e che vostra grazia ne avesse il premio, o vivere là dove potessi intrattenermi con lei, ma, poiché il Signore dispone le cose in altro modo, sia benedetto per tutto.

2. Io sono partita da Valladolid il giorno degli Innocenti per venire in questa città di Palencia, con le mie compagne e un gran cattivo tempo, ma non sto peggio di salute, anche se non mi mancano molti acciacchi; siccome, però, non ho febbre, posso sopportarli.

3. Dopo due giorni ch’ero qui, di notte, ho posto la campanella e si è fondato il monastero del glorioso San Giuseppe. È stata così grande la gioia in tutta la città che ne sono rimasta stupita. Credo che in parte ciò sia dovuto al fatto di vedere che si fa piacere al Vescovo, il quale è molto amato qui, e ci favorisce grandemente. Le cose procedono in modo da farmi sperare in Dio che questa casa sarà tra le migliori.

4. Di don Francesco non so altro se non quanto mi ha scritto da poco sua suocera, cioè che gli hanno cavato sangue due volte. È molto soddisfatta di lui ed egli di loro due. Pietro de Ahumada dev’essere quello meno soddisfatto, da quanto mi ha scritto, perché don Francesco credo voglia restare con sua suocera e non sarà possibile che Pietro de Ahumada vada lì. Peccato vedere come non riesca a trovar pace. Mi ha scritto che stava ormai bene e che per l’Epifania sarebbe andato ad Avila per vedere come riscuotere il denaro di Siviglia, perché non gli danno niente. Più da Madrid mi danno notizie di questo matrimonio, più vedo che dobbiamo esserne soddisfatti, specialmente per quello che dicono della saggezza e del valore morale di donna Orofrisia. Dio li protegga e dia loro grazia per servirlo, perché tutte le gioie della terra hanno presto fine.

5. Se lei manda la lettera alla madre priora di Alba perché la invii a Salamanca, arriverà sicuramente, essendoci un corriere abituale. Per carità, non tralasci di scrivermi, ché ben me lo deve in questi giorni, in cui avrei preferito non aver tutti loro così presenti alla memoria.

6. Dica al signor Giovanni de Ovalle di ritenere questa lettera come indirizzata a lui; desidero sapere come sta. Mi ricordi alla signora donna Beatrice. Dio li conservi e li renda così santi come io lo supplico di fare, amen. Oggi è il 13 gennaio.

7. Non tralascino di scrivere a don Francesco, com’è giusto; non ha colpa di non aver loro comunicato il matrimonio, perché è avvenuto in modo tale che non ce n’è stato il tempo. La madre Ines di Gesù sta bene e si raccomanda a loro vivamente. La serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

360. Alla M. Anna dell’Incarnazione, a Salamanca

Palencia, gennaio 1581

Autografo: Carmelitane Scalze di Clamart, Seine (Francia)

Per la madre priora di San Giuseppe di Salamanca.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza. Mi rincresce molto che si portino via da quella casa le religiose di cui si compiace vostra reverenza, ma non se ne può fare a meno, e, poiché le si toglie chi le causa inquietudine, abbia pazienza e le raccomandi a Dio affinché riescano ad adempiere bene lo scopo per cui sono chiamate, e quella casa non perda il buon nome che le hanno conferito le consorelle che provengono da essa. Spero che sarà così, perché assai buone religiose restano con loro.

2. Mi sembra che vostra reverenza soffra ancora delle sue indisposizioni. È molto che Dio ci faccia la grazia che possa stare in piedi; si abbia riguardo, per amor di Dio. Piaccia a Lui ch’io riesca a vederla fuori di quella casa, che mi è causa, le assicuro, di molta preoccupazione. Sua Maestà vuole certo che vostra reverenza patisca in tutti i modi. Sia per tutto lodato, e la ricompensi dei limoni: il giorno prima stavo così male, che mi hanno fatto gran piacere, come anche il velo, perché quello che portavo sulla cuffia era per fissarvelo sopra, e quelli che vostra reverenza mi dà sono assai belli. Ciò malgrado, mi faccia la carità di non inviarmi nulla finché io non glielo chieda; preferisco che spenda il denaro per curarsi.

3. In questa fondazione tutto procede così bene che non so dove si andrà a finire. Preghino nostro Signore di darci una buona casa, perché non vogliamo più il romitorio. Ce ne sono molte buone e molti che se ne occupano, e il vescovo non cessa di favorirci. Per carità, lo raccomandino a Dio, come tutti quelli che ci aiutano.

4. Se io non dovessi scrivergli, vostra reverenza mandi un biglietto a fra Domenico, perché sappia di questa fondazione, anche se mi sforzerò di farlo; altrimenti gli dica tante cose da parte mia.

5. Mi è piaciuta molto tutta la perfezione con cui ha agito per provvedere le consorelle, cosa che non tutte fanno, e ne ha avuto ben ragione, specialmente per Isabella di Gesù, a cui si deve tutto. Ella sembra contenta.

6. Siccome sia lei, sia le altre le diranno ciò che c’è da dire, e io devo scrivere ancora altre lettere, aggiungo solo che nostro Signore me la protegga e le dia tutta la santità di cui io Lo supplico, amen. I messali sono assai belli, e la quantità è tale che non so quando noi potremo compensarla. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

Il padre maestro Díaz darà a quei miei padri Domenicani le accluse lettere; vostra reverenza gliele raccomandi.

 

361. A donna Giovanna Dantisco, a Madrid

Palencia, gennaio 1581 (?)

Ieri ho ricevuto una lettera da Valladolid. Nostra sorella Maria di San Giuseppe sta molto bene ed è assai contenta e allegra. Della mia Isabella di Gesù mi scrivono cose di cui c’è da rendere lode a Dio. E vostra grazia lo faccia, perché ha lì due angeli che la raccomandano sempre a Sua Maestà.

 

362. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Palencia, 17 febbraio 1581

1. … mi fa Macario, che non credo sappia nascondere la sua tentazione. Se fra Gabriele restasse a La Roda – l’ho già scritto a vostra reverenza –, credo che sarebbe molto importante per quella casa di religiose. Ne è stata loro comprata un’altra – dicono assai buona – nel centro del paese. Ma sono preoccupata perché credo che non abbiano la vista del paesaggio né terreno intorno. Vostra reverenza gliene chieda informazioni come cosa di sua iniziativa, e sia gentile con lui, perché è un brav’uomo e ha buone qualità, e se si mostra un po’ ostile a vostra paternità, credo che lo faccia perché è geloso che lei ami altri più di lui.

2. Ho pensato anche che se vostra reverenza restasse come Provinciale, dovrebbe cercare di prendersi per compagno il padre Nicola; sarà molto importante, infatti, che siano insieme al principio – anche se di ciò non parlo al Commissario –, perché siccome il padre fra Bartolomeo è così malato che non può tralasciare di mangiare carne, alcuni lo vedono già di malocchio. Almeno al principio le assicuro che il padre Nicola farebbe proprio al caso; egli è di buon senso per tutto, e una persona che ha sofferto a causa di altri come vostra reverenza, sarà ben felice di stare con chi non le darà motivo di sofferenza.

3. Mi raccomandi molto al padre fra Bartolomeo che credo, dev’essere ben stanco per il temperamento di vostra reverenza che non si concede mai riposo; c’è di che ammazzare se stesso e chi l’accompagna. Mi sono ricordata sempre del brutto colore che aveva un anno fa, durante la Settimana Santa. Per amor di Dio, non si affanni tanto a far prediche in questa quaresima e non mangi pesci che possono essere assai nocivi, perché anche quando non se ne accorga, poi sta male e vengono le tentazioni.

4. Sappia ch’è sempre in ballo la questione della cappella di Sancio Dávila, e il parere di uomini dotti è che, malgrado questo, resta il diritto all’eredità, ma credo che ci sarà un processo. Io ho detto che fino alla nomina del provinciale non bisogna occuparsene. Gliene parlo qui – anche se sembra fuor di proposito – perché sarà necessario che vostra reverenza avvisi chi verrà eletto di non far nulla prima di andare là per esaminar bene la cosa, essendo molto importante per quella casa, perché Sancio Dávila dà già molto, ed esse hanno tanto bisogno di questa cappella ch’io credo dovrebbe farsi, ma occorre vedere le condizioni e molte altre cose di cui è necessario trattare con me.

5. Qui ci va sempre meglio, grazie a Dio. Siamo in parola per una casa assai buona, mentre quella che sta presso il romitorio di Nostra Signora non lo era, oltre a costare molto; pertanto non l’abbiamo presa. Quest’altra è in ottima posizione. Io sto meglio del solito come tutte le consorelle. Suor San Bartolomeo le invia molti ossequi, e così Ines di Gesù. Questa dice di ritenere che, per quanto vostra reverenza fugga dalla presente tribolazione, le preghiere delle Scalze otterranno che la debba affrontare. Il Signore indirizzi le cose come vostra reverenza può meglio servirlo. Il resto poco importa, anche se causi molta sofferenza.

6. Per voler essere breve, guardi un po’ che risultato! Non so, infatti, parlare poco come vostra reverenza. Ho discusso a lungo con Mariano sulla tentazione ch’egli ha di eleggere Macario perché me lo ha scritto. Io non capisco quest’uomo, né voglio intendermi con nessuno a tale riguardo, tranne con vostra reverenza. Pertanto tenga per sé quel che le ho scritto in merito a ciò, essendo molto importante. E non tralasci di far ricorso a Nicola: che capiscano  che lei non vuole la carica per sé; in verità non so come, in coscienza, si può dare il voto, fra quelli che stanno là, ad altri che a loro due.

7. Ho mandato la sua lettera ai monasteri. Le religiose sono tutte assai contente, e io più di tutte. Manderò a vostra reverenza quelle ch’esse manderanno, se ricevesse messaggi da altra parte, ascolti quanto le sembra opportuno, altrimenti non ne tenga conto. Dio la protegga e le dia tutta la santità di cui lo supplico, amen. Oggi è il 17 febbraio.

8. Se ci verrà in mente qualche altra cosa per questi monasteri, avviserò vostra reverenza; i lavori del Capitolo, d’altronde, non finiranno così presto da non lasciarcene il tempo. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

363. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá (?)

Palencia, metà febbraio (?) 1581

1. Gesù sia con vostra reverenza, amen. Da questa lettera vostra reverenza vedrà quello che si soffre ad Alba a causa della sua fondatrice. Le religiose cominciano ad averne paura, perché ha fatto loro prendere postulanti, e devono trovarsi in una gran miseria, né vedo un rimedio efficace per ridurla alla ragione; bisogna che vostra reverenza s’informi di tutto.

2. Non dimentichi vostra reverenza di lasciare ovunque l’ordine riguardante i veli e di precisare le persone a cui va riferito ciò ch’è detto nelle Costituzioni, affinché non sembri che voglia gravare la mano su di esse. Io temo, infatti, maggiormente la perdita, per loro, della gran gioia con cui Nostro Signore le guida, che non tutto il resto, perché so che cosa sia una religiosa scontenta, e finché non daranno occasioni più frequenti di quelle date finora circa la mancata osservanza della Regola, non c’è ragione di render più pesanti le esigenze a cui si sono impegnate.

3. Non c’è mai alcun motivo di vedere senza velo i confessori né i religiosi di nessun Ordine, e molto meno i nostri Scalzi. Si potrebbe chiarire ch’è consentito nel caso in cui, mancando del padre, hanno uno zio che si cura di loro, o persone di strettissima parentela, perché allora la cosa è in se stessa ragionevole, o se si tratta di parlare con una duchessa o contessa, persone di alto rango; in conclusione, quando non può esserci un pericolo, ma un vantaggio. E qualora non si tratti di casi come questi, non si apra; se poi, si verifica una circostanza che presenti dubbi, se ne parli al Provinciale e gli si chieda l’autorizzazione: qualora non la dia, non lo si faccia mai. Non vorrei certo che il Provinciale la desse con facilità. Per le cose che riguardano l’anima, ritengo che si può parlare senza aprire il velo; vostra reverenza vedrà il da farsi.

4. Desidero vivamente che alle religiose di Alba si presenti qualche postulante che porti qualcosa per pagare ciò che si è speso nei lavori eseguiti. Dio indirizzi le cose secondo la necessità. Qui stanno così bene che ne hanno di troppo: mi riferisco a quanto è esteriore, perché per la gioia interiore ciò che hanno serve a poco: è più viva nella povertà. Sua Maestà ce lo faccia capire, e renda vostra reverenza un gran santo, amen. L’indegna serva e suddita di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

364. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Palencia, fine di febbraio 1581

Autografo incompleto: Carmelitane Scalze del Corpus Christi di Alcalá (Madrid)

1. Ritengo molto importante il fatto di stabilire per sempre che non siano vicari delle religiose i confessori: è una condizione così fondamentale per queste case che, pur essendo cosa di gran conto il confessarsi dai nostri padri, come vostra paternità dice e io stessa vedo, sopporterei che si resti come si sta e non lo si possa fare, anziché accettare che ogni confessore sia vicario. Ciò presenta molti inconvenienti, come dirò a vostra paternità quando la vedrò. La supplico di fidarsi di me a questo riguardo: al tempo della fondazione di San Giuseppe vi si rifletté a lungo, e una delle ragioni per cui alcune persone, me compresa, ritennero ch’era bene porla sotto la giurisdizione dell’Ordinario, fu di evitare ciò. Diversamente, ne seguono grandi inconvenienti, come io ho saputo, e per me ne basta uno solo: l’aver visto chiaramente che se il vicario ha piacere di stare con una delle consorelle, la priora non può impedirgli di parlottare quanto vuole con lei, essendo il superiore, circostanza da cui derivano mille guai.

2. Per questo motivo e per molti altri è ugualmente necessario che non siano soggette nemmeno ai priori. Capita che qualcuno sappia ben poco: egli darà ordini che agiteranno tutte, perché non ci sarà nessuno come il mio padre Gracián; dobbiamo, inoltre, considerare i tempi che verranno, visto che abbiamo ormai tanta esperienza, e togliere di mezzo le occasioni; il più gran bene, pertanto, che si possa fare a queste religiose è che non parlino con il confessore se non per fargli ascoltare i loro peccati; quanto a vegliare sul raccoglimento, basta essere confessori per darne avviso ai Provinciali.

3. Ho detto tutto questo nell’eventualità che qualcuno, fors’anche lo stesso padre commissario la pensi diversamente, il che non credo che avverrà, perché in molti luoghi i padri del suo Ordine confessano le religiose e non sono vicari. Tutta la nostra esistenza dipende dal togliere di mezzo le occasioni affinché non ci siano questi infausti devoti, che rovinano le spose di Cristo; bisogna sempre pensare a quanto di peggio può accadere per eliminare l’eventualità di tale pericolo, perché è qui dove il demonio s’introduce senza che ce ne accorgiamo. Sia questo, sia prendere un gran numero di religiose, son le cose di cui temo sempre che debbano condurci alla rovina; pertanto supplico vostra paternità di adoperarsi attivamente perché questi due punti siano stabiliti in modo ben fermo nelle Costituzioni. Me lo faccia come favore personale.

4. Non so perché ci dica di tacere ora su quanto riguarda la confessione ai frati, quando vede come siamo legate alla costituzione del padre fra Pietro Fernández, e riconosco ch’è cosa necessaria. Nemmeno capisco perché vostra reverenza non debba parlare di quanto si riferisce a noi. Le assicuro che nella mia lettera è sottolineato in modo tale il bene che ci arreca con le sue visite, ed è la verità, che può ben trattare di qualunque cosa voglia per farci un favore; ben lo deve a queste religiose alle quali costa molte lacrime. Anzi, io vorrei che non ne parlasse nessun altro all’infuori di vostra reverenza e del padre Nicola, perché ciò che riguarda le nostre Costituzioni o quando deciderà per noi non è necessario trattarlo in Capitolo né informarne gli altri: solo fra me e lui ne trattò, infatti, il padre fra Pietro Fernández (che Dio abbia in gloria), e anche se a vostra reverenza alcune delle otto cose da me poste in principio sembrano di poca importanza, sappia che ne hanno molta; pertanto vorrei che non ne togliesse nessuna; trattandosi di religiose, io posso aver voto, perché ho visto molte cose che son causa di rovina per loro, pur sembrando di poca importanza.

5. Sappia che volevo mandare a supplicare il padre priore e commissario di nominare maestri e presentati quelli dei nostri padri che avessero la preparazione adatta a ciò, essendo necessario per alcuni motivi e per evitare di dover rivolgersi al Generale, ma, visto che vostra reverenza dice che non ha altro mandato se non quello di assistere al Capitolo e redigere la costituzione, ci ho rinunziato.

6. Sembra che non abbiano concesso tutto quello che si era chiesto, mentre sarebbe stato assai utile per non dover recarsi a Roma nel giro di alcuni anni. Sarà necessario che scriva subito al Generale, per informarlo di quanto accade, una lettera molto umile, ove si dichiarerà tra i suoi fedeli sudditi, com’è giusto. Vostra reverenza scriva anche a fra Angelo – ché glielo deve – ringraziandolo del bene che le ha fatto e pregandolo di considerarla sempre come suo figlio; e curi di farlo!

7. Ora parliamo del fatto che lei mi dice d’augurarsi di non essere eletto né confermato; a questo riguardo scrivo al padre commissario. Sappia, padre mio, che nel mio desiderio di saperla libero vedo chiaramente come influisca più il grande amore che le porto nel Signore che il pensiero del bene dell’Ordine: da quest’amore procede la mia naturale debolezza che mi fa tanto soffrire nel vedere come non tutti comprendano quanto debbano a vostra reverenza e quanto lei abbia lavorato, che non posso sopportare d’udire una sola parola contro di lei; ma, ciò malgrado, guardando ai risultati, ha più forza il bene generale. Eppure se vostra reverenza si accompagnasse sempre al padre Nicola, mi sembra che, qualora fosse eletto, si otterrebbe l’uno e l’altro scopo. Capisco bene, però, che questa prima volta sarebbe assai preferibile a tutti i fini che la carica fosse affidata a lei, e pertanto dico questo al padre commissario. Altrimenti, bisognerebbe eleggere il padre Nicola, con vostra reverenza per compagno, per l’esperienza che ha e la conoscenza delle persone, frati e monache. Gli dico che la mancanza di quest’esperienza è il motivo di non ritenere adatto alla carica Macario. Di tutto gli do buone ragioni e gli dico che il padre fra Pietro Fernández era di questo parere, pur desiderando molto ch’egli governasse per vari plausibili motivi; ma quale danno farebbe ora!

8. Gli ho fatto anche il nome di fra Giovanni di Gesù, perché non sembrasse che mi limitavo a due soli, anche se ho detto la verità dichiarandogli che non possiede doni per governare – infatti, a mio giudizio, gli mancano –, ma che, avendo per compagno uno di loro due, potrebbe anche passare, perché intende la ragione e domanderebbe consiglio. Sono convinta che se vostra paternità andasse con lui, egli non si allontanerebbe minimamente da ciò che lei gli dicesse, e pertanto adempirebbe bene l’incarico. Ma sono sicura che non avrà voti. Il Signore indirizzi le cose come risulti meglio per la sua gloria e il suo servizio; spero che lo farà, visto che ha fatto il più. È una gran pena…

 

365. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Palencia, fine febbraio 1581

1. … Vostra paternità dia il mio vivo ricordo al padre fra Antonio, e gli dica che la lettera ch’io gli ho scritto non meritava di restare senza risposta, che non voglio scrivergli perché mi sembra di parlare con un sordomuto, che dev’essere ben contento d’inviare al padre Mariano parte del frutto dei suoi poderi: mi auguro che servano per nutrire quei padre meglio del solito. Affermo a vostra paternità che se non si pone rimedio dappertutto a questo inconveniente, si vedrà dove si andrà a finire; non si dovrebbe trascurare di dar ordini in merito, perché Dio non mancherà mai di far avere il necessario. Se si darà loro poco, poco Egli darà.

2. Per amor di Dio, vostra paternità si sforzi di ottenere che ci sia la massima pulizia nei letti e nella biancheria da tavola, anche se si debba spendere di più, perché è una cosa terribile la mancanza di essa; concretamente vorrei che fosse stabilito nelle Costituzioni e credo perfino che non basterebbe, tanto essi sono…

3. Oh, che pena mi procurano questi indirizzi con l’appellativo di «reverenda»! Vorrei, infatti, che vostra paternità abolisse il titolo per tutti i suoi sottoposti, visto che non è necessario per sapere a chi va la lettera. È fuor di proposito fra noi, a mio giudizio, onorarci con parole che si possono evitare…

4. … Vostra paternità emani dovunque l’ordine dell’uso del velo, per carità. Dica che lo hanno chiesto le stesse Scalze, com’è vero, per quanto si viva in raccoglimento…

5. … Piaccia a Dio, padre mio, che non incolga così gran male a queste case da trovarsi prive di vostra paternità, perché è oltremodo necessario per loro un governo assai scrupoloso e la presenza di chi comprenda ogni cosa. Il Signore veglierà su di esse: sono sue serve…

 

366. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Palencia, 21 febbraio 1581

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Ho ricevuto la lettera che mi ha scritto da Alcalá e mi sono molto rallegrata di tutte le notizie che in essa mi dà, specialmente del fatto che stia bene. Sia lodato Dio, che mi usa così gran misericordia, dopo tanti suoi viaggi e tanti travagli. Io sto bene.

2. Ho scritto a vostra paternità attraverso due vie e le ho inviato i miei memoriali, per darmi l’aria d’essere qualcuno. Mi ero dimenticata di quel che ora scrivo nell’acclusa lettera per il padre commissario. Vostra paternità la legga, giacché la mando aperta per non stancarmi a ripetere qui le stesse cose, la sigilli con un timbro che sembri il mio e gliela consegni.

3. La priora di Segovia mi ha fatto notare la libertà di cui godiamo d’avere predicatori da qualunque parte, cosa ch’io avevo omessa, ritenendola acquisita. Ma non dobbiamo badare, padre io, a quelli che vivono ora, e invece pensare che un giorno possano subentrare in qualità di superiori persone che si oppongano a queste come a molte altre cose. Pertanto vostra paternità ci faccia la carità di adoperarsi molto perché resti ben chiaramente stabilito, con l’autorità del padre commissario, sia questo, sia quanto gli ho scritto l’altro giorno, perché s’egli non lo fa, bisognerà cercar di ottenerne la precisazione da Roma, considerata la grande importanza ch’io vedo in ciò per queste anime e per la loro consolazione, e conoscendo le enormi afflizioni che regnano nei monasteri dove sono assai vincolate in fatto di libertà spirituale; un’anima che è oggetto di costrizione non può servire bene Dio, e il demonio trova così la via di tentarla, mentre quando sono libere, spesso non fanno nessun caso della libertà né vogliono usufruirne.

4. Io vorrei che se il padre commissario può correggere le Costituzioni e porre in quelle che si faranno disposizioni opportune, togliesse certe cose e aggiungesse quelle che ora chiediamo. Ma questo non lo farà nessuno se vostra paternità e il padre Nicola non se lo prendono molto a cuore; inoltre, come vostra paternità dice, e io credo d’averglielo scritto nella mia lettera, dei nostri affari non bisogna rendere partecipi i frati, né il padre Pietro Fernández lo ha mai fatto. Tra lui e me si svolse l’accordo sugli atti ch’egli pose in esse, e non faceva nulla senza dirmelo. Gliene sono riconoscente.

5. Se si potessero rifare le Costituzioni o toglierne qualcosa, vostra paternità abbia cura di ciò che riguarda le «calze di stoppa o di bigello»: non si precisi né si dica altro se non che le religiose possono portare calze, perché altrimenti non finiscono di farsene uno scrupolo. E dove si parla di «cuffie di rozza tela di cotone», si dica «di tela». Se le sembra opportuno veda di togliere la prescrizione del padre fra Pietro Fernández di non mangiare uova né far refezione con pane (non sono mai riuscita a farlo recedere da essa); basta, a questo riguardo, attenersi all’obbligo imposto dalla Chiesa, senza aggiungervene altri, perché le religiose si creano scrupoli e ciò è loro nocivo, non credendo, quelle che ne sono dispensate, di poterlo fare.

6. Ci è stato detto che ora nel Capitolo generale si sono emanati molti ordini riguardanti le preghiere e che ci saranno due ferie alla settimana. Se si potesse farlo, bisognerebbe ottenere che non fossimo obbligate a tanti cambiamenti, ma che continuassimo a pregare come ora. Vostra paternità si ricordi anche i molti inconvenienti per gli Scalzi di alloggiare sempre, dove ci sono i conventi dell’Ordine, insieme con i Calzati. Se fosse possibile, si dovrebbe dire che qualora ci fosse un altro luogo dove potessero stare con assoluta edificazione, non vadano presso costoro.

7. Nelle nostre Costituzioni è detto che i monasteri devono esser poveri e non possono aver rendita. Siccome ormai vedo che sono tutti sulla via di averla, guardi se non sia bene togliere quest’articolo e tutto ciò che nelle Costituzioni vi si riferisce, affinché non sembri a chi li veda che abbiano subito un così rapido rilassamento, o che il padre commissario dichiari che, dandone licenza il Concilio, possono averla.

8. Io vorrei che queste Costituzioni si stampassero, perché presentano differenze, essendoci priore che, senza attribuire importanza a quello che fanno, nel trascriverle tolgono e aggiungono di loro iniziativa. Che si stabilisca come norma fondamentale la proibizione per chiunque di sopprimere o aggiungere nulla, in modo che non ci sia possibilità di equivoco. Per tutte queste piccole cose vostra paternità faccia come meglio crederà, intendo dire che si occupi di quanto ci riguarda. Così anche il padre Nicola, affinché vostra paternità non resti isolato, e lo stesso padre fra Giovanni di Gesù credo che s’interesserà con amore di quanto ci riguarda. Io vorrei dilungarmi di più, ma è quasi notte: verranno a prendere le lettere e devo ancora scrivere agli amici.

9. Mi ha ispirato profonda devozione quello che promette d’essere per le Scalze se verrà eletto provinciale. Almeno, lei sarà un vero padre, e certo devono essergliene ben grate. E se lei dovesse vivere sempre ed esse non dovessero mai trattare con altri che con lei, alcune delle cose che chiediamo sarebbero del tutto inutili. Come si struggono dal desiderio che lei risulti eletto Provinciale! Credo che niente potrebbe renderle più felici. Dio ce la conservi. Tutte le si raccomandano. Oggi è il 21 febbraio. Io, vera figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

10. Mi hanno portato gli acclusi memoriali; quando avrò gli altri, li manderò. Non so se vadano bene; certo, era proprio necessario l’ordine di vostra paternità che passassero per le mie mani. Dio la protegga. Solo quello della sua amica Isabella di S. Domenico è ben fatto, e lo mando così com’è.

 

367. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Palencia, 27 febbraio 1581

Autografo: Querétaro (Messico); Carmelitane Scalze di Monteverde (Roma) e Antignano (Livorno)

1. Gesù sia con vostra paternità, padre mio. Credo ormai che avrà poco tempo per leggere lettere. Piaccia a Dio ch’io sappia esser breve in questa.

2. Qui acclusi sono i memoriali che mancavano. Vostra reverenza ha fatto bene a dire che anzitutto dovevano essere indirizzati qui con le loro petizioni, perché quel che chiedono le religiose di S. Giuseppe d’Avila è di tal fatta che non manca loro nulla per ridursi come quelle dell’Incarnazione. Sono spaventata di quel che fa il demonio, e la colpa è quasi interamente del confessore, pur essendo egli assai buono; ma ha sempre insistito perché mangino tutte la carne, e questa è una delle loro petizioni. Guardi un po’ che vita!

3. Mi ha dato molta pena vedere quanto sia sviata quella casa e come debba costar fatica riportarla al suo stato, pur essendovi assai buone religiose; per di più chiedono al padre fra Angelo che alcune di loro, la cui salute è cagionevole, possano tenere nelle celle qualcosa da mangiare; e glielo dicono in modo tale che non mi stupirei se glielo concedesse. Guardi un po’ chi mai avrebbe potuto chiedere a fra Angelo una simile cosa! Così a poco a poco si arriva a distruggere tutto. Ecco perché l’articolo che si redigerà – da me richiesto – sulla proibizione ai superiori di autorizzarle a possedere alcunché, dev’essere un’intimazione di una certa forza, anche in casi di religiose malate; solo che l’infermiera deve aver cura di lasciar loro qualcosa per la notte, se ce ne sarà bisogno; ciò, del resto, si fa sempre e con gran carità, se la malattia lo richiede.

4. Mi ero dimenticata d’una cosa, ma le consorelle che mi scrivono me la ricordano: che resti stabilito nel Capitolo quali preghiere le loro reverenze devono dire per ogni religiosa che muoia; in conformità delle loro, diremo le nostre; i padri si limitano a pregare e mi pare che finora non ci dicono la Messa. Ciò che si fa qui è di cantare la Messa e il convento dice l’ufficio dei morti. Credo sia un uso che proviene dalle antiche costituzioni, perché è quanto si faceva all’Incarnazione.

5. Non se lo dimentichi; veda anche se c’è l’obbligo di osservare il Motu proprio circa la proibizione di uscire per recarsi in chiesa o a chiudere la porta. È quanto si deve fare, avendone l’opportunità, anche se non fosse un ordine del papa, perché garantisce la maggior sicurezza; è meglio, pertanto, che sia stabilito ora e, ove non fosse possibile, perché la casa è agli inizi, dire che cosa si deve fare, ma credo che sarà possibile in tutte, quando si sappia che non si può agire diversamente. Per carità, non tralasci di farlo stabilire. Già a Toledo hanno chiuso la porta che dava accesso alla chiesa, e così a Segovia – senza neanche dirmi nulla –; queste due priore sono serve di Dio, piene di riserbo; pertanto io, che non ho le loro qualità, voglio che le sveglino in me. In conclusione, si fa così in tutti i monasteri di clausura.

6. Circa la richiesta di far restare nella nuova casa le religiose che usciranno dal monastero per una fondazione, tranne che non siano elette priore di quella d’origine, se ne parla molto sbrigativamente. Vostra reverenza mi usi il favore di farvi aggiungere «o per altro motivo di rilevante necessità».

7. Mi pare d’avere già scritto a vostra reverenza che sarebbe bene poter mettere insieme tutti gli atti dei visitatori apostolici e le costituzioni, in modo che restassero unificati, perché, siccome in alcune cose si contraddicono, le consorelle di scarsa dottrina non ci capiscono niente. Veda di trovare il tempo, anche se ha molto da fare, di definire questo in modo assai semplice e chiaro, per amor di Dio; avendogliene scritto in tante lettere, temo che possa affogare in esse e dimenticarsi il meglio.

8. Poiché vostra reverenza non mi ha accusato ricevuta di nulla, nemmeno delle mie lettere, sono stata tentata di chiedermi se il demonio abbia ordito qualche trama per non far arrivare nelle sue mani l’essenziale dei miei appunti e le lettere che ho scritto al nostro padre commissario. Se per caso fosse così, vostra reverenza mi mandi subito un corriere privato, che io pagherò, perché sarebbe una cosa grave. Spero bene che sia una tentazione, essendo il corriere di qui nostro amico e avendone raccomandato la massima cura.

9. Sappia che mi hanno detto come alcuni dei votanti siano desiderosi che risulti eletto il padre Macario. Se Dio, dopo tante preghiere, vorrà così, sarà la soluzione migliore; si tratta dei suoi giudizi. Qualcuno di quelli che ora dicono questo, mi è parso ben disposto verso il padre Nicola, e se cambieranno opinione, sarà in suo favore. Dio diriga tutto, e protegga vostra reverenza. Per male che andasse, l’essenziale, ormai è fatto. Sia egli lodato per sempre.

10. Vorrei che vostra reverenza appuntasse su un fogliettino le cose principali che le ho scritto e bruciasse le mie lettere, perché in tanta confusione si potrebbe trovarne qualcuna, e sarebbe grave.

11. Tutte le nostre sorelle si raccomandano molto a vostra reverenza, specialmente le mie compagne. Domani è l’ultimo giorno del mese. Oggi credo sia il 27. Qui va tutto bene, anzi, ogni giorno meglio. Siamo in parola per una casa in assai buona posizione. Ormai vorrei vedermi libera da ciò che mi obbliga a star da queste parti, per non essere così lontana.

12. Veda di non opporsi alla fondazione di S. Alessio, giacché per il momento, anche se resta un po’ fuori mano, non si troverà un posto così buono. Mi è piaciuto molto quando sono passata da lì, e quella donna l’ha pagato con le sue lacrime. Vorrei che questo convento fosse la prima fondazione da farsi, e poi quello di Salamanca, perché sono due buone località. Non pensino di mettersi a scegliere per la presa di possesso, non avendo denaro. In seguito Dio provvederà. A Salamanca le case sono a prezzo d’oro, tanto che non sappiamo a che cosa far ricorso per trovarne una per le religiose. In questo mi credano, per carità, perché ho esperienza; Dio, ripeto, conduce tutto a buon fine. Anche se si tratta di un cantuccio, in simili luoghi è una fortuna poter dare inizio a una fondazione. Sua Maestà concluda tutto com’è necessario per il suo servizio, amen. L’indegna serva e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.

13. Il mio vivo desiderio sarebbe che si facesse subito l’affare di S. Alessio, prescindendo da ciò ch’è essenziale, perché lei potesse avvicinarsi da queste parti. Ma non ci si può muovere senza aver sistemato la questione della licenza con l’abate; il vescovo è già in migliori termini con lui e sua sorella darà la cauzione. Dica da parte mia a quei padri che devono trattare la cosa; ché se in principio perdono molto tempo nella scelta dei luoghi migliori, resteranno a mani vuote.

 

368. A donna Anna Enríquez, a Valladolid (?)

Palencia, febbraio-aprile 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei, amen. Le comunico che ieri il vescovo ci ha mandato dodici faneghe di grano. Poiché l’elemosina è fatta a nome di vostra grazia, è bene che lei lo sappia, nel caso che lo vedesse. La supplico di farmi sapere come sta in questi giorni di così intensa umidità, e se si è confessata per la festa di questo glorioso santo, che è assai grande, ed è giusto che lei debba essergli devota, essendo così amica dei poveri.

2. La signora donna Maria mi ha mandato a dire che no si ritiene pagata del reliquiario finché vostra grazia non me lo dia: ne parla come di cosa propria. A me sembra che anche vostra grazia vi abbia diritto. Poiché è il Signore a doverla ricompensare di questo favore e di tutti quelli che lei ci fa, si renderà ben conto di questo processo e farà emettere un giudizio secondo verità.

3. Sua Maestà la tenga con la sua mano e la guidi per molti anni. La madre priora e queste consorelle si raccomandano alle sue orazioni. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

369. A donna Anna Enríquez, a Valladolid

Palencia, 4 marzo 1581

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con lei. Se, in conformità del desiderio che avevo di scriverle, lo avessi fatto, non avrei aspettato che lei mi facesse il favore d’inviarmi la sua lettera, perché gliene avrei mandato io varie, ma ho avuto tanto da scrivere in questi giorni e tanti affari da sbrigare, con la faccenda della provincia, che, data la mia cattiva salute, non so come mi ha retto la testa.

2. La madre priora Maria Battista mi ha scritto quanto lei si sia rallegrata della grazia che Dio ci ha fatto a questo riguardo, e non era necessario, perché io so che, anche se non si fosse trattato di cosa che riguardava noi, serve devote di sua signoria, bastava che riguardasse il servizio di Dio perché lei ne fosse felice, come persone della sua casa e del suo regno. Le assicuro che per me è stato un gran sollievo; sembra che ci sarà pace da qui in poi, il che è una gran cosa, così quelli che hanno cominciato questo cammino non saranno ostacolati da superiori tanto diversi da loro; essi capiranno quel che devono fare. Il Signore sia per tutto benedetto.

3. Non so quando mi sarà dato vedere che lei abbia una ragione d’esser contenta. Mi sembra che Dio voglia metterle da parte ogni gioia perché sia maggiore quella che avrà nell’eternità che non ha fine; la sua poca salute non è la minor tribolazione. Adesso, con l’arrivo della buona stagione, chissà che non abbia un miglioramento. Vi provveda Sua Maestà che lo può. Io mi son sentita meglio, dopo quel dolore al fianco, ma non so quanto durerà.

4. Qui va tutto molto bene, e ogni giorno si capisce meglio quanto l’abbiamo indovinata a far qui questa casa. C’è gente caritatevole, semplice, senza doppiezze, che mi piace molto, e il vescovo (che Dio lo protegga) è stato quel che ci voleva per noi, perché è incredibile come ci favorisca. Supplico vostra grazia di ricordarsi qualche volta di raccomandarlo a nostro Signore.

5. L’immagine donataci da lei ci è stata di grande onore; è sola sull’altare maggiore ed è così bella e grande che non c’è bisogno di porne lì altre.

