LA VOCAZIONE DI UN CARMELO TERESIANO CHIAMATO A VIVERE IN DIALOGO CON DIO E CON I FRATELLI!

Epistolario 4


301. A don Lorenzo de Cepeda, ad Avila

Valladolid, 27 luglio 1579

Al mio signor Lorenzo de Cepeda, mio padrone.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. In certo modo mi ha stancato la visita di questo parente. Così è la vita, e poiché noi che a buon diritto dovremmo vivere appartandoci tanto dal mondo, siamo in obbligo di rispettare non poche convenienze a suo riguardo, non si meravigli vostra grazia se, pur essendo stata qui tutto il tempo che vi sono stata, non ho parlato alle consorelle (intendo dire senza la presenza di nessuno, anche se alcune ne abbiano vivo desiderio), perché non ce n’è stato il tempo. E me ne vado, a Dio piacendo, giovedì prossimo, senza fallo. Lascerò uno scritto per lei, sia pur breve, perché le porti la lettera quello che le porta abitualmente il denaro; le porterà anche tremila ducati che mi dicono siano già pronti – cosa di cui mi sono molto rallegrata – e un calice bellissimo, che basta a non farne desiderare uno migliore: pesa dodici ducati, più, credo, un reale; la fattura è di quaranta reali, cioè viene a costare sedici ducati meno tre reali. È tutto d’argento. Credo che lei ne sarà contento.

2. Come quelli del metallo che lei dice, me ne hanno mostrato uno qui, che, pur non avendo molti anni ed essendo dorato, si vede già quel che vale: l’interno del piede è d’un tal nerume che fa ribrezzo. Ho subito deciso di non comprarlo così, sembrandomi inammissibile che, mentre lei mangia in vasellame d’argento, si cerchi per Dio un altro metallo. Non pensavo di trovarne uno a così buon prezzo e così grande, ma questa priora, con la sua insistenza, ha sistemato l’affare servendosi di un suo amico, trattandosi di un oggetto per la nostra casa. La saluta molto, ma non le scrive perché lo faccio io. C’è da lodare Dio per il modo in cui cura questo monastero e per il talento che ha.

3. La mia salute è come quando stavo lì, e va anche un po’ meglio. Quanto a chi le sta vicino il meglio da farsi è fingere di non vedere nulla. È preferibile che la sua malinconia (poiché non deve trattarsi d’altro) si sfoghi in questa forma che in altra peggiore. Sono stata felice che Avila non sia morto. Infine, essendo un uomo di buone intenzioni, Dio gli ha fatto la grazia d’essere colto dal male là dove è stato tanto affettuosamente curato.

4. Del cruccio di vostra grazia non mi meraviglio, ma mi meraviglio che abbia così vivo desiderio di servire Dio e che le sembri tanto pesante una croce tanto leggera. Dirà subito che proprio per servire maggiormente Dio, vorrebbe non averlo con sé. Oh, fratello, come non conosciamo noi stessi! In tutto questo, infatti, c’è un po’ d’amor proprio.

5. Dell’incostanza di Francesco non si stupisca: è frutto dell’età, e vostra grazia non deve pensare (anche se non si tratterà di questo) che tutti debbano essere così puntuali in ogni cosa come lei. Lodiamo Dio che non abbia altri vizi.

6. Resterò a Medina tre o quattro giorni al massimo, e ad Alba anche otto, due giorni da Alba a Medina, poi a Salamanca.

7. Da questa lettera di Siviglia vedrà che hanno ridato alla priora il suo ufficio, il che mi ha fatto molto piacere. Se volesse scriverle, mi mandi la lettera a Salamanca. Le ho già detto di ricordarsi di pagarle man mano quel debito, perché lei ne ha bisogno; avrò cura che lo faccia.

8. Fra Giovanni di Gesù sta già a Roma. Gli affari qui vanno bene: presto tutto sarà finito. Montoya, il canonico che se ne occupava, è venuto tra noi, a portare il cappello all’arcivescovo di Toledo. Non ci mancherà.