6. Abbiamo condotto qui una priora assai buona e religiose che, a mio giudizio, lo sono anch’esse; pertanto la casa è già in condizioni da sembrare fondata da molto tempo. Ciò malgrado, per le cose dell’anima mi sento sola, perché non c’è qui nessuno dei padri della Compagnia ch’io conosca. In verità mi sento sola dovunque, perché prima, anche quando il nostro santo era lontano, sembrava farmi compagnia, visto che potevo comunicargli alcune cose anche per lettera. Infine, siamo in esilio, ed è bene che lo sentiamo.

7. Che ne pensa vostra grazia di come onorevolmente fra Domenico Báñez è riuscito ad avere la cattedra? Piaccia a Dio di conservarcelo, perché me ne restano ben pochi come lui; il lavoro non gli mancherà con tale cattedra, essendo un onore assai gravoso.

8. La supplico di dire molte cose da parte mia alla signora donna Maria. Desidero molto vederla in buona salute, ma le mie preghiere non servono che ad aumentare i travagli; vostra grazia veda da sé se non è così.

9. Se il padre García Manrique sta lì, supplico vostra grazia di dirgli che vorrei molto vederlo qui; ch’egli non mi dimentichi nelle sue preghiere.

10. Non siamo ancora alla fine dell’acquisto di questa casa, e certo vorrei che ciò si facesse presto, perché, se Dio vuole, visto che ormai viene la buona stagione, amerei andare a Burgos,per tornare subito indietro e stare con vostra grazia più lungo tempo.

11. Vi provveda Sua Maestà che lo può e dia a vostra grazia in questo santo tempo molte consolazioni spirituali, poiché sembra tener così lontane da lei quelle temporali. Al signor don Luigi bacio le mani. Supplico Dio di renderlo un gran santo. Da questa casa di San Giuseppe. Oggi è il 4 marzo. L’indegna serva e suddita di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

370. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Palencia, 12 marzo 1581

Autografo: Carmelitane Scalze del Corpus Christi di Alcalá (Madrid)

1. … non dar dispiacere alla priora, perché tiene le sue religiose in grande accordo e non vorrebbe inserire fra loro un elemento di discordia. A Medina ci sono molte sorelle affette da malinconia, e poi, in qualunque sito soffrirebbero molto della sua presenza, né me ne meraviglio, anche se, infine, le religiose debbano aiutarsi a vicenda; non sembra neppure essere adatta per l’inizio di una fondazione; avevo anche pensato di portarla a Burgos, non come fondatrice, ma come penitente; se Dio vuole che quella fondazione si faccia, penso di lasciarvi per priora Ines di Gesù, che preferirebbe di gran lunga Burgos a Madrid, benché accetti le cariche molto a malincuore, e di darle come sottopriora la sottopriora di Valladolid; ciò fa piacere ad entrambe; per concludere, loro due la conoscono e agiranno con prudenza, ma Ines di Gesù se ne affliggerà molto. Vostra reverenza, per amor di Dio, pensi al meglio da farsi; è necessario porre presto rimedio alla situazione, prima ch’ella si perda; finora non è uscita dalla cella ed è bene che non ne esca.

2. Siccome credo che vostra paternità avrà molte occupazioni, non mi sembra conveniente dilungarmi, e per la stessa ragione non ho permesso alla madre priora di scriverle. Vostra reverenza consideri la sua lettera come ricevuta. Le si raccomanda molto; io, al padre Mariano e a tutti gli altri.

3. Se vostra reverenza va a Madrid, desidererei che mi facesse il favore di recarsi a vedere don Francesco e sua moglie, giacché egli, timido com’è, non oserà far visita a vostra paternità (mi ha scritto pieno di gioia per quel che si è fatto), e questo per animarlo a servire Dio e perché non sembri che ne ha orrore, dopo la sua rinunzia a farsi frate. Credo che se la passerà assai male a causa della sua cattiva amministrazione; pertanto dico a vostra paternità ch’è un matrimonio infelice per le donne. Avrei molto desiderato allontanarmi da tutti loro, ma la suocera si è legata a me con tanta amicizia e mi pone tali domande che devo risponderle per forza, il che mi stanca molto. Correva il rischio di rovinarsi del tutto, perché le avevano lasciato intendere ch’egli aveva una rendita di due mila ducati. Io le ho detto la verità, affinché controllino le spese. Il padre fra Angelo è andato subito a trovarli, senza che io gliene avessi rivolto preghiera; pertanto sembrerebbe, come dico, una prova d’inimicizia se vostra reverenza non lo facesse. Nostro Signore la protegga.

4. Abbia cura di non omettere di scrivermi – sa, infatti, quanta consolazione mi dia – e assai lungamente, com’è rimasto Macario, e strappi subito la presente, per carità.

5. Non riusciamo a comprare la casa: se ne tratta. Ho preso due converse, com’ero solita fare, senz’altra licenza che le mie patenti, per non chiederla a chi sarà nostro presidente per tanto poco tempo. Rendo lode a Dio che sia così buono come vostra reverenza mi dice, e che abbia adempiuto così bene il suo incarico. Oggi è il 12 marzo. Di vostra reverenza serva, figlia e suddita, e quanto volentieri!, Teresa di Gesù.

6. Sto bene, salvo i soliti mali. Non trovo la lettera di Giuliana. Tutto ciò ch’ella vuole è di non tornare all’Incarnazione, perché le sembra di riportarsi indietro; dice che se lo ha scritto è perché credeva che lo volessimo la priora e io. non bisogna far caso di quel che dice.

 

371. Alla M. Maria Battista, a Valladolid

Data incerta (Palencia, marzo 1581 ?)

Per mia figlia la madre Maria Battista, Valladolid.

1. … Mi dispiace molto e provo una gran pena nel vedere che il demonio cerca di nuocerci in tutti i modi possibili. Vi provveda nostro Signore e dia salute a vostra reverenza, che ne ha bisogno.

2. Mi ha afflitto la malattia di Maria della Croce. Dio deve volere che vostra reverenza divenga santa, visto che le dà in tante forme di portare la croce. Coloro che soffrono del male ch’ella crede di avere non hanno mai febbre né quelle nausee, ma grandi forze e salute.

3. Le ha fatto molto male l’incomprensione del confessore; io me ne sono resa conto. Vostra reverenza ne informi il cappellano da parte mia e gli dia molti saluti; a Stefania non consenta quel suo isolamento e quella scarsità di nutrimento, se non vuole che le avvenga altrettanto.

4. Mi ha scritto ora donna Anna Enríquez, e ho avuto gran pena dei suoi travagli. Infine, questa è la strada che devono seguire coloro i quali vogliono godere di chi si è posto in essa. Sia Egli con vostra reverenza e me la protegga, amen.

 

372. A don Girolamo Reinoso, a Palencia

Palencia, metà marzo 1581

Autografo: Carmelitane Scalze di Calahorra (Logroño)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Supplico vostra grazia di dire a chi porta questa lettera come ha passato la notte, e se è molto stanco. Io non sono tornata stanca ma solo assai contenta e quanto più penso alla casa, più sono convinta che l’altra non ci conviene, perché il solo cortile ci sarà utile; se poi ci fosse venduta la casetta contigua, le sorelle potrebbero passarvi molti anni bene, anzi molto bene. Supplico vostra grazia che si facciano subito i passi necessari per questa casetta, e se non la si vuol vendere, che ce la diano in affitto per un po’ di anni, essendoci necessaria anche per la donna che ci serve.

2. A Tamayo si potrebbe dire che, comprando soltanto la sua casa, la pagheremmo di più, ma che prendendole tutt’e due non potremo pagare tanto se non con un margine di tempo, perché, se vostra grazia è d’accordo, è meglio non fargli capire ch’essa non ci è piaciuta, ma indurlo a pensare che in avvenire gliela potremo comprare. Una consorella è stata spiritosa quando ha detto che nella Settimana Santa ritorneranno a essere amici, e che pertanto il contratto si dovrebbe concludere subito.

3. La priora e le sorelle baciano le mani di vostra grazia che ha loro cercato una così buona casa. Sono assai contente, e hanno ragione, perché tutto fa molto al caso nostro, ed è una gran cosa per loro vedere di potersi allargare comprando più terreno. Sarebbe una fortuna se, passata la Pasqua, si cominciasse ad abbattere le pareti. Il Signore vi provveda e protegga vostra grazia, come tutte Lo supplichiamo di fare. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

373. A don Alonso Velázquez, a Burgo de Osma

Palencia, 21 marzo 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con la signoria vostra. Pur desiderando di scriverle a lungo, il caso ha voluto che non abbia tempo, anche se quel signore che mi ha portato la sua lettera ed è venuto un giorno a vedermi, non abbia tralasciato di avvertirmi. La signoria vostra mi favorisce in tutti i modi. Le ho scritto per altra via e credo che avrà già ricevuto la mia lettera; presentemente non c’è null’altro di nuovo, all’infuori della complicazione circa una casa, che mi fa temere di dovermi trattenere qui quest’estate.

2. Quanto all’affare di cui la signoria vostra mi scrive, quantunque sembri buono a tutti, io non so se desiderare di vederla fra le difficoltà inerenti a tali iniziative, che sono terribili. Raccomandi ciò al Signore; Sua Maestà indirizzi la cosa a buon fine.

3. Sto bene e sembra che anche gli affari vadano bene. Piaccia al Signore di darle sempre buona salute. Mi fanno tanta fretta che non posso dire di più. Oggi è il martedì della settimana santa. L’indegna serva e suddita di vostra signoria, Teresa di Gesù.

 

374. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid

Palencia, 23-24 marzo 1581

1. Gesù sia con vostra paternità e la ricompensi della consolazione che mi ha dato con queste notizie, specialmente, poi, per avermi fatto vedere il Breve stampato. Manca solo, perché tutto sia a posto, che si stampino le Costituzioni. Dio vi provvederà, perché ben vedo quanto ciò debba esser costato. Per vostra paternità sarà stata una gran fatica dar ordine a tutto. Sia benedetto Colui che le fa dono di tanta abilità per ogni cosa. Quest’affare sembra un sogno; noi, per quanto avessimo voluto darci molto da fare a cercarne la soluzione, non ci saremmo riusciti così bene come ha fatto Dio. Sia lodato sempre per tutto.

2. Ancora non ho letto quasi nulla, perché quel ch’è scritto in latino non lo capisco; occorrerà che ci sia chi me lo spieghi e che passi la settimana santa; ieri, mercoledì delle tenebre, mi hanno dato il plico, e, volendo esser padrona della mia testa per attendere a quell’ufficio, visto che siamo in poche, non ho osato spingermi a leggere più delle lettere. Desidero conoscere dove pensa d’andare vostra paternità da Madrid, perché sarà necessario ch’io sappia sempre in che luogo lei sia, per ogni eventualità.

3. La informo che sono andata e vado tuttora alla ricerca di un casa, qui, ma non se ne trova nessuna che non sia molto cara e con molte manchevolezze; pertanto credo che prenderemo quelle che stanno vicino a Nostra Signora, malgrado i loro inconvenienti; se il Capitolo ci desse certi grandi cortili che son lì, quando, con l’andar del tempo, ci sia di che comprarli, ne faremmo un bel terreno piantato a orto; la chiesa è pronta, con due cappellanie. Il prezzo è stato ridotto di quattrocento ducati e credo che subirà un’ulteriore riduzione. Le assicuro che sono stupita della virtù che regna in questo luogo. Fanno molta elemosina; pertanto basterà solo che le consorelle abbiano da mangiare (essendo forti le spese della chiesa), e credo che questa casa sarà tra le migliori di vostra reverenza. Togliendo certe alte gallerie, dicono che il chiostro risulterà luminoso. Quanto ad abitazioni, ce ne sono più del necessario. Dio vi sia ben servito, e protegga vostra paternità; non è questo il giorno adatto per scrivere più a lungo, essendo il venerdì della Croce.

4. Mi dimenticavo di supplicare vostra reverenza d’una cosa, come dono pasquale; piaccia a Dio che me la conceda. Sappia che, per consolare fra Giovanni della Croce della pena che aveva di vedersi in Andalusia (non potendo sopportare quella gente), gli dissi che, non appena Dio ci accordasse la provincia separata, avrei fatto in modo che venisse da queste parti. Ora mi chiede di mantenere la parola: ha paura d’essere eletto a Baeza e mi scrive di supplicare vostra paternità di non confermare l’elezione. Se è una cosa possibile, è giusto dargli questa consolazione, perché è stanco di soffrire. Certo, padre mio, desidero che si prendano poche case in Andalusia, perché credo che arrecherebbero danno a quelle di qui.

5. Corre voce che la priora di S. Alessio sia pazza di gioia; mi dicono che ha molto garbo nel manifestarla, movendosi, e in qualunque cosa faccia, e tutte queste monache non finiscono di rallegrarsi d’avere un padre come lei. La loro gioia è perfetta. Voglia darcela Dio là dove non avrà fine, e le conceda un’ottima Pasqua, che la prego di augurare da parte mia a quei signori, i quali non mancheranno di passarla felicemente se vostra paternità è lì.

6. Tutte le si raccomandano molto, specialmente le mie compagne. Per il resto mi rimetto alla lettera del padre Nicola. Oh, quanto mi sono rallegrata che vostra paternità abbia così buoni compagni! Desidero sapere che ne è del padre fra Bartolomeo. Sarebbe adatto come priore di una fondazione. Di vostra reverenza figlia e suddita, Teresa di Gesù.

 

375. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Palencia, fine di marzo 1581

Ora, figlia mia, posso dire ciò che disse il santo Simeone, poiché ho visto realizzato nell’Ordine della Vergine nostra Signora ciò che desideravo, pertanto le chiedo e la prego di non domandare ch’io viva, ma che vada a riposarmi, visto che ormai non sono più loro di alcun profitto.

 

376. Ad Antonio Gaytán, ad Alba de Tormes

Palencia, 28 marzo 1581

Autografo frammento: Carmelitane Scalze di Salamanca

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ho ricevuto una lettera di vostra grazia, e le avrei scritto più volte se avessi dato retta al mio desiderio, ma sono stati tanti i lavori e gli affari di questi anni, che ho avuto ben da fare per soddisfare tutti. Sia gloria a Dio che ci ha tirato fuori bene da ogni cosa.

2. Come le dirà la madre priora, io lo lodo per la felicità di cui lei gode nello stato che le ha dato. Piaccia a Lui che sia per il suo servizio, perché, siccome ci sono santi in questo stato come in altri, se vostra grazi non perde l’occasione per sua colpa, sarà così.

3. La lagnanza che circa il resto potrei rivolgere a vostra grazia è di non avermi avvisato non appena ha saputo la diceria; forse si sarebbero potute evitare certe negligenze, per impedire che si giungesse a tanto male quanto il demonio ne ha fatto dando a credere che il male ci sia; e quand’anche fosse vero tutto ciò che quella signora ha immaginato, essendo la dama che è, si sarebbe dovuta comportare diversamente e non diffamare nessuno così, senza alcun freno. Al tribunale di Dio si capirà quello che qui non possiamo giudicare senza recargli grande offesa, poiché là dove esisteva una così grande e così antica amicizia, non c’era ragione, senza malizia, d’infliggere a tale persona una così grave condanna.

4. L’indole di mia sorella è così dolce nei riguardi di tutti che, pur volendolo, non sembra che possa mostrarsi dura con alcuno – è la sua natura –, né io ho mai notato in sua figlia tanta impudenza che lo rendesse necessario, solo, invece, un grande equilibrio.in verità io le ho viste poco, ma mi è toccata una gran parte di pena per le offese che devono esser state fatte a Dio da chi ha tanto alterato la verità. Mia sorella mi giura insistentemente che è una calunnia, e lo credo, perché non è una bugiarda, né alcuno in città dovrebbe trattarla male, ma la sua povertà è la causa per cui tutti la disprezzano, e Dio lo permette perché patisca in ogni guisa, essendo ella davvero una martire in questa vita. Dio le dia pazienza.

5. Le assicuro che, se dipendesse da me, pur trattandosi di calunnia, io toglierei di mezzo le occasioni, ma posso così poco che mi sarebbe possibile solo raccomandarla a Dio, se ne fossi degna. Siccome, però, sono così miserabile, ciò non le è di maggior profitto di quanto vostra grazia vede, né a me è stato di profitto esser sua serva perché vostra grazia, come ho detto, parlasse subito con me di questa faccenda. Il dire ch’io non sono più la solita, non so da che cosa vostra grazia possa arguirlo, perché nulla di quel che la riguarda ha mancato di riguardare anche me, e ho fatto con parole quello che non posso fare con opere, parlando dei suoi meriti, il che è l’assoluta verità. È lei ad essersi allontanato da me in un modo tale da farmi restare stupita. In verità, non merito di più.

6. La madre priora mi ha scritto che vostra grazia le aveva detto di essersi accordato con me per la dote di quell’angioletto che loro hanno in convento. Se così è stato, io non mi ricordo altro se non che vostra grazia mi ha detto di voler dare a lei tutto quanto aveva, e di poterle dare settecento ducati liberi da ogni impegno. E mi ricordo di questo perché, col desiderio che avevo di servire vostra grazia, sono stata felice che la dote fosse così buona, perché il padre Visitatore – ch’era allora il padre Gracián – acconsentisse a dar la licenza; pertanto gliel’ho scritto, adoperandomi come meglio ho potuto per riuscirvi, perché, eccezion fatta per Casilda, Teresita e una sorellina del padre Gracián, non è entrata nessuna bambina in queste case, né io lo avrei consentito. In tutti i monasteri, inoltre, io non ho più il potere che avevo, perché le decisioni vengono prese con i loro stessi voti. In base alle Costituzioni che sono ormai fatte, fino a che non abbia dodici anni non le si può dare l’abito, e prima di sedici anni non può fare la professione, pertanto per ora non c’è da parlarne.

7. Vostra grazia procuri di dare ordine di pagamento di una parte della retta dovuta per gli alimenti, perché, siccome ha altre spese, non potrà dargliela quando vuole; mi dicono che non gliela dà non si sa da quanto tempo, e pensano che sarà lo stesso per la dote. Certo, s’io potessi, le eviterei questa preoccupazione. Nostro Signore le conceda la serenità ch’io le desidero, amen. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

377. Ad una Religiosa

Data posteriore al marzo 1581

1. Circa quanto lei soprattutto chiede, non le posso essere utile in alcun modo, perché abbiamo un articolo delle Costituzioni, voluto da me, che stabilisce di non tenere religiose di un altro Ordine nelle nostre case; quelle che avrebbero voluto e vogliono venirci sono tante che, anche se ci sarebbe di consolazione averne qualcuna, molti inconvenienti c’impediscono di creare un precedente a questo riguardo; pertanto non posso dirle di più, essendo una cosa impossibile, e il desiderio ch’io ho di compiacere vostra signoria in questo caso non serve ad altro che ad affliggermi.

2. Prima che si fosse dato inizio a questi monasteri, sono stata venticinque anni in un convento dov’erano centottanta religiose. E siccome ho fretta dirò soltanto che per chi ama Dio come lei, tutte queste cose saranno una croce utile al profitto della sua anima e non giungeranno a nuocerle, se lei ha l’avvertenza di considerare ch’è sola con Dio in quella casa; finché non avrà un incarico che la obblighi a occuparsene, non badi a niente, ma cerchi solo d’imitare la virtù che vedrà in ciascuna delle consorelle, per amarla a causa di essa, trarne profitto e non curarsi degli errori che scoprirà in lei.

3. Ciò mi è stato così utile che, pur essendo le religiose quante ho detto, non avevano per me più importanza che se non ce ne fosse stata alcuna; mi erano solo di profitto. Perché, infine, mia signora, dovunque possiamo amare questo gran Dio. Sia Egli benedetto, non essendoci nessuno che possa impedircelo.

 

378. A don Girolamo Reinoso, a Burgos

Palencia, 24 aprile 1581

Autografo: Archivio Storico Nazionale di Madrid e Carmelitane Scalze di Tlacopac (Messico)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ho ricevuto la lettera di vostra grazia e ho comunicato al signor canonico Salinas la notizia di don Luigi Osorio, di cui lei parla. Sua grazia dice ch’è collocata proprio in mezzo allo strepito della piazza e circondata da ogni parte da gente volgare; se lei l’ha affittata, non c’è più da parlarne, perché, male che vada, come lei afferma, sopporteremo la prova, ma se ancora non l’ha fatto, resti in attesa e non la prenda finché non si veda se può essercene un’altra che sia in una località più adatta a noi; specialmente se a La Puebla si potessero avere le case di Francesco de Burgos o quelle di Agostino de Torquemada o altre simili a queste, sarebbe una fortuna.

2. Siccome sto scrivendo la presente nel parlatorio, in presenza del signor canonico, non dico altro se non che non si faccia il San Giuseppe per il momento, finché non si veda ciò che accade qui. Le consorelle finiranno questa lettera. Oggi è la vigilia di san Marco. Serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

Alla signora Caterina de Tolosa, mia signora, bacio le mani.

3. … scritta questa lettera, ho parlato con il signor canonico Salinas. Sia a lui, sia al signor canonico Giovanni Rodríguez sembra che per la presa di possesso non c’era casa più adatta di quella della Compagnia; anche prendendone un’altra vicino ad essa forse resterebbero lì, per molte ragioni da loro allegate; aggiungono la raccomandazione che la signora Caterina de Tolosa e vostra grazia vi pongano tutto il loro impegno, visto che a quei signori non importa nulla, altrimenti il padre maestro Ripalda non mi avrebbe spinto a far la fondazione; è molto importante farci questo favore, anche se molto è l’affitto che si dà per essa, poiché sua grazia ci vive da tanto tempo, sarà colpa di codesti miei padri. La gente potrà pensare che la padrona ce l’ha data, se gliene imputassero la colpa; benché dicendo che si tratta d’un tempo breve, nessuno può lamentarsi. Dicono che stando lì saremo più conosciute a Burgos.

4. Infine importa moltissimo che le loro signorie s’impegnino a questo riguardo come possono, per carità; se importasse un po’ a quei miei padri, io nemmeno lo vorrei.

5. Qualora ciò non possa essere, dicono che si cerchi la casa nel quartiere di San Giovanni… la porta di Santa Gadea. Infine, che sia dove c’è gente, perché in un certo senso ciò va bene, altrimenti passeranno vari anni senza che si sappia dell’esistenza d’un monastero.

6. Penso anche che, non essendo tale casa in un luogo dov’era stato il Santissimo Sacramento, non ve lo si ponga subito e… non si facciano portantine; forse quando si avrà una casa propria si potrà farlo custodire. Il Signore vi provveda per il suo maggior servizio.

 

379. A suor Anna di S. Agostino, a Villanueva de la Jara

Palencia, 22 maggio 1581

Autografo: Casa Generalizia della Società del S. Cuore; via Nomentana, 118 (Roma)

A suor Anna di S. Agostino.

1. Gesù sia con vostra carità, me la protegga, amen, e la renda così santa quale io desidero che sia. Mi è di gran gioia sentirle dire che mi raccomanda a Dio, come mi scrive anche il padre fra Gabriele. Dio voglia che non si dimentichi di farlo, perché non so se lei mi ami tanto quanto l’amo io, e non so se non ci tragga in inganno, sia me, sia il padre fra Gabriele; pertanto stia attenta a quel che fa.

2. Dio la perdoni, perché le assicuro che le sue lettere mi procurano una tale gioia quale lei non può credere. Non tralasci di scrivermi, d’informarmi della sua anima molto particolareggiatamente e di dirmi come si trova con il padre fra Gabriele, di cui penso che a causa sua sia stato indirizzato lì da nostro Signore, cosa ch’io desideravo vivamente, e vorrei che fosse ancora priore, perché sarebbero più sicure di non perderlo, anche se credo che adesso resterà lì, con l’aiuto di Dio, e sono convinta che farà loro un gran bene in un modo o in un altro, perché a chi ha in cuore l’amore ch’egli nutre per loro, non mancherà occasione di dimostrarlo. Io farò quello che posso affinché non glielo portino via da lì; l’amo, infatti, davvero molto, e mi rincrescerebbe assai che lo cambiassero di sede.

3. Quando lo vedrà, gli dica che suor San Bartolomeo gli si raccomanda molto e ch’è stata assai contenta che sua reverenza si sia ricordato di lei; gli chiede, per carità, di raccomandarla a Dio, com’ella fa per lui, anche se povera e miserabile; lo stesso chiede a vostra carità, e non trascuri di farlo per quanto le deve, giacché loro sono molto amiche. Resti con Dio e Sua Maestà la renda assai santa. Da Palencia. È il giorno seguente alla festa della Trinità. Di vostra carità serva, Teresa di Gesù.

 

380. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Palencia, 23 maggio 1581

Autografo: Carmelitane Scalze del Corpus Chiaristi di Alcalá (Madrid)

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, padre mio. Vede ora quanto è durata poco la mia gioia? Stavo già desiderando questo viaggio di cui mi sarebbe dispiaciuta la fine,com’è accaduto altre volte in cui ho avuto la compagnia che ora credevo di avere. Sia lodato Dio, ché mi pare ormai di cominciare a stancarmi. Le dico, padre mio, che, infine, la carne è inferma e pertanto io mi sono rattristata più di quel che avrei voluto, perché ho sofferto molto. Almeno vostra paternità avrebbe potuto evitare di partire fino a quando ci avesse lasciate in una casa nostra; otto giorni più o meno avevano poca importanza. Qui risentiamo ora di una gran solitudine, e piaccia a Dio che colui il quale è stato la causa di far partire vostra reverenza agisca meglio di come io penso. Dio mi liberi da tali urgenze! E poi avrà da dire di noi!

2. in verità, oggi non dirò niente di buono, non ho l’animo per farlo. Ci sarebbe solo un conforto per me, quello d’esser liberata dal timore che potrei avere e che ho avuto d’esser toccata nel mio «Sancta Sanctorum», perché le assicuro ch’è una gran provocazione, questa, per me, e, a patto che non lo si tocchi, sopporterò che tutto piova su di me, e piove molto in questo momento, tanto sono rimasta afflitta: ogni cosa mi sembrerà assai spiacevole, perché, infine, l’anima soffre di non stare con chi può guidarla e darle conforto. Voglia Dio servirsi di tutto, e se è così, non bisogna lamentarsi, per quanto ciò possa dolere.

3. Sappia che quando vostra reverenza è stato qui, ho tralasciato di comunicarle, riservandomi di farlo al suo ritorno – con maggior tempo a disposizione per raccomandar la cosa a Dio – un affare di cui il padre Giovanni Díaz mi aveva vivamente pregata. Pertanto mi è molto rincresciuto il mancato ritorno di vostra reverenza, perché egli era venuto qua solo a tale scopo. Si tratta di questo: ch’egli è quasi deciso a mutare stato ed entrare nel nostro Ordine o nella Compagnia; dice che da alcuni giorni propende di più per quest’Ordine; chiede il parere di vostra reverenza e il mio e ci prega di raccomandarlo a Dio.

4. Ciò ch’io penso in questo caso, e gliel’ho detto, è che tale decisione sarebbe molto conveniente per lui, se perseverasse in essa, altrimenti gli sarebbe di gran danno perder credito ai fini delle pubblicazioni di cui si occupa; pertanto lo ripeto ora, anche se mi senta un po’ più sicura a questo riguardo, perché egli serve nostro Signore da molto tempo: in conclusione, dovrà superare molte cose, ma ben finirà con lo stabilirsi in un Ordine. Dice che darà tutto quello che ha ereditato dal maestro Avila al convento dove entrerà, e, a mio parere, se il resto è come il poco che mi ha dato da leggere, i sermoni sarebbero di gran profitto per coloro che non sono così dotti come vostra reverenza; è un uomo che dovunque sarà motivo di edificazione. Ci si dovrebbe ben riflettere. Ne parlerò col padre Nicola. Ne ho scritto qui a vostra reverenza affinché, s’egli non gliene ha ancora parlato, mi faccia la carità di chiarirgli che ne ho discusso con lei – giacché avrebbe ragione di lagnarsi di me per non averlo fatto – e lo raccomandi a Dio. Poiché lo conosce meglio di me, saprà come rispondergli, e me ne informi, se c’è un mezzo di cui servirsi, giacché anche questa sarà un’altra difficoltà.

5. Qui acclusa è la lettera inviatami dal vescovo di Osma, e un foglio che avevo scritto; non ho avuto tempo di dilungarmi.

6. A mio parere, vostra reverenza non sarebbe dovuto andare ad Alba senza il padre Nicola, per capire l’intrico di quei conti d’elemosine lasciate dal beneficiato. Vostra reverenza mi ha fatto un gran favore a mandarmelo (non potendosi far altro), perché non c’era bisogno d’un giovanotto, ma di un uomo che sapesse parlare e presentarsi bene. Oh, padre mio! Lodi Dio d’averle fatto il dono d’essere così gradito a quelli che la trattano, tanto che nessuno sembra poter colmare il vuoto che lei lascia, e la povera Lorenza è stanca di tutto. Si raccomanda molto a vostra reverenza. Dice che la sua anima non riesce a trovar pace e riposo se non in Dio e in chi, come vostra reverenza, la comprende. Il resto è per lei una tale croce che non trova parole per dirlo.

7. Suor San Bartolomeo è rimasta assai triste. Si raccomanda molto a vostra reverenza. Ci dia la sua benedizione e raccomandiamoci molto a Sua Maestà. Ch’Egli la protegga e la tenga con la sua mano, amen.

8. Sappia che lì hanno anche una strana paura della priora e l’abitudine di non parlare mai di nulla con i superiori. Bisogna esaminare con attenzione la faccenda degli studenti che le servono. Dio la conservi. L’indegna serva e figlia di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

381. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Palencia, 25 maggio 1581

Autografo: Monastero de Las Huelgas (Burgos)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Sono stanca ed è notte inoltrata, pertanto dirò solo che ieri è venuto il vescovo e oggi abbiamo fissato la processione per domani, il che non è stato poco. Sarà di pomeriggio, con tutta la solennità possibile. Da qui andremo a San Lazzaro. I canonici non celebreranno domani la festa tranne per portare da lì il Santissimo Sacramento. Credo che entreremo a Santa Chiara, che si trova sul nostro cammino. Tutto andrebbe bene se il padre mio venisse qui; pertanto non so che dire.

2. Questa mattina sono anche venuti da Soria per prenderci, ma credo che dovranno aspettare fino a lunedì. Io sto bene. Il vescovo si è fermato qui tutto il pomeriggio, dimostrando così vivo desiderio di fare qualcosa per il nostro Ordine che c’è da lodarne Dio. Sua Maestà sia con vostra reverenza.

3. Mi raccomandi al padre Giovanni Díaz. Tutte queste sorelle si raccomandano molto a vostra reverenza. Il padre Nicola sta bene, e io anche. Oggi ci ha tenuto una bella predica.

4. Mi ha fatto piacere intrattenermi con Giovanni di Gesù. Quanto più vedo l’amore ch’egli nutre per vostra reverenza, tanto più sento di amarlo. Non si mostri infastidito con lui, giacché un amico al giorno d’oggi è da tenersi in gran conto. Di vostra reverenza serva e figlia, Teresa di Gesù.

Suor Isabella di Gesù porta questa lettera; si mostri assai gentile con lei, per carità.

 

382. A don Gaspare de Quiroga, a Toledo (?)

Soria, 16 giugno 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra signoria illustrissima. Sono stata in attesa d’una risposta di vostra signoria illustrissima sulla grazia di cui in una mia lettera rimessale la settimana scorsa o poco dopo, a quanto mi è stato detto, la supplicavo: di darmi cioè l’autorizzazione per fondare un monastero a Madrid, fondazione della quale vostra signoria illustrissima si era dichiarato contento; non me l’aveva data allora per un certo inconveniente che ormai il Signore ha rimosso. Non so se vostra signoria illustrissima se lo ricordi, ma siccome mi aveva detto che, passata quella congiuntura, mi avrebbe fatto questo favore, io, ritenendola cosa certa, ho preso man mano alcune disposizioni per questa fondazione che sarebbe più opportuno fare prima della venuta di sua maestà a Madrid, per trovare una casa più a buon mercato.

2. Ora sono a Soria, dove si è fondato un monastero per il quale il vescovo di questa città mi ha mandato a chiamare, e, grazie a Dio, tutto si è concluso felicemente. Non vorrei partire da qui fino a che la vostra signoria illustrissima non mi accordi questo favore, altrimenti dovrei fare un giro di molte leghe, e, come ho detto a vostra signoria illustrissima, in quella città ci sono persone in attesa, a cui il ritardo comincia a riuscire molesto. E poiché vostra signoria illustrissima aiuta sempre coloro che vogliono servire nostro Signore, e, a quanto credo, egli sarà servito in quest’opera con gran profitto per il nostro Ordine, supplico vostra signoria illustrissima di non rimandare oltre la concessione di questo favore, se risponde al suo volere.

3. La mia signora donna Elena persiste nel suo proposito, ma finché non si avrà l’autorizzazione di vostra signoria illustrissima, non se ne avvantaggerà. È così santa e staccata da tutto, che mi dicono sarebbe felice d’entrare nel monastero di Madrid, in verità con la speranza di vedere qualche volta la signoria vostra illustrissima. Non me ne stupisco.

4. Questo desiderio l’ho sempre anch’io, ed è mia cura particolare di raccomandare ogni giorno a nostro Signore vostra signoria illustrissima e procurare che si faccia altrettanto in questi monasteri.

5. Piaccia a Lui d’ascoltarci e di conservare vostra signoria illustrissima ben lunghi anni, con quell’aumento di santità di cui io lo supplico, amen. Scritta a Soria, in questa casa della Trinità del Carmen, il 16 giugno. L’indegna serva e suddita di vostra signoria illustrissima, Teresa di Gesù.

 

383. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Soria, 16 giugno 1581

Per la madre priora di San Giuseppe del Carmine, a Siviglia.

1. Per carità, si fidi poco di quella grassezza e si curi. Lo raccomando vivamente alla madre Giovanna della Croce come alla madre sottopriora e a suor San Francesco; che mi avvisino se non si cura bene.

2. Ora il padre Provinciale mi ha dato di nuovo una patente per alcune cose; in virtù di essa le ordino di fare quel che giudica utile alla sua salute e quel che le dirà la mia cara Giovanna della Croce; ambedue mi rendano conto di come adempia tale raccomandazione, altrimenti la penitenza sarà per lei ch’io non le scriverò.

3. In questo momento non vogliamo che faccia penitenze, ma che non infligga a tutte una penitenza con le sue malattie, che mi obbedisca e non mi faccia morire; in verità, le assicuro che la perdita di nessuna priora mi farebbe soffrire come la sua; non so perché io l’ami tanto.

 

384. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Soria, 27 giugno 1581

Autografo frammento: La Seo, Saragozza

1. … se fosse necessario andare ora ad Avila e si lasciasse da parte l’altro affare, sarebbe per sempre, a quanto sembra; ma mi viene in mente che, se fra Gregorio stesse lì e io fossi la priora, anche s’io mi assentassi, si potrebbe andare avanti così qualche mese. Il mio vivo desiderio è di avere vostra paternità più vicino per quando si dovrà prendere una decisione. Piaccia a Dio che questa mia le arrivi presto, perché vostra reverenza mi può rispondere per la via di Avila – il padre Nicola mi ha detto che mi avrebbe mandato un messaggero – e anche per la via di Palencia e Valladolid, da dove mi scrivono, benché le lettere tardino a giungermi. Non tralasci una via per l’altra.

2. Piaccia a Dio che vostra reverenza stia bene, perché un così cattivo alloggio con questo caldo è cosa dura. Le invidio, però, d’essere vicino al fiume. Mi è sempre sembrato che il posto fosse buono, almeno per prenderne possesso. Qui di tanto in tanto fa molto caldo, come particolarmente adesso, mentre le scrivo, ma la mattina e la notte c’è una buona temperatura. Tutte stanno bene.

3. La priora adempie assai bene il suo ufficio. Questa signora, poi, è sommamente encomiabile. Dio voglia dar seguito all’opera intrapresa, perché sembra che l’abbiamo indovinata a far questa fondazione, e ci conservi vostra paternità, amen. Oggi è il 27 giugno.

 

385. A Dionisio Ruiz de la Peña, a Toledo

Soria, 30 giugno 1581

Autografo: D. Juan March Cervera, Madrid

All’illustrissimo signor licenziato Peña, confessore dell’illustrissimo cardinale arcivescovo di Toledo, mio signore.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Il giorno seguente a quello in cui avevo congedato un corriere privato, per mezzo del quale mi aveva scritto la mia signora donna Luisa, mi hanno dato la lettera di vostra grazia. Mi è molto rincresciuto, perché avrei voluto risponderle subito, ma, poiché non c’è in questo luogo un corriere regolare, non so quando la presente potrà partire. Vorrei che fosse presto affinché vostra grazia si renda conto di quanta poca colpa io abbia, o, per dir meglio, di come non ne abbia nessuna; ed è così vero che, solo in considerazione della parentela fra la persona di cui lei mi scrive con sua illustrissima signoria, non gli ho detto nulla dei mezzi a cui in proposito ho fatto ricorso per impedire a sua nipote l’entrata nei nostri monasteri. Se fosse vivo il padre Baldassarre Alvarez, ch’era Provinciale della Compagnia in quella provincia, potrebbe ben testimoniare ch’io l’avevo supplicato di dissuaderla dal farlo, essendo la persona per la quale questa signora aveva più rispetto che per qualunque altra, ed egli me l’aveva promesso.