9. Per carità, veda da parte mia il signor Francesco de Salcedo, e gli dia mie notizie. Mi sono assai rallegrata che stia meglio, in modo da poter dire la Messa; piaccia a Dio che si ristabilisca del tutto, grazia in vista della quale le consorelle, qui, lo raccomandano a Sua Maestà. Che il Signore sia sempre con lei.

10. Con Maria di San Girolamo può parlare – se ne ha il desiderio – di qualunque cosa. A volte vorrei avere qui Teresa, specialmente quando passeggiamo per l’orto. Dio la renda santa, e così anche lei. Dia i miei saluti a Pietro de Ahumada.

11. Ieri è stato il giorno di Sant’Anna e mi sono ricordata che vostra grazia, tanto a lei devoto, le erigerà o le ha già eretto una chiesa, iniziativa di cui mi sono vivamente rallegrata. La serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

302. A donna Ines Nieto, ad Alba de Tormes

Salamanca, 17 settembre 1579

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ho ricevuto una lettera sua, e il cappellano che la portava è venuto anche a parlarmi. Nostro Signore la ricompensi dei favori che sempre mi fa. Partecipo talmente alle pene di vostra grazia che se potessi porvi rimedio nella stessa misura, sarebbero già finite. Ma poiché sono tanto miserabile, merito ben poco al cospetto di nostro Signore. Sia lodato per tutto, giacché, se permette questo, servirà indubbiamente a procurar maggior gloria a vostra grazia. Oh, mia signora, come son grandi i giudizi di questo nostro gran Dio! Verrà un giorno in cui vostra grazia apprezzerà i travagli più di tutti i conforti avuti in questa vita. Adesso ci duole la situazione presente, ma se consideriamo il cammino percorso quaggiù da Sua Maestà, e il numero di coloro che sappiamo godere del suo regno, non ci dovrebbe essere nulla che ci rendesse più felici della sofferenza, né cosa più sicura per assicurarci che procediamo bene nel servizio di Dio.

2. Questa riflessione mi ha consolato ora della morte di questa santa signora, la marchesa de Velada, di cui ho sofferto con ben tenero dolore; la maggior parte della sua vita s’ebbe la croce, pertanto spero in Dio che starà ormai godendo di quell’eternità che non ha fine. Vostra grazia si faccia coraggio, perché quando cesseranno queste pene – e, col favore di Dio, sarà presto –, lei e il signor Albornoz si rallegreranno di averle sofferte e ne sentiranno il beneficio nelle loro anime. Bacio a lui le mani. Desidererei molto vederla qui, sarebbe per me una vera grazia. Nostro Signore le conceda a lei come può e come io gliene rivolgo supplica. Oggi è il 17 settembre. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

303. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Salamanca, 4 ottobre 1579

Autografo incompleto: Carmelitane Scalze di Jaén (Spagna)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. Angela non riesce ancora a dissipare del tutto i suoi sospetti. Non c’è da meravigliarsene, perché, non avendo alcun altro sollievo, né permettendole il suo affetto di trovarne altrove, e avendo, a quanto ella dice, molti travagli, con una natura debole, si affligge quando vede d’essere mal pagata. Vostra paternità lo dica a quel signore, per carità, ché se per suo temperamento è trascurato, non lo sia con lei, perché l’amore, quando c’è, non può dormire tanto.

2. A prescindere da questo, mi ha dato pena la stanchezza mentale di vostra paternità. Per amor di Dio, moderi il lavoro, perché se non vi bada in tempo, dopo vedrà che, pur volendolo, non potrà più portarvi rimedio. Sappia essere padrone di sé per moderarsi e imparare a spese altrui; si tratta, infatti, del servizio di Dio e vostra paternità vede come la sua salute sia necessaria a tutti. Rendo viva lode a Sua Maestà per il buon andamento dei nostri affari, tanto che, per la sua misericordia li possiamo ritenere conclusi e con tale autorevolezza che si vede bene come sia Dio ad averli condotti a quel punto. A prescindere da ciò ch’è essenziale, sono felice che vostra paternità vedrà il frutto delle sue fatiche; certo, con esse ne ha pagato bene il prezzo, ma la sua gioia sarà grande quanto tutto sarà tornato tranquillo, e gran guadagno ne avranno coloro che verranno dopo di noi.

3. Oh, padre, quante pene mi costa questa casa! Proprio quando si era concluso tutto, il demonio ha fatto in modo che ne siamo rimaste senza. Ed era quanto ci conveniva di più a Salamanca, e chi ce la dava ne restava assai avvantaggiato. Non bisogna davvero fidarsi di questi figli d’Adamo; sebbene, infatti, fosse lui ad avercela offerta e fosse un gentiluomo di quelli che qui dicono dei più leali, tanto da sostenere concordemente che la sua parola vale uno scritto, e non solo avesse dato la sua parola, ma la sua firma, davanti a testimoni, e condotto lui stesso il notaio, ha annullato il contratto. Tutti ne sono sbalorditi, salvo quei tali signori che lo hanno indotto a far questo per interesse personale o dei loro parenti, e hanno avuto più forza su di lui di quanti hanno cercato di fargli intendere la ragione: un suo fratello, che aveva trattato l’affare con noi molto benevolmente, ne è grandemente afflitto. Noi abbiamo raccomandato la cosa a nostro Signore. Credo che ciò sia quel che più conviene fare. La mia pena è di non trovar nulla a Salamanca che valga qualcosa.

4. Non c’è dubbio che se queste sorelle avessero la casa di Siviglia, sembrerebbe loro di essere in cielo. Mi affligge molto l’insensatezza di quella priora, la quale ha perduto ai miei occhi molto del suo credito. Temo che il demonio si sia introdotto in quella casa e voglia distruggerla del tutto. Io dico a vostra paternità che se questa signora, la cui lettera mi è piaciuta (mi riferisco a quella che vostra reverenza mi ha mandato per mezzo della signora donna Giovanna), soddisfa anche vostra paternità – laggiù mi dicevano che è di gran valore –, desidero contentarla e prenderla lì quando Dio vorrà che ci sia chi può riceverla, perché vedo una rapacità in quella casa che non posso sopportare; la priora è più astuta di quanto il suo stato richieda; ho, quindi, timore che vada guadagnando terreno e che, come io le dicevo là non sia mai stata sincera con me… Le assicuro che ne ho passate molte laggiù da parte sua. Siccome mi ha scritto molte volte mostrando un profondo pentimento, ho creduto che si fosse emendata, giacché sembrava evidente. Mettere in testa alle povere religiose che la casa è malsana basta perché tale opinione le renda malate. Le ho scritto lettere terribili, ma è come battere sull’acciaio. Vostra paternità lo veda da quello che mi scrive oggi il padre Nicola.

5. Per amor di Dio, se vostra paternità pensa di riuscire meglio con lei, le faccia scrivere da un confratello. Io credo che ci convenga portar lì qualche religiosa di maggior peso, capace di condurre com’è necessario affari così importanti. Vostra paternità chieda al padre Nicola di scrivere al padre priore e subito, perché non le permetta di parlare oltre, in quanto deve avere molta colpa in quel che accade; io credo davvero che sia una calunnia per la casa dire ch’è malsana. Lo sarà ben di più quella dove avranno acqua sorgiva, com’esse dicono, e non avranno la vista di cui godono ora, ch’è un grandissimo svago per le religiose, e quanto di più bello vi sia nella città, tanto che qui tutte le invidiano. Piaccia a Dio di porvi rimedio.