2. Sono già alcuni anni che lo impedisco, e questo non creda che sia dovuto al pensiero che sua illustrissima signoria non lo vuole, ma al timore che ci accada quanto ci è accaduto con un’altra signora che è entrata in uno dei nostri monasteri, lasciando le figlie, anche se non per mio volere, perché io mi trovavo lontano da quella città quando ella entrò lì. Le assicuro che abbiamo vissuto dieci anni nell’inquietudine (ché tanti ne sono passati da quando è entrata) e abbiamo avuto ben grandi travagli, pur essendo ella una gran serva di Dio; ma quando non si rispetta l’ordine imposto dalla carità, penso che Dio permette che se ne paghino le conseguenze, anche se si tratta di religiose. E l’ho detto tanto nei nostri monasteri che son certa che la priora di Medina si affligge molto quando pensa che ciò possa avvenire. Essendo questa la verità, vostra grazia veda un po’ come il demonio ha escogitato il modo di farmi accusare del contrario.

3. Nostro Signore suole concedermi la grazia di trarre motivo d’allegria dalle calunnie, che non sono state poche nella mia vita, mentre questa, in certo modo, mi ha dato pena, perché, quand’anche non dovessi altro a sua signoria illustrissima se non la grazia e il favore che mi ha fatto quando lì gli ho baciato le mani, ciò sarebbe sufficiente; a maggior ragione gli devo esser grata essendo molti i favori ricevuti, e di alcuni sua signoria illustrissima non crede ch’io sia a conoscenza. Ora, sapendo quale sia la sua volontà in questa faccenda, non potrei dare il mio consenso, a meno d’esser priva di senno. È vero che a volte, siccome questa signora piange tanto di fronte a tutto quel che le dico per dissuaderla, devo averle dato qualche buona speranza per distoglierla dal suo dolore, il che forse le ha fatto pensare che vi consenta, anche se esattamente non me ne ricordo.

4. Io l’amo molto, certamente, e ben glielo devo; pertanto (prescindendo da ciò che riguarda noi), nel caso in cui per i miei peccati accadesse quanto dico, desidero vivamente che riesca in tutto. Ieri la priora di questa casa – che viene dal monastero di Medina e con la quale questa signora aveva frequenti rapporti – mi ha riferito che le aveva dichiarato che il voto da lei fatto era a condizione di entrare quando ciò fosse possibile e che, se le avessero detto ch’era rendere maggior servizio a Dio non entrare, ci avrebbe rinunciato. A me sembra che, avendo ancora figli da allevare e una nuora così giovane, non può farlo per il momento. Se vostra grazia lo ritiene opportuno, informi di ciò sua signoria illustrissima, perché sappia com’è il voto. Alcuni dotti con i quali parla la agitano, perché, per poco che dicano a chi possiede una così gran santità, ciò basta a turbarla.

5. Se la sua lettera mi fosse arrivata prima di un’altra che mi ha scritto la signora donna Luisa, in cui mi dice che sua signoria illustrissima si è ormai ricreduto, riconoscendo quanto io sia priva di colpa nella presente circostanza, mi avrebbe causato molta pena. Benedetto sia Dio che mi concede così grande grazia di far conoscere la verità senza ch’io c’entri per nulla, perché mai in vita mia mi sarei ricreduta, essendo assolutamente esente da questa colpa. Bacio le mani a vostra grazia per avermi dato avviso di ciò; l’ho ritenuto un favore particolare e mi vedo nuovamente obbligata a servire sempre più vostra grazia con le mie povere preghiere, anche se finora non abbia cessato di farlo.

6. Quanto all’autorizzazione per la fondazione di Madrid, io ne ho supplicato sua signoria illustrissima perché ritengo che gioverà a servire nostro Signore e perché sollecitata da Scalzi e Scalze, i quali dicono ch’è assai utile a tutti aver lì una casa. Ma poiché sua signoria illustrissima sta al posto di Dio, se non gli sembrerà opportuno che si faccia, non ne avrò alcuna pena, ritenendo che ciò torni a maggior servizio di Dio, sempre che non dipenda dalla mia rinunzia al lavoro, perché le assicuro che di lavoro ce n’è molto in ogni fondazione.

7. Ciò che mi procurerebbe un enorme dolore sarebbe il pensiero che sua signoria illustrissima non sia molto soddisfatto di me per le calunnie che mi hanno addossato, perché amo teneramente sua signoria nel Signore. Anche se di questo non gl’importi, mi dà conforto che lo sappia; neanche nostro Signore sa che farsene del nostro amore, eppure gli basta per esserne contento, perché, in verità, se questo amore c’è, traspare subito dalle nostre opere e dal cercare di non allontanarci dalla sua volontà. Quanto alle opere, io non posso servire sua signoria illustrissima in null’altro che nel non discostarmi dal suo volere, una volta che l’abbia conosciuto. Vostra grazia ne sia certo, e non mi dimentichi nei suoi santi sacrifici, poiché siamo rimasti d’accordo così.

8. Siccome vostra grazia saprà dalla madre priora di là dei miei viaggi, non gliene parlo. Qui sto ora meglio del solito in salute, grazie a Dio. Quando so che anche sua illustrissima signoria sta bene, ne provo una gran consolazione. Dio gliela conceda con la santità di cui io Lo supplico, amen. Da Soria, in questo monastero della Trinità, ultimo giorno di giugno. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

386. A don Sancio Dávila, a Salamanca

Soria, fine di giugno 1581 (?)

Autografo: Carmelitane Scalze di Badajoz

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei, amen. Le assicuro che lei è davvero un motivo di mortificazione. Pensa vostra grazia che per il fatto d’esser lontana debba ignorare ciò che fa e non provarne dispiacere? No, certo, anzi mi dà maggior pena, perché so quale gran consolazione quelle consorelle hanno dalla sua benevolenza e quanto conforto traggano dal confessarsi con lei; pertanto la priora mi scrive molto afflitta, e ha ragione.

2. Perché, anche se il padre Provinciale sta ora lì e le consoli, non sempre tutte avranno piacere di confessarsi solo da lui. Né deve preoccuparsi del suo umore allegro. A me duole di non essermi trovata lì in tempo utile per godere delle sue grazie, e mi raccomando molto alle sue orazioni. Se il padre Provinciale lo approva, basta il fatto che lei sia della famiglia perché io l’approvi in pieno, tanto più poi, essendo così grande la parentela.

3. Siccome dalla priora ho notizie di vostra grazia e vostra grazia di me, e inoltre per le mie molte occupazioni – là io godevo di riposo in confronto a quello che devo fare qui –, non scrivo più spesso, ma nelle mie povere orazioni non dimentico vostra grazia, e pertanto la supplico di ricordarsi di me nelle sue. Piaccia…

 

387. A Dionisio Ruiz de la Peña, a Toledo

Soria, 8 luglio 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Da poco ho risposto alla lettera di vostra grazia, ma siccome da qui bisogna far ricorso a tanti giri che forse questa mia arriverà più presto, ho voluto scriverle di nuovo per supplicare vostra grazia di dire all’illustrissimo cardinale (non osando io scrivergli frequentemente, anche se mi concederei ben volentieri questa consolazione) che, dopo la mia ultima lettera, sono stata con il padre priore della casa di San Domenico di questa città, che è fra Diego de Alderete, e abbiamo parlato lungamente dell’affare della mia signora donna Elena, della quale ho detto a sua paternità che l’avevo lasciata (quando, poco tempo prima, ero stata lì) con maggior scrupolo che mai di non adempiere il suo desiderio.

2. Sua paternità ha così poca voglia che l’adempia come me (non potrò dirlo mai abbastanza), ed è stato deciso (dopo le ragioni da me addottegli circa i conseguenti probabili disordini, che sono tali d’esser causa per me di grande paura) ch’è molto meglio che se ne stia a casa sua e che, siccome noi non vogliamo accettarla, resta sciolta dal voto, in quanto esso consiste nel voler entrare in quest’Ordine: pertanto il suo obbligo è solo di chiederlo. Ciò mi ha molto consolata, perché non lo sapevo.

3. Egli vive in questa città, dove da otto anni gode fama d’essere un gran santo teologo, e tale mi è sembrato. È un uomo che si sottopone a dure penitenze. Io non l’avevo mai visto, pertanto è stata per me una gran consolazione conoscerlo. In questo caso, poiché io sono assolutamente decisa – e tutta quella casa con me – a non riceverla, il suo parere è di dichiararle che non la prenderemo mai, per darle tranquillità, perché, se tirata in lungo con parole, sarà sempre inquieta. E in realtà non conviene al servizio di Dio che lasci i suoi figli; per questo il padre priore vi ha consentito, senonché dice d’aver saputo ch’ella aveva il parere di un così gran teologo ch’egli non aveva osato contraddirlo. Sua signoria illustrissima può stare tranquillo al riguardo.

4. Io ho già dato ordine che non venga ricevuta, anche se sua signoria illustrissima dia l’autorizzazione, e ne avviserò il Provinciale. Vostra grazia dica di questo ciò che le sembrerà non dover infastidire sua signoria illustrissima e gli baci le mani da parte mia. Dio conservi vostra grazia per molti anni e le conceda tanto amor suo quanto io gliene desidero rivolgendogliene supplica. Da Soria, l’8 luglio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

388. A don Girolamo Reinoso, a Palencia

Soria, 8 luglio 1581

Autografo: Carmelitane Scalze di Massalubrense (Napoli)

All’illustre signore il canonico Reinoso, mio signore. Palencia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ho scritto da poco a vostra grazia e al signor canonico Salinas per la via di Burgos. Che Dio mi liberi dai giri che son necessari per inviare una lettera e per aver loro notizie. Piaccia a Lui che stiano bene. Io godo buona salute come anche queste sorelle e tutto ci va bene.

2. Ora scrivo in fretta, perché mi hanno detto di un messaggero che va a Madrid: invio le lettere per questa via e scrivo al signor provvisore supplicandolo di far dare dal Capitolo una licenza al prebendato Ribera per venti giorni d’agosto (se si potesse ottenerlo, sarebbero meglio trenta), perché le assicuro che non trovo in questa città chi possa accompagnarmi, e per quella data la casa sarà del tutto a posto; già oggi siamo andate in chiesa servendoci del passaggio, anche se il coro dev’essere ancora finito, e ora si trova in una cappella avuta in prestito, ma ci manca poco da fare; calcolo che ci vorranno otto o dieci giorni per intraprendere il viaggio, di cui non so finora quale percorso stabilirà il Signore. Vostra grazia lo supplichi d’indirizzare le cose come sarà meglio per il Suo servizio, e lei s’impegni come potrà insieme col signor canonico Salinas per questa licenza, che è indispensabile: vostra grazia non creda che qui si prendano le nostre cose a cuore come in quella città. Bacio le mani a sua grazia e lo prego di ritenere la presente come sua, perché non ho tempo di scrivere di più.

3. Su un piccolo foglio di carta, e in così poco tempo, non mi è possibile dire tutto quello che dobbiamo al prebendario e il modo in cui si adopera per favorirci. Infine, è di Palencia: come può fare diversamente? Nostro Signore la renda così santo come io gliene rivolgo supplica, amen.

4. Le raccomando di dare i miei ossequi al signor Suero de Vega, alla signora donna Elvira e al signor canonico Santa Cruz. Da Soria, l’8 luglio. L’indegna serva e figlia di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

389. A don Girolamo Reinoso, a Palencia

Soria, 13 luglio 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Mi è stata di gran consolazione la lettera di vostra grazia. Nostro Signore gliene dia la ricompensa. Non mi è sembrata affatto lunga. Io vorrei dilungarmi molto in questa, ma se ne sono riunite tante insieme; avviene così di rado trovare messaggeri, che credo sia meglio stare dove c’è un corriere regolare. Infine, quando Dio vuole che si soffra, non serve a niente schivare angustie.

2. Dalla lettera che scrivo a Caterina de Tolosa, lettera che chiedo alla priora Ines di Gesù di mostrare a vostra grazia, le vedrà le ragioni pubbliche del mutato itinerario – anche se a lei e alla madre priora esporrò ora le altre –; vostra grazia dice, infatti, che vorrebbe sapere le circostanze che m’inducono a recarmi altrove, e ha ben motivo di chiederlo. Se si trattasse di qualcosa che riguardasse a fondo l’Ordine, come fare la provincia separata, ci si potrebbe opporre a tutto, anche se non son poche le circostanze avverse che non starò a dire minuziosamente per non aver molto tempo. E se il viaggio consistesse in una giornata, non più, ancora potrebbe sopportarsi, ma percorrere tante leghe per un’avventura, è qualcosa di cui il mio cervello non riesce a capire la ragione, visto che quest’Ordine non è così decaduto d’aver bisogno di tale fondazione.

3. Da quando sono qui, mi hanno scritto già da due città dove neanche penso di recarmi: una è Ciudad Rodrigo e l’altra Orduña.

4. Ormai fidarsi di quello che farà l’arcivescovo, a mio giudizio non conviene, perché, senza voler essere sospettose, abbiamo visto chiaramente che ci sono motivi per diffidare; se chi, conoscendo il gran bene che pur è venuto dal tumulto verificatosi ad Avila al tempo del primo monastero, dice che gli è rimasto vivo il ricordo di tale scompiglio e che in rispetto dell’abito che porta è obbligato a evitare l’occasione che ciò si ripeta – questo mi scrive il canonico Giovanni Alonso, – che cosa si può sperare? Nel vedere che teme ciò che forse non avverrà, è ben chiaro che se il demonio sollevasse un gran subbuglio, non darebbe la licenza, e che sarebbe ritenuta una grande leggerezza da parte mia l’essermi impegnata in tale opera.

5. Ha detto anche a un padre della Compagnia che non vi era il consenso della città, senza il quale non avrebbe in alcun modo dato la licenza, nemmeno con la sicurezza d’una rendita. Due persone di credito mi hanno già detto che ha un temperamento assai timoroso, e se è così, sarebbe da parte nostra procurargli maggior travaglio, senza, infine, ottenere nulla, com’è stato finora, mentre per una cosa che non è offesa di Dio, con tutto quello che il vescovo di Palencia ha in fatto in merito a ciò, si sarebbe dovuto affrontare ogni rischio.

6. Io, padre mio, dico le mie ragioni; se questa fondazione si deve fare, se bisogna darvi corso con la città, è meglio trattarne da lontano e senza fretta; siccome, infatti, è una cosa che non si può fare in otto giorni e forse neanche in un mese, una disgraziata fondatrice dovrebbe stare in casa di un secolare, il che non può non dare occasione a molte critiche; ritengo preferibile percorrere in seguito molte leghe e ritornare qui, anziché espormi agli inconvenienti che possono determinarsi. Se Dio vuole, così si farà con più tranquillità, e ci si riuscirà, malgrado il demonio, ma non a forza di braccia.

7. Siccome mi sembra d’aver fatto in ciò tutto quello che ho potuto, dico sinceramente a vostra grazia che, come primo impulso, non ne ho avuto pena, anzi me ne sono rallegrata; non so come sia stato. Solo credo che avrei voluto, dopo aver letto le sue lettere, rendere contenta quella benedetta Caterina de Tolosa, che si è tanto interessata al riguardo.

8. Noi non conosciamo ciò che dispone il Signore e può darsi che convenga di più ch’io adesso vada altrove, perché c’è un qualche mistero nella forte resistenza dell’arcivescovo, il quale credo per certo che desideri la fondazione. Di ciò non ho detto nulla al vescovo di qui; egli è tanto occupato che non ha potuto vedermi in questi giorni. Né io l’ho ritenuto necessario, tanto mi ripugna parlargliene, anzi mi ha stupito che ci sia qualcuno cui sembri conveniente far la fondazione, dopo quel ch’è avvenuto al vescovo di Palencia. Se dico tutto ciò è perché ne sono sicura. Lei faccia presente solo il freddo di Burgos e il danno che causerebbe alla mia salute andarvi al principio dell’inverno. All’arcivescovo dico che non voglio esporlo a tutto questo chiasso senza prima aver negoziato con la città, e lo ringrazio del favore che mi fa. Il Signore si adoperi in pro di quello che più conviene al suo servizio.

9. Al prebendario non è sembrato opportuno, per certe considerazioni, affidare la risposta al corriere che ha portato la lettera, pertanto abbiamo aspettato quest’altro, che va certamente a Valladolid. Vostra grazia mi scriva sinceramente che cosa le sembra delle ragioni che le ho dato: mi dica se sono inconsistenti. Me ne restano molte altre. Ed è mia profonda convinzione che, s’io parlassi a vostra grazia, lei condividerebbe il mio parere.

10. Mi dispiace molto la pena che si dà per quell’elemosina, ma, poiché ciò significa andare incontro ai poveri, penso che non ne soffra. A parte quello che loro mandano, Dio ispirerà altre persone a farla, e a poco a poco andrà sistemando tutto. Vorrei che non si trascurasse la questua nei villaggi, ma dovrebbe esserci andato qualcuno dell’Ordine a predicare. Per questo potrebbe darsi che quest’anno non si raccogliesse molto.

11. Nostro Signore ricompensi vostra grazia del consiglio sulla rendita della casa. Prima della partenza del padre Nicola le scritture erano bell’e fatte, e così bene che, mentre si pensava solo a una rendita del quattordici per mille, come sarebbe stato possibile, si è ottenuto il venti: l’atto è già vidimato. Il padre Nicola se l’è portato via per intestarlo al monastero.

12. Ringrazi questo piccolo santo del prebendario di quello che fa, perché ha molto piacere che io ne parli a vostra grazia. È un’anima che non credo sia ben conosciuta; tanta umiltà non può essere disgiunta da una gran ricchezza. Vostra grazia mi darà il permesso di finire la presente più volentieri di quanto non farei io con lei.

13. Di una cosa la supplico: di farmi sapere con tutta franchezza che cosa le sembra della priora, come disimpegna il suo compito, se è necessario darle qualche avviso, e come vanno i suoi rapporti con lei, perché ella non finisce di dirmi ciò che deve a vostra grazia. Nostro Signore la protegga e mi conceda di vederla ancora una volta, se tale è la sua volontà. Io sto bene. Oggi è il 13 luglio. L’indegna serva e figlia di vostra grazia, anche se le pesi udirlo, Teresa di Gesù.

14. Bacio le mani al signor don Francesco e a chiunque lei vorrà. Mi raccomandi a San Michele, per carità. Poco importa che si tardi a cambiare la porta della sacrestia. Lodo nostro Signore che si chiuda presto la chiesa. Vorrei vedere già messa la grata. Spero in Dio che in quella casa di nostra Signora si debbano ora servire con maggior purezza suo Figlio e Lei. Ci vorranno più grate ( e si potrebbero far venire da Burgos se fossero necessarie); forse, se si fa la cappella di nostra Signora, lì ci vorrà la più piccola. io provvederò al pagamento di esse qualora sul luogo non ce ne sia la possibilità. Amo ogni giorno di più quella casa; non so quale ne sia la ragione.

 

390. Al Padre Girolamo Gracián, a Valladolid

Soria, 14 luglio 1581

Autografo: PP. Gesuiti, Archivio Provinciale, Alcalá de Henares

Al nostro padre, il provinciale degli Scalzi Carmelitani, a Valladolid.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, padre mio. Ho ricevuto una sua lettera con la data del giorno di san Giovanni, poi un’altra con quella del padre Nicola. Una, però, che vostra reverenza dice molto lunga, non è arrivata qui. Ciò malgrado, anche se queste pervenutemi erano assai brevi, non poca è stata la gioia da esse procuratami, per la notizia della sua buona salute, perché stavo in pensiero. Nostro Signore gliela dia in conformità del potere ch’Egli ha.

2. Io ne ho scritto alcune a vostra reverenza; non vorrei che fosse andata perduta quella in cui la supplicavo di non dare a donna Elena l’autorizzazione per farsi monaca. Adesso mi dicono ch’è molto sicuro il corriere per Valladolid, dove penso che ora lei sarà, in base a quanto mi comunica. Ho ritenuto opportuno inviarle lì, per la vicinanza di S. Alessio, le accluse lettere di Toledo, perché veda quanto di malanimo prenda tutto ciò l’arcivescovo, mentre capisco che non ci conviene in nessun modo averlo nemico. Ma, prescindendo da questa considerazione, non si parla mai di quest’ingresso, senza ch’io non ne provi una gran contrarietà, perché lì dove stanno madre e figlia e molti altri parenti, in base alla conoscenza che si ha di questa signora, temo possano esserci molte cause di agitazione, e per lei poca consolazione. Pertanto, prima di parlarne all’arcivescovo, avevo pregato il padre Baldassarre Alvarez di dissuaderla, ed egli mi aveva promesso di farlo, essendo della mia stessa opinione e conoscendola bene. Guardi un po’ come può sembrare ch’io l’abbia indotta a far questo passo! Ho scritto al Cardinale che avviserò vostra reverenza, che non si preoccupi, perché non la riceveremo, e che avrei una gran pena se non si facesse così.

3. Vostra reverenza vede ormai quanta segretezza esiga questa lettera; per ogni evenienza, la strappi, perché nessuno creda che non la prendiamo a causa di lui, ma perché ciò non conviene né a lei né ai suoi figli, il che è la verità. Abbiamo fin troppa esperienza di queste vedove.

4. Prima che me ne dimentichi: ho paura che non si finirà mai di stampare le nostre Costituzioni; per carità, vostra reverenza non manchi di occuparsene; badi ch’è cosa di grande importanza; a quest’ora si sarebbe già potuta stampare un’opera di grande mole.

5. Adesso veniamo al progetto di fondazione a Burgos. Le accludo la risposta e sono sbalordita che ci sia chi vorrebbe ch’io andassi là senza por tempo in mezzo. Ho risposto al vescovo che vostra reverenza mi ha ordinato di non andare a Burgos, a causa delle mie malattie – come lei una volta i ha scritto –, in un momento in cui debba poi restarci d’inverno, non mettendo in dubbio le intenzioni dell’arcivescovo, per non inimicare lui e il vescovo di Palencia, cosa da evitarsi. Oltre che al vescovo di Palencia ho scritto a quello di Burgos che, siccome mi sembrava dovesse dispiacergli se la città non desse l’autorizzazione – ritenendo che non facesse troppo caso di me – ci rinunziavo fino a quando non avessi accertato questo nei riguardi della città. Non dev’essere ancora giunto il momento di far tale fondazione; mi sembra che quella di fra Baldassarre le passerà avanti; così va il mondo!

6. Quella di Madrid è la fondazione che ora ci conviene fare; e credo che l’arcivescovo, vedendo che si fa ciò ch’egli vuole, concederà subito l’autorizzazione; in più, il vescovo di qui, che si reca là a settembre, mi dice che se la farà dare. Io, con il favore di Dio, avrò finito qui a metà di agosto. Passata la festa di Nostra Signora, se vostra reverenza è d’accordo, potrei andare ad Avila, giacché non mi sembra che quelle religiose siano state chiare con il padre Nicola, e qui non ho niente da fare. Ma, tranne il caso che fosse assolutamente necessario, sarei ben felice di non restar lì come priora, non essendo più in grado di adempiere a tale ufficio che è al di sopra delle mie forze e mi sarebbe causa d’essere tormentata da scrupoli.

7. Come ho scritto a vostra reverenza, se vi rimane il padre fra Gregorio Nazianzeno, quella priora basta, visto che lì non ce ne sono altre, benché, dicendo che basta, credo di mentire, perché per gli affari interni del convento è come se non vi fosse nessuno. Sul posto vostra reverenza vedrà il meglio da farsi: il pensiero assiduo che ho di quella casa mi fa dare ben poca importanza a qualunque fatica che sia d’aiuto a superarne le difficoltà, e non mancherà d’esserle di qualche giovamento il fatto ch’io resti lì in attesa che il Signore dia l’avvio alla fondazione di Madrid, anche se per istinto naturale non possa fare a meno di provare afflizione nel trovarmi in quel luogo, quando non ci sono più mio fratello e i miei amici, e dove, quel ch’è peggio, sono rimasti quelli che ci sono.

8. Per quanto riguarda il viaggio a Roma, vedo ormai, anche se non c’è nulla da temere, che è oltremodo necessario andare a far atto di obbedienza al Generale; e vorrei che a tal fine, nella previsione di qualche rischio durante il viaggio, si mandassero quelli di cui non c’è qui gran bisogno, come ne abbiamo. Il padre Nicola, certo, le mancherebbe molto, anche se è proprio quello che potrebbe appianare meglio tutte le difficoltà. Se ce ne fossero altre, credo che dimostrando la nostra obbedienza e facendo di tanto in tanto qualche atto di deferenza, non avrebbero conseguenze. Quello ch’è soprattutto necessario è che il Generale si renda conto d’avere sudditi devoti, e gli Scalzi d’avere in lui il loro superiore; non dobbiamo comportarci come per il passato, anche riguardo alle spese, perché sarebbe una gran tribolazione per le case.

9. Mi sono dimenticata di dire quanta gioia mi abbia procurato l’accordo per la cappella: è cosa ottima; sia gloria a Dio che a qualcosa abbia giovato indugiarsi. Con quella figlia della fiamminga temo che ci saranno noie per tutta la sua vita, come con sua madre; e piaccia a Dio che non sia anche peggio. Mi creda, io ho più paura di una monaca scontenta che di molti demoni. Dio perdoni a chi l’ha ripresa. Vostra reverenza non dia la licenza per la sua professione, prima ch’io vada là, se Dio vuole. Al padre Nicola scrivo di avvisarmi se lì c’è un mezzo di trasporto, perché qui vedo ben poca roba del genere. Dio voglia disporre tutto a suo maggior servizio.

10. Piaccia a Lui che vostra reverenza abbia potuto far qualcosa nei riguardi di Beatrice, il cui caso da tempo mi è motivo di grande afflizione. A lei e a sua madre ho scritto alcune lettere che dovrebbero servire un po’ di emendamento, dicendo loro cose terribili, perché, anche se esse fossero senza colpa, ho fatto loro presenti i pericoli che correvano davanti a Dio e al mondo. Secondo me, però, non ne sono esenti, e ancor più colpevoli sono i genitori, perché si lasciano comandare da lei. È una causa persa e io credo che se essi non tolgono del tutto le occasioni, ne verrà un peggior male, ammesso che ce ne possa essere uno peggiore, perché ora è già molto grave nei riguardi dell’onore, che è perduto, eppure ci passo sopra, anche se mi costi farlo. Vorrei che le anime non si perdessero, ma li vedo, genitori e figli, così dappoco, che non trovo rimedio. Dio vi ponga riparo e dia a vostra reverenza la grazia di porre in qualche modo termine a una situazione così incresciosa. Io non vedo altro mezzo se non quella di metterla in un monastero, ma non so come si potrebbe farlo, considerate le scarse possibilità finanziarie. Sarebbe una soluzione se potesse starvi da interna, come educanda.

11. Supplico vostra reverenza di scrivermi ciò che si è fatto e se decide ch’io da qui vada ad Avila; data, infatti, la scarsità dei corrieri e la brevità delle sue lettere, è necessario scrivere per tempo. Dio la conservi con la santità di cui io lo supplico, amen. Oggi è il 14 luglio.

12. Il vescovo parte fra dieci giorni per la riunione del sinodo. La fondatrice m’incarica di dire molte cose a vostra reverenza; e lei le ritenga come ricevute, con quelle di tutte, perché sono stanca, pur stando bene. L’indegna serva e suddita di vostra reverenza che le si dichiara tale di gran cuore, Teresa di Gesù.

Se il padre Nicola non fosse lì, vostra reverenza legga la lettera acclusa per lui.

 

391. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Soria, 7 agosto 1581

Autografo frammento: Carmelitane Scalze di Consuegra (Toledo)

1. Mi sono rallegrata che si siano concluse così bene le cose dell’Andalusia, benché sia necessario che vostra reverenza aspetti ancora quest’inverno per fare la visita, quando la pestilenza sarà completamente finita. Sono stata molto contenta di sapere, a quanto mi scrive Casademonte, ch’è già passata.

2. Non può credere quanto desidererei poterle inviare molto denaro, avendo lei mezzi così limitati, e davvero tutti dovremmo dare aiuto a quella casa, che è di tanto vantaggio per l’Ordine. Ho un bell’architettare espedienti; non so che cosa ne caverò fuori; sarà poco, a mio parere.

3. Da queste parti fa un gran caldo. Stia attento a non ingolfarsi nella visita ai lavori, perché il sole già comincia a bruciare. Per le orecchie… vostra reverenza si riguardi in base a quel ch’è necessario.

4. Oggi è la festa del nostro padre Sant’Alberto; ha fatto la predica un domenicano e ha parlato molto di lui. Di vostra reverenza serva e suddita, Teresa di Gesù.

 

392. A donna Giovanna de Ahumada, ad Alba de Tormes

Segovia, 26 agosto 1581

Autografo: Carmelitani Scalzi di Burgo de Osma

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Io sono arrivata qui, a Segovia, la vigilia di San Bartolomeo, in buona salute, grazie a Dio, anche se molto stanca, perché la strada era cattiva. Pertanto vi resterò sei o sette giorni per riposarmi, poi partirò per Avila, se Dio vuole.

2. Non sarebbe chieder troppo al signor Giovanni de Ovalle di farmi il favore di permettere a lei e a sua figlia di venire a vedermi, anche se là ci fosse qualche impedimento, ed egli dovesse restare a custodire la casa. Egli, infatti, potrebbe farmi il dono di una sua visita un altro giorno. Voglia considerare non foss’altro che vengo da tanto lontano. Lei lo preghi di ciò insistentemente, ed egli ritenga la presente come indirizzata a lui; se non gli scrivo direttamente è perché questo corriere deve andarsene subito, ma desidererei molto che mi facesse tale grazia. Potrebbe alloggiare da Pietro de Ahumada, e io pagherei le bestie per l’andata e il ritorno. Forse dovrò allontanarmi di nuovo e non vorrei in nessun modo che ciò fosse senza averle viste.

3. Confidando che non si farà altrimenti, le aspetterò non più tardi della vigilia della festa di nostra Signora.

4. Molte cose al signor don Gonzalo e alla signora donna Beatrice. Dio li protegga con vostra grazia e renda tutti santi come di ciò io lo supplico, amen. Oggi è il 26 agosto. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

5. Non dico di più perché spero che ci vedremo presto. molte cose da parte mia alla signora donna Mayor e a chi le sembrerà più opportuno.

 

393. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Villacastín, 5 settembre 1581

Autografo: Madri Agostiniane di Villadiego (Burgos) e Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora delle Carmelitane Scalze, dietro San Francesco di Siviglia.

1. Gesù sia con lei, figlia mia. Sono arrivata in questa città di Villacastín ieri sera, ben stanca di viaggiare, perché vengo dalla fondazione di Soria, e ci sono ancora più di quaranta leghe fino ad Avila, dove adesso mi reco. Abbiamo avuti molti travagli e pericoli. Ciò malgrado, sto bene, grazie a Dio, e altrettanto bene va il monastero. Piaccia a Lui di servirsi di tanti patimenti, ché ciò basta a renderli bene spesi.

2. È venuto qui a vedermi in albergo il padre Acacio García – che suor San Francesco conosce bene –, visto che tutto è pronto per la mia partenza, e mi ha detto che aveva un corriere sicuro. Scrivo queste righe perché le mie figlie abbiano mie notizie.

3. Sono proprio felice di sapere che la peste è cessata e che la loro salute è buona. Non invano il Signore le ama. Nostro padre sta bene anche lui, ed è a Salamanca. Il padre Nicola mi sta aspettando ad Avila; egli va a Roma (il che mi duole molto) per meglio consolidare i nostri affari: così ha voluto il re. È stato male per una febbre tifoidea, ma ora sta bene. Lo raccomandino caldamente a Dio, perché gli devono tutto.

4. Figlia mia: i duecento ducati non mi sono pervenuti. Mi dicono che li ha il signor Orazio de Oria. Se ciò è vero, sono in buone mani. Io l’avevo già avvisata di mandarmeli per la via di Medina. Vorrei ormai cominciare la cappella di mio fratello (che Dio abbia in gloria): me ne è stato fatto un obbligo di coscienza. Vostra reverenza dia ordine che mi vengano consegnati, perché diversamente non posso tenerne conto.

5. Nostro Signore me la conservi con tutte le consorelle, le renda così sante come io gliene rivolgo supplica, amen, amen, e mi permetta di vederla. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

394. A don Girolamo Reinoso, a Palencia

Avila, 9 settembre 1581

Autografo: Istituto di Valencia de Don Juan (León)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Eccomi ormai ad Avila, dove sarei di gran cuore nuovamente sua figlia se lei fosse qui, perché mi sento in una gran solitudine in questa città dove non ho alcuno con cui consolarmi in tale stato d’animo. Dio vi ponga rimedio, perché, più vado avanti, meno trovo di che consolarmi in questa vita.

2. Sono arrivata qui non in buone condizioni, con una febbriciattola dovuta a una particolare circostanza. Ora sto bene e sembra che il corpo sia sollevato dal non dover rimettersi in viaggio tanto presto; le assicuro che questi viaggi sono causa di grande stanchezza, anche se non posso dirlo per quello da Palencia a Soria, che, anzi, è stato per me una ricreazione, perché si svolgeva in pianura e spesso lungo il corso di fiumi, la cui vista mi era di molta compagnia. Il nostro buon prebendario le avrà detto che cosa abbiamo passato in questo.

3. È una cosa strana, ma nessuno di quelli che vogliono favorirmi sfugge a gravi tribolazioni, e Dio dà loro la carità sufficiente per esserne contenti, come ha fatto con vostra grazia. Cerchi di non trascurare di scrivermi qualche riga quando potrà disporre di un corriere, anche se ciò la stanchi, perché le assicuro che sono rare le occasioni di riposo, e molti i travagli.

4. Mi sono rallegrata dell’ingresso di Dionisia. Supplico vostra grazia di dirlo al suo parente, capo corriere, dandogli molti saluti da parte mia, e, quanto a me, non dimentichi di raccomandarmi a Dio. Siccome sono arrivata da poco, non mancano le visite, e così c’è poco tempo per concedersi il sollievo di scriverle.

5. Bacio le mani al signor don Francesco. Nostro Signore conservi vostra grazia con quell’aumento di santità di cui io Lo supplico, amen. Oggi è il 9 settembre. L’indegna serva e figlia di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

395. A Dionisio Ruiz de la Peña, a Toledo

Avila, 13 settembre 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei e Sua Maestà la ricompensi del favore che mi fa e della consolazione che mi ha dato con la sua lettera. L’ho ricevuta mentre ero a Soria. Ora sono ad Avila, dove il padre Provinciale mi ha ordinato di stare finché nostro Signore voglia permettere che l’illustrissimo Cardinale si decida a darci l’autorizzazione per Madrid. Mi sembra un assai lungo tempo aspettare che sua signoria illustrissima vada lì, perché, visto che si parla di tenere nella sua città la riunione dei vescovi, mi rendo conto che prima passerà la Quaresima; pertanto spero che sua signoria illustrissima mi farà questa grazia in precedenza, non foss’altro per evitarmi di passare l’inverno in un luogo così rigido come questo, che mi fa sempre molto male. Supplico vostra grazia di non tralasciare di ricordarlo qualche volta a sua signoria illustrissima. Nella lettera che mi ha scritto a Soria non protraeva tanto la cosa.

2. Ora gli scrivo nei riguardi di queste faccende della signora donna Elena, che mi procurano molta pena, e gl’invio una lettera da lei scritta a me: a quanto in essa dice, se non la riceviamo in quest’Ordine, vuole andare dalle Francescane, e io ne sarei molto afflitta perché lì non troverà mai consolazione, in base a ciò ch’io intendo del suo spirito, che è molto più adatto al nostro Ordine; infine, ha qui sua figlia ed è vicina agli altri figli.

3. Supplico vostra grazia di raccomandar la cosa a nostro Signore e di adoperarsi perché sua signoria illustrissima mi risponda; ella è, infatti, assai afflitta e, poiché l’amo tanto, io ne soffro molto e non so che rimedio offrirle.

4. Questo sia detto solo per vostra grazia, la cui illustre persona nostro Signore ci conservi con l’aumento di santità di cui io Lo supplico. Scritta a San Giuseppe, il 13 settembre. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

396. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Avila, 17 settembre 1581

Autografo: Carmelitane Scalze del Corpus Christi di Alcalá (Madrid)

1. Gesù sia con vostra reverenza, padre mio. Le ho scritto anche per la via di Toledo. Oggi mi hanno portato da Valladolid questa lettera: la notizia ch’essa contiene lì per lì mi ha fatto sobbalzare di sorpresa, ma poi ho considerato che i giudizi di Dio sono imperscrutabili, che, infine, Egli ama quest’Ordine, e che da tutto questo trarrà fuori qualche bene o eviterà un male di cui non ci rendiamo conto. Per amor di nostro Signore, vostra reverenza non si affligga.