6. Il padre Nicola mi ha dato i saluti di vostra paternità, ma vorrei che non si dimenticasse di raccomandarmi a nostro Signore, perché può aver tanto da fare da non ricordarsene. Di salute sto discretamente. La priora e queste sorelle si raccomandano molto a vostra paternità. Dio la conservi e mi conceda di vederla. Ma son più delle tre e non ho recitato le preghiere di Prima. Oggi è il giorno di San Francesco. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

304. A Pietro Giovanni de Casademonte, a Medina

Salamanca, 10 ottobre 1579

Originale e autografo: Agostiniane Recollette di Pamplona

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra grazia. Non avevo scritto a vostra grazia, perché mi avevano detto che era a Valladolid. Mi sono rallegrata che vostra grazia sia tornato da lì con salute, come anche la signora donna Maria. Del suo viaggio a Madrid mi rallegro, perché, come sempre, in tutto vostra grazia mi farà grazia. Mi avvisi vostra grazia della sua dimora, ché debbo inviarle lì molte lettere.

2. Vostra grazia saprà quanto bene vanno gli affari dell’Ordine. Come mi scrive vostra grazia di Roma, mi dà pena che siano così angustiati. Ho già scritto loro, e se il padre Nicola non avesse inviato le lettere, mi faccia vostra grazia la cortesia di farle mandare.

3. Per quanto riguarda la dispensa, colui a cui appartiene, è venuta qui a parlare. È molto appenato del fatto che gli hanno mancato. Presto si provvederà con l’aiuto di Dio.

4. I cinquanta ducati di cui vostra grazia mi ha scritto, ho inviato a dire al padre Nicola li dia a vostra grazia, ché li tiene dei miei. Mi rallegro molto che il buon Padilla stia bene; vostra grazia gli può inviare un saluto mio, se dovesse scrivergli. Bacio le mani alla signora donna Maria. La madre priora quelle di vostra grazia. Tutte abbiamo cura dell’affare di vostra grazia. Lo compia nostro Signore per il suo santo servizio e custodisca vostra grazia con aumento della sua grazia. In San Giuseppe di Salamanca, il 10 ottobre. A causa della mia cattiva testa perdoni vostra grazia la mano diversa. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

305. A donna Isabella Osorio, a Madrid

Toledo, 19 novembre 1579

Autografo: Palazzo dei conti di Berberena, Miranda de Ebro (Burgos)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra signoria. Non pensavo di poterle scrivere; pertanto – visto che l’ha fatto la madre priora – qui dirò solamente che il padre Nicola insiste molto perché vostra signoria non entri in altro luogo se non nel monastero che, con il favore del Signore, si deve fondare a Madrid; speriamo in Sua Maestà che ciò avvenga presto. Se lei ha la pazienza d’attendere ancora un po’, dopo aver aspettato tanto, è necessario che nessuno sappia della sua decisione né che lì si deve fare una fondazione; ciò è di grandissima importanza.

2. Vostra signoria è già accettata dalle religiose del monastero di Salamanca. Glielo dico perché, qualora avesse dubbi circa l’altra fondazione, questa è per lei una certezza; solo che al padre Nicola sembra per alcune ragioni più conveniente al servizio di nostro Signore che vostra signoria sia d’aiuto a quella di Madrid. E, poiché tutti noi non aspiriamo ad altro, quando tra poco il padre Nicola verrà da Siviglia, lei avrà considerato ciò che può farle più piacere. Sua Maestà indirizzi le cose al fine da lei desiderato e si giovi della sua anima per ciò che serve alla sua maggior gloria e al suo onore, amen.

3. Mi è stato di gran conforto vedere l’enorme gioia della nostra e vostra sorella, Incarnazione. Se lei è altrettanto buona, ne saremo felici; certo, è un angelo. Si è molto rallegrata di stare con me. Oggi è il 19 novembre. L’indegna serva di vostra signoria, Teresa di Gesù.

 

306. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá (?)

Malagón, novembre 1579 (?)