2. Mi fa molta pena quella povera ragazza, che esce come la più malconcia da questa situazione, perché è una corbelleria dire, se si pensa all’allegria da lei prima dimostrata, che «era scontenta». Sua Maestà non deve volere che ci onoriamo dei grandi della terra, ma dei poverelli, come erano gli Apostoli, e pertanto non dobbiamo darvi importanza. E siccome hanno anche fatto uscire, per portarla con sé, l’altra figlia dal convento di Santa Caterina da Siena, ciò cade a proposito per non soffrire di alcun discredito, intendo dire per le critiche del mondo, perché nei confronti di Dio, ripeto, il meglio da farsi è forse fissare gli occhi solo su di Lui. Vada pure con Dio.

3. Voglia Egli liberarmi da questi signori onnipotenti, che hanno così strane contraddizioni. Questa poverina non deve averci capito nulla; eppure credo che il suo ritorno nell’Ordine non sarebbe conveniente per noi. Se un male c’è è il danno che simili cose possono farci, trovandoci agli inizi. Qualora il suo scontento fosse lo stesso di quella ch’è qui, non mi meraviglierei, ma ritengo impossibile ch’ella abbia potuto dissimularlo così a lungo, avendolo fino a quel punto.

4. È una trama che è dovuta cominciare quando la sottopriora di Palencia prese ad essere mal disposta verso la priora. Il confessore era un padre della Compagnia (molto amico di donna Maria de Acuña), e ho saputo che consigliava loro di non votare per lei, ma per la priora, solo perché i suoi rapporti con donna Maria de Acuña non erano buoni. E siccome non si è rinunziato alla sua legittima ed ella la vuole per un collegio, tutto deve aver congiurato a tal fine, benché, se l’avessero vista contenta, io credo che non l’avrebbero fatto. Che Dio ci liberi da tanti imbrogli!

5. Ciò malgrado, ritengo che non ci convenga cambiare atteggiamento verso quelli della Compagnia. Per molte ragioni non è opportuno; una è che la maggior parte delle religiose che vengono qui sono mandate da loro, e se pensassero di non doverli più trattare non verrebbero. Sarebbe davvero una gran cosa avere i nostri padri, perché a poco a poco ci distaccheremmo da essi. Dio illumini vostra paternità; io non dico di più perché questo messaggero deve partire subito.

6. Il suo crocifisso è rimasto qui, e non so come inviarglielo senza che non si rompa. Ne prenda un altro dalle consorelle di Toledo, e manderemo loro questo, da qui. Mi fa pena quella povera priora per quanto deve sopportare, e anche la nostra Maria di San Giuseppe. Vostra reverenza le scriva. Certo, mi dispiace molto di vederla ora andar tanto lontano; non so che cosa provo. Dio l’accompagni col suo aiuto; al padre Nicola dia i miei saluti. Tutte queste consorelle inviano i loro a vostra reverenza e a lui. Oggi è il 17 settembre. Di vostra reverenza suddita e figlia, Teresa di Gesù.

7. Donna Maria de Acuña scrive alla priora chiedendole mille volte perdono e dicendo che non si è potuto far meglio: la prega di fare il conto di ciò che le devono per il mantenimento della figlia. Pensa di trattenere la legittima; pertanto devono allegare il motivo della professione fatta prima del tempo. Non so come possa dir questo, essendoci stata l’autorizzazione con un Breve del Papa. Mi fa pena la povera Casilda, il cui amore per l’Ordine era ben grande. Dio sia con lei.

 

397. A don Sancio Dávila, ad Alba de Tormes

Avila, 9 ottobre 1581

Autografo: Carmelitane Scalze di Ocaña (Toledo)

All’illustrissimo signor don Sancio Dávila, mio signore, ad Alba.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei. Anche se è stata una vera grazia per me e un regalo vedere la sua scrittura, siccome io l’aspettavo in questi giorni e mi rendo conto che per ora non potrò avere questa gioia, si è raffreddato l’entusiasmo destato dalla sua lettera. Ho lodato nostro Signore e ritengo come una grande sua grazia ciò che lei ritiene come una perdita, perché da quell’estremo di sofferenza non poteva venire all’anima nessun profitto, né speranza di salute; pertanto lei può ringraziare Sua Maestà, perché, levandogliela, non le ha tolto la possibilità di servire nostro Signore, che è quanto più importa. Circa il fatto di non sentire in sé la grande determinazione di non offenderlo, siccome quando le si offre l’occasione di servirlo e di evitare ciò che può dispiacergli, si sente forte, ecco il vero segno, a mio giudizio, di un sincero desiderio. E il suo godimento nell’accostarsi ogni giorno al Santissimo Sacramento, provando rincrescimento se non lo fa, è segno di una più stretta amicizia di quella che lei ritiene comune. Riconosca sempre le grazie che riceve dalla sua mano perché aumenti il suo amore, e lasci stare di considerare le sottigliezze della sua miseria, perché a tutti noi se ne presentano molte in massa, specialmente a me.

2. Per quanto riguarda le mie distrazioni durante le preghiere dell’ufficio divino, anche se forse sono molto colpevole, voglio pensare che si tratti di debolezza di testa; lo stesso pensi vostra grazia, poiché il Signore sa bene che, se preghiamo, vorremmo che fosse preghiera assai ben fatta. Oggi me ne sono confessata dal padre maestro fra Domenico, il quale mi ha detto di non darvi importanza; pertanto supplico vostra grazia di fare altrettanto, ritenendolo un male incurabile.

3. Il suo mal di denti mi rattrista molto, perché ho una lunga esperienza di quanto sia doloroso. Se ce n’è uno guasto, sembra di solito che lo siano tutti, a causa del dolore. Io non trovavo rimedio migliore che toglierlo, ma se si tratta di nevralgia, non giova a nulla. Dio la liberi da esso, come io gliene rivolgerò supplica.

4. Vostra grazia ha fatto molto bene a scrivere una così santa vita; io potrei essere buon testimonio della sua verità. Bacio a vostra grazia le mani per il favore che mi fa nel darmela a leggere.

5. Io vado meglio; di fronte all’anno passato posso dire di star bene, anche se in pochi momenti sia libera da sofferenze; sapendo, però, che non può esserci niente di meglio in questa vita, le sopporto agevolmente.

6. Vorrei sapere se il marchese è là e avere notizie della mia signora donna Giovanna de Toledo, sua figlia, e della signora marchesa. Supplico vostra grazia di dir loro che, pur andando lontano, non dimentico nelle mie povere orazioni di raccomandare le loro signorie a nostro Signore. Per vostra grazia quel che faccio non è molto, perché lei è mio padre e mio signore.

7. Le bacio le mani perché mi dice che mi favorirà, qualora io abbia da rivolgerle una supplica, ed eccomi a farlo. Siccome nutro gran fiducia che mi esaudirà, se lo ritiene conveniente, voglio dire solo a lei una gran pena che porto in me da quasi un anno; potrebbe darsi che vostra grazia potesse porvi un qualche riparo. Sono certa che ne è a conoscenza perché, per i miei peccati, è cosa di dominio pubblico la perturbazione che sconvolge la moglie di don Gonzalo, essendole stato riferito, ed ella lo ritiene vero, che suo marito ha una colpevole amicizia per donna Beatrice, figlia di mia sorella; ella lo sostiene e lo dice così pubblicamente che la maggior parte della gente deve crederle. Pertanto, circa l’onore della ragazza, ritengo ch’esso sarà ormai così screditato che non vi bado, ma penso alle molte offese che si fanno a Dio. Sono estremamente ferita dal fatto che una mia parente sia causa di ciò; ho, quindi, cercato d’indurre i suoi genitori a toglierla da lì, perché alcuni dotti mi hanno detto che vi sono obbligati, e anche se non lo fossero, mi sembra saggio fuggire, come da una bestia feroce, dalla lingua di una donna sopraffatta dalla passione. Altri dicono loro che sarebbe dar credito alla menzogna e li consigliano a non far cambiamenti. Mi si dice che moglie e marito sono separati. Vedo che già se ne parla qui ad Avila da parte della sorella di lei, e quelli che ne parlano spargono molte calunnie – anche a Salamanca lo si sa ormai –; così il male va crescendo, senza che vi si ponga rimedio né da una parte né dall’altra. I suoi genitori non danno importanza a qualunque cosa io dica loro – e gliene dico non poche di cose –, sostenendo che sono ingannata.

8. Supplico vostra grazia di scrivermi a quale rimedio potrei far ricorso affinché cessassero queste offese di Dio, perché l’onore, ripeto, è ormai difficile da salvare nell’opinione pubblica. Avevo pensato a un mezzo, di cui peraltro non vedo semplice l’attuazione. Se vostra grazia ha qualche relazione con tale don Gonzalo, potrebbe forse ottenere da lui, siccome altrove, fuori di lì, ha una buona residenza, e vede il danno che si fa a quella ragazza per colpa sua, che se ne andasse almeno per un anno o sei mesi, fintanto che sua moglie tornasse in sé. E frattanto forse nostro Signore disporrebbe che, al suo ritorno, ella non si trovasse lì. Altrimenti temo che sopravverrà un gran male, a giudicare dall’andamento delle cose, ed è già assai grande al presente.

9. Supplico vostra grazia di vedere se in questo può darmi aiuto, che sarebbe liberarmi dall’attuale tormento. Lo faccia nostro Signore come può, e dia a vostra grazia la santità di cui io Lo supplico, amen. Oggi è il 9 ottobre. L’indegna serva e figlia di vostra grazia, Teresa di Gesù.

10. Supplico vostra grazia di dire molte cose da parte mia al signor don Fadrique e alla mia signora donna Maria, perché non ho testa per scrivere alle loro signorie, e lei mi perdoni, per amor di Dio.

 

398. Al Padre Girolamo Gracián, A Salamanca

Avila, 26 ottobre 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza. Prescindendo dalla solitudine in cui mi fa sentire l’esser priva da tanto tempo di notizie di vostra reverenza, è duro per me non sapere dove sia. Nel caso che si presentasse qualche motivo di necessaria consultazione, ciò creerebbe difficoltà, ma è già cosa incresciosa per me, anche senza questo. Piaccia a Dio che stia bene. Io godo buona salute, e sono diventata una gran priora, come se non avessi nient’altro da fare. I quadernetti sono ormai pronti e piacciono a tutte le consorelle.

2. Sappia che, quando ho detto alla figlia d’Anna di San Pietro di non considerarsi come una professa tacita ed ella mia ha visto determinata a non lasciarle fare la professione se non della regola mitigata, dopo di che potrebbe stare qui, dato che, infine, a questa decisione eravamo giunte sua madre ed io, e che debba dare una dote qui e un’altra all’Incarnazione, perché chi sosteneva di più che non era fatta per questo convento era sua madre, ne è rimasta profondamente afflitta e dice di voler esser messa alla prova per quanti anni si vorrà; dichiara che accetterà qualunque confessore le sarà dato e che se dopo la si vorrà mandar via da qui, lo farà volentieri. Infine, è cambiata in modo tale che ne siamo tutte stupite, anche se si tratta di pochi giorni, non più di quindici.

3. Le sono sparite quasi tutte le inquietudini d’anima e si vede bene ch’è contenta e che sta bene. Se va avanti così, in coscienza non si potrebbe impedirle di fare la professione: ho attinto notizie da lei stessa e ho interrogato anche i suoi confessori, i quali mi hanno detto che le sue inquietudini non sono proprie del suo temperamento, che non è più di un anno e mezzo che le ha (qui mi avevano fatto credere che le aveva avute sempre, perché io non l’ho mai trattata né sono stata qui quando c’era lei), e sembra che ora si comporti con più semplicità. Per carità, vostra reverenza la raccomandi a Dio. A volte mi sono domandata se il demonio la lasci apparire savia, senza tutte quelle inquietudini, per ingannarci e farci restare poi tormentate da lei e da sua madre, anche se la madre ora va bene. L’idea dell’Incarnazione piaceva a sua madre, come a me.

4. Ella vorrebbe annullare il contratto e dare di più a questo monastero, e mi ha pregato di lasciarla parlare con il dottor Castro – anche se non me ne ha detto la ragione che ho saputo da lui –; egli ha visto il contratto e dice che è redatto con molto rigore. Ella gli ha chiesto il suo parere, ma egli non ha voluto darglielo; le ha detto soltanto ch’era amico dei Teatini come di questa casa e ch’era in buoni termini con entrambe le parti; doveva, pertanto, rivolgersi a qualche altro. Io gli ho detto che non c’era bisogno di parlarne, perché noi non l’avremmo presa per la sua fortuna, se non fosse stata adatta per noi, né l’avremmo respinta per tale ragione, e che tutto andava bene. In verità ho parlato con prudenza.

5. Vostra reverenza mi dica chi è quest’uomo e se ci si può fidare di lui, perché mi piace molto la sua intelligenza, il suo garbo e il suo modo di esprimersi. Non so se ciò sia dovuto un po’ al fatto che è così intimo di vostra reverenza. È venuto qui varie volte. Ci terrà una predica un giorno dell’ottava di Ognissanti. Non vuol confessare nessuno, ma io credo che sarebbe contento di confessare me, e il mio sospetto (visto che in genere è contrario a farlo) è che ciò sia dovuto a curiosità. Si dice ch’è nemicissimo delle rivelazioni, e che afferma di non credere neanche a quelle di santa Brigida. Questo non l’ha detto a me, ma l’aveva detto a Maria di Cristo. In altro tempo avrei cercato subito di trattare della mia anima con lui, perché propendevo per coloro di cui sapevo che avevano quest’opinione, sembrandomi che mi avrebbero disingannata meglio degli altri nel caso ch’io fossi in errore. Ormai, essendo priva di tali timori, non lo desidero molto, ma solo un poco; lo farei se non avessi un confessore e se a vostra reverenza sembrasse opportuno, anche se con nessuno, all’infuori che con quelli di prima, ne tratti più molto, sentendomi tranquilla.

6. Le accludo una lettera di Villanueva, perché mi ha afflitto e fatto pena che quella priora debba soffrire tante prove dalla sua sottopriora. È quasi la situazione determinatasi a Malagón. È un tormento terribile quello che procurano le religiose di tale umore per la pace di tutte le altre; pertanto esito molto ad ammetterle alla professione. Desidero vivamente che vostra reverenza vada a quella casa; se si fa la fondazione a Granada, non sarebbe male portarla lì con una o due converse, perché con Anna di Gesù, in una grande città, si troverebbero meglio, e lì ci sono frati per confessarle. Ciò malgrado, credo che quella casa farà progressi, visto che vi sono anime buone, e anche se si prendessero le due postulanti della famiglia del curato, com’egli desidera, quando fosse loro dato ciò che si deve dare, andrebbe molto bene.

7. Nicola ha un gran desiderio che vostra reverenza vada a Siviglia, per ciò che gli dice suo fratello, e non dev’essere senza importanza. Io gli ho già scritto che lì va tutto bene, perché ho ricevuto una lettera da quella priora. Gli avevo già fatto sapere che vostra reverenza non poteva lasciare Salamanca.

8. Qui ho stabilito che, quando vi sia qualche malata, le sorelle non devono visitarla tutte insieme, ma che, appena una entra, l’altra esca, se non si tratta d’una malattia che richieda d’agire diversamente, perché le riunioni di molte presentano numerosi inconvenienti, così nei riguardi del silenzio come nei riguardi dell’andamento della comunità che resta turbato, essendo noi poche, oltre che, a volte, possono stanche sorgere mormorazioni. Se lo crede opportuno, dia quest’ordine lì, altrimenti mi avvisi.

9. Oh, padre mio, com’è increscioso Giuliano! È incapace di rifiutare a Marianna di vederla ogni volta ch’ella lo voglia, e la prega lui stesso di ciò. Tutto è santo, ma Dio mi liberi da vecchi confessori. Sarà una fortuna se si riesce a sradicare certe abitudini. Che avverrebbe se non si trattasse di anime così buone? Dopo aver scritto questa lettera, mi sono accadute qui alcune cose con una delle sorelle, che mi hanno procurato una gran contrarietà; per questo gliene ho parlato, mentre non avevo l’intenzione di farlo. Il rimedio sarà (se si fa la fondazione di Madrid) di mandare via da qui entrambe, perché, quantunque sia tutto santo, son cose che non posso sopportare. Dio renda vostra reverenza tale come io lo supplico di fare, amen, e ce la conservi. Oggi è la vigilia di san Vincenzo; domani, la vigilia dei due apostoli. L’indegna serva e suddita di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

10. Secondo quanto mi scrive la priora di Toledo, credo che il latore della presente mi pregherà domani di supplicare vostra reverenza di dargli l’abito. È quanto faccio. Dovunque sarà, vostra reverenza ordini di pregare per Maria Maddalena che Dio si è portata via, come vedrà dall’acclusa lettera, e ne dia avviso a tutti i monasteri.

 

399. A don Gaspare de Quiroga, a Toledo

Avila, 30 ottobre 1581

Autografo: Signori di Huarte Garrán, Valladolid

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra illustrissima signoria. Ho ricevuto da vostra signoria illustrissima due lettere, favore che è stato per me una grande consolazione. Bacio le mani di vostra signoria illustrissima mille volte. Ho già obbedito all’ordine che in esse mi dava di far prendere l’abito alla nostra carissima sorella Elena di Gesù. Come vostra signoria illustrissima vedrà dalla sua lettera qui acclusa, spero in nostro Signore che servirà a sua maggior gloria e al bene di questo sacro Ordine della sua gloriosa Madre, e che gioverà di più a vostra signoria illustrissima con le sue orazioni, poiché, quanto più crescerà in santità, tanto più esse saranno accette a Dio.

2. Rendo molte grazie a Sua Maestà per la salute di cui so che gode vostra signoria illustrissima. Piaccia a Lui di conservagliela per lunghi anni, come tutte queste suddite di vostra signoria illustrissima lo supplicano di fare. In loro poggia la mia fiducia ch’egli vorrà concederci questa grazia, perché so che sono anime buone, mentre in me confido poco, miserabile come sono, anche se ho ben presente la signoria vostra illustrissima, specialmente quando, ogni giorno, mi vedo innanzi a Lui.

3. Il nostro padre Provinciale è andato a dare l’abito a sua nipote e mi ha scritto quanta gioia ciò gli abbia procurato. Da Avila, in questa casa di San Giuseppe, il 30 ottobre. L’indegna serva e suddita di vostra illustrissima signoria, Teresa di Gesù.

 

400. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, 8 novembre 1581

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe delle Carmelitane scalze, Siviglia.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. La sua lettera mi è stata di gran consolazione, e non è una novità: quanto le altre mi stancano, altrettanto mi riposano le sue. Le assicuro che, se mi vuol bene, io le ricambio tale affetto e godo che me lo dica. Com’è vero che la nostra natura vuole un contraccambio! Ciò non è certamente male, visto che vuol essere ricambiato anche nostro Signore, benché quel che Gli diamo non possa paragonarsi a quel che Gli dobbiamo e all’amore che Sua Maestà merita, ma cerchiamo di somigliarGli, in qualunque cosa sia.

2. Da Soria le ho scritto una ben lunga lettera; non so se il padre Nicola gliel’abbia inviata; ho sempre temuto che non l’abbia ricevuta. Qui si è pregato molto per loro. Non mi meraviglio che stiano bene e in pace, ma che non siano ancora sante, perché, viste le tante necessità che hanno avuto, qui si sono fatte sempre grandi preghiere. Ce ne ripaghino ora che sono libere da esse, perché qui, invece, sono molte, specialmente in questa casa di San Giuseppe di Avila, dove mi hanno eletta priora per pura fame: pensi un po’ come, con la mia età e le mie occupazioni, possa venirne a capo!

3. Sappia che un gentiluomo di qui ha fatto a queste religiose un lascito di non so quali beni, che non coprono la quarta parte dei loro bisogni e di cui non godranno fino all’anno prossimo; ora, dopo ciò, sono subito venute meno quasi tutte le elemosine che avevano dalla città, e sono talmente coperte di debiti, ch’io non so dove andranno a finire. Raccomandino la cosa a Dio, e anche me, perché il fisico si stanca, specialmente dovendo io far da priora fra tanti motivi di confusione messi insieme. Ma se con questo si serve Dio, tutto è poco.

4. Mi dispiace molto che lei mi somigli in alcunché, perché in me tutto va di male in peggio, specialmente i malanni corporali. Quando mi hanno parlato dello stato del suo cuore, non me ne sono afflitta molto, perché, anche se causa un gran patimento in quella violenza di crisi, deve assorbire altri mali e, infine, non è pericoloso; siccome mi avevano detto che temevano l’idropisia, l’ho ritenuto un bene. Sappia che non si possono fare molte cure insieme, ma è indispensabile calmare gli umori.

5. La ricetta delle pillole che le accludo è approvata da molti medici: a me le ha prescritte un medico di primissimo ordine. Credo che l’uso di esse le gioverà molto, anche se si tratti solo di prenderne una ogni quindici giorni, perché per me sono state di gran profitto; mi sento, quindi, molto meglio, senza tuttavia stare mai bene, con i miei vomiti e altri acciacchi, ma ne ho tratto gran vantaggio, e non danno alcun disturbo. Non tralasci di farne la prova.

6. Sapevo già del miglioramento della mia Gabriella, come ho saputo della sua grave malattia, perché nostro padre era qui quando gli hanno dato il suo biglietto: ne ho avuta molta pena, e così pure Teresa, che è ancora molto affezionata a loro. Si raccomanda a vostra reverenza e a tutte. Ella è tale che se la vedessero ne loderebbero Dio, per il modo in cui intende la perfezione, oltre che per la sua intelligenza e la sua virtù. Per carità, preghino Dio che la faccia progredire, perché, stando a come va il mondo, non c’è da fidarsi. Noi la raccomandiamo molto a Dio. Sia lodato per tutto, Egli che me l’ha lasciata qui. Me la raccomandino in sommo grado, come tutte. A suor San Francesco dica che mi sono rallegrata della sua lettera; le comunichi la morte di Acacio García: che lo raccomandi a Dio.

7. Sono stata oltremodo felice di sapere che stava lì il mio buon padre fra García. Dio la ricompensi di così buone notizie, perché, anche se me l’avevano detto, non riuscivo a crederlo, talmente lo desideravo. Gli mostri molta amabilità, faccia conto che sia fondatore di quest’Ordine, considerando quanto mi abbia aiutato; per lui, quindi, non si deve usare il velo; per tutti gli altri sì, in particolare e in generale, soprattutto per gli Scalzi, come si fa in tutte le case.

8. Dalle Indie non hanno portato nulla, perché quando volevano fare l’invio, hanno saputo della morte di mio fratello (che Dio abbia in gloria), ed è necessario mandare un biglietto di don Francesco per far venire il denaro. Lorenzo si è sposato ed è assai ben sistemato. Dicono che abbia più di seimila ducati di rendita. Non è da stupirsi che non le abbia scritto, perché aveva appena saputo la morte di suo padre. Oh, se conoscesse i travagli di suo fratello e le noie che mi danno tutti questi parenti! Pertanto vivo fuggendo da ogni occasione di avere affari con essi; avendo informato di questo il padre Nicola, il quale mi ha fatto dire, mentre ero a Palencia, di acconsentire al pagamento, ché in seguito mi sarebbe stata data la somma qui, ho rifiutato recisamente. Per questo avevo scritto a vostra reverenza di non inviare nulla per la via di Madrid; temevo quello ch’è avvenuto, e non mi è sembrato assolutamente ben fatto, perché amo la franchezza.

9. Ora è tornato a scrivermi dicendo ch’egli manderà cento ducati e ch’io riscuota gli altri cento dove non si potrà farlo tanto presto. Io gli ho risposto mostrandomi molto irritata con vostra reverenza: gli ho detto che loro dovevano essersi messi d’accordo insieme – mi è proprio passato questo per la mente –, perché, nonostante il mio avviso, lei ha agito come ha agito; quel che ha meritato sarebbe di pagare due volte, ed è quanto farà se non mi vien dato il denaro. Orazio non ha certo ragione, perché se vostra reverenza gliel’ha dato perché me lo inviasse, non basta che suo fratello gliel’abbia consegnato perché egli si rimborsi con esso senza la sua autorizzazione.

10. Il padre Nicola dice che su un’elemosina ch’egli è obbligato a fare di mille e cinquecento ducati, deve darne mille alla sua casa. Da lì potrà tirar fuori qualcosa di quel che le resta da pagare. Io gli ho scritto perché ne faccia un po’ parte a questa casa, che si trova davvero in un estremo bisogno. Qualora se ne offra l’occasione, lo solleciti in nostro favore- visto che suo fratello agisce così – e vostra reverenza se la veda con lui per ritirare i duecento ducati: io sono stanca di trattarne col padre Nicola e non voglio più parlargliene. La cappella sta per iniziarsi, e se non si fa (almeno se non si comincia) mentre sono qui, non so come e quando si farà, perché spero, se Dio vuole, d’andare da qui alla fondazione di Madrid.

11. Sappia che nel testamento si parla di quattrocentotrenta ducati, mi sembra; e anche se mi ricordo vagamente che vostra reverenza ha detto di avergli dato i trenta, siccome aveva ormai fatto il testamento quando è stato lì e non esiste altra dichiarazione posteriore, non so se, nonostante che glieli abbia dati, ne verrà tenuto conto. Se ne informi là. Io, per non stancarmi, non torno a guardare il testamento per vedere se ci sono in più questi trenta ducati: lei deve ben saperlo. Creda pure che se fossero miei o ne disponessi io, preferirei di gran lunga non occuparmene. Se vedesse lo stato fallimentare in cui si trova la sua proprietà! È una pena, perché questo giovane non era fatto per altro che per dedicarsi a Dio. E anche se voglio disinteressarmi di tutto, mi dicono che vi sono obbligata in coscienza; pertanto non è stato nulla perdere un così buon fratello in confronto ai travagli che mi danno coloro che restano. Non so come si andrà a finire.

12. Quanto al padre Nicola, egli ha pensato che si dovesse dare in fretta il denaro qui per pagare subito, ma quel che mi è dispiaciuto è la sua ostinazione nei miei riguardi, e, infine, il fatto che vostra reverenza e lui abbiano agito contro la mia volontà: è certo che, pur volendolo, non so da quale casa mi possano dare quel denaro, anche se alcune devono pagare, perché si sono ripartite le spese della provincia e qualche casa va dando la sua quota, ma parecchie non potranno farlo tanto presto, mentre altre hanno dato già molto, e sarebbe stato meglio che il fratello di lui avesse potuto aspettare anziché io tralasciassi di fare la cappella di cui mio fratello affida l’incarico a me; se muoio, sarà cosa finita, considerate le necessità in cui versa suo figlio, e può darsi che il denaro si spenda in altro modo, anzi, da quel che vedo, si può ritenerlo per certo.

13. Non tralasci di scrivermi come va spiritualmente, perché avrò motivo di rallegrarmi, visto che, dopo quanto ha passato, non può andarle che bene. E mi mandi anche le poesie. Ho molto piacere che tenga allegre le consorelle, le quali ne hanno bisogno; mi dica, inoltre, se la madre sottopriora si è rimessa completamente. Poiché Dio ce l’ha lasciata quaggiù, sia per sempre benedetto.

14. La Compieta e la ricreazione si fanno come al solito. Ho interrogato alcuni dotti e gliene ho detto gl’inconvenienti, e anche che la regola prescrive di osservare il silenzio fino a «Pretiosa», non oltre, mentre qui lo osserviamo tutto il giorno. A nostro padre non è sembrato mal fatto.

15. Le porte delle sacrestie che danno sulla chiesa devono chiudersi con un tramezzo di mattoni; non si esce mai da lì, ché equivarrebbe incorrere nella scomunica in base al «motu proprio», neanche per chiudere la porta della strada. Dove è possibile, la donna di servizio resta all’interno e chiude; qui, dove non lo è, abbiamo fatto una serratura che si apre e si chiude di fuori e di dentro: chi ci fa i servizi chiude di fuori e apre al mattino; a noi resta un’altra chiave per poter uscire nel caso in cui accadesse qualcosa. Il guaio è che così la chiesa non è molto linda, ma non si può evitarlo.

16. Dev’esserci una ruota per comunicare con la chiesa, e un buon sacrestano; giacché la scomunica del Papa riguarda la sacrestia e la portineria, non si può fare altrimenti; bastava, del resto, che ciò fosse un ordine delle Costituzioni, la cui mancata osservanza si sa quale pericolo rappresenti. Se si prende l’abitudine di trasgredirne un sol punto, è peccato mortale.

17. Ho scritto questa lettera credo da più di quindici giorni. Ora ne ho ricevuto un’altra di vostra reverenza e del padre mio Rodrigo Alvarez, a cui veramente sono molto obbligata per il bene che ha fatto alla loro casa, e vorrei rispondere alla sua lettera, ma non so come farlo, perché alcune cose che mi domanda non sono da dirsi per lettera; se lo vedessi, però, non gli nasconderei nulla – come a chi conosce la mia anima –, anzi ne sarei felice, non essendoci qui alcuno a cui possa tenere questo linguaggio affinché mi dia conforto. Se Dio conduce qua il padre fra García, allora il conforto sarà grande. Oh, come mi è dispiaciuto che in questa lettera non mi dica nulla di lui! Dev’essere andato a Madrid – almeno mi hanno detto così –; per questo non gli scrivo, pur desiderandolo molto, come desidero anche di vederlo; lei avrebbe motivo di stupirsi se sapesse tutto ciò che gli devo!

18. Ritornando a quanto le dicevo, se vostra reverenza lo ritiene opportuno, poiché nostro padre mi ha detto di aver lasciato lì un libro scritto di mia mano (che lei certamente non sarà disposta a leggere), quando il padre Alvarez verrà lì, gli legga, sotto il segreto della confessione (è ciò ch’egli chiede molto prudentemente), solo per vostra reverenza e per lui, l’ultima Mansione e gli dica che la persona in questione è giunta a quel punto, in quella pace di cui lì si parla; pertanto vive una vita assai tranquilla, e grandi teologi dicono che procede bene. Se la lettura non dovesse esser fatta lì, non glielo dia assolutamente, per quel che potrebbe seguirne. Finché non mi scrive il suo parere in merito, non gli risponderò. Gli dia il mio ricordo.

19. Per quanto si riferisce al trasferimento a San Bernardo, sono stupefatta che una persona che l’ama tanto si sia potuta ingannare in tal modo; tutte le sorelle di questa casa ne erano contente e io tanto da non vedere l’ora in cui si trasferissero lì. Non doveva aver riflettuto bene né aver saputo dei mori. Ciò mi avrebbe ridato la vita, tale è il mio interesse per loro.

20. Sappia, figlia mia, che a me non dispiacerà, quando ne trovino una migliore e restino senza un gran debito da saldare, che vi si trasferiscano, ma ho visto lì tanta carestia di case che ciò mi sembra impossibile, e forse un’altra che a loro sembri migliore, avrà più difetti. In verità, quella in cui sono mi è molto piaciuta. Non ne parliamo più; neanche il padre Nicola ne parlerà più, perché io gliel’ho scritto. Creda che a lui è sembrato di cogliere bene nel segno, e io, avendole viste con vivo desiderio di uscire dalla casa in cui sono e sentendo dire da lui tanto bene dell’altra, ne lodavo Dio. Egli c’illumini per riuscire in tutto. Il padre ha poca salute. Lo raccomandino a Dio perché ce lo conservi: sarebbe una gran perdita per noi, particolarmente per la sua casa. Ch’Egli sia con vostra reverenza, figlia mia, insieme con tutte loro e me le renda sante. Oggi è l’8 novembre.

21. Mi avevano già dato notizie della casa, e ne ero rimasta sorpresa. Sappia che a furia di distribuire la resina, me ne resta ben poca, ed è ciò da cui traggo più vantaggio, io e le altre. Appena veda di poter disporre d’un corriere, me ne mandi ancora, per carità, e preghino tutte Dio di procurarmi di che dar da mangiare a queste monache, perché non so come fare. Tutte le si raccomandano molto. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

401. A don Martino Alonso de Salinas, a Palencia

Avila, 13 novembre 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Per farmi riposare dalle mie gravose occupazioni sarebbe bene che vostra grazia non tralasciasse di scrivermi qualche volta, perché, certo, il vedere la sua scrittura è per me una grande grazia e un sollievo, anche se mi si rinnova il dolore di saper lei così lontano e me nella gran solitudine di questo luogo. Dio sia lodato per tutto. Gli rendo vive grazie del fatto che lei goda buona salute e che in buona salute siano arrivati quei gentiluomini, suoi fratelli.

2. Poiché loro sono adesso a Burgos, non mi sembra il caso, se lei è d’accordo, che si trascuri ora il più vivo interessamento per la fondazione con tutto lo zelo possibile, visto che Dio ne ispira tanto a quella signora donna Caterina. Può darsi che vi sia sotto un mistero. Ella mi ha scritto, e ora le rispondo, e scrivo anche alla persona che mi indica. Supplico vostra grazia di scrivere la lettera richiesta dalla madre priora, e le altre che vostra grazia giudicherà opportune, giacché forse la nostra è solo paura. Donna Caterina dice, infatti, che dopo le nostre trattative in merito a ciò, la città ha dato l’autorizzazione di fondare altri monasteri. Non so perché debbano fare tante difficoltà per tredici donne – ch’è un numero ben limitato – tranne che la cosa infastidisca molto il demonio. Mi pare un inconveniente quello che lei dice, ma non ne mancheranno altri in seguito. Se l’opposizione è opera del demonio e se Dio vuole che il monastero si faccia, alla fine l’opposizione non gli servirà a nulla.

3. Sua Maestà indirizzi le cose per il suo servizio e conservi vostra grazia nella santità di cui io Lo supplico ogni giorno, pur essendo una miserabile.

4. Per il fatto di avere tante lettere da scrivere, non mi dilungo come vorrei. Sto meglio del solito e non sento che il freddo mi faccia male, anche se c’è molta neve. Da questa casa di San Giuseppe d’Avila, il 13 novembre. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

5. La supplico di farmi il favore di dire molte cose da parte mia al signor Suero de la Vega e alla signora donna Elvira, assicurandoli che ho sempre cura di raccomandarli coi loro angeli a nostro Signore.

 

402. A don Giovanni de Ovalle, ad Alba de Tormes

Avila, 14 novembre 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Può ben credere che non sono né sarò priva di preoccupazione finché saprò che vostra grazia sta ad Alba; pertanto desidero sapere che cosa si fa a tale riguardo, e spero che lei non trascuri di effettuare la decisione di non restare lì, perché l’occasione non è affatto morta. Per amore del Signore, abbia cura di ciò; l’inverno, infatti, è già così inoltrato che non sarà male per lei andare dove abbia un bel caldo, come fa abitualmente, perché creda pure che il demonio non dorme, secondo quanto mi è stato detto. È proprio così; pertanto ho una gran paura che il male sarà senza rimedio quando vorremmo porvi riparo, e non abbia per buono il silenzio di quella tale.

2. In verità, signore, a prescindere da cose tanto importanti di cui non si può sottolinearne appieno la portata, il mezzo che le viene offerto conviene alla salvaguardia di sua figlia, perché non può essere eterna la permanenza con i suoi genitori. Se per caso Gonzaliáñez non dà la sua casa, non potranno evitare d’andare a Galinduste e poi da lì venire qui, come d’accordo. In un modo o in un altro, per amor di Dio, abbia ormai fine la morte che mi danno. Molti saluti a mia sorella. Io sto discretamente.

3. Sappiamo che dalle Indie sono arrivate lettere e non denaro, perché nel momento in cui stavano per mandarlo, hanno saputo della morte di mio fratello (che Dio abbia in gloria), e chiedono certe carte per farne l’invio.

4. Agostino de Ahumada dice che verrà fra un anno, e non ricco, ma con la speranza del favore del re. Corre voce che l’avrà, perché gli ha reso molti servigi e può contare sull’appoggio del viceré, ch’è ora qui.

5. Don Lorenzo si è sposato con la figlia d’un uditore, perché gli Indiani gli dessero ciò di cui il re l’aveva favorito. Essi l’hanno fatto e si dice che abbia circa settemila ducati di rendita; sua moglie è donna di grandi qualità, ed egli è ritenuto un uomo dabbene e di grande buon senso. Nella lettera di suo fratello invia saluti a vostra grazia e alla signora donna Beatrice.

6. Dice che, per aver avuto ora molte spese, non invia loro nulla e che lo farà alla partenza di un’altra flotta, quando ritornerà Agostino. Piaccia a Dio che qualcosa venga: per poco che sia, riuscirà utile. Io, scrivendogli, glielo domanderò insistentemente. Non sarà male che gli mandino le loro felicitazioni e mi inviino la lettera.

7. Molti saluti al signor don Gonzalo, cui ricordo di tener presente ciò che mi ha promesso, e anche a donna Beatrice, che non so quando potrà pagarmi tutte le preghiere con cui la raccomando a Dio. Sua Maestà sia con loro e li renda così santi come di ciò lo supplico, amen. Oggi è il 14 novembre. La serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

403. A don Pietro de Castro y Nero, ad Avila

Avila, 19 novembre 1581

Autografo: Cattedrale di Córdova

Al mio signore, il dottor Castro.

1. Gesù sia con vostra grazia. Il piacere che lei mi ha fatto con la sua lettera mi ha commosso talmente che, prima che a lei, ho reso grazie a nostro Signore con un «Te Deum laudamus», perché mi è sembrato che, come molti altri, fosse un favore accordatomi dalle sue stesse mani. Ora bacio quelle di vostra grazia infinite volte e vorrei farlo ben altrimenti che a parole. Che cos’è la misericordia di Dio! Ecco che le mie indegnità hanno procurato un bene a vostra grazia, e con ragione, perché mi vedo libera dall’inferno, che da molto tempo ho ben meritato; è questa la causa per cui ho intitolato quel libro «Delle misericordie di Dio».

2. Sia lodato per sempre, io non ho mai sperato meno di ciò che ora mi ha concesso. Ciò malgrado, ogni parola troppo severa mi ha turbata. Ora non vorrei dire di più per lettera; pertanto supplico vostra grazia di venire a vedermi domani, vigilia della Presentazione, perché io presenti a vostra grazia un’anima che si è distrutta molte volte, e perché vostra grazia operi in lei tutto quello che giudicherà opportuno al gradimento di Dio. Spero che Sua Maestà mi accorderà la grazia di obbedirle per tutta la mia vita; io non penso che la lontananza mi darà libertà né la voglio, perché ho visto operarsi cambiamenti a causa di questo desiderio, mentre è impossibile che non mi venga un gran bene dall’obbedienza, se vostra grazia non mi abbandona, e non credo che lo farà. Come pegno di ciò mi propongo di conservare questo biglietto, benché ne abbia un altro più importante.

3. Ciò di cui supplico vostra grazia, per amor di nostro Signore, è che sempre abbia presente quello ch’io sono, per non far caso delle grazie che Dio mi concede, se non per ritenermi più spregevole, visto che ne faccio così cattivo uso (perché è chiaro che quanto più ricevo, più resto indebitata); vendichi piuttosto delle mie colpe questo mio Signore, in quanto Sua Maestà con le sue grazie non vuol far altro che punirmi; non è, infatti, piccolo castigo per chi si conosce.

4. Quando vostra grazia avrà finito quei fogli, gliene manderò altri, vedendo i quali non è possibile non detestare chi doveva essere ben diversa da quel ch’io sono; credo che faranno piacere a vostra grazia. Che nostro Signore le dia di Sé la gioia di cui io Lo supplico, amen.

5. Lei non ha perduto niente di fronte a me per lo stile delle sue lettere; da parte mia debbo elogiarne l’eleganza; tutto giova a Dio quando alla radice c’è il desiderio di servirlo. Sia benedetto per tutto, amen, giacché da molte tempo non provavo tanta gioia come l’ho avuta stasera. Le bacio mille volte le mani per il titolo che mi dà, che è troppo grande per me.

 

404. A don Pietro de Castro y Nero, ad Avila

Avila, fine novembre 1581

1. Gesù sia con vostra grazia. La mia capacità d’intuizione non giunge a tanto ch’io abbia potuto immaginare, ieri sera, il «no» che vostra grazia mi dice ora. Molto più abile è stato lei nel capire di dover distogliere dalla pena quella poverina, che ha passato certamente un giorno penoso, e non è stato il solo, ma molti quelli da lei sofferti. Con sua madre non ho più da parlare; devo solo fare ciò che vostra grazia ordina, perché in questo consiste esser sua suddita, e quand’anche non lo fossi, ripugna tanto alla mia indole chiedere qualcosa che non sia accetta, che mi comporterei allo stesso modo.

2. Ora mi dicono che Anna di San Pietro ha mandato a chiedere a don Alonso di non tralasciare di recarsi a supplicare vostra grazia. Questo è stato prima che giungesse il suo biglietto, perché dopo non gliel’avrei assolutamente permesso. Resti pure senza predica, se non verrà il padre Provinciale; certo, pur essendo evidente che non si può chiedere un sermone a chi non predicherebbe con piacere, questa rinuncia sarà per loro un peggior male che la perdita delle pernici, e non so che cosa faranno. Nostro Signore renda vostra grazia così santo come io gliene rivolgo supplica.

3. Per far partire la presente prima di don Alonso – giacché neanche per un attimo voglio che vostra grazia pensi ch’io vado contro la sua volontà – non dico altro se non che questo raggiro mi ha molto irritata. La figlia e serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

405. A don Pietro de Castro y Nero, ad Avila

Avila, 28 novembre 1581

1. Gesù sia con vostra grazia e Sua Maestà la ricompensi della gioia e dell’aiuto che oggi mi ha dato; insieme le esprimo un mio voto, e se vostra grazia non fa da parte sua tutto quello che può per esaudirlo, credo che per me sarebbe meglio non averla conosciuta, tanto avrò da soffrirne, ed è questa la pena: non mi basta che lei se ne vada in cielo, perché deve compiere grandi cose nella Chiesa di Dio. Oggi l’ho pregato molto di non permettere d’impiegare quella sua bella intelligenza in nulla che non sia rivolto a tal fine.

2. Queste sorelle baciano a vostra grazia le mani; esse sono rimaste assai consolate. Mi faccia sapere se si è stancato e come sta, ma non per lettera, perché, se pur gioisco di vedere la sua scrittura, non vorrei affaticarla che il meno possibile, e sarà sempre molto. Io lo sono, questa sera, per un padre dell’Ordine, anche se mi ha evitato di mandare un messaggero alla marchesa, perché passa per Escalona. La lettera per Alba va in mani sicure, come sono sicura io d’essere la figlia e serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

406. A donna Maria Enríquez, duchessa di Alba

Avila, 28 novembre 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra eccellenza. È stato grande il favore che vostra eccellenza mi ha fatto inviandomi il libro, tanto che non saprei valutarlo adeguatamente. Le bacio molte volte le mani e manterrò la mia parola, come vuole vostra eccellenza, anche se, qualora lei lo permettesse (visto che mi chiede come potrà essere sicuro durante questo lungo viaggio), io lo terrei fino al suo ritorno ad Alba. Se vostra eccellenza persiste nel volerlo, faccia sapere alla priora che non accetta ciò che io le ho mandato a chiedere (dovrei dire ciò di cui l’ho supplicata), affinché me lo dica; se non me lo dicesse, capirò che vostra eccellenza accetta di farmi questo favore.

2. Piaccia a nostro Signore di ricondurla con tanta salute quanta lo supplicheremo di dargliene io e tutte le sue suddite. Ho molto da offrire a Sua Maestà, che sa come mi addolori che vostra eccellenza si allontani senza ch’io abbia avuto la fortuna di baciarle le mani. Sia per sempre benedetto, Egli che vuole ch’io abbia così poche gioie sulla terra. Sia fatta la sua volontà in tutto, perché vedo bene di non meritare di più.

3. In parte avrei sopportato meglio le tribolazioni di là se fossi stata sul posto, invece d’esser privata di baciare le mani di vostra eccellenza…

4. Dio le dia la salute di cui lo supplico ogni giorno, e me la conservi molti anni, per lo meno più di me. Il raffreddore di vostra eccellenza mi ha impedito di godere interamente del favore che mi ha fatto con la sua lettera. Supplico vostra eccellenza di non farmene più a un prezzo così gravoso per me; ce n’era d’avanzo se avesse dato ordine al suo segretario di scrivermi qualche parola. La supplico di concedermi in tal modo la grazia di farmi sapere di tanto in tanto notizie della sua salute e di quella del signor don Fadrique.

5. Piaccia a nostro Signore di darla assai buona sia a lui, sia alla signora duchessa; sebbene le loro signorie mi abbiano dimenticata, non tralascio di fare con le mie povere orazioni quello a cui sono obbligata anche verso colui che è molto amato da vostra eccellenza.

6 Il padre Provinciale mi scrive che ci sono buone speranze per l’esito degli affari di lì, dandomi così una gran consolazione, e mi dice anche la grazia che lei gli fa chiedendogli di recarsi ad accompagnarla; non credo che sia male da parte mia invidiarlo. Sua reverenza desidera vivamente compiacerla, da quanto mi scrive. Io, però, vorrei supplicare vostra eccellenza, per amor di nostro Signore, di non dargliene ora l’ordine, perché sta occupandosi di stampare le Costituzioni, ed è cosa di cui abbiamo il più gran bisogno: i monasteri ne sono in attesa. Sia il Signore con vostra eccellenza. L’indegna serva e suddita di vostra eccellenza, Teresa di Gesù.

 

407. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, 28 novembre 1581

Originale e autografo: Convento di Santa Chiara, Astorga

1. Gesù mi conservi vostra reverenza. Oggi stesso le ho scritto molto lungamente, e pertanto nella presente non mi dilungherò, a causa delle molte mie occupazioni: proprio oggi abbiamo avuto una professione, e sono assai stanca.

2. Ho detto di prendere da lì due religiose per la fondazione di Granada, e confido che lei non mi darà le peggiori; glielo chiedo per carità, perché lei sa bene quanto importi che siano di molta perfezione e capacità. Così le restano più posti liberi per poter accettare altre religiose e pagarmi più presto, visto che mi riesce assai penoso andarmene da qui a Burgos senza lasciar cominciata la cappella di mio fratello. E me ne fanno, certo, un obbligo di coscienza. Glielo dico affinché sappia che non posso aspettare molto a cominciarla.

3. Pertanto faccia il possibile per inviarmelo, e mi raccomandi a Dio, perché dopo Natale andrò a fare quella fondazione di Burgos, che è un paese freddissimo in questa stagione. Se almeno si trovasse nei pressi della sua residenza, a condizione di vederla ciò non mi riuscirebbe gravoso, ma nostro Signore vi provvederà un giorno.

4. Di salute sto discretamente, grazie a Dio, giacché con le sue preghiere e quelle di tutte le consorelle, il Signore mi aiuta a sopportare i travagli. Teresa si ricorda a lei e a tutte le sorelle. Sua Maestà mi conservi vostra reverenza e la renda così santa com’Egli può, amen. Da questa casa di Avila, il 28 novembre. Molti saluti a tutte le consorelle. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

408. A don Giovanni de Ovalle, ad Alba de Tormes

Avila, 29 novembre 1581

Autografo: Carmelitane Scalze di Vélez-Málaga

All’illustre Giovanni de Ovalle, mio signore, nelle sue mani o in quelle di mia sorella. Alba.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra grazia, amen. Ho scritto da poco a vostra grazia e ho vivo desiderio di sapere che cosa si fa nei riguardi d’ogni cosa. Oggi mi hanno dato una lettera in cui mi si dice che ormai è stata data la licenza da parte della città di Burgos perché io faccia lì una fondazione (avevo già quella dell’arcivescovo) e credo che andrò per la fondazione prima lì che a Madrid. Mi rincresce di partire senza vedere mia sorella, perché potrebbe darsi che da Burgos vada poi direttamente a Madrid.

2. Ho pensato che se donna Beatrice ha l’intenzione di farsi monaca, un buon mezzo sarebbe di condurla con me, dandole qui l’abito (sarà felice di conoscere questi monasteri), e poi portarla a Madrid. Sarà fondatrice prima di aver fatto la professione, e senza accorgersene si troverà in uno stato in cui non starà in sé dalla gioia, e potrà ritornare lì. Nostro Signore sa quanto io desideri saperla sollevata, e per lei come per mia sorella sarebbe di grande conforto vederla con l’abito. Ci rifletta bene e raccomandi la cosa a Dio, ché io lo faccio continuamente. Piaccia a Sua Maestà d’indirizzare tutto alla sua maggior gloria, amen, e ch’egli protegga loro tutti.

3. Mia sorella ritenga la presente come indirizzata a lei. Molti saluti ai miei nipoti, così anche a Teresa e a loro due. Il messaggero è personale, perché va a Salamanca dal nostro padre provinciale che deve darci la sua licenza per una certa rinuncia, e lo faccio passare da lì all’andata e al ritorno. Vostra grazia tenga pronta la risposta e dia la lettera alla madre priora; della faccenda di Burgos non parlino per ora con nessuno. Oggi è il 29 novembre. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

4. Volti il foglio. Se si facesse questo non ci sarebbe bisogno che loro se ne andassero da lì; il fatto ch’io mi rechi tanto lontano è sufficiente ragione perché mia sorella venga a vedermi; si potrà poi dire ch’io ho voluto portare con me mia nipote, e in questo nessuno avrà niente da ridire.

5. Se sono d’accordo, io li avviserò quando la mia partenza sarà decisa; anche se venissero prima, non perderebbero molto. Non ho saputo ancora nulla della salute della signora donna Mayor, e desidero aver notizie, né ho potuto disporre di qualcuno per inviarle le cuffie: siccome pesano tanto, non c’è nessuno che voglia portarle. Vostra grazia le faccia avere un saluto da parte mia e mi dica come sta. Io, discretamente.

 

409. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Avila, fine di novembre 1581

A quanto mi sembra, non ho mai sentito da Giuseppe che la mia partenza per Burgos dovesse avvenire subito; non mi ha detto di andarvi presto o tardi, ma solo di non affidarne la fondazione a qualche altra, come stavo pensando di fare.

 

410. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Avila, 29 novembre 1581

1. Gesù sia con vostra reverenza. Oggi sono partite le religiose, il che mi ha procurato molta pena e un senso di gran solitudine. Esse non sono afflitte, specialmente Maria di Cristo, cioè quella che ha insistito molto per partire. La cosa era ormai di pubblica ragione, e l’altra non dimostrava capacità adatte allo scopo, come vostra reverenza saprà. Ciò malgrado, io avevo molto scrupolo a trattenerla, visto che vostra reverenza mi aveva scritto di mandarla. Il dottor Castro me ne ha liberato.

2. Fra Giovanni della Croce aveva un gran desiderio d’inviare a vostra reverenza un po’ di denaro e faceva lunghi calcoli per vedere se poteva tirarlo fuori da quello che aveva per il viaggio, ma non ha potuto. Credo comunque che cercherà di mandare qualcosa a vostra reverenza.

3. Antonio Ruiz tre o quattro giorni fa è venuto qui, fermamente convinto di partire con me. Aspettava con vivo desiderio vostra reverenza e le scrive; mi ha dato due monete (credo che siano di quattro scudi) perché io gliele mandi. Ma non lo farò fin quando non avrò un corriere sicuro. Faccio molto a non tenerle per me, perché così come stanno le cose non è strano che abbia la tentazione di rubargliele.

4. Ines di Gesù mi ha inviato l’acclusa lettera con altre sue, ma se ne andrà troppo presto, se la sua partenza è dopo Natale. Le ho già scritto, e siccome ho detto che vostra reverenza deve recarsi lì, lei e le altre si attarderanno. Questa benedetta priora è costretta ad agire così, vedendo quelle signore accese di tanto fervore; pertanto vostra reverenza non prometta di predicare là dopo l’Avvento, ché qui avrà ben occasione di farlo. Il dottor Castro desidera che vostra reverenza venga a passare il Natale in casa sua, e io anche, ma i miei desideri raramente sono soddisfatti.

5. Ora credo che non si può fare a meno di portare Teresita, e il dottore è pienamente d’accordo; inoltre ella soffre tanto della mia partenza – specie dopo quella della altre consorelle – che credo sarà necessario; è sempre triste e se in questo stato le venisse qualche tentazione, non so che cosa farebbe; pertanto mi è sembrato opportuno darle qualche speranza, pur provandone molto rincrescimento. Sia gloria a Dio, il quale vuole che tutto piova su di me.

6. Vado studiando attentamente chi posso lasciare qui al mio posto, e non riesco a decidermi, perché ogni volta che ricordo come sia stato pubblico il desiderio di Anna di S. Pietro d’andarsene, non posso sopportare l’idea che rimanga ora come superiora: è una cosa terribile; quanto al resto mi sembrerebbe adatta. Questa Marianna credo che andrebbe bene, perché ha molte qualità che si addicono allo scopo, se non ci fosse di mezzo Giuliano, anche se ora vive assai ritirato e non s’ingerisce di nulla. Dio illumini vostra reverenza, e parleremo qui di tutto.

7. Ieri si è fatta la velazione; madre e figlia son come pazze di gioia. Tutto ciò mi ha stancato molto: sono andata a letto alle due del mattino. Quelle da me indicate sono le tre religiose di qui, altre tre di Beas con Anna di Gesù, che va come priora, altre due di Siviglia e due converse di Villanueva che sono ottime, ma la priora mi aveva scritto che conveniva mandarle, perché ne ha cinque, e ha ragione di voler aiutare quella casa di Granada di cui si dice tanto bene. A chi andrà male sarà ad Anna di Gesù, col desiderio che ha di comandare. Se vostra reverenza è d’accordo, sia irremovibile nell’esigere che sia fatto così, perché non se ne troveranno altre migliori, altrimenti faccia come deciderà e resti con Dio, perché, essendomi coricata alle due e alzata di buon mattino, la mia testa si trova sotto cattiva stella. Per il resto sto discretamente.

8. Mi viene in mente che può esserci un inconveniente per quanto riguarda Teresa, nel caso che dovessi condurre l’altra nipote, Beatrice: condurre entrambe non mi sarebbe in alcun modo possibile. Ciò mi darebbe fatica, anche se la prima, siccome prega bene, mi sarebbe di un qualche sollievo. Pertanto non le dirò nulla. Ma Beatrice si guarderà dal causarmi questa difficoltà. E, a mio parere, non conviene che vostra reverenza venga con Tommasina. L’indegna serva e suddita di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

411. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Avila, 1° dicembre 1581

1. Gesù. – Gli otto scudi che mi ha dato Antonio Ruiz da inviare a vostra reverenza le sono portati dal padre fra Ambrogio. Io gliene ho cavati fuori due, allegandogli buone ragioni; di più non ho potuto. Sembra che mi dia a conoscere come una mendicante – cosa assai nuova per me – e non ne provo alcuna mortificazione. È vero che, trattandosi di persone dell’Ordine, non faccio un grande sforzo. Nostro Signore renda vostra reverenza santo in sommo grado, come io gliene rivolgo supplica, amen.

2. Dia molti saluti alla madre priora. Se quei padri hanno molto freddo nella casa ch’essi comprano, che sarà delle religiose? Le salverà la loro fede, perché io ne ho certo poca, per quanto riguarda quella casa. È il 1° dicembre.

3. Mi faccia sapere come stanno i suoi piedi; deve soffrire un bel freddo, se ora ha i geloni, che sono un male non dovuto ad altra causa. Io sto discretamente, anche se sono stanca.

4. Tutte si raccomandano alle preghiere di vostra reverenza. Teresa, in particolare, è molto contenta del suo «diurno», come le altre dei loro libri. Di vostra reverenza serva, suddita e figlia, Teresa di Gesù.

 

412. A donna Beatrice de Castilla y Mendoza, a Madrid

Avila, 4 dicembre 1581

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei. Mi sembra che quando l’ho supplicata di non scrivermi, mi riferivo agli affari; rifiutarsi, infatti, di ricevere il favore delle sue lettere sarebbe stata una stoltezza, perché mi rendo ben conto di quanto esso sia grande, quando lei me lo fa. Ma provo molta pena se vi si trattano cose che, in conformità della mia coscienza, m’è impossibile fare e ne leggo altre il cui adempimento mi rendo conto, in base a quanto mi dicono, che non conviene nemmeno a don Francesco; ma siccome a vostra grazia parlano diversamente, lei non può astenersi dal dubitare della mia buona volontà, e ciò è assai doloroso per me; pertanto desidero vivamente di veder la fine di tutto questo. Risolva le cose nostro Signore in conformità di quel che può riuscire a suo maggior servizio – il che è proprio ciò a cui mira vostra grazia –; il mio primo impulso non mi ha mai suggerito altro desiderio unitamente a quello della pace di vostra grazia e alla considerazione dei grandi meriti della signora donna Orofrisia.

2. Per quanto dice ch’io gli ho scritto, che nostro Signore gli avrebbe dato figli, lo ripeto ora e spero in Sua Maestà che li avrà. Non ho mai tenuto conto delle pretese di Pietro de Ahumada – e neanche ora vi faccio caso –; sono inoltre così stanca di mischiarmi in qualsiasi cosa che, se non me ne facessero un obbligo di coscienza, lascerei perdere tutto; ero, infatti, decisa a questo, senonché Perálvarez mi ha detto che a lei sarebbe sembrata una decisione spiacevole, perché si trattava di un affare che riguardava San Giuseppe.

3. Siccome i miei peccati mi hanno fatto ora eleggere priora di tale convento, vedo che vostra grazia ha ragione, e anche ch’è necessario, da parte della casa, far valere i suoi diritti, affinché si giunga alla conclusione più presto di quanto mi hanno detto alcuni legali. Anche se i figli di mio fratello (che Dio abbia in gloria) non riconoscessero la validità del testamento, essa resta, perché non si può sapere chi l’abbia aperto e ci sarebbe materia per molti processi. Vostra grazia ha ragione nell’esigere che si chiarisca tutto, perché è una cosa terribile e un’enorme spesa dover ricorrere ai legali.

4. Nostro Signore faccia quello che può, e conservi vostra grazia molti anni a tutela dei suoi figli, amen. L’indegna serva di vostra grazia, a lei soggetta, Teresa di Gesù.

5. Suor Teresa di Gesù bacia le mani di vostra grazia. Spero in Dio che prima del trascorrere di molti giorni, gliele baceremo entrambe. Tutt’e due ci raccomandiamo vivamente al signor don Francesco.

 

413. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Avila, 4 dicembre 1581

Autografo: Carmelitane Scalze di Consuegra (Toledo)

1. … non avranno più né l’uno né l’altro, come vostra reverenza dice. Metterlo a frutto non conviene, perché per forza devono comprare presto la casa, buona o cattiva che sia. E non so perché non riesca a dispiacermi il fatto che non si venga a un accordo per quella di Monroy; mi pare, forse, che ci morirebbero. Non tutti i monasteri sorgono dove si vuole, ma dove si può. Infine, vostra reverenza vedrà il meglio da farsi. Non so come possa dire che verrà con mia sorella, né dove troverebbe il tempo necessario per farlo.

2. La lettera acclusa mi è stata scritta dalla suocera di Francesco; l’ho avuta due giorni fa, e mi ha rattristato vedere così cattive intenzioni. I dotti di qui dicono che non si può annullare il testamento senza peccare mortalmente. Credo che sarà necessario non allontanare da me questa creatura; infine, non potranno far niente al riguardo, non glielo permetteremo. Quel ch’io temo è che sia posta in libertà. Ora sta male a causa di un gran raffreddore con febbre. Si raccomanda molto a vostra reverenza, come tutte le altre.

3. Resti con Dio, perché è suonata la mezzanotte; quanto a ciò che si dovrà fare per il viaggio di queste, o lo mandi a dire là o avvisi me. Anna di San Bartolomeo non smette di scrivere; mi aiuta molto. Bacia le mani di vostra reverenza. Sappia ch’io non ho nessuno con cui andare a Burgos; pertanto non pensi di lasciarmi delusa. Oggi è il 4 dicembre.

 

414. Al Padre Girolamo Gracián, a Salamanca

Avila, principio di dicembre 1581

Autografo deteriorato: Carmelitani Scalzi di Larrea (Vizcaya)

1. Gesù sia con vostra reverenza, padre mio. Gran gioia mi ha dato la sua lettera ricevuta questa sera con il resto degli scapolari, per aver saputo che vostra reverenza è ormai ben deciso a concedermi di vederla presto. Piaccia a Dio che lei faccia un buon viaggio, padre mio. Se mancasse qualcosa alle Costituzioni, ne incarichi qualcuno, e, per carità, se dovesse predicare l’ultimo giorno delle feste di Natale, non parta fino all’indomani, per non andare incontro a un malanno, ché non so dove trovi le forze. Sia benedetto Colui che gliele dà. Mi diverte sapere quando diventi ricco; Dio renda vostra reverenza tale per ricchezze eterne.

2. Ora, non capisco certe santità. Lo dico per colui che non scrive a vostra reverenza. E quell’altro che dice che bisogna fare tutto secondo il suo parere mi ha fatto uscir dai gangheri. Oh, Gesù, com’è rara la perfezione in questa vita! Che grande insensatezza! Non mi dilungherò, perché questo corriere ormai se ne va, e ho appena finito una lettera per la marchesa di Villena, il cui corriere personale attende che gliela dia.

3. Credo che sarà bene che vostra reverenza ne invii uno, se mia sorella non è ad Alba, e lei ritiene ch’io mandi a cercarla, quantunque, se quella ragazza deve riandarsene com’è venuta, non ho nessuna voglia che venga qui, né so a qual fine dovrebbe venire, tranne che per farmi stancare. Quanto a farla restare all’Incarnazione, è roba da ridere, giacché non credo che ciò le si addica, e la spesa è terribile. Dio sia con loro che mi danno tale vita.

4. Teresa sta bene e credo che possiamo esser sicuri di lei, che si è dichiarata apertamente, come vostra signoria saprà. Io sto discretamente.

5. La duchessa è tornata a scrivermi servendosi di un cappellano. Io le ho risposto brevemente informandola di averle scritto a lungo per mezzo di vostra reverenza. Lo dico affinché le invii la lettera; se non l’ha fatto perché le dico che vostra reverenza non può andare ad accompagnarla, non importa.

6. Faccia portare l’acclusa lettera a mia sorella, se lo crede opportuno; forse al suo ritorno Dio disporrà meglio Beatrice, se non è decisa a partire. Qualora rimanessero sempre in campagna, m’importerebbe poco, ma, venuta l’estate, ritorneranno ad Alba, e saremo da capo.

7. Dopodomani c’è una partenza per Madrid. Provvederò alle commissioni di vostra reverenza. Gli scapolari sono proprio edificanti: ispirano devozione. Don Francesco ne ha mandato a chiedere uno a sua sorella. Mi fa pena. Torno a ricordare a vostra reverenza che se è necessario darmi qualche avviso per la venuta di quelle persone, lo faccia. Resti con Dio, perché è notte inoltrata.

8. Sappia che le teniamo pronto un piccolo alloggio, ma non credo che il dottor Castro consentirà che vada lì. M’intendo assai bene con lui. Gli ho dato la parte che avevo qui di quel libro; dell’altro non finisce di dire il bene che gli ha fatto; per me basta che sia amico di vostra reverenza, perché tutto in lui mi piaccia. Credo che, affinché un confessore mi comprenda e non abbia timori, non ci sia nulla di meglio che il vedere uno di tali scritti; ciò mi evita molte pene. Dio conceda a vostra reverenza la pace di cui io lo supplico e la protegga, amen, amen. Di vostra reverenza serva e suddita, Teresa di Gesù.

9. Non scrivo a vostra reverenza perché la gran gioia della sua venuta non mi consente altro che darle molte grazie e baciarle ripetutamente le mani per la gran cura che ha della mia salute e di farmi piacere. Io sto bene, con la speranza di veder presto vostra paternità e con la gioia che mi ha procurato il suo libro di preghiere. Piaccia a Dio di ricompensarne vostra reverenza, come io lo supplico di fare. (Teresita)

10. Mi è piaciuto il messaggio di Teresa. Ora credo che non ci sia miglior rimedio che l’amore. Dio ce lo conceda con Sua Maestà.

 

415. A don Lorenzo de Cepeda, (figlio), a Quito

Avila, 15 dicembre 1581

Originale: Carmelitane Scalze di Quito

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei, figlio mio. Ho ricevuto la sua lettera che, oltre a procurarmi grande gioia per la buona fortuna che nostro Signore le ha dato, ha rinnovato la mia pena nel farmi vedere il dolore che lei ha, e con tanta ragione. Siccome della morte di mio fratello (che Dio abbia in gloria) le ho scritto assai lungamente, non voglio ridestare la sua angoscia. Io l’ho assai viva di veder andare le cose assai diversamente da come vorrei, anche se il fatto che don Francesco sia capitato così bene come le ho scritto, mi abbia dato molto conforto. Lasciando da parte, infatti, chi sia sua moglie, che da ogni lato è legata alle più illustri famiglie di Spagna, ella ha tali qualità personali che ciò potrebbe bastare. Vostra grazia le scriva col miglior garbo possibile e faccia qualcosa che le procuri piacere, perché lo merita. Io le dico che quand’anche don Francesco avesse una fortuna di grosse somme, sarebbe sposato ottimamente, ma con i legati fatti da suo padre (che Dio abbia in gloria), con l’aiuto dato a Teresa e i debiti pagati, gli è restato così poco che, se Dio non vi pone rimedio, non so come potrà vivere.

2. Sia lodato per sempre colui che le ha fatto così somma grazia di darle una donna con la quale lei può vivere assolutamente in pace. Tanti rallegramenti: per me è una consolazione sapere che anche lei ha motivo di averne. Bacio ripetutamente le mani alla signora donna Maria. Ha in me una «cappellana» e con me molte altre. Avremmo vivo desiderio di godere della sua presenza, ma se ciò dovesse comportare i travagli che ci sono qui, preferisco che viva in pace là, anziché vederla soffrire.

3. Suor Teresa di Gesù è la mia consolazione; è già una donna e cresce sempre in virtù. Può ben seguire i suoi consigli; mi ha fatto ridere quando ho visto la lettera che le scrive, perché davvero in lei parla Dio, ed ella opera bene come dice. Egli la tenga con la sua mano, perché è per tutte motivo di edificazione. È molto avveduta e credo che abbia coraggio per affrontare qualunque prova. Non manchi di scriverle, perché è molto sola; sapendo quanto l’amasse suo padre e le attenzioni che le prodigava, mi fa pena vedere che non ci sia nessuno che si ricordi di averne per lei; don Francesco l’ama molto, ma non può far di più.

4. Diego Juárez si è dilungato più di lei e di mio fratello nel dirmi le qualità della signora donna Maria e di felici eventi occorsi a vostra grazia, che scrive assai brevemente per essere tanto lontano. È stata gran misericordia di Dio che sia capitato così bene e che si sia sposato subito: avendo cominciato tanto presto a uscire fuor di strada, ci avrebbe dato, infatti, motivo di preoccupazione. E capisco quanto io l’ami, perché, pur essendo quel che ha fatto una cosa che mi affligge molto, per l’offesa recata a Dio, nel vedere come questa bambina le somigli, non posso evitare di avvicinarla e di volerle molto bene. Piccola com’è, sorprende vedere quanto somigli a Teresa nella pazienza.

5. Dio ne faccia una sua serva, ché non ha alcuna colpa. Pertanto vostra grazia non trascuri di fare in modo che sia educata bene; non lo sarà, infatti, restando dov’è, quando diventerà più grande; verrà meglio educata da sua zia, fino a che si veda che cosa Dio vuol fare di lei. Vostra grazia può inviare qui di tanto in tanto un po’ di denaro, visto che Dio gliel’ha dato: si depositerà e l’interesse servirà a provvedere al suo mantenimento. Quando avrà dodici anni, il Signore disporrà che cosa bisogna farne, ma è una gran cosa che sia educata alla virtù, perché in ciò consisterà la rendita per quel che dovrà essere di lei. Certo, è ben meritevole, piace a tutti e, pur essendo tanto piccola, non vorrebbe uscire da qui.

6. Non sarebbe necessario che vostra grazia inviasse nulla a tal fine, se questa casa non si trovasse ora in gran bisogno, perché è morto Francesco de Salcedo (che Dio abbia in gloria) lasciando al convento un legato, che è poco per aver di che mangiare – non basta neanche per la cena – e dopo ciò ci hanno tolto quasi tutta l’elemosina; col passare del tempo, però, ci andrà meglio, perché finora non si è preso niente, pertanto si soffre molto. La dote di Teresa ci sarà di grande aiuto, se Dio le permette di professare. Ella ne ha vivo desiderio.

7. Io in certi momenti vado meglio del solito in salute. Dopo la sua partenza Dio ha fondato un monastero di più a Palencia e un altro a Soria e a Granada; andandomene da qui, passato Natale, vado a fondarne un altro a Burgos. Penso di far ritorno presto, se piace a Dio.

8. Ora aspetto qui mia sorella e sua figlia. Versano in così estremo bisogno, che lei ne avrebbe molta pena. Io l’ho grande per donna Beatrice, la quale, pur volendo farsi religiosa, non ne ha i mezzi. Sarà davvero un grande atto di carità se vostra grazia, quando potrà, invierà loro qualcosa: per poco che sia, sarà molto. Io, invece, non ho bisogno di denaro, ma solo che preghi Dio ch’io riesca a compiere pienamente la sua volontà e che vi renda tutti gran santi, perché ogni altra cosa finisce in breve tempo.

9. Le religiose di questa casa le inviano tutte molti saluti, specialmente la madre San Girolamo; noi la raccomandiamo sempre a Dio. Stia attento, figlio mio, visto che porta il nome d’un così buon padre, di essere a lui pari nelle opere.

10. Quando riceverà questa lettera, mio fratello Agostino de Ahumada, a quanto mi scrive, sarà in viaggio. Piaccia a Dio di concederglielo buono. Se non fosse partito, gl’invii la presente, perché oggi io non ho testa per scrivere molto. Dico a vostra grazia che se non porta di che nutrirsi, avrà grandi travagli, perché non troverà chi gli dia da mangiare, e la mia pena di non poterlo aiutare sarà grande. Il viceré è già arrivato, e il padre fra García sta bene, benché non l’abbia visto. È cosa dura intraprendere, in età tanto avanzata, un così pericoloso viaggio in cerca di fortuna, quando non dovremmo attendere ad altro che a prepararci per il cielo. Dio ce lo conceda e renda vostra grazia così santo come io di ciò lo supplico, amen, amen.

11. Bacio ripetutamente le mani a tutti quei signori e signore, e non dico di più, rimettendomi alla lettera di Teresa di Gesù: se farà ciò ch’ella le dice di fare, io mi riterrò soddisfatta. Da questa casa di San Giuseppe di Avila, il 15 dicembre dell’anno 1581. La serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

416. Alla Carmelitane Scalze di Soria

Avila, 28 dicembre 1581

Autografo: Carmelitane Scalze di Pamplona

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza e con tutte loro, figlie mie. Non sarà loro difficile credere ch’io vorrei scrivere a ciascuna personalmente, ma mi piove addosso una tale baraonda di lettere e di affari, che mi par già molto di poter scrivere a tutte unitamente queste righe; trovandoci, inoltre, alla vigilia di partire, c’è anche meno tempo. Preghino nostro Signore di voler accettare tutto ciò in suo servizio, specialmente questa fondazione di Burgos.

2. Le loro lettere mi sono di grande consolazione, tanto più rendendomi conto dai fatti e dalle parole del grande affetto che hanno per me. Credo peraltro che paghino ancor poco quello che si deve al mio, anche se sono state molto generose nell’aiuto che ora mi hanno dato. Poiché il bisogno era grande, l’ho apprezzato moltissimo. Nostro Signore le ricompenserà, essendo evidente come lo servono, poiché hanno trovato il modo di fare un’opera così buona per queste povere religiose. Tutte gliene sono molto grate e le raccomanderanno a nostro Signore. Io, facendolo di continuo, non ho niente da offrire.

3. Mi sono molto rallegrata che tutto vada loro così bene, specialmente che ci sia qualche occasione di mormorazioni contro di loro senza che ne abbiano dato motivo, perché hanno avuto poche occasioni di merito in quella fondazione. Circa il nostro padre Vallejo non dico altro se non che nostro Signore paga sempre i grandi servigi resi a Sua Maestà con estremi travagli, e poiché l’opera ch’egli compie in quella loro casa è così straordinaria, non mi stupisco che voglia dargli il modo di acquistare maggior merito.

4. Badino, figlie mie, quando entrerà quella santa, ch’è giusto sia aiutata con amore e cortesia da parte della madre priora e di tutte, perché dove c’è tanto grande virtù, non è necessaria alcuna costrizione; le basterà vedere ciò che loro fanno e avere un così buon padre, come credo che potranno constatare. Piaccia a Dio di proteggerle, di dar loro salute e anni così buoni come io gliene rivolgo supplica.

5. Sono stata assai felice che la madre sottopriora stia meglio. Se avesse bisogno di carne, poco importa che la mangi, anche in quaresima, perché non si va contro la Regola di fronte a una necessità, né si devono osservare costrizioni al riguardo. La concessione di virtù io chiedo a nostro Signore, specialmente l’umiltà e l’amore reciproco, che è quanto importa. Piaccia a Sua Maestà ch’io le veda progredire a questo riguardo, e loro chiedano lo stesso per me. Oggi è la vigilia della festa del re David, il giorno anniversario del nostro arrivo a Palencia, per la fondazione.