Sono afflitta di veder che tono si danno lì. Lo dico per quella sottopriora. Non deve rendersene conto. Se, però, svolge bene il suo compito, dissimuli un po’, non la intimorisca.

 

307. A donna Isabella Osorio, a Madrid

Malagón, 3-4 dicembre 1579

Autografo: Madri Cappuccine di Toledo

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra signoria e la renda così santa come io ogni giorno gliene rivolgo supplica. Con il padre priore di La Roda ho ricevuto due lettere di vostra signoria; una avrebbe dovuto trovarmi a Toledo.

2. Lodo nostro Signore nel vedere il desiderio nutrito da vostra signoria di lasciare il mondo, perché tanto disinganno non può venire che dall’alto, e spero quindi nella Sua divina misericordia che lei Lo servirà ben sinceramente, facendo corrispondere a così buoni desideri opere di una vera figlia della Vergine, Signora e patrona nostra; certo, io non vorrei ritardare neanche d’un giorno un così sublime appello. Ma voglio dirle con tutta semplicità lo scopo che a questo riguardo perseguo, visto ch’è ormai nostra sorella e mia signora.

3. Sappia che da alcuni anni molte persone mi hanno tempestato di richieste per la fondazione di un monastero in quel luogo. Io, per la gran stanchezza procuratami da certe signore una volta che mi sono fermata lì otto giorni nel recarmi al monastero di Pastrana, ho sempre rifiutato. Ora, dopo tutti i travagli sofferti, considerando che si presentano nei nostri monasteri situazioni per cui sarebbe conveniente averne uno lì, mi sento decisa a fondarlo. Ma c’è un grande impedimento, ed è – a quanto mi assicurano – che l’arcivescovo non concederà la licenza se la fondazione non dispone di rendita. E anche se ci sono sul posto varie persone che possono darla buona e da anni desiderano di farlo, non ne hanno la libertà prima d’entrare. Siccome la signoria vostra può aiutarci molto in questo, ci è sembrato opportuno, al padre Nicola e a me, che aspetti un po’ di giorni, perché non credo che l’indugio sia superiore a quel che lei dice, con l’aiuto del Signore.

4. La signoria vostra lo raccomandi a Lui, e se dovesse pensarla diversamente, mi avvisi pure alla buon’ora e si farà quanto desidera. Ma si corre il rischio di non poter fondare lì, e se vostra signoria è il mezzo per cui si faccia una così grande opera col suo aiuto, mi sembra che sarebbe una gran cosa. Nostro Signore disponga tutto come più convenga alla sua gloria.

5. Il padre priore è venuto così tardi che ho potuto parlargli poco a questo riguardo; lo farò domani e le dirò qui il suo parere, giacché, dovendo essere molto occupata da quello ch’egli le dirà, scrivo la presente stanotte. Sto discretamente, grazie a Dio, anche se sono arrivata stanca e abbia trovato qui di che stancarmi ancor più. Sua Maestà se ne giovi per il suo servizio e conservi vostra signoria molti anni ancora, da consacrare tutti a questo gran Dio, nostro Signore.

6. La supplico di dire molte cose da parte mia al padre Valentino. Ogni giorno lo raccomando a Sua Maestà, e lo supplico di ripagarmene; anche se lo farà con poco, in questo caso mi riterrò ben pagata, miserabile come sono. Oggi è il 3 dicembre. L’indegna serva di vostra signoria, Teresa di Gesù.

7. Badi che sia per sé sola quanto ho detto qui; non mi ricordo d’aver fatto mai altrettanto.

8. In fede mia, abbiamo parlato ben lungamente oggi della faccenda di vostra signoria, a cui non c’è da aggiungere altro. Mi è stata di gran consolazione la venuta di sua reverenza; egli la informerà di tutto; in base a quello che converranno col padre priore, mi avvisino; sono certa che sarà per il meglio.