6. Molti saluti alle mie bambine – mi rallegro grandemente che stiano bene e che siano così amabili – e ai signori dottori. Sono assai contenta del miglioramento della madre Maria di Cristo e di sapere che hanno già fatto tanti abbellimenti in così poco tempo. Serva loro, Teresa di Gesù.

7. Ogni volta che mi scrivono mi diano notizie della salute di sua signoria. Raccomandino a Dio suor Teresa di Gesù e la madre sottopriora, che stanno a letto; la sottopriora sta molto male.

 

ANNO 1582

417. A Dionisio Ruiz de la Peña, a Toledo

Medina del Campo, 8 gennaio 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei. Io sono arrivata qui, a Medina, l’antivigilia dell’Epifania, e non ho voluto proseguire senza dire a vostra grazia dove vado – nel caso che volesse darmi qualche ordine – e supplicarla di baciare da parte mia le mani a sua signoria illustrissima e dirgli che ho trovato assai bene in salute la nostra suor Elena di Gesù e le altre. La sua gioia è così grande che ne ho reso lode a nostro Signore; pertanto si è ingrassata. Sono tutte così piene di letizia che è evidente come la loro vocazione sia ispirata da nostro Signore. Sia per sempre lodato. Baciano molte volte le mani a sua signoria illustrissima; io e le altre abbiamo particolare cura di raccomandarlo a nostro Signore perché ce lo conservi per molti anni.

2. Mi sono di gran consolazione le buone notizie che qui sento di sua signoria illustrissima. Piaccia alla Divina Maestà che la sua santità vada sempre aumentando. Suor Elena di Gesù si trova così a suo agio e adempie così bene i suoi doveri religiosi che la si crederebbe nell’Ordine da molti anni. Che Dio la tenga con la sua mano, lei e le altre parenti di sua signoria illustrissima, perché certo sono degne di stima tali anime.

3. Io non pensavo assolutamente di lasciare Avila prima d’andare a Madrid per la fondazione. Ma nostro Signore ha voluto che alcune persone di Burgos nutrissero un così vivo desiderio d’avere lì uno dei nostri monasteri, che ne hanno ottenuto l’autorizzazione dall’arcivescovo e dalla città; pertanto parto con alcune consorelle per dar inizio al lavoro: questo esige l’obbedienza, e nostro Signore vuole che ciò mi costi maggior fatica, perché quand’ero così vicina a Burgos com’è Palencia, non ha voluto che si facesse allora, ma dopo, quand’ero ad Avila; non è certo piccola fatica fare ora un così lungo viaggio.

4. Supplico vostra grazia di domandare a Sua Maestà che sia per il suo onore e la sua gloria, perché, se è così, quanto più si patisce, tanto meglio è, e non tralasci di darmi notizie della salute di sua signoria illustrissima e di vostra grazia: è certo che quanti più monasteri ci sono, più suddite ha sua signoria illustrissima perché lo raccomandino a Dio nostro Signore. Piaccia a Sua Maestà di conservarcelo, come esige il nostro bisogno.

5. Partiamo per Burgos domani. A vostra grazia Dio conceda tanto amor suo, come io e queste sorelle gliene rivolgiamo supplica. Vostra grazia non mi dimentichi nei suoi santi sacrifici, per amor di nostro Signore, e mi faccia il favore, quando vedrà la mia signora donna Luisa de la Cerda di dire a sua signoria che sto bene; non ho tempo di aggiungere altro. Oggi è l’8 gennaio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

418. A donna Caterina de Tolosa, a Burgos

Palencia, 16 gennaio 1582

Autografo: Pilar, Saragozza

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Arrivando a Valladolid, ho provveduto perché la madre priora del monastero glielo facesse sapere. Mi sono trattenuta lì quattro giorni, essendo molto indisposta, perché oltre a un forte raffreddore sono stata attaccata da una specie di paralisi. Ciò nonostante, appena mi sono sentita un po’ meglio, sono partita, perché mi preoccupo di vostra grazia e di quelle mie signore, a cui bacio molte volte le mani, e che supplico – come anche lei – di non biasimarmi per il ritardo; se sapessero in che stato sono le strade, forse mi biasimerebbero piuttosto per esser partita. Anche ora sto abbastanza male, ma spero in nostro Signore che ciò non sarà causa d’impedirmi la ripresa rapida del viaggio, se il tempo migliora un poco, perché dicono che il cammino da qui a Burgos è assai difficile; pertanto non so se il padre Provinciale vorrà partire prima di vedere che sto meglio, pur desiderandolo molto; egli bacia le mani a vostra grazia e ha vivo desiderio di conoscerla. Si sente molto obbligato a raccomandarla a Dio per il bene che lei fa sempre all’Ordine.

2. Se è necessario che vostra grazia c’invii qualche comunicazione, lo faccia servendosi di un corriere espresso, che pagheremo noi, qui, perché per cose di questo genere poco importano le spese che si debbono sostenere; potrebbe darsi, se il tempo si rasserena, come oggi, ad esempio, che partissimo venerdì mattina, e una lettera portata dal corriere ordinario arriverebbe in ritardo. Se vostra grazia non avrà inviato nulla o, comunque, noi partiamo, ecco come si svolgeranno le cose.

3. Sua paternità non vuole che tralasciamo di vedere il Crocifisso di quella città, pertanto si dice che prima di entrarvi bisogna andare lì; da lì o poco prima avvisare vostra grazia, ed introdurci nella sua casa con la maggior dissimulazione possibile; se è necessario, aspettare che sia notte e subito nostro padre andrà dal vescovo affinché ci dia la benedizione e si possa dire l’indomani la prima messa, perché prima che tutto questo sia fatto creda che la cosa migliore è che nessuno ne sappia nulla. È quanto quasi sempre ho l’abitudine di fare. Ogni volta che considero come Dio abbia condotto le cose al loro fine, ne resto stupita, e vedo ch’è frutto delle preghiere. Sia per sempre lodato. Si compiaccia di proteggere vostra grazia, a cui di sicuro riserva un gran premio per tale opera.

4. Non credo d’aver fatto poco a riuscire a portare con me Asunción, vista la resistenza che c’è stata. Ella viene volentieri, a mio parere. Abbiamo lasciato sua sorella in buona salute. Le ho detto già che gliela ricondurremo presto. la priora di qui bacia le mani a vostra grazia, e così anche le religiose che mi accompagnano. Sono cinque quelle che resteranno lì; in più ci sono le mie due compagne e io; infine, partiamo in otto. Vostra grazia non si preoccupi dei letti, perché, in qualunque modo sia, ci adatteremo fino a poterci sistemare. Ho trovato questi angeli in buona salute e allegria.

5. Dio li protegga e conservi vostra grazia per molti anni; non abbia alcuna pena della mia indisposizione, perché molte volte sto così e di solito mi passa presto. oggi è la vigilia di Sant’Antonio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

419. A don Diego Vallejo, a Soria

Burgos, 4 febbraio 1582

Autografo mutilato: Madri clarisse di Gelsa (Saragozza)

All’illustre signore e padre mio, il canonico Vallejo, mio signore.

1. … Siccome il padre fra Pietro della Purificazione, latore della presente, darà a vostra grazia informazione di tutto, non stando bene in salute mi limito solo a tornare a supplicarla di procurare in un modo o in un altro che non tralascino di mandarci i documenti, perché non c’è alcun pericolo che si perda nulla, e con la dimostrazione che abbiamo una rendita possiamo portare a termine il nostro affare. Lo concluda il Signore, visto che è per la sua gloria, e ci conservi vostra grazia per molti anni, affinché ci protegga sempre e ci dia il suo favore.

2. È ben necessario che vostra grazia faccia capire alla signora donna Beatrice quanto guadagna presso nostro Signore e come non perda nulla. … Oggi è il 4 febbraio.

3. Le lettere di nostro padre e la mia per la signora donna Beatrice sono aperte; le leggano vostra grazia, la madre priora e la sottopriora, poi si chiudano per la consegna; vostra grazia abbia cura del segreto, poiché vede quanto sia importante per noi…

4. Suor Elena le si raccomanda… è una gran buona religiosa.

 

420. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Burgos, 6 febbraio 1582

Originale: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora Maria di San Giuseppe, delle scalze carmelitane, dietro San Francesco, a Siviglia.

1. Gesù sia con vostra reverenza, figlia mia, e me la conservi, amen. Scrivo la presente da Burgos, dove ora mi trovo. Sono passati dodici giorni dal mio arrivo e non si è fatto ancora nulla per la fondazione, a causa di alcune opposizioni; le cose vanno un po’ al modo di quello ch’è avvenuto lì. Io comincio a vedere quanto sarà servito Dio in questo monastero, e come tutto quello che ora capita sarà per il meglio, perché si conoscano maggiormente le Scalze; siccome, infatti, questa città è un regno, forse non ci sarebbe memoria di noi, se entrassimo in silenzio; ma questo chiasso e queste opposizioni non ci noceranno, tanto che alcune religiose già si muovono per entrare, anche se la fondazione non è ancora fatta. Vostra reverenza e le consorelle raccomandino ciò a Dio.

2. Colui che consegnerà la presente a vostra reverenza è fratello di una signora che ci ospita in casa sua e ch’è stata mediatrice della nostra venuta in questa città. Le si deve molto; ha quattro figlie religiose nelle nostre case, e credo che altre due faranno lo stesso. Dico questo perché vostra reverenza lo tratti con molta cortesia, se venisse a trovarla; si chiama Pietro de Tolosa.

3. Mi può rispondere per mezzo suo, e mi può anche inviare i denari; per carità, a questo riguardo faccia quanto le è possibile e mi mandi l’intera somma, perché mi sono impegnata con documento scritto a consegnarla quest’anno. Non me la invii per la stessa via dell’altra volta, perché me ne avrò a male con lei. Per la via indicatale da Pietro de Tolosa i denari mi perverranno sicuramente: le basterà darglieli perché egli me li rilasci qui. Se lei può favorirlo in qualche cosa, lo faccia, per carità: non perderemo nulla, e lo dobbiamo a sua sorella.

4. Nostro padre si è trovato qui ed è stato molto utile per tutto quello che c’è da fare. Sua reverenza sta bene. Che Dio lo protegga, in conformità dei nostri bisogni. Ho condotto con me anche Teresita, perché mi era stato detto che i suoi parenti volevano metterla in libertà e non ho osato lasciarla. È di un’incantevole perfezione. Si raccomanda a vostra reverenza e a tutte le consorelle. Dica loro molte cose da parte mia e le esorti a non mancare di raccomandarmi a Dio. Le sorelle che ho condotto qui le inviano il loro ricordo. Sono assai buone religiose e sopportano i travagli con alto spirito.

5. Nel viaggio siamo andati incontro a grandi pericoli, perché il tempo era così cattivo che i torrenti e i fiumi erano in uno stato da rendere impresa temeraria l’attraversarli. Ciò mi deve aver nociuto, perché dopo Valladolid m’è venuto (e l’ho tuttora) un gran mal di gola che, nonostante tutti i rimedi, non si riesce a mandar via. Ora sto meglio, ma non posso mangiare nulla che sia da masticare. Non se ne affliggano, perché con l’aiuto di Dio presto passerà, se mi raccomandano a Lui: per questo la presente non è scritta di mio pugno. La sorella che la scrive chiede a vostra reverenza, per carità, di raccomandarla a Dio. Egli mi conservi vostra reverenza e la renda santa, amen. È il 6 febbraio. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

6. Tenga presente di rispondermi a lungo: può farlo servendosi di chi le consegna questa, perché da molto tempo non vedo la sua scrittura. I miei saluti alla madre sottopriora e a tutte loro.

 

421. A don Martino Alonso de Salinas, a Palencia

Burgos, 1 marzo 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ci troviamo bene nell’ospedale, grazie a Dio. Qui mi rendo conto dei molti meriti che lei si acquista nel suo. Gran cosa è occuparsi di simili opere. Benedetto sia Dio che così si ricorda dei poveri; invero ciò mi consola.

2. L’arcivescovo ha mandato qualcuno a vedermi e a domandarmi se ho bisogno di qualcosa. Per mia consolazione dice che, nell’intento di compiacere il vescovo di Palencia, me e quelli che gliene hanno rivolto preghiera, darà, infine, l’autorizzazione non appena avremo una casa, perché è escluso il nostro ritorno dov’eravamo prima, il che fa sospettare che ne sia stato richiesto.

3. Questi padri si difendono energicamente, si lamentano di me perché ho scritto in proposito al signor canonico, e dicono che non hanno mai fatto nulla di simile. Non so chi abbia potuto riferirglielo, anche se me ne importa poco. Ora sono andati a vedere Caterina de Tolosa, non appena abbiamo lasciato la sua casa, e mi hanno fatto dire che non mi stanchi a procurare d’avere una loro visita, che se il Generale di Roma non glielo ordina, non la faranno finché non abbiamo un monastero, che non vogliono far pensare che il loro Ordine e il nostro siano una cosa sola (guardi un po’ vostra grazia che trovata!), e che mezza Palencia è in subbuglio per quello che io ho scritto. Le ho riferito questo perché lo veda il signor canonico Reinoso e per supplicare entrambi di non favorirmi in questa circostanza. Essi sapranno quel che fanno; un giorno ne verranno altri con diversa disposizione d’animo.

4. Il fatto è che, se vogliamo fondare, dobbiamo avere una casa, pertanto stiamo aspettando la rinunzia di quelle sorelle per farlo; senza tale rinunzia, Caterina de Tolosa, pur volendo favorirci, non può nulla; anche qui ella ci fa molti doni e si prende gran cura di noi. Ora siamo in trattative per una della quale dicono che chiedono duemila ducati, ed è regalata, perché è assai ben costruita, tanto che le consorelle non avranno bisogno di far quasi nulla in essa per molti anni. Si trova, però, in ben cattiva posizione. Appartiene a un certo Tizio de Mena. Sembra che non vogliano vederci esposte troppo agli occhi di tutti; peraltro qui c’è tale penuria di posti, che anche se questa casa ha qualche difetto, desideriamo molto averla.

5. Avevo scritto questo quando mi hanno mandato a dire che, senza tener conto dei duemila ducati, dovremmo pagare novemila maravedi di rendita – sono necessari seicento ducati per riscattarla –, notizia che ci ha scoraggiate; sebbene, se avessi di che darli, sarebbe una fortuna, perché non ci sarebbe da farvi alcuna spesa per molti anni ed è pronta una bella chiesa. Vostra grazia mi faccia sapere che cosa ne pensa e come sta, giacché, essendo abituata a ricevere con frequenza lettere sue, non riesco ormai a farne a meno. Il signor canonico Reinoso ritenga la presente come sua. Nostro Signore mi conservi vostra grazia, come io gliene rivolgo supplica, amen. Oggi è il 1° febbraio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

422. Alle sorelle Maria di San Giuseppe e Isabella della Trinità, a Palencia

Burgos, primi di marzo 1582

Alle mie amate figlie suor Maria di San Giuseppe e Isabella della Trinità, Carmelitane.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con le loro carità, figlie mie. Ho ricevuto la loro lettera e il documento. Ogni volta che mi scriveranno sarà una consolazione per me; altrettanto lo sarebbe rispondere se non avessi tante occupazioni, a causa delle quali non sempre potrò farlo.

2. Mi è di gran gioia che siano ormai fondatrici, perché davvero posso assicurar loro che, se non mi avessero assistita in questa necessità, io non so a che cosa si sarebbe potuto far ricorso per l’acquisto della casa; anche se, infatti, la signora Caterina de Tolosa lo volesse, non potrebbe fare più di quel che fa. Pertanto è stata una disposizione di Dio che le loro carità abbiano potuto elargire quest’elemosina, perché, visto che l’arcivescovo non voleva dar la licenza fino a che non avessimo una casa propria, e non avendo una base d’avvio per comprarla, vedano un po’ quale sarebbe stata la nostra situazione. Con questo che loro ci hanno dato, anche se subito non ci venga versata che poca cosa, ne compreremo una buona, se Dio vuole.

3. Lo lodino molto, figlie mie, per il fatto d’essere le iniziatrici di un’opera così grande: non tutte, infatti, meritano la grazia ch’Egli ha fatto a madre e figlie. Non si affliggano di quel che qui abbiamo passato: da ciò si vede quanto tale opera rincresca al demonio, il che torna a maggior prestigio di questa casa. Spero in Dio che, appena avremo una casa propria, l’arcivescovo darà la licenza. Non si addolorino mai, figlie mie, dei nostri patimenti, perché essi comportano un ben notevole guadagno.

4. Sappiano che Elenina di Gesù sarà una grande religiosa. È con noi e ci è motivo di allegria. Teresa sta meglio e si raccomanda loro molto, come la madre Tommasina e tutte le altre, vivamente grate di quello che hanno fatto; non mancheranno di raccomandarle a Dio. Sua Maestà me le conservi e le renda sante, amen. Delle loro carità, Teresa di Gesù.

 

423. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Burgos, 17 marzo 1582

Per la madre priora di San Giuseppe, a Siviglia.

Mi ha divertito che si senta autorevole con quel suo campanile, e se risalta come lei dice, ha ragione. Spero in Dio che quel monastero debba progredire molto, perché molte sono le sofferenze che hanno avuto. Vostra reverenza dice tutto così bene che, se dovesse ascoltare il mio parere, dopo la mia morte dovrebbero eleggerla fondatrice, e anche me vivente lo vorrei di gran cuore, perché sa ben più di me ed è migliore: è la pura verità. Io mi avvantaggio su di lei per l’esperienza, ma di me, ormai, c’è da far poco caso, perché resterebbe sbalordita se vedesse come sono vecchia e quanto sia inutile, ecc.

 

424. Al Padre Ambrogio Mariano, a Lisbona

Burgos, 18 marzo 1582

Autografo: Carmelitane Scalze di Siviglia

1. Lo Spirito Santo, padre mio, sia con vostra reverenza. È passato poco tempo da quando le ho scritto, e nostro padre l’avrà ormai informata di ciò che c’è stato qui con l’arcivescovo, e come egli ci abbia detto di comperare una casa. Grazie a Dio, l’abbiamo già comprata, assai buone, e vorremmo andar via da quest’ospedale, sia perché vi stiamo assai strette, sia per vedere come va a finire quest’affare.

2. L’arcivescovo ha detto che la casa è buona e ne è contento, ma ciò che tutti sospettano è che non farà niente di più di quel che ha fatto fin qui; pertanto vorrei che avessimo dal Nunzio l’autorizzazione a dire la Messa in casa; così potremmo aspettare questo lungo indugio. Scrivo dunque alla duchessa una lettera acclusa a questa, chiedendole una raccomandazione scritta. Vostra reverenza la legga e gliela mandi, per carità, avendo prima l’avvertenza di chiuderla; si adoperi a ottenere la risposta, e la invii a Madrid, al padre Nicola o a Giovanni López, scrivendo loro ciò che devono fare per conseguire al più presto tale autorizzazione. Tenga presente che ci farà una grandissima carità, perché, pur essendo vicina una chiesa, è duro dover uscire di casa per ascoltare la Messa.

3. Se vostra reverenza crede che, chiedendoglielo a mio nome, potrebbe interessarsene il duca, la cosa forse procederebbe con maggior rapidità, e io ritengo che sia facile, perché, come ho detto alla duchessa nella mia lettera, la casa ha una cappella che non è mai servita ad altro che a dire la Messa. Ma il Santissimo Sacramento era stato anche in quella dove noi volevamo fare la fondazione nei quattordici anni della permanenza della Compagnia, e non ci ha mai permesso di dirla in casa. E pensare che se vostra reverenza sentisse le sue buone parole nel dire quanto desideri venirci incontro in questa sistemazione, riterrebbe che non si può chiedere nulla di meglio. Non sembra che ciò dipenda da lui, perché, certo, il demonio è assai contrario a questa fondazione, ma non è stata una ragione perché egli riesca nel suo intento quando abbiamo già la casa; frattanto, però, rischiamo di aspettare molto tempo, anche se, stanco, finirà per darci la licenza.

4. Ho vivo desiderio di sapere se vostra reverenza ha dato le mie lettere a quei signori e se si è fatto qualcosa. In ogni caso, non c’è niente da perdere a informarsene. Per carità, vostra reverenza non trascuri di farmi questo favore.

5. MI ha procurato tanta pena il comportamento del padre fra Antonio che mi sono decisa a scrivergli l’acclusa lettera. Se vostra reverenza crede che non se ne risentirà troppo, la chiuda, faccia così anche delle altre e le mandi a destinazione, perché io non conosco altra via per farlo.

6. Al signor licenziato Padilla e al padre fra Antonio della Madre di Dio molti saluti. Altrettanti ne inviano queste sorelle a vostra reverenza. Dio la conservi e la renda così santo come io Lo supplico di fare. Da Burgos, il 18 marzo. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

425. Alla Madre Ines di Gesù, a Palencia

Burgos, 26 marzo 1582

1. Gesù sia con vostra reverenza e me la conservi. Lei sa che già stiamo nella casa, dove ci diamo da fare per metterla a posto. Dio voglia che tutto finisca bene, che possiamo ottenere la licenza per restarvi, e che le condizioni che si esigono da noi non ci obblighino ad abbandonarla. Noi tutti gli abbiamo rivolto la stessa preghiera.

2. Attualmente c’è irritazione contro di me per il fatto che si è proceduto alla presa di possesso. Ne ho scritto di nuovo al vescovo; vedremo se ciò avrà effetto. Anche lei potrà parlargliene, se crede, affinché ne scriva al più presto a quelli cui conviene farlo. Io non credo di poter scrivere loro con questo corriere, perché è già molto tardi. Comunque, mi sono decisa a scrivere al vescovo, come ho detto, sull’argomento che indico nella presente a vostra reverenza.

3. Di salute ora comincio a sentirmi meglio, ma non sto ancora del tutto bene. Sono molto contenta della nostra casa che è assai piacevole. Sia lodato Dio che ha operato così.

4. Non scrivo a Medina perché è tardi. Dia loro i miei saluti e dica che scriverò un altro giorno. Mi raccomando alla madre sottopriora e a tutte le altre. Le consorelle di questa casa vanno bene, e Teresa, di bene in meglio; esse si raccomandano a vostra reverenza e a tutte, e rivolgono di continuo preghiere a Dio, perché Egli sia con tutte loro. Oggi è il 26 marzo 1582.

5. Bacio le mani a tutti cotesti signori, come al signor canonico Reinoso, al quale dica che avevo cominciato a scrivergli, ma poi mi è venuto meno il tempo. Teresa di Gesù.

 

426. Al Padre Nicola Doria, a Pastrana (?)

Burgos, fine di marzo 1582

1. Gesù sia con vostra reverenza, padre mio. È penoso andare in luoghi così lontani senza vostra reverenza; è una cosa che mi ha procurato molto dispiacere. Piaccia a Dio di darle salute. Un gran bisogno di lei doveva esserci in quella casa, se nostro padre ha consentito che si separasse da lui. L’umiltà della sua lettera mi è molto piaciuta, anche se non penso di fare quello che dice, perché lei impari a soffrire. Consideri, padre mio, che tutti i principi sono penosi, e così sarà ora quello di vostra reverenza.

2. Circa quanto mi dice degli inconvenienti che comporta l’esser dotti, sarebbe una vera disgrazia riscontrare subito il difetto di presunzione in coloro che di dottrina ne hanno ancora ben poca. È meglio che non ne abbia affatto chi fa così presto mostra di ciò. Vostra reverenza non pensi che l’arte del governare consista nel riconoscere sempre i propri errori: molte volte bisogna dimenticarsi di se stessi e ricordarsi che si ha il posto di Dio per agire in suo nome; Egli darà ciò che manca, come fa con tutti (perché credo che nessuno sia perfetto); pertanto non si lasci prendere dalla timidezza e non tralasci di scrivere a nostro padre tutto quello che le sembra opportuno.

3. Da poco ho inviato a vostra reverenza un altro plico servendomi della signora donna Giovanna. Dio protegga vostra reverenza e la renda così santo come io gliene rivolgo supplica, amen. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

427. A donna Beatrice de Ovalle, ad Avila

Burgos, primi di aprile 1582

Autografo: Carmelitane Scalze di Firenze

Si vede bene che vostra grazia non ha le stesse mie preoccupazioni; se non le ho inviato nulla, sappia che è perché non ho potuto. Mi ha confortato, e ne ho reso grazie a Dio, sapere che si trovi così bene in casa del signor Perálvarez, suo zio. Me lo saluti tanto, perché gli sono molto grata del favore che egli e sua moglie le fanno; non ho ora tempo di scriver loro, ma lo farò un altro giorno servendomi del corriere. Dio le ha fatto un’enorme grazia liberandola da quella peste di donna.

 

428. A don Diego de Montoya, a Roma

Burgos, primi di aprile 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Dopo la sua partenza dalla Spagna, ho avuto tante occupazioni e così poca salute che posso essere scusata di non aver scritto prima, anche se non ho mancato di prender parte alla sua gioia d’aver il buon cognato che il Signore le ha dato: ma l’ha comunicato la signora donna Maria, pregandomi, insieme, di raccomandare a Dio alcuni affari di vostra grazia, a cui non mi sembra che siano mancate tribolazioni. Sia benedetto per tutto.

2. Io e queste sorelle lo abbiamo fatto e desidero sapere se la tempesta è cessata. Di tale preghiera ho e avrò sempre cura, per miserabile ch’io sia, com’è mio obbligo. Non ritengo un male che fra le prosperità Dio mandi qualche avversità, poiché per questo cammino ha condotto tutti i suoi eletti. Qui ora sembra che stiamo in pace, come vostra grazia saprà dal padre Nicola di Gesù Maria, che è il latore della presente. E, siccome da sua reverenza vostra grazia saprà tutto quello ch’io potrei dire, non mi dilungo di più. Nostro Signore protegga la sua illustre persona e la faccia progredire nel suo servizio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

3. Del buon vescovo delle Canarie non ho avuto notizie da poco prima che s’imbarcasse. Stava bene.

 

429. A don Alvaro de Mendoza, a Palencia

Burgos, 13 aprile 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con la vostra illustrissima signoria. L’arcivescovo si è tanto compiaciuto della lettera di vostra signoria, che subito ha affrettato le cose perché si portasse a termine quest’affare prima di Pasqua, senza che alcuno glielo chiedesse; vuol dire lui stesso la prima Messa e benedire la chiesa. Per questa ragione si dovrà aspettare (a quanto credo) fino all’ultimo giorno della festa di Pasqua, perché tutti gli altri li ha impegnati. Si fanno già le pratiche richieste dal provvisore; non ne manca quasi più nessuna. Tutte sono assai nuove per me. Hanno convocato i sacerdoti della prima parrocchia per sapere se non fossimo loro motivo di pregiudizio. Essi hanno detto che, al contrario, avrebbero fatto per noi tutto quello che potessero. Ormai la cosa si ritiene per conclusa; pertanto ho mandato a ringraziare l’arcivescovo. Dio sia lodato, perché sembrava a tutti impossibile, anche se non a me, che l’ho sempre ritenuta per fatta, e così sono quella che ha meno sofferto.

2. Tutte baciano molte volte le mani di vostra signoria perché le ha tratte fuori da così grande pena. La loro gioia e le lodi rese a nostro Signore sono state tali che mi sarebbe piaciuto che vostra signoria avesse potuto vederle e udirle. Sia Egli sempre lodato per aver dato alla signoria vostra tanta carità quanta ne occorreva per sforzarsi a scrivere questa lettera all’arcivescovo; il demonio, vedendo quanto ci avrebbe giovato, aggravava i contrasti, ma tutto gli è riuscito inutile, perché il nostro onnipotente Dio farà sempre ciò che vuole.

3. Spero che Sua Maestà abbia dato a vostra signoria la salute necessaria per affrontare in questi giorni tanto lavoro; ci ho pensato sempre e tutte ne abbiamo supplicato molto il Signore. Anche se è una fatica la riunione di un sinodo, la signoria vostra illustrissima fa assai bene a tenerlo, perché Dio le darà forze per tutto. Le consorelle di lì possono reputarsi ben fortunate d’avere vicino vostra signoria, e non manca chi ne prova invidia. Io godo della buona Pasqua che avranno.

4. Nostro Signore dia a vostra signoria tanti anni con molta salute, come lo richiede il bene del nostro Ordine, amen. Oggi è il venerdì santo. L’ultimo giorno di Pasqua si dirà la prima Messa, con l’aiuto di Dio. E se l’arcivescovo potrà, forse prima. L’indegna serva e suddita della vostra signoria illustrissima, Teresa di Gesù.

 

430. A don Fadrique Alvarez de Toledo, ad Alba de Tormes

Burgos, 18 aprile 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra signoria illustrissima. Ho preso tanta parte alla sua gioia che ho voluto farglielo sapere, perché non v’è dubbio che la mia contentezza è stata grande. Piaccia a nostro Signore di rendermi pienamente felice assistendo nel parto la mia signora la duchessa, e protegga vostra signoria per molti anni, dandole ottima salute.

2. Bacio mille volte le mani a sua eccellenza e la supplico di non aver paura, ma molta fiducia, perché nostro Signore, avendo cominciato ad accordarci il suo favore, renderà pienamente compiuta la sua grazia. Io avrò particolarissima cura di chiederlo a Sua Maestà, e con me le consorelle.

3. Il lavoro, le precarie condizioni della mia salute, dopo aver scritto a sua eccellenza, e il fatto di aver saputo per altre vie come stavano le loro eccellenze, saranno motivo di farmi apparire trascurata ai loro occhi. Eppure non lo sono stata nelle mie povere orazioni; al contrario, li ho molto ricordati in esse – valgano quello che possono valere – come farò sempre, e ho anche sofferto assai profondamente delle malattie di vostra signoria. Piaccia a Dio che siano ormai finite e ch’Egli conservi molti anni l’illustrissima persona di vostra signoria. Da Burgos, il 18 aprile. L’indegna serva di vostra signoria illustrissima, Teresa di Gesù.

 

431. Alla M. Anna degli Angeli, a Toledo

Burgos, 23 aprile 1582

Autografo e originale: Carmelitane Scalze di S. Teresa, Saragozza

1. … sembra che la venuta del re ritardi, e la supplico d’informare il cardinale da parte mia della buona riuscita di questa fondazione, nonostante l’indugio dell’arcivescovo. Infine, organizzi là quello che riterrà più opportuno, e se la signora Luisa non è a Toledo, glielo scriva da parte mia, perché ora non ho tempo di farlo io. I suoi travagli mi affliggono molto.

2. Dio conceda a vostra reverenza il riposo che io le desidero. Infine, lei è una vecchia amica che non può sopportare di vedermi fra le pene; ben me lo deve. Oggi è il giorno di San Giorgio. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

Mi raccomando molto alla madre Brianda di San Giuseppe. E le dica che le faccio sapere che… sua sorella…

 

432. Alle Carmelitane Scalze di Toledo

Burgos, aprile-maggio ? 1582

Dio le ricompensi, figlie mie, di avermi fatto tanta carità; chi, se non loro, dovevano farlo, aiutandomi in un momento di così gran bisogno? Io dico che mai Dio mancherà loro; voglia Egli benedirmele.

 

433.A suor Eleonora della Misericordia, a Soria

Burgos, 6 (?) maggio 1582

Autografo: Signori Menéndez Parada, via Ayala 48, Madrid

Per suor Eleonora delle Misericordia. Soria.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra carità, figlia mia. Anche se sta per suonare l’una di notte mentre faccio questo, non voglio tralasciare di scrivere a vostra carità la presente lettera. Ho cercato sempre con vivo desiderio di trovare un corriere per Soria e ho scritto, ma non so che avvenga delle mie lettere, e lì si ha ben poca cura di scrivermi. Ora colui che porta la presente è tale che darà conto a vostra carità di ciò che si svolge qui. Io vorrei che vostra reverenza rendesse ugualmente conto della sua anima al suo padre Provinciale e attingesse grande conforto da lui, parlandogli con assoluta franchezza, perché egli sa dare consolazione in tutte le forme possibili. Sono felice che vostra carità ne faccia la conoscenza.

2. Poiché il giovane ch’egli trae con sé deve ritornare qui, per carità vostra reverenza mi faccia sapere che ne è, sia della sua soddisfazione, sia del resto (io la raccomando molto a nostro Signore) e mi dica che cosa ha fatto il signor don Francés, di cui mi hanno detto che ancora non era deciso a non sposarsi, cosa che mi ha molto stupita, poiché desidero che riesca a servire nostro Signore.

3. La signora donna Maria de Beamonte sta male da vari giorni; vostra carità le scriva, come anche alla signora donna Giovanna. Le ringrazi per il favore che ci hanno fatto. E resti con Dio, perché ormai la mia testa non mi consente di scrivere di più. Mi ricordi vivamente al padre Vallejo e gli dica che lo supplico di dire a nostro padre ciò che gli sembra necessario emendare in quella casa. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

4. Vostra reverenza può trattare con nostro padre del progetto circa la fondazione di Pamplona. Ma nel caso in cui si debba fare una costruzione da capo a fondo, mi sembra che non ci convenga.

 

434. A don Pietro Manso, a Burgos

Burgos, 7 maggio 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Il nostro padre Provinciale mi ha incaricato di dire a vostra grazia che gli era giunta una lettera di suo padre, il quale, andando a Roma, veniva a parlargli a Soria; pertanto egli non si poteva trattenere ed è dovuto partire questa mattina; avrebbe ben voluto vedere vostra grazia, ma ieri è stato così occupato che gli è riuscito impossibile. La supplica di raccomandarlo a Dio. Siamo rimaste assai sole; per questo supplico vostra grazia di voler comprendere che ormai lei ha qui in noi vere figlie, ed io sono così miserabile da aver particolare bisogno di non essere dimenticata. La madre priora le bacia le mani, come tutte le consorelle.

2. Dicono che la presa d’abito sarà venerdì. Darà l’abito l’illustrissimo. Dio voglia darci se stesso, affinché non si soffra di queste assenze, e protegga vostra grazia con grande aumento di santità. Prima che lei tratti con un ecclesiastico della sua permanenza qui, bisogna che ne parli con me; tuttavia, trovandone qualcuno, lo tenga d’occhio. L’indegna serva e suddita di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

435. A don Pietro Giovanni de Casademonte, a Madrid

Burgos, 14 maggio 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Saranno passati forse tre giorni da quando ho ricevuto una lettera di vostra grazia e mi sono molto rallegrata di sapere che sta bene. Nostro Signore le conceda la salute di cui io Lo supplico; lei non ha bisogno d’insistere a raccomandarmi ciò a cui sono tanto obbligata. Dello stato precario di quella della signora donna Maria non dico nulla, perché mi rendo conto che nostro Signore vuole il suo bene e quello di vostra grazia imponendo loro così continue tribolazioni. Anche se io qui ne ho sofferte alcune, perché ho avuto un’incresciosa malattia da cui non sono ancora libera, le loro mi hanno angustiato di più.

2. Sono sicura che vostra grazia si allieterà di ogni felice evento di quest’Ordine (nostro Signore la ricompensi come può), e si allieterebbe molto di più della felice conclusione di questa faccenda se sapesse quanti travagli si sono sofferti. Benedetto sia Colui che ha così condotto le cose. Bacio le mani alla signora donna Maria.

3. Desidero vivamente una fondazione in quella città, per la quale faccio tutte le pratiche possibili. Quando nostro Signore vorrà, se ne disporrà l’effettuazione; fino ad allora posso fare ben poco. Mi hanno mandato da Granada le accluse lettere per vostra grazia. Nostro Signore conservi per molti anni la sua persona. Da Burgos, in questa casa di San Giuseppe, il 14 maggio. Serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

436. A Rocco de Huerta, a Madrid

Burgos, 14 maggio 1582

Gesù sia con vostra grazia. Il fatto di non sapere dove si trovi Casademonte mi costringe a dar lavoro a vostra grazia… Nostro padre è stato qui la settimana passata; sta bene, e andato a Soria e da lì deve fare certi giri che mi procurano pena, perché passerà molto tempo senza che possiamo sapere sue notizie…

 

437. Al Padre Girolamo Gracián, a Soria (?)

Burgos, 14 maggio 1582

1. Il Signore sia con vostra reverenza. Siccome il corriere va così di fretta che gli sarà difficile attendere la presente, dico solo che mi ha infastidito vostra reverenza; di fronte a una così grande insensatezza qual è quella di trattar di ricevere lì un’altra sorella, quando ve ne sono già due, a me non par l’ora di toglierne una di quelle che ci stanno.

2. Vostra reverenza non consenta in alcun modo che codeste due sorelle scrivano a don Luigi quando dice il padre, né una parola che equivalga a una richiesta, anzi gli dicano che in nessun modo ella sarà ricevuta lì per il fatto che ve ne sono altre due, le quali lo supplicano di non far tale gestione, causa, per loro, di grande afflizione. Veda di non agire diversamente. Con il primo corriere tornerò a scrivere.

3. Le si dica che quando si farà il monastero a Madrid, potrà cercare di accontentarla, ma ora basta la carità che ha fatto alle altre due. Oggi è il 14 maggio, e non ho più tempo di scrivere. Mi sono rallegrata di veder la lettera scritta di suo pugno. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

438. A Suor Eleonora della Misericordia, a Soria

Burgos, metà maggio (?) 1582

Autografo: Marchese di Guendulain (Pamplona)

Per la mia amata figlia suor Eleonora della Misericordia.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con lei, figlia mia. Oh, come vorrei non avere altre lettere da scrivere all’infuori della presente, per rispondere a quella sua che mi è giunta per mezzo della Compagnia e a quest’ultima! Creda, figlia mia, che ogni volta ch’io vedo la sua scrittura provo un piacere particolare; pertanto Dio non voglia che il demonio le ispiri la tentazione di tralasciare di scrivermi.

2. Quanto alla tentazione che ora l’induce a credere di non fare alcun progresso, ne trarrà un enorme profitto (le do per testimonio il tempo), perché Dio la tratta come chi è già nel suo palazzo, da cui sa che non andrà più via, e vuole darle a mano a mano sempre maggiori occasioni di merito. Finora può darsi che godesse di più di piccole tenerezze, volendola Dio staccare ormai da tutto, ed era necessario.

3. Mi sono ricordata di una santa che ho conosciuto ad Avila, perché certo si vede bene che fu da santa la sua vita. Aveva dato tutto quello che aveva in nome di Dio; le era rimasta solo una coperta con cui si copriva, e diede anche quella; ebbene, subito Dio le inflisse un periodi di enormi travagli interiori e di aridità. E di conseguenza ella se ne lamentava molto con Lui e diceva: «Siete così voi, Signore?; dopo che mi avete lasciato senza nulla, mi lasciate senza di voi?». Pertanto, figlia mia, Sua Maestà è di tal sorta che paga i grandi servizi con travagli, e non può esserci miglior pagamento, perché il loro prezzo è l’amor di Dio.

4. Io lo lodo per i grandi progressi interiori di vostra reverenza in fatto di virtù. Lasci a Dio la sua anima ch’è sua sposa: Egli ne avrà cura e la condurrà dove più le conviene. Anche se il cambiamento di vita e la novità degli esercizi sembrano fugare la nostra pace, in seguito tutto ritorna in una sola volta. Non abbia di ciò alcuna pena. Si onori di aiutar Dio a portare la croce, e non faccia assegnamento sui diletti, perché è proprio di soldati rozzi voler subito la paga giornaliera. Serva gratuitamente, come fanno i grandi per il re. Quello del cielo sia con lei.

5. Per quanto riguarda la mia partenza, rispondo alla signora donna Beatrice come conviene. Questa sua donna Giuseppa è certamente un’anima buona, e molto adatta a noi, ma è così utile in quella casa, che non so se fa male a cercare di andar via; così glielo impedisco come posso, perché ho anche paura che si dia l’avvio a inimicizie. Se il Signore lo vuole, la cosa si farà. I miei saluti ai signori fratelli di vostra reverenza che io conosco. Dio la protegga e faccia di lei quel ch’io desidero. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

6. Mi sono dimenticata di dirle quanto sia contento nostro padre di vostra carità; non finisce di lodarla, e di chiedere alla madre priora perché non portano il refettorio di sotto, ove con una pedana di legno si starebbe bene; è molto lavoro per quelle che servono da mangiare portar sopra legna, acqua e tutto il resto, mentre tale sistemazione mi sembra che risulti ben comoda.

 

439. A don Girolamo Reinoso, a Palencia

Burgos, 20 maggio 1582

Autografo: Cattedrale di Palencia

All’illustre signor canonico Reinoso, mio signore. Palencia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ogni volta che vedo lettere sue mi sento consolata e mi è di pena non potermi concedere spesso il sollievo di scriverle. So bene che vostra grazia ne è convinto, ma, ciò malgrado, mi affligge non poter fare di più.

2. Dall’acclusa lettera – la madre priora gliela mostrerà – che scrivo al padre rettore Giovanni del Aguila, vostra grazia vedrà qualcosa di quanto accade con i padri della Compagnia, i quali davvero sembra che diano inizio a un’aperta inimicizia. Il demonio l’appoggia su imputazione di accuse per cose che esigerebbero la loro riconoscenza, con ben gravi calunnie, e alcuni di essi potrebbero anche esserne testimoni. Tutto va a finire in questi spregevoli interessi in base ai quali dicono che ciò è voluto da me, che io l’ho procurato, ed è molto che non dicano ch’io l’ho pensato; e poiché io non credo ch’essi possano mentire, vedo chiaramente che in quest’intrigo deve entrarci il demonio.

3. Recentemente hanno detto a Caterina de Tolosa di non volere che si trattasse con le Scalze, perché non si restasse contagiati dal nostro modo di orazione. Il demonio deve avere un grande interesse nel metter discordia fra noi, visto che si agita tanto. Le hanno detto anche che veniva qui il loro Generale, il quale era già sbarcato. Mi sono ricordata che è amico del signor don Francesco. Se questo potesse essere un mezzo per sventare questa trama e metterla a tacere facendo conoscere la verità, sarebbe rendere un gran servizio a Dio, perché è un peccato che gente così autorevole si occupi di tali puerilità. Vostra grazia esamini la cosa, e, secondo quello che gliene sembra, voglia porvi rimedio.

4. Quei fogli devono ben stancarla. Supplico vostra grazia di mandarmeli, non appena troverà un’occasione del tutto sicura, e mi raccomandi a nostro Signore. Sua Maestà la protegga come io Lo supplico di fare, amen. Oggi è il 20 maggio. Bacio le mani al signor don Francesco e a quelle signore, zie di vostra grazia. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

440. Alla M. Anna di Gesù, a Granada

Burgos, 30 maggio 1582

Autografo incompleto: Carmelitane Scalze di Siviglia

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza. Divertente il loro strepito di lamentele sul nostro padre Provinciale e l’incuria dimostrata nel non dargli notizie dopo la prima lettera in cui gli dicevano di aver fatto la fondazione; con me hanno agito allo stesso modo.

2. Sua paternità è stato qui il giorno della Croce; non sapeva nulla di più di quello che gli ho detto io, che ne ero venuta a conoscenza da una lettera inviatami dalla priora di Siviglia, nella quale la informavano di comprare una casa di dodicimila ducati. Dove regnava tanta prosperità, non è strano che le patenti fossero così misurate. Ma lì sono così abili a disubbidire, che quest’ultimo fatto mi ha dato non poca pena per cattiva impressione che se ne avrà in tutto l’Ordine, e anche per il precedente che può venirsi a creare di libertà delle priore, libertà per le quali non mancherebbero loro neppure scuse. E poiché vostra reverenza stima tanto quei signori, è stata una grande indiscrezione restare da loro in tante; visto che avevano rinviato quelle povere sorelle obbligandole a rifare tante leghe appena giunte – non so come le sia bastato il cuore per farlo –, sarebbero potute tornare a Beas quelle ch’erano venute da lì, e con loro recarsi anche altre; è stata una tremenda mancanza di riguardo star lì in così gran numero – specialmente nella consapevolezza di dar disturbo – e una vera imprudenza portar via quelle da Beas, ben sapendo che non avevano casa propria. Certo, mi stupisce la pazienza che i loro ospiti hanno avuto. Si è sbagliato fin dal principio, e poiché vostra reverenza non vede altro rimedio all’infuori di quello di cui parla, è bene che vi si faccia ricorso prima che lo scandalo dilaghi; visto che si ritiene che lì sarebbe scandaloso perfino ammettere al gruppo una sola sorella in più, non si potrebbe evitarlo. Per una città così grande, questa a me sembra una vera piccineria.

3. Ho riso della paura che vuole incuterci dicendo che l’arcivescovo sopprimerà il monastero. Ormai egli non ha niente a che vederci; non so perché gli attribuiscano tanta influenza; morirebbe prima di riuscirvi. E se deve continuare, come ora, a stabilire nell’Ordine principi di poca obbedienza, sarebbe meglio che no ci fosse, perché il nostro profitto non consiste nel gran numero dei monasteri, ma nel fatto che siano sante quelle che ci vivono.

4. Non so quando si potranno dare a nostro padre le lettere giunte ora per lui. Temo che non sarà prima che passi un mese e mezzo, e anche allora non so per quale via sarebbero sicure; da qui, infatti, è partito per Soria, e da lì doveva recarsi in tanti luoghi per le visite, che non si sa con certezza dove sarà né quando avremo sue notizie. Secondo i miei calcoli, allorché arriveranno le povere consorelle, dovrebbe trovarsi a Villanueva; mi ha dato molta pena pensare a quella che ne proverà lui, e alla loro vergogna, perché la città è così piccola che non ci sarà nulla di segreto, e vedere una tale insensatezza sarà di molto danno, mentre avrebbero potuto mandarle a Beas fino a dargliene avviso (inoltre non erano neanche autorizzate a ritornare lì da dove venivano, essendo già, per suo ordine, conventuali di quella casa), che non rimettergliele sotto gli occhi. Doveva ben esserci modo di sistemare le cose; pertanto vostra reverenza ha tutta la colpa di non aver detto quante ne portava via da Beas né se prendeva qualche conversa, e di non aver fatto caso di lui più che s’egli non avesse la carica di superiore.

5. Fino all’inverno (da quanto mi ha detto, in base alle sue occupazioni) è impossibile che venga là. Piaccia a Dio che il padre vicario Provinciale possa farlo, perché mi hanno appena consegnato lettere da Siviglia, e la priora mi scrive che è colpito da peste, essendocene vari casi lì – benché sia tenuta segreta –, come anche fra Bartolomeo di Gesù, il che mi ha molto afflitta. Se non l’avessero saputo, li raccomandino a Dio, perché sarebbe una gran perdita per l’Ordine. Nella parte esterna della lettera mi dicono che il padre vicario sta meglio, anche se non è fuori pericolo. Le religiose sono molto afflitte e con ragione, essendo martiri in quella casa, per ben altri travagli di quanto non ne soffra lei – sebbene non si lamentino troppo –, perché là dove c’è la salute e non manca di che nutrirsi, quand’anche stiano un po’ strette, non è poi la morte, tanto più se sono appoggiate da molti sermoni. Non so di che cosa si lamentino, giacché non può riuscire tutto su misura.

6. La madre Beatrice di Gesù dice al padre Provinciale che stanno aspettando il padre vicario per rimandare ai loro monasteri le religiose di Beas e di Siviglia. A Siviglia non sono d’accordo; inoltre è molto lontana e non conviene assolutamente; se la necessità è proprio grande, nostro padre lo vedrà. Per quelle di Beas è così opportuno che se non fosse per il timore che ho di contribuire a offendere Dio con una disobbedienza, invierei a vostra reverenza un ordine esplicito, perché per tutto quello che riguarda le Scalze faccio le veci del nostro padre Provinciale.

7. In virtù di tali poteri, dico e ordino che, non appena avranno agio di mandarle, ritornino a Beas quelle che son venute da lì, salvo la madre priora Anna di Gesù. E ciò anche se si sono trasferite in casa propria, a meno che abbiano una buona rendita per uscire dalle strettezze in cui sono, perché non conviene mai avere tante religiose insieme all’inizio d’una fondazione, mentre ciò conviene in altre circostanze.

8. Io ho raccomandato la cosa al Signore in questi giorni (per questo non ho voluto rispondere subito alle lettere), e ritengo che, così facendo, si servirà Sua Maestà tanto più quanto più ne soffriranno, perché ogni genere di attaccamento, anche ad una superiora, è assai lungi dallo spirito delle Scalze e non permetterà mai all’anima di progredire. Dio vuole libere le sue spose, attaccate solo a Lui, e non voglio che quella casa cominci a comportarsi com’è avvenuto a Beas; non dimenticherò mai la lettera che mi hanno scritto da lì, quando vostra reverenza ha lasciato il suo ufficio: era tale che non l’avrebbe scritta neanche una religiosa Calzata. Da qui nascono i partiti e molte altre disgrazie, ma in principio non lo si capisce. Per questa volta non si attenga ad altro parere che al mio, per carità, perché quando si saranno sistemate e le consorelle saranno più distaccate, potrebbero ritornare, se ciò fosse conveniente.

9. Io, in realtà, non so chi siano quelle che son venute via con lei, visto che lo ha tenuto ben nascosto a me e a nostro padre, né mi era passato per la mente che vostra reverenza ne conducesse tante da lì, ma immagino che son quelle molto attaccate a lei. Oh, vero spirito d’obbedienza, come non si prova repulsione ad amare chi si vede tenere il posto di Dio! Le chiedo in nome suo di considerare che educa anime ad essere spose del Crocifisso; le crocifigga con la rinuncia alla propria volontà e col non tener dietro a puerilità. Pensi che si tratta di dar inizio a un nuovo regno, e che vostra reverenza e le altre sono tanto più obbligate a comportarsi come uomini valorosi, e non come donnicciuole.

10. Che significa, madre mia, badare se il padre Provinciale la chiami presidente, o priora, o Anna di Gesù? Si capisce bene che se lei non fosse a capo delle altre, nostro padre non avrebbe alcuna ragione di darle un titolo superiore al loro, perché anch’esse sono state priore. D’altronde, lo hanno tenuto così poco al corrente che non saprà se le elezioni si sono fatte o no. Certamente, è per me una vergogna che così presto le Scalze ora pongano attenzione a certe piccolezze, e, dopo avervi posto attenzione, ne facciano argomento di chiacchiere, e che la madre Maria di Cristo vi annetta tanta importanza: o la pena le ha istupidite, o il demonio introduce principi infernali in quest’Ordine. Oltre a ciò, ella loda vostra reverenza per il suo gran coraggio, come se agire altrimenti significasse che ne è priva. Dio conceda alle mie Scalze quello d’essere assai umili, obbedienti e sottomesse, perché tutti quegli altri ardimenti sono principio di molte imperfezioni senza queste virtù.

11. Ora mi sono ricordata che in una delle lettere precedenti mi hanno scritto che una religiosa aveva lì alcuni parenti; pertanto era stato loro utile portarla da Beas. Se è così, lascio alla coscienza della madre priora la decisione di trattenerla, se le sembra opportuno, ma non le altre.

12. Io sono convinta che vostra reverenza avrà molte pene al principio. Non se ne meravigli, perché un’opera così grande non può farsi senza di esse; si dice, però, che il premio sia grande. Piaccia a Dio che le imperfezioni con cui io vi attendo non meritino più un castigo che un premio, perché è sempre questa la mia paura. Alla priora di Beas scrivo di contribuire alle spese di viaggio. Lì hanno così pochi mezzi! Le assicuro che se Avila fosse altrettanto vicina, sarei assai felice di ricondurvi le mie religiose. Può darsi che ciò si faccia, con l’andar del tempo e il favore del Signore; vostra reverenza, pertanto, può dire che, fatta la fondazione, quando non ci sia più bisogno là di quelle religiose, esse ritorneranno alle loro case, una volta che se ne siano prese altre sul posto.

13. Da poco ho scritto lungamente a vostra reverenza, a quelle madri e al padre fra Giovanni, informandoli di quanto accadeva qui; pertanto ho ritenuto di non scrivere più di questa lettera per tutte. Piaccia a Dio che vostra reverenza non si offenda come quando nostro padre l’ha chiamata «presidente», stando le cose come stanno. Qui, fino alle elezioni, quando veniva nostro padre, la chiamavamo così, e non «priora», il che è lo stesso.

14. Mi dimentico sempre questo: mi hanno detto che a Beas, anche dopo il Capitolo, le religiose escono per sistemare la chiesa. Non riesco a capire come ciò avvenga, perché nemmeno il Provinciale può darne licenza; è, infatti, un Motu proprio del Papa con minaccia di gravi scomuniche, per non parlare della rigorosa prescrizione delle Costituzioni. Da principio ci riusciva difficile sopportarla, ora ne siamo contentissime. Nemmeno per chiudere la porta della strada si può uscire; le sorelle di Avila sanno benissimo che non si deve farlo. Non so perché non l’abbiano avvisata. Vostra reverenza ci stia attenta, per carità. Dio provvederà a darle chi sistemi la chiesa; a tutto c’è una soluzione…

15. Ogni qualvolta ricordo che tengono quei signori così sacrificati, non tralascio di affliggermene. Già le ho scritto l’altro giorno di provvedere a cercarsi una casa, anche se non fosse troppo buona e nemmeno passabile, giacché, per quanto possano starvi male, non staranno così strette; e se così fosse, è preferibile la loro sofferenza a quelle di chi le aiuta tanto. Ora scrivo alla signora donna Anna, e vorrei trovare parole adatte per ringraziarla del bene che ci ha fatto. Non ci perderà di fronte a nostro Signore, che è quanto importa.

16. Se vogliono qualcosa da nostro padre, facciano conto di non avergli scritto, perché, ripeto, sarà ben tardi quando potrò inviargli le lettere. Procurerò di farlo. Da Villanueva egli doveva andare a Daimiel per prendere possesso di quel monastero, poi a Malagón e a Toledo; in seguito a Salamanca e ad Alba per l’elezione di non so quante priore. Mi ha detto che riteneva di non venire a Toledo fino ad agosto. Mi dà molta pena vedergli fare tanti viaggi in paesi così caldi. Lo raccomandino a Dio, e cerchino di avere una casa come potranno, servendosi di amici…

17. Le consorelle ben potrebbero restare lì fino a che fosse informate della cosa sua reverenza, il quale vedrebbe ciò che conviene fare, giacché non lo hanno messo al corrente di nulla e nessuno gli ha scritto la ragione per cui non tengono quelle religiose. Dio c’illumini, perché senza la sua luce si può riuscire a ben poco, e protegga vostra reverenza, amen. Oggi è il 30 maggio. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

18. Scrivo alla madre priora di Beas nei riguardi dell’arrivo di quelle religiose, e le raccomando, per quanto le è possibile, di serbarne il segreto. Quando si venga a sapere non ha importanza. La madre sottopriora, le sue due compagne e il padre fra Giovanni della Croce leggano la presente indirizzata a vostra reverenza, perché non ho testa per scrivere di più.

 

441. A Dionisio Ruiz de la Peña, a Madrid

Burgos, 4 giugno 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei, le dia in questa Pentecoste la totale pienezza del suo amore, come io gliene rivolgo supplica, e la ricompensi del dono che mi fa con le sue lettere, dono assai grande; tale è stato per me quello dell’ultima sua. E sarebbe una gran gioia, visto che vostra grazia è a Madrid, che Dio disponesse il compimento di quella fondazione, anche al fine di poter comunicare più agevolmente con lei e stare vicino a sua signoria illustrissima. Mi sono molto rallegrata che non abbia aspettato il caldo a Toledo, e lodo nostro Signore che gli dà salute. Piaccia a Dio di conservarcelo per molti anni. Appena si fonda una casa, si comincia a pregare a tal fine.

2. Questa, grazie a Dio, è ormai finita. La mia salute, qui, è stata sempre cagionevole; ciò malgrado, non vorrei andarmene che per recarmi a Madrid (così ho scritto a sua signoria illustrissima) e, se a Dio piacesse, dopo non muovermi più, perché sono assai vecchia e stanca.

3. Da queste parti alcuni dicono che il re vuole ormai venire lì, altri che non verrà tanto presto. Ai fini della fondazione, sembra che sarebbe più conveniente che fosse già fatta alla sua venuta, se il Cardinale vi consentisse. Io spero che Sua Maestà illuminerà sua signoria illustrissima sul meglio da farsi; egli desidera favorirmi, pertanto non vorrei importunarlo; solo che, siccome sua signoria illustrissima ha tanti affari e io so che questo è rivolto al servizio di nostro Signore, non vorrei che restasse in sospeso per mancanza di diligenza da parte mia; pertanto lo ricordo a sua signoria, nell’assoluta certezza che Dio lo illuminerà perché si faccia quel ch’è meglio e nel momento migliore. Sua Maestà protegga vostra grazia come io lo supplico di fare, amen. Da Burgos e da questa casa di San Giuseppe, il secondo giorno della festa dello Spirito Santo. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

442. Al Padre Girolamo Gracián, a La Roda

Burgos, 25 giugno 1582

Autografo mutilatissimo: Carmelitane Scalze di Sanlúcar la Mayor (Siviglia)

Per il nostro padre Provinciale.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, padre mio. Non ho ancora avuto risposta alle lettere che ho inviato a vostra reverenza con un corriere privato, e la desidero vivamente per aver notizie della sua salute. Mi è di qualche conforto il fatto che fino ad oggi, qui, abbiamo avuto sempre freddo. Spero quindi che là forse il caldo non sarà così forte come di solito. Dio provveda a tutto secondo la necessità, perché io dico ch’è duro per vostra reverenza viaggiare con questo tempo, e per noi sarebbe di sollievo poter avere sue notizie più spesso. Io vorrei con tutta l’anima che non si fermasse lì, né le passi per la mente l’idea di andare a Siviglia, quale che sia la necessità di farlo, perché c’è davvero la peste.

2. Per amor di nostro Signore, non ceda alla tentazione di andarvi per rovinarci tutti, per lo meno me, perché anche se Dio le dà salute, il pericolo a cui si espone basta per toglierla qua a me. La casa è in uno stato che mi rallegrerei… E non ho da preoccuparmi poco per trovare il denaro necessario alle spese, perché ella lo vuole proprio perfetto e suo fratello per ora non darà nulla. Guardi un po’ che condimento per la nostra povertà! Se lei trovasse a Malagón chi può prestarci cinquanta ducati – voglio dire se la priora li avesse – li prenderei volentieri, perché non è molto per un così gran numero di religiose. L’essenziale è che qui, padre mio, penso che non si troveranno mai nel bisogno. Solo adesso ci sarà un po’ da soffrire.

3. Alla mancanza di chi ci dica la Messa non troviamo rimedio. Per il momento sarà necessario – com’è opinione di tutti gli amici – far venire qualche frate. Siccome vostra reverenza mi ha scritto la stessa cosa, ne siamo state tutte felicissime. Io non vedo nessuno pari a fra Filippo, di cui so che lì è molto afflitto: non fa che scrivermi lettere. Ne consegue che non si può tenerlo più a lungo così sconsolato… Con la sua venuta avremo chi ci confessi, ed egli starà meglio che laggiù…

4. Sappia, padre mio, che la priora di Toledo mi scrive che è molto malata, e certo è per me uno scrupolo di coscienza quanto ella sopporta lì, perché in realtà il clima l’ammazza. Ho pensato, se vostra reverenza è d’accordo, che, anche se lì viene eletta (ché omettere di eleggerla sarebbe cosa da meravigliare) lei potrebbe condurla ad Avila, e così si farebbero due cose: l’una di provare la sua salute, l’altra, ch’ella lascerebbe una presidente di sua scelta, e, non essendo priora, si vedrebbe come se la cava. Una gran difficoltà sarà per Avila, s’ella è tanto malata, ma anche un gran profitto se sta bene, e prenderla è cosa che ben le si deve, perché da quando si è fatto San Giuseppe, ogni anno danno per lei otto ducati. Ci sono, sì, molte difficoltà a questo riguardo, ma ella ha lavorato molto nell’Ordine e, certo, mi rincresce lasciarla morire così.

5. Vostra reverenza vedrà lì il meglio da farsi; e noti che le è venuta la tentazione di pensare che vostra reverenza non abbia un buon concetto di lei: dopo che le ha scritto quella lettera in cui le ordinava di non toccare i denari, crede che la ritenga una spendacciona. Io le ho già scritto che l’intento di vostra reverenza è ch’esse abbiano rendita e costruiscano a poco a poco la chiesa.

6. Queste monache le danno da fare, padre mio, ma lei ben glielo deve, perché hanno preso molta parte alle sue pene, specialmente a Toledo. Oh, Teresa, poi!…

7. … stando alle difficoltà circa la casa, se non si troverà alla data da loro prevista, finiremo col non saper che fare del monastero, e vi è gran pericolo che spendano ciò che hanno per l’acquisto di essa. Infine, ho scritto loro che non congedino Cristoforo Juárez fino a che vostra reverenza non vada lì, ché allora vedrà tutto e sistemerà le cose per il meglio. I muri sono quasi finiti. Solo uno è di argilla, il più alto; gli altri sono di calce e pietra.

8. Dio mi conservi vostra reverenza, a cui non vorrei finir mai di scrivere. La mia gola sta come al solito, non peggio, il che è molto. Per il resto sto bene e tutto va bene, grazie a Dio. Non stia in pena per i miei mali, ché di fronte a quanto devo a Sua Maestà e alle grazie che mi fa ogni giorno, è bene che soffra qualcosa.

9. La supplico di esaudire la mia preghiera circa il frate, e se non dovesse essere lui, sia pure un altro che sia simile a lui, perché queste anime sono assai buone e tranquille. Oggi è il 25 giugno. Ieri è stata la festa di san Giovanni. Gli amici stanno bene. Di vostra reverenza serva e suddita, Teresa di Gesù.

 

443. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Burgos, 6 luglio 1582

Originale: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe del Carmine. Appartiene alle carmelitane scalze, dietro San Francesco. Il porto: mezzo reale.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, amen, amen. Ieri ho ricevuto una lettera di vostra reverenza che, anche se consiste di poche righe, mi è stata di somma gioia, perché ero in gran pena quando mi si diceva che lì ne muoiono tanti. Le raccomando vivamente a Dio, come fanno in tutte queste case, a cui lo mando a chiedere. Mi è causa di molte apprensioni, a ogni Credo, vederla fra tante tribolazioni.

2. Sapevo già della morte del padre fra Diego e ho benedetto Dio di averci lasciato il padre fra Bartolomeo, la cui morte mi avrebbe grandemente addolorata perché sarebbe mancato molto a vostra reverenza. Sia lodato Dio per tutto quello che fa.

3. Avrei voluto che mi avessero avvisata prima del corriere, per poter scrivere di mia mano, ma me lo dicono quando l’uomo sta per partire, e io ho la testa molto stanca, perché ho atteso a scrivere tutto il pomeriggio; però, anche se non di mio pugno, non ho voluto tralasciare di mandarle queste righe.

4. Non ho detto a vostra reverenza quanto abbia condiviso la sua lagnanza per la madre priora di Granada, pienamente giustificata, perché avrebbe dovuto esserle grata di quello che lei ha fatto inviandole con tanto decoro le religiose, e non su asinelli, alla vista di Dio e degli uomini. Quand’anche le avesse mandate in lettiga, non me ne sarei adombrata, se non avesse avuto altro. Dio me la conservi, figlia mia, lei ha agito assai bene, e se qualcuno è d’opinione contraria, non se ne dia pena, sono sofisticherie; la priora doveva essere di malumore perché in quella fondazione le cose non vanno secondo i suoi piani, ma io credo che poi tutto andrà bene: anche se c’è qualche tribolazione, essa non è il peggio per noi.

5. Questa casa è bene a posto, stabilmente sistemata e pagata, senza necessità di operarvi lavori per molti anni; pertanto credo che presto mi avvicinerò ad Avila. Mi raccomandi a Dio. Della gola e degli altri acciacchi sto come il solito.

6. Molte cose al padre fra Bartolomeo e a tutte le consorelle. Teresa e tutte le religiose di qui si raccomandano a vostra reverenza. Preghino Dio per Teresa, che è proprio una piccola santa ed ha vivo desiderio di vedersi già professa. Dio la tenga con la Sua mano e mi conservi vostra reverenza facendone una gran santa. Da questa casa di San Giuseppe di Burgos, il 6 luglio. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

444. A Suor Eleonora della Misericordia, a Soria

Burgos, 7 luglio 1582

Originale: Carmelitane Scalze di Pamplona

1. Gesù sia con vostra carità, figlia mia, me la protegga e le dia la salute che io le desidero; mi ha afflitto molto sapere che non sta bene. Mi faccia la carità di prodigarsi ogni sorta di cure. Di quanto, in merito a ciò, mi dice che fanno le consorelle per vostra carità, sono assai felice; se non si comportassero così, agirebbero assai male. Vostra carità si rallegri ugualmente sia di ricevere le cure sia d’esserne priva; l’obbedienza vedrà quello di cui ha bisogno, infatti lo fa. Piaccia a Dio, figlia mia, che il male non peggiori. Quando disporrà di qualche messaggero, mi faccia sapere se sta meglio, perché sono preoccupata.

2. Ciò che ho detto a vostra carità nell’altra lettera, vorrei dirglielo spesso, se la vedessi. Ma questo non potrà avvenire tanto presto, perché il Cardinale mi ha scritto promettendo di darmi la licenza per il ritorno del re, e dicono che il suo arrivo sia ormai imminente, ma per presto che sia, sarà in settembre o più in là. Vostra carità non se ne affligga: io sarei così contenta di vederla come lei di veder me; se non sarà ora, Dio vi provvederà diversamente. Io sto così poco bene che non sono in condizioni di viaggiare né per venire là né per recarmi in qualunque altro luogo, anche se sto meglio dei giorni passati. Sia lodato Dio.

3. Ho preso certo pillole, pertanto non scrivo di mia mano, perché non oso farlo. Dio la ricolmi di grazie, figlia mia, e non mi dimentichi nelle sue orazioni. È il 7 luglio. Di vostra carità serva, Teresa di Gesù.

 

445. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Burgos, 14 luglio 1582

Originale e autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe del Carmine. Si trova fra le Scalze, dietro San Francesco, a Siviglia. Il porto: mezzo reale.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia, e me la protegga da tutte quelle tribolazioni e pericoli di morte.

2. Mi ha molto consolata la sua lettera per il fatto che mi dice come lì non siano malate e non abbiano nemmeno un mal di testa. Non mi meraviglio che, con le preghiere dedicate loro in tutte le case, stiano bene; dovrebbero essere anche sante, in base alle tante suppliche di cui beneficiano. Io, per lo meno, ho così assidua cura di loro che non le dimenticherò. Mi credano, probabilmente non sono preparate, visto che non muoiono fra tanta gente che Dio si prende da quella città. Ch’Egli me le protegga, specialmente vostra reverenza, perché, certo, ciò mi darebbe una gran pena. Molta me ne ha data la perdita del padre vicario e più ne avrei provata se si fosse trattato del padre fra Bartolomeo, perché sarebbe assai mancato alla loro casa. Dio sia lodato per tutto; Egli ci obbliga in ogni modo.

3. Ho letto una lettera di Pietro de Tolosa – datami da sua sorella – in cui dice che la situazione di quella città va migliorando e dà notizie più confortanti di quelle di vostra reverenza. Ho detto fra l’altro a sua sorella che lo ringrazi da parte mia di quel che fa per la sua casa. Lo raccomandino vivamente a Dio, insieme con sua sorella Caterina de Tolosa – l’intero Ordine deve farlo – perché, dopo Dio, per merito suo si è fatto questo monastero, nel quale penso che Dio sarà molto servito. Quando verrà lì, gli dica molte cose da parte mia e mi raccomandi a Dio. Di salute sto come il solito.

4. Se Dio vuole, penso di partire alla fine di questo mese per Palencia, perché nostro padre ha dato lì la sua parola di farmi restare un mese in quella casa, e poi dovrò recarmi ad ammettere Teresa alla professione: scade, infatti, l’anno del noviziato ed ella vorrebbe che ciò fosse ormai fatto. Vostra reverenza e tutte le consorelle in questo periodo di tempo la raccomandino particolarmente a Dio, perché le dia la sua grazia. Considerino che ne ha bisogno: anche se è buona, infatti, è pur sempre una bambina.

5. Ho già inviato la lettera di vostra reverenza al padre fra Pietro della Purificazione che sta come vicerettore ad Alcalá, dove ora lo ha lasciato nostro padre, passando da lì, e credo che gli mancherà molto. Adesso mi hanno detto che si trova a Daimiel, fra poco sarà a Malagón, e sta bene, grazie a Dio.

6. Dia molti saluti da parte mia a tutte le consorelle, e a quelle che hanno avuto morti fra i loro parenti esprima le mie più vive condoglianze, assicurandole che le raccomanderò a Dio. Io mi raccomando particolarmente alla madre sottopriora, a suor San Girolamo e a suor San Francesco, alle quali sarei felice di scrivere, se potessi, ma la salute non mi aiuta e per questa ragione la presente non è scritta di mia mano; non sto peggio del solito, ma ho la testa stanca e non oso sforzarmi a farlo, perché ci sono altre lettere, di convenevoli, che non posso evitare. Dio sia benedetto e dia la sua grazia a vostra reverenza, amen. Oggi è il 14 luglio.

7. Ho ricevuto dal buon padre Nicola una lettera che mi ha fatto piacere. Si trova già a Genova e sta molto bene; il viaggio per mare è stato ottimo; ha saputo che il nostro reverendissimo padre Generale fra dieci giorni sarà lì, dove tratterà tutti gli affari, e tornerà indietro senza andare oltre. Ne sono stata assai contenta. Lo raccomandi a Dio con sua madre (che è morta); egli insiste molto nel chiederlo, e la sua casa ben glielo deve.

8. Per carità, non tralasci di scrivermi come vanno le cose lì, perché sa la preoccupazione in cui vivo; da qui m’invieranno le sue lettere. Piaccia al Signore di farmi la grazia di conservarle in buona salute e di proteggerle, soprattutto lei. Tutte le consorelle di qui stanno bene, sono soddisfatte e le si raccomandano. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

Dica molte cose da parte mia al padre fra Bartolomeo.

 

446. Alla M. Tommasina Battista, a Burgos

Palencia, 3 agosto 1582

Originale deteriorato: Carmelitane Scalze di Burgos

Alla madre Tommasina Battista, Burgos.

1. Gesù sia con vostra reverenza, madre mia, e la faccia santa. Mi sono così rallegrata della lettera di vostra reverenza come se non l’avessi vista pochi giorni fa. Dio le conceda salute e me la conservi, insieme con suor Beatrice di Gesù, la cui malattia mi ha molto rattristata. Già la raccomando a Dio. Vostra reverenza glielo dica e le dia i miei saluti.

2. Per ciò che riguarda il parlatorio, quando Caterina de Tolosa se ne andrà, vostra reverenza lo chiuda dalla parte in cui si è aperto al tempo dell’alluvione. Se Caterina de Tolosa restasse lì, lasci le cose come sono e non permetta che vi passi nessun’altra all’infuori di lei. Se poi, dico, volesse ritornare, ci sarebbe ben poco da levare: un tramezzo, e darle una stanza, se la desidera, ma fare una finestra in modo che non si possa dominare con la vista il giardino, perché ci hanno visto abbastanza.

3. Io sto meglio con la gola: da vari giorni non mi sentivo così bene: mangio quasi senza soffrirne, e siccome oggi è il plenilunio, mi pare una cosa importante. La camera è molto fresca e bella, e tutta la casa mi è sembrata migliore di quanto non pensassi. Tutto è così curato che il suo aspetto non può non essere buono.

4. Teresa si raccomanda a vostra reverenza. Non sembra ora così graziosa come quando era là. Tutte le consorelle stanno bene, compresa la madre priora. Si raccomandano a vostra reverenza; io alla madre sottopriora e a tutte, alla signora Caterina de Tolosa, a Beatrice e Lesmitos, a donna Caterina e a sua madre, e a tutti gli amici; suor San Bartolomeo si raccomanda molto a vostra reverenza, a tutte le consorelle e alle sue giovinette. Quanto a farmi presente agli amici, vostra reverenza ci pensi sempre lei, anche se io non glielo dico; l’autorizzo a farlo in vece mia.

5. Ho guardato come lavano qui, dove non hanno più di due sorelle e ho pensato che potrebbero fare altrettanto là, con l’ingresso di Maria: se la caverebbero più a buon mercato. Vostra reverenza ci pensi bene, io non consiglio se non quello che può riuscire più vantaggioso. L’acqua lì è molto buona. Anche Isabella sarebbe loro utile per aiutare Maria a lavare.

6. Ho avuto una lettera del padre fra Nicola, il quale dice che il Generale è venuto allo scadere dei dieci giorni di cui mi aveva parlato nella lettera precedente: lo ha trattato molto bene e gli ha concesso con grande cortesia e benevolenza quello per cui era andato da lui. Il successo della sua visita è evidente, perché lo ha nominato suo procuratore per tutta la provincia degli Scalzi e delle Scalze, in modo che passi per le sue mani e sia sottoposto al suo consiglio tutto ciò che dovrebbe far capo al Generale.

7. I fratelli del padre fra Nicola si sono comportati molto bene con il Generale; pertanto egli è partito assai soddisfatto. I Calzati, quando hanno visto che il padre fra Nicola prendeva alloggio da loro, hanno pensato che volesse diventare Calzato e gli hanno detto di fermarsi in quel convento ove lo avrebbero fatto priore; dirlo proprio a lui che non può sopportare tale carica! Può darsi che sia già di ritorno qui, perché diceva di voler partire subito, se trovava posto su qualche nave. Lo raccomandino molto a Dio a cui rendano grazie per l’enorme favore che Sua Maestà ci ha fatto di mantenerci nelle buone grazie del Generale. Facciano qualche processione e dicano qualcosa al Signore in rendimento di grazie, poiché ormai non ci manca altro che d’essere vere sante e giovarci di questi favori al suo servizio. Sia Egli con vostra reverenza e le dia la sua grazia. È il 3 agosto.

8. Per adempiere ai miei doveri verso gli amici, dico che avrei bisogno del loro perdono, essendo obbligata a scrivere per mano altrui. Se non scrivo al mio dottore egli deve ben credere che mi riesce impossibile. Gli dica che gli bacio le mani e gli dia le notizie che mi rendono così lieta, e con me lo siano tutte, per carità, poiché Dio ci è prodigo di grazie. Egli me la conservi, amica mia, e la faccia santa. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

447. A Donna Caterina de Tolosa, a Burgos

Palencia, 3 agosto 1582

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra grazia. Ho guardato l’indirizzo e le sono grata d’aver soppresso il titolo di «illustre», per poterle rispondere. Le assicuro che il mio Lesmes è piaciuto molto a me e a tutte. Dio lo protegga e lo faccia santo. Questi due piccoli angeli sono per me motivo di gioia. A Maruca ho domandato di aiutarmi a pregare. È portinaia e fa tutto bene. Ambedue desiderano di vedere vostra grazia, come lo desidero io.

2. Il Signore ci esaudisca e paghi a vostra grazia il piacere che mi ha fatto con la sua lettera, perché temevo del suo stato di salute. Già desidero riceverne un’altra e sapere che la mia Beatrice sta un po’ meglio. Dio gliela conceda. Ancora non ho dato le lettere che portavo, perché sto aspettando che venga… se vostra grazia non trattava più con quelli della Compagnia; io gli ho detto di sì, giacché non bastava tutto quello che facevano per abbandonare il tratto con loro, anche se durante una novena che vostra grazia aveva celebrato a casa, nessuno di essi era stato presente. Gli ho detto quanto ciò avesse fatto cattiva impressione nella città. Mi preoccupo molto di dare le lettere appena possibile. Piaccia a Dio che non le rimandino altrove. Lo dica a Isabella de Trazanos, e le dia i miei saluti.

3. Sappia che la badessa di Santa Dorotea mi ha dato due ducati senza sapere… Resti con Dio, perché ho molto da fare… lettere. Con la gola sto meglio. Non so quanto durerà. Oggi è venerdì. Io, la serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

448. A donna Teresa de Láyz, ad Alba de Tormes

Palencia. 6 agosto 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ho ricevuto la sua lettera, ma posso fare ben poco per quanto mi dice, perché, quando se ne parla con la madre Tommasina Battista, si altera talmente che dice di sentirsi scombussolata dalla testa ai piedi al pensiero di tornare in quella casa, e dà tali ragioni circa la convenienza del rifiuto per la pace della sua anima, che non ci sarà nessun superiore capace d’imporglielo. Ella gode ora d’una grande pace e di un’ottima casa dove sta a suo agio. Se vostra grazia le vuol bene, dovrebbe rallegrarsi di ciò e non esigere che venga lì chi non vuole stare con lei. Dio la perdoni; io desidero così vivamente il piacere di vostra grazia che vorrei mi fosse possibile di contentarla in tutto. Per amor di Dio, non se ne faccia una pena, perché ci sono molte religiose nell’Ordine che potranno supplire alla mancanza della madre Tommasina.

2. Se vostra grazia soffre nel pensare che resti come priora la madre Giovanna dello Spirito Santo, non abbia alcuna preoccupazione, perché mi ha scritto che per nulla al mondo tornerebbe ad assumere quest’ufficio. Non so che dire di quelle religiose; temo che nessuna priora possa durare lì, perché tutte fuggono. Io la supplico di considerare che quella è casa sua e che con l’irrequietezza non si può servire Dio, pertanto è assai conveniente che vostra grazia non dia mai ad esse il suo appoggio, perché, se sono quali devono essere, che può loro fare qualsiasi priora? Non sono che piccolezze e attaccamenti ben lontani dai sentimenti che devono avere le Scalze e che non esistono in nessun’altra delle nostre case. Più o meno io indovino chi siano quelle che turbano le altre e, se Dio mi dà salute, cercherò di venire lì, appena possibile, a sventare questi intrighi, perché sono molto afflitta, avendo saputo, da fonte sicura, che frati di un altro Ordine vengono informati di cose del tutto riservate, e ciò è oggetto dei discorsi di secolari anche fuori di quella città. Veda un po’ se per le loro puerilità e imperfezioni si deve recare tanto pregiudizio all’Ordine da far pensare che tutte le altre nostre consorelle non differiscano da esse!

3. Supplico vostra grazia di dirglielo e di far sì che vi sia pace; presto nostro padre verrà lì; mi faccia pertanto questo favore, giacché quale che sia la priora eletta, sarà la sua serva. Le assicuro che, se avessi saputo alcune cose che mi son state dette ora, vi si sarebbe posto rimedio prima; adesso devo fare tutto il possibile per conseguire tale scopo.

4. Supplico vostra grazia di far vedere questa lettera al padre Pietro Sánchez, dicendogli che gli bacio le mani, perché riprenda le colpevoli e non le lasci comunicare troppo di frequente. Non devono ritenere ch’è cosa da nulla turbare un monastero e parlare con estranei di cose tanto pregiudizievoli per quelle religiose su cui ora il mondo tiene fissi gli occhi, stimandole buone. Ah, signora, come va tutto diversamente dove regna il vero spirito! Dio glielo conceda, e ci conservi per molti anni vostra grazia con la santità ch’io le desidero. Oggi è il giorno della Trasfigurazione. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

449. Alla M. Tommasina Battista, a Burgos

Palencia, 9 agosto 1582

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Le assicuro che sono rimasta molto colpita dalla malattia di quella consorella, perché, a prescindere dal fatto ch’ella è assai buona, mi affligge profondamente la sofferenza di vostra reverenza in tale circostanza. Mi tenga sempre al corrente della sua salute e si guardi dallo starle troppo vicina; lei può ben prodigarsi ad assisterla e curarla pur badando a questa precauzione. Le ho già scritto quanto la carità sia necessaria con le malate. So che vostra reverenza non mancherà di averla, ma io continuo a consigliarla a tutte.

2. Quanto a ciò che dice della richiesta di elemosine, ne sono rimasta molto addolorata, e non so perché mi domandi che cosa voglio che faccia, dopo che le ho detto tante volte lì che non ci conveniva dare a conoscere la mancanza di rendite, ancor meno chiedere elemosine. E anche le Costituzioni dicono, mi sembra, che solo un’estrema necessità può indurre a farlo. Non è questo il caso, poiché la signora Caterina de Tolosa mi ha detto che, poco per volta, darà loro la legittima. Se si sapesse che non hanno rendite, alla buon’ora. Loro non lo dicano, e Dio le liberi dal chiedere alcunché per il momento; non ci guadagneranno nulla e ciò che potrebbero guadagnarci da una parte, lo perderebbero per molti altri versi, però parli a quei signori da parte mia e glielo dica.

3. Le ho già scritto di dar loro sempre i miei saluti; fin da questo momento do per detto quanto farà loro presente a mio nome in fatto di cortesie, pertanto non sarà una menzogna da parte sua.

4. Qui fa un caldo terribile, anche se questa mattina c’è un po’ di fresco: me ne sono rallegrata per l’inferma, perché sarà così – penso – anche là. Dica al licenziato Aguiar che anche s’egli entra nel convento tutti i giorni, capirà quanto mi affligga non vederlo più, e che la sua lettera mi ha fatto molto piacere, ma non gli scrivo perché credo ch’egli sia contento di non aver motivo per dovermi scrivere di nuovo così presto, e altrettanto dica al mio dottor Manso, perché è la verità; gli dia sempre il mio ricordo, mi scriva notizie della sua salute, e faccia lo stesso per il padre maestro Mata. Qui le invidiano molto per tale confessore.

5. Sappia che l’ecclesiastico di Arévalo non era quel che noi pensavamo, ed è lui stesso a dire che se ne andrà. Gli ho parlato ieri e sono stata d’accordo.

6. Alla sottopriora, a Beatrice e alla mia «grassottella» dica che mi sono rallegrata delle loro lettere, ma ben sanno ormai che devono perdonarmi se non rispondo quando non c’è una ragione particolare per farlo; mi ha fatto piacere anche quella della figlia di Pietro: le dia i miei saluti. Resti con Dio, figlia mia, e Sua Maestà me la conservi nella santità di cui io Lo supplico, amen. È la vigilia di San Lorenzo.

7. Nostro padre mi ha scritto da Almodóvar. Sta bene, ma è necessario raccomandarlo a Dio perché non vada in Andalusia, visto che non lo esclude. Mi dice che vorrebbe ch’io mi recassi ad Alba e a Salamanca prima che ad Avila, e io ho scritto ad Alba che forse sarò lì quest’inverno, come potrebbe essere. E io sono, senza alcun dubbio, la sua serva, Teresa di Gesù.

 

450. A don Sancio Dávila, ad Alba de Tormes

Palencia, 12 agosto 1582

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei. Se avessi saputo che vostra grazia si trovava lì, avrei risposto prima alla sua lettera, desiderandolo vivamente per dirle la grande consolazione che mi ha dato. La Divina Maestà voglia ricompensarlo con i beni spirituali di cui io sempre lo supplico.

2. Nella fondazione di Burgos sono stati tanti i travagli, così poca la salute e così numerose le occupazioni, che mi restava scarso tempo per concedermi questo piacere. Sia ringraziato Dio che ormai quel lavoro è finito, e bene.

3. Desidererei molto venire là dove sta vostra grazia, perché sarei assai contenta di trattare personalmente di alcune cose che si dicono male per lettera. Accade di rado che nostro Signore voglia ch’io faccia la mia volontà. Ma si faccia quella della sua Divina Maestà, che è quanto importa.

4. Ho vivo desiderio di leggere la vita della mia signora la marchesa. La signora badessa, sua sorella, deve aver ricevuto tardi la mia lettera e credo che non mi abbia fatto l’invio, per leggerla lei. Ben a ragione vostra grazia ha voluto che resti il ricordo di una così santa vita. Piaccia a Dio che lei scriva tutto quello che c’è in essa da dire, perché temo che sia inferiore alla verità.

5. Oh, Signore, quanto ho dovuto soffrire per ottenere che i genitori di mia nipote la lasciassero ad Avila fino al mio ritorno da Burgos! Quando hanno visto la mia grande insistenza, vi sono, però, riuscita.

6. Dio la protegga, poiché ha così grande cura di favorirli in tutto, tanto ch’io spero che lei sia il loro sostegno, e la conservi molti anni nella santità di cui io sempre Lo supplico, amen. Da Palencia, il 12 agosto 1582. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

451. Alla M. Anna degli Angeli, a Toledo

Valladolid, 26 agosto 1582

Originale e autografo: Carmelitane Scalze di Cuerva (Toledo)

1. Gesù dia la sua grazia a vostra reverenza. Ho ricevuto a Palencia la sua lettera, proprio in un momento in cui non potevo risponderle. Lo faccio ora, in gran fretta, perché il vescovo, messaggero della presente, sta per partire. Per carità, se verrà da lei, che tutte siano molto gentili con lui, e vostra reverenza mandi qualcuno di frequente a fargli visita, perché gli dobbiamo tutto.

2. Per quanto si riferisce alla casa, mi sembra ottima l’idea di Diego Ortiz e il piano per attuarla; se compra quella casa starà molto bene, e a lui conviene più che a noi l’adempimento di quella condizione di non mancare di prenderci la casa. Della sua pena non si curi minimamente, perché è cosa abituale. Lei faccia il possibile per tenerlo a bada.

3. Per quanto si riferisce alla sorella della madre Brianda di San Giuseppe, non è adatta né come conversa né come religiosa, non perché non abbia ottima intelligenza, buon senso e serenità, tanto da avermi fatto una favorevolissima impressione, ma non può fare più di quello che fa, essendo assai debole. Da quel ch’ella dice, niente le impedisce di darsi a Dio e di pregare quanto vuole, ché la sua vita – dice – è fatta a pennello per questo. Se ha qualche sofferenza, ce ne sono dovunque e più gravi.

4. Circa la mia venuta lì adesso, non so come possa effettuarsi: loro resterebbero spaventate se conoscessero le preoccupazioni e le occupazioni che ho qui, tali da ammazzarmi, ma Dio può far tutto. Raccomandino la cosa a Sua Maestà.

5. Dia molti saluti a tutte, perché non mi dilungo di più a causa della fretta; per questo, anche, la presente non è scritta di mio pugno. Oggi è il 26 agosto.

6. Alla fine di questo mese, se Dio vorrà, sarò ad Avila. Mi ha dato molta pena questa partenza del padre Provinciale in tale epoca. Dio sia con lui. Ho già mandato un corriere personale al padre fra Antonio di Gesù con le patenti. Se accetta e vuol venire a Toledo, tutto potrà avere buon esito.

7. Il piano per la compera mi soddisfa molto, ma vostra reverenza non mi dice con che cosa loro aiuteranno Diego Ortiz per l’acquisto della casa; qualunque aiuto, comunque, sarà bene speso, purché sia dato con moderazione, per il fatto che la chiesa resta libera. È un piano di gran lunga migliore del precedente; pertanto potrà trattarne subito. E anche se proceda adagio, a poco a poco, nel far la chiesa con le rendite, ch’è quanto vuole il padre Provinciale, ciò gli farà molto piacere, perché il bene di quella casa gli sta molto a cuore. Per la chiesa si vedrà poi; nell’alternativa non mi sembra che si debba tralasciare di comprar la casa per fare la chiesa, questo si sistemerà in seguito; ora si deve anzitutto badare che sia sufficiente quello che deve dare.

8. Mi dia notizie di tutto particolareggiatamente. Starò qui fin dopo la Madonna di settembre, e poi, sino alla fine del mese, a Medina. Mi può scrivere in entrambi questi luoghi. Mi saluti tutte, giacché ho molta fretta. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

452. Alla M Tommasina Battista, a Burgos

Valladolid, 27 agosto 1582

Originale e autografo: Carmelitane Scalze di Peñaranda (Salamanca)

1. Gesù dia a vostra reverenza la sua grazia, me la conservi e le conceda la forza per sopportare tutti i travagli di cui la grava. Le assicuro, madre mia, che è trattata da anima forte. Dio sia lodato per tutto. Io sto discretamente, meglio del solito. Non credo di fermarmi qui molti giorni: non appena arriverà un messaggero che aspetto, partirò. Mi raccomandi a Dio, perché mi dispiace molto allontanarmi da questa casa e da vostra reverenza.

2. Non si affligga per Caterina della Madre di Dio; la sua è una tentazione che le passerà. Non le permetta di scrivere ad alcuno. Se lo volesse fare nei riguardi miei o di Anna, alla buon’ora, ma di altri no; e se la lasciasse fare per darle motivo di consolazione, non ne spedisca le lettere. Mi rallegro che il rettore sia venuto lì. Gli usi molta cortesia, si confessi da lui qualche volta e chieda ai Gesuiti di far prediche.

3. Circa le religiose, non ho nessuna postulante da mandarle; solo che, vedendo il bisogno che ne ha, mi chiedo se non sarebbe bene prenderne una che sta a Medina, di cui mi assicurano la gran bontà, ma, poiché vostra reverenza dice che con quei cento ducati può far fronte alla situazione, è meglio non prenderne nessuna fino a che non abbiano la casa.

4. Sono stupita che le ordinino di alzarsi con un tale tempo. Per carità, non lo faccia, rischierebbe d’ammazzarsi finché lo stato del tempo non migliori; pertanto non adesso, che è pericoloso anche per chi sta bene in carne ed è sano… vostra reverenza…

5. Alla… saluti; la informo che si fa molto chiasso perché suor Casilda rinunzi ai suoi beni. Don Pietro mi ha scritto a questo riguardo. Il dottor Velázquez, che è il mio confessore, dice che non possono obbligarla a deviare dalla sua volontà. Infine, mi sono rimessa alla coscienza di don Pietro; non so come si andrà a finire. Vogliono darle cinquecento ducati e il prezzo del velo – pensi un po’ che grossa spesa per doverne tener conto! – ma non vogliono darglieli ora. Certo, quest’angelo deve poco a sua madre. Per un riguardo alla sofferenza della piccola, che è molta, io vorrei che fosse cosa finita; pertanto le scrivo pregandola di non prendersela assolutamente se non le danno nulla.

6. Mi scrive Beatrice che sta ormai bene e che non soffre più. Le basta vedere che vostra reverenza lo vuole, perché le sembri di star bene, anche se sta male; non ho mai visto niente di simile, come dice il povero licenziato … Io sto bene. Piaccia al Signore, figlia mia, che molto presto lo stia vostra reverenza, amen.

7. Il corredo di Beatrice era così ridotto che me ne hanno inviato l’appunto. Ho dato ordine che le si mandino, per mezzo di Antonio Ruiz, almeno le coperte, due lenzuola e alcuni addobbi; credo che il trasporto costerà più del valore di tali cose. Lo pagherò qua io, se vostra reverenza me ne dà incarico. Sua sorella mi manda a chiedere i materassi e altre cose da nulla che… Mi ha proprio infastidito che…

 

453. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Valladolid, 1 settembre 1582

Autografo incompleto: Carmelitane Scalze di Bruxelles

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza. Non basta scrivermi spesso per togliermi la pena, anche se mi ha molto sollevata sapere che vostra reverenza sta bene e che il paese è immune da pestilenza. Piaccia a Dio che continui sempre così. Ho ricevuto tutte le sue lettere, a quanto credo.

2. Le ragioni che l’hanno decisa a partire non mi sono sembrate sufficienti, perché avrebbe potuto organizzare da qui gli studi e ordinare che non venissero confessate «beate»: per due mesi quei monasteri avrebbero potuto fare alla meglio e lei avrebbe lasciato questi qui sistemati. Io non so perché, ma ho sofferto tanto di quest’assenza da non sentir più il desiderio di scrivere a vostra paternità; pertanto non l’ho fatto fino ad oggi, ma ora non posso evitarlo; è giorno di plenilunio; ho trascorso una notte pessima, e la testa mi duole moltissimo. Fino a questo momento stavo meglio e credo che domani, passata la luna, questa indisposizione cesserà. La gola va meglio, ma il male persiste.

3. Qui ne ho passate di tutti i colori con la suocera di don Francesco, che è strana ed era ben decisa a promuovere un’azione giudiziaria per annullare il testamento; benché non ne abbia alcun diritto, gode di molto favore e c’è chi le dice che può farlo; pertanto mi hanno consigliato che, ad evitare la rovina totale di don Francesco e spese a noi, si venga ad un accordo. È a danno di San Giuseppe, ma io spero in Dio che, una volta assicurato l’esaudimento della sua richiesta, il convento finirà per ereditare tutto. Mi sono consumata di dolore e sono afflitta tuttora, anche se Teresa si è condotta bene. Oh, quanto ha sofferta per la mancata venuta di vostra reverenza! Gliel’abbiamo tenuta nascosta fino a questo momento. Da una parte ne sono contenta, perché si abitui a capire che non dobbiamo fidarci che di Dio, e anche a me ciò non ha fatto male.

4. Le accludo una lettera che mi ha scritto il padre fra Antonio di Gesù; non senza sorpresa ho visto che, siccome torna ad essermi amico (in verità io l’ho sempre ritenuto tale), non appena potremo comunicare, tutto andrà bene. Anche se non fosse così, non sarebbe da pensare in alcun modo che lei ne nominasse un altro per le elezioni. Non so come vostra reverenza non se ne renda conto né veda che non è questo il momento di fare una casa a Roma, perché è grande il bisogno d’uomini che ha vostra reverenza, anche per quelle di qui, e Nicola le manca molto: mi pare impossibile che possa attendere da solo a tante cose. Fra Giovanni de las Cuevas me lo diceva, perché gliene ho parlato alcune volte. Egli ha un vivo desiderio che vostra reverenza riesca in tutto; le vuole tanto bene che in certo modo gliene sono obbligata. Mi ha detto anche che vostra reverenza andava contro le norme che prescrivono la scelta di un altro compagno, nel caso che venga a mancare il proprio (non so se mi abbia detto col parere dei priori), e che riteneva impossibile che potesse far fronte da solo a tutto, che Mosè ne aveva presi non so quanti in suo aiuto. Io gli ho detto che non ce n’era nessuno capace, che neanche come priori si riusciva a trovarne. Mi ha replicato ch’era cosa essenziale.

5. Da quando sono venuta qui, mi hanno detto di notare che vostra reverenza non ha piacere d’avere con sé persone d’importanza. Vedo che ne è causa non poter fare diversamente, ma siccome è vicina la celebrazione del Capitolo, non vorrei che si dovessero imputar colpe a vostra reverenza. Ci pensi, per l’amor di Dio, e stia attento a come predica in Andalusia. Non ho mai piacere di veder vostra reverenza a lungo laggiù; siccome, infatti, un giorno mi ha scritto le prove subite da alcuni, Dio mi risparmi la grande sofferenza di veder lei negli stessi travagli, perché, come dice vostra reverenza, il demonio non dorme. Sappia almeno che tutto il tempo che lei sarà da quelle parti, io mi consumerò di pena.

6. Non so a che scopo vostra reverenza debba stare tanto tempo a Siviglia; mi hanno detto che non verrà prima del Capitolo, notizia che ha aumentato molto la mia pena, ancor più che se ritornasse a Granada. Il Signore indirizzi le cose a suo maggior servizio, perché c’è gran necessità di un vicario laggiù. Se fra Antonio se la cava bene qui, vostra reverenza potrebbe tenerlo d’occhio per affidargli tale incarico. Non pensi ora di farsi Andaluso, perché non ha temperamento adatto per stare fra quella gente. Per quanto riguarda le prediche, supplico vivamente ancora vostra reverenza di badar bene a quello che dice, anche se predica poco.

7. Non abbia pena di quello che succede qui; riguardo a quel frate, la cosa non è stata così grave come sembrava, e Dio vi ha posto rimedio assai bene: nessuno ne ha saputo nulla. La priora scrive a vostra reverenza ch’essi sono molto ammalati e per questo non si dà la patente a fra Giovanni di Gesù, essendo inumano lasciarli soli, perché egli è l’unico che sta bene e provvede a tutto. Io sono passata da quella casa venendo qui: mi è parsa molto buona, ed essi godono di gran credito in questa città.

8. Dell’affare di Salamanca c’è molto da dire. Le assicuro che mi ha fatto passare brutti momenti, e piaccia a Dio che si finisca col trovarvi rimedio. Non mi è stato possibile recarmi là a causa di questa professione di Teresa, perché mi era impossibile portarla con me e ancor meno lasciarla sola; inoltre occorre più tempo per andar lì e poi ad Alba, e ritornare ad Avila; è stata, pertanto, una fortuna che siano capitati qui Pietro de la Banda e Manrique, così ho preso in affitto la casa per un altro anno, in modo che la priora possa aver pace, e Dio voglia che ciò serva a qualche cosa.

9. Io dico a vostra reverenza ch’ella mi lascia sbalordita. È così astutamente femminile da mettersi a negoziare né più né meno che se avesse già la licenza di vostra reverenza; al rettore dice che tutto quello che fa è per mio ordine (anche s’egli ignora quest’acquisto, né lo voglia, come vostra reverenza sa), e a me che il rettore lo fa per ordine di vostra reverenza. È un intrigo del demonio, e non so su quali ragioni possa appoggiarsi, perché, certo, è incapace di mentire, ma la gran voglia che ha di questa malaugurata casa la fa uscir di senno.

10. Ieri è venutola Salamanca il fratello fra Diego (uno di quelli che sono passati da qui con vostra reverenza per la visita), e mi ha detto che il rettore di San Lazzaro si trovava mischiato in quest’affare contro sua voglia, per amor mio, tanto da dire alla priora che ogni volta che se ne occupava, si doveva confessare, essendo cosa che gli sembrava contraria alla volontà di Dio, ma era così importunato da lei da non poterne più, e tutta Salamanca mormorava di tale acquisto, e quel dottor Solís gli aveva detto come in coscienza potessero possederla, perché non è sicura. Ma hanno una tale fretta di effettuarne l’acquisto che, a mio parere, sono ricorse all’astuzia per impedire ch’io lo venga a sapere, e dall’acclusa lettera vedrà che con le tasse raggiunge i seimila ducati. Tutti dicono che non ne vale duemila e cinquecento, e si chiedono come religiose povere possano sprecare tanto denaro. E il peggio è che non l’hanno, ma, a mio parere, questo è un artificio del demonio per distruggere il monastero; pertanto ciò che ora i padri procurano di fare è guadagnar tempo per mandare a monte l’affare a poco a poco.

11. Ho scritto a Cristoforo Juárez che lo supplicavo di far sospendere ogni trattativa di quest’affare fino a che io non andassi là, cioè alla fine di ottobre, e Manrique ha scritto negli stessi termini al maestro di teologia, suo grande amico. Io ho detto a Cristoforo Juárez che volevo vedere in base a quali fondi sarebbe stato pagato (perché mi avevano detto ch’egli si faceva mallevadore), e che non volevo potesse averne un danno, lasciandogli intendere che non c’era di che pagarlo. Non mi ha risposto. Gli scrivo di nuovo per mezzo del padre fra Antonio di Gesù perché cerchi d’impedirne l’esecuzione. Dio ha fatto sì che prestassero denaro alle loro reverenze, altrimenti l’avrebbero già dato via, con quello di Antonio de la Fuente. Ma ricevo in questo momento un’altra lettera in cui la priora mi dice che Cristoforo Juárez ha cercato i mille ducati in attesa che Antonio de la Fuente glieli dia, e ho paura che li abbiano già depositati. Vostra reverenza raccomandi la cosa a Dio, ché ogni diligenza possibile sarà posta in atto.

12. Un altro grave inconveniente: perché esse passino nella casa di Cristoforo Juárez, gli studenti devono passare nella casa nuova di San Lazzaro, il che sarebbe ammazzarli. Scrivo subito al rettore di non acconsentirvi, e io vigilerò sulla cosa.

13. Degli ottocento ducati che i padri devono alle religiose non si affligga; don Francesco dice che li darà entro un anno. E il meglio di tutto è non averli ora per non darli. Non tema, ché io mi adopererò come posso. È certo più importante che gli studenti siano sistemati convenientemente, anziché esse abbiano una casa così grande. Da dove, inoltre, prenderanno ora il denaro per pagare gli interessi? È un affare, questo, che mi lascia sbalordita. Se, infatti, vostra reverenza ha dato loro l’autorizzazione, come si rimettono a me dopo aver concluso l’affare? E se non gliel’ha data, come possono versare denaro (hanno dato cinquecento ducati alla figlia del cognato di Monroy) e come fanno a ritenere la cosa ormai giunta a tal punto che la priora mi scrive come sia impossibile disfarla? Dio vi ponga rimedio; sono certa che vi provvederà. Vostra reverenza non si affligga, perché si farà tutto quello ch’è possibile.

14. Per amor di Dio, badi a quello che fa laggiù. Non creda alle monache, perché io le dico che se hanno vivo desiderio d’una cosa, gliene faranno credere mille, ed è meglio ch’esse prendano una casetta da povere e vi entrino con umiltà (tanto, in seguito potranno ingrandirsi) anziché restare coperte di debiti. Se c’è una volta in cui la partenza di vostra reverenza mi ha fatto un po’ piacere, è per vederla fuori da queste difficoltà, che preferisco di gran lunga sopportare da sola.

15. Ad Alba è arrivata molto a proposito la lettera in cui scrivevo loro quanto io sia infastidita e che certo andrò lì. Sarà cosa utile. Con il favore di Dio, saremo ad Avila alla fine di questo mese. Creda che non conveniva più trascinarsi dietro questa figliola da un capo all’altro. Oh, padre mio, come mi son sentita oppressa in questi giorni! Vedendo che vostra reverenza sta bene, la sofferenza è poi passata. Piaccia a Dio di fare ancor meglio.

16. I miei saluti alla madre priora e a tutte le consorelle. Non scrivo loro, perché da questa lettera avranno mie notizie. Mi sono rallegrata di sapere che stanno bene e le prego caldamente di non angosciare vostra reverenza, ma di consolarla. Dia il mio ricordo al padre fra Giovanni della Croce. Suor San Bartolomeo invia il suo a vostra reverenza. Nostro Signore la protegga, come io lo supplico di fare, e la liberi da tutti i pericoli, amen. Oggi è il 1° di settembre. Di vostra reverenza serva e suddita, Teresa di Gesù.

 

454. Alla M. Anna degli Angeli, a Toledo

Valladolid, 2 settembre 1582

Originale: Carmelitane Scalze di Cuerva (Toledo)

1. Gesù dia la sua grazia a vostra reverenza. Ho ricevuto a Palencia la sua, in un momento in cui non potevo rispondere, essendo in procinto di mettermi in viaggio. L’ho fatto da qui, ma siccome penso che non le consegneranno la lettera da me inviata al vescovo quando stava per partire, perché la mandasse a vostra reverenza (con tanto bagaglio non sarebbe da meravigliarsi che se ne dimenticasse), dirò qui tutto quello ch’era scritto nell’altra. Anzitutto la prego di mandare qualcuno a veder spesso il vescovo finché sarà lì, e se venisse al convento tutte si mostrino assai gentili con lui, perché gli dobbiamo tutto.

2. Per quanto si riferisce alla casa, mi sembra ottima l’idea di Diego Ortiz e il piano per attuarla; se compra quella casa starà molto bene, e perde più lui che noi se non si adempie quella condizione, cioè se non ci acquista la casa. Della sua pena non si curi minimamente, perché è cosa abituale. Lei faccia il possibile per tenerlo a bada.

3. Per quanto si riferisce alla sorella della madre Brianda di San Giuseppe, non è adatta né come conversa né come religiosa, non perché non abbia ottima intelligenza, buon senso e serenità, tanto da avermi fatto una favorevolissima impressione, ma non può fare più di quello che fa, essendo assai debole. Da quel ch’ella dice, niente le impedisce di darsi a Dio e di pregare quanto vuole, ché la sua vita – dice – è fatta a pennello per questo. Se ha qualche sofferenza, ce ne sono dovunque e più gravi.

4. Circa la mia venuta lì adesso, non so come possa effettuarsi: loro resterebbero spaventate se conoscessero le preoccupazioni e le occupazioni che ho qui, tali da ammazzarmi, ma Dio può far tutto. Dia molti saluti a tutte, perché non mi dilungo di più a causa della fretta. Valladolid, 2 settembre.

5. Io sto discretamente, e credo che partirò il lunedì dopo la festa di Nostra Signora. Passerò da Medina, per arrivare in tempo ad Avila, ma sono convinta che vi potrò stare poco, perché dovrò recarmi a Salamanca, ove, circa l’acquisto della casa, non ci si raccapezzano. La mia andata lì è assai necessaria. Dio vi provveda e mi conservi vostra reverenza, amen. Teresa si raccomanda molto a vostra reverenza e a suor San Bartolomeo. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

Il messaggero della presente è il padre fra Giovanni di Las Cuevas. Gli usi molta cortesia, perché mi ha detto che sarebbe venuto a vederla.

 

455. A don Pietro Sánchez, ad Alba de Tormes

Valladolid, 5 settembre 1582

Originale: Carmelitane Scalze di Burgos

Per mio padre Pietro Sánchez, confessore delle Carmelitane. È mio padre. Alba.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei, padre mio. La sua lettera mi ha molto consolata. Dio la protegga, giacché da parte sua la casa non perderà nulla. Vostra grazia le trova molte discolpe, e non mi sembra male che lei faccia, in tutto, l’ufficio di padre; glielo deve bene alle consorelle, le quali mi dicono tante cose di lei. Infine, sono anime buone, e anche se il demonio dà loro motivi di turbamento, Dio non lascia di tenerle con la sua mano. Sia benedetto il suo nome, facendo Egli sempre uso di misericordia con le proprie creature.

2. Vostra grazia me ne ha fatta una assai grande liberandomi dalla pena in cui mi teneva quella casa, perché siccome lei ne è il confessore, ciò che mi dice mi soddisfa più di tutto il resto. Se Dio vuole, io verrò lì presto e parleremo a lungo. Vostra grazia mi raccomandi a Dio, perché sono assai a corto di tempo, con tutti gli affari che qui mi si sono presentati da sbrigare.

1.     Alla signora Teresa de Láyz vostra grazia dia i miei saluti, perché non credo che avrò

2.      

3.     tempo di scriverle. Le può dire che mi sono rallegrata della sua lettera e che tutto andrà bene, se Dio vuole. Ch’egli le dia la sua grazia. Valladolid, 5 settembre. Teresa di Gesù.

 

456. Alla M. Caterina di Cristo, a Soria

Valladolid-Medina, 15-17 settembre 1582

1. Gesù sia con vostra reverenza, figlia mia, e me la conservi. Ho ricevuto le lettere di vostra reverenza, che mi hanno dato molta gioia. Per ciò che riguarda la cucina e il refettorio, sarei assai contenta che ciò si facesse, ma lì sul posto, loro vedono meglio il da farsi; decidano quindi come credono.

2. Mi fa piacere che la figlia di Rocco de Huerta sia aggraziata. Quanto alla professione di quella consorella, sono d’accordo che aspetti fino a quando vostra reverenza dice; è molto giovane e la cosa non ha importanza. Non si meravigli se mostra qualche contraddizione; alla sua età non è un gran che; si farà, e quelle come lei sogliono essere in seguito più mortificate di altre.

3. Dica a suor Eleonora della Misericordia che per compiacerla vorrei fare quanto mi chiede e molto di più. Magari potessi assistere alla sua professione! Lo farei ben volentieri e ne avrei più piacere che di altre cose che ho da fare da queste parti… che mi… Dio glielo accordi se ciò torna a suo servizio.

4. Quanto alla fondazione, io non mi deciderò a farla se non dispone di qualche rendita, perché vedo ormai tanto poca devozione che dobbiamo regolarci così; lontana come viene a trovarsi da tutte le altre case, non è da accettare se la comunità non è provveduta, da noi, infatti, quando le case si vedono in necessità, si aiutano reciprocamente. È bene che i principi siano tali e che si tratti e si vada scoprendo gente devota; se l’opera è voluta da Dio, Egli indurrà queste persone a far più di quello che abbiamo presentemente.

5. Io starò poco ad Avila, perché non posso evitare di recarmi a Salamanca, dove vostra reverenza potrà scrivermi, anche se, qualora si faccia la fondazione di Madrid – in cui spero molto – preferirei andar lì per il fatto d’essere più vicina a cotesta casa. Vostra reverenza lo raccomandi a Dio.

6. Circa la religiosa di cui vostra reverenza mi scrive, se volesse venire a Palencia ne sarei molto contenta, perché in quella casa ne hanno bisogno. Scrivo in proposito alla madre Ines di Gesù affinché si metta d’accordo con vostra reverenza. Per quanto riguarda i Teatini, sono contenta che vostra reverenza faccia per loro tutto quello che può, e il bene o il male e la cortesia che dimostriamo loro…

7. Alla signora donna Beatrice vostra reverenza dica da parte mi tutto quello che le sembrerà opportuno; desidererei molto scriverle, ma siamo di partenza e ci sono tanti affari da sbrigare che non so dove ho la testa. Che tutto sia per il servizio di Dio, amen.

8. Vostra reverenza non pensi ch’io le dica di ritardare quella professione per maggiore o minore importanza di una novizia rispetto all’altra; questi sono punti di vista mondani che mi offendono profondamente, e non vorrei che vostra reverenza badasse a simili cose; se mi rallegro del ritardo è solo perché è una bambina e desidero che si mortifichi di più, e se ciò fosse interpretato diversamente, le ordinerei di ammetterla subito alla professione, perché l’umiltà di cui proclamiamo l’osservanza è bene che sia evidente dalle opere. Avevo dato la precedenza all’altra sapendo che l’umiltà di suor Eleonora della Misericordia non bada a nessuno dei punti d’onore mondani; stando così le cose, sono ben contenta che quella bambina aspetti un po’ più a professare.

9. Non posso dilungarmi oltre, perché siamo in partenza per Medina. Io sto come al solito. Le mi compagne si raccomandano a vostra reverenza. Da poco Anna ha scritto le notizie di qui. Mi raccomandi vivamente a tutte le consorelle. Dio le renda sante, e vostra reverenza con loro. Valladolid, 15 settembre. Serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

10. Eccoci ormai a Medina, e io sono così occupata che non posso dir altro se non che il viaggio è stato buono. Il rimandare la professione d’Isabella sia fatto con accorta dissimulazione, in modo che non debba credere che si tratti d’una preferenza, perché non è questa la ragione determinante.