 

308. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Malagón, 12 dicembre 1579

Autografo: Carmelitane Scalze di Alcalá e di Saragozza

Per mio padre il maestro fra Girolamo Gracián della Madre di Dio, ad Alcalá.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. Sappia che ero già a Malagón quando mi hanno dato la lettera di Paolo; pertanto non mi è stato possibile fermarmi a Toledo, com’egli in essa mi ordinava. È stato meglio, perché il giorno della Concezione queste sorelle si sono trasferite nella nuova casa. Io ero già qui da otto giorni, che non sono stati meno gravosi di quelli del viaggio, essendoci molto lavoro per effettuare il trasferimento in un giorno così segnalato; mi sono stancata moltissimo; ciò malgrado, sto ora meglio del solito.

2. Mi affligge la pena di vostra paternità, ma non sono buona ad altro. Il passaggio alla nuova casa è avvenuto con grandi manifestazioni di gioia, perché le religiose sono arrivate in processione con il Santissimo Sacramento che si portava dall’altra casa. Esse erano assai felici: sembravano lucertoline che escono d’estate a prendere il sole. Certo, là hanno sofferto molto, e benché qui nulla sia del tutto finito, e ci siano solo undici celle, ci potranno vivere molti anni, anche se non se ne faranno altre.

3. Oh, padre mio, quanto era necessaria la mia venuta qui, sia per questo trasferimento che non sembrava potersi fare tanto celermente, sia per il resto! Dio lo poteva ben fare, ma io non so ora dire quale altro mezzo vi sarebbe stato per rompere questa specie d’incantesimo. Le religiose hanno capito quanto fossero dissennate, e più mi rendo conto del modo in cui erano governate da quella ch’era qui, più sono convinta che sarebbe una gran temerità affidarle qualsiasi governo. Questo povero licenziato mi pare un gran servo di Dio, e credo ch’egli sia il meno colpevole; quella persona non gli lasciava respiro, col chiasso che faceva. Egli è pienamente d’accordo su tutto quello che gli dico ch’è conveniente fare qui, e mostra una così grande umiltà e pena d’esser stato in parte causa di quanto è avvenuto, che mi ha molto edificato.

4. Paolo e io ne siamo assai colpevoli. Vostra reverenza gli dica di confessarsene, ché io l’ho già fatto, perché abbiamo dato man forte a certe cose, e non bisognava fidarsi tanto di giovani, per santi ch’essi siano, né di nulla che li riguardi, perché, mancando di esperienza, possono fare gran danno con buone intenzioni. È necessario, padre mio, che lo teniamo presente per l’avvenire. Io spero in nostro Signore che ora andrà tutto bene, perché la priora condotta da noi è piena di timor di Dio e di saggezza, e conosce così bene l’arte di governare, che tutte le si sono profondamente affezionate. Si raccomanda molto alle preghiere di vostra paternità. È una vera figlia sua. Credo che non si sarebbe potuto sceglierne nessuna che fosse in ugual misura adatta per la casa. Piaccia a Dio che sia sempre così, perché anche l’altra sembrava che adempisse assai bene il suo compito.

5. È una cosa terribile il danno che può fare in queste case una superiora, perché, anche se le suore vedono cose che le scandalizzano (com’è accaduto spesso), ritengono di non doverne pensare male senza mancare all’obbedienza. Le assicuro, padre mio, che colui il quale le visiterà dovrà usare molta attenzione, affinché il demonio non si giovi del poco per causare un gran danno.

6. Dio abbia in cielo fra Germano, che aveva buone qualità; la sua intelligenza, però, non arrivava a meglio intendere la perfezione. Nostro Signore agisce in modo tale che sembra non voglia la dissimulazione di certe cose. Piaccia a Lui ch’io non sia colpevole d’essermi adoperata tanto per condurre lì il confessore che ho loro dato – cioè fra Filippo – e che lui non lo sia per essersi adoperato a impedirlo. Egli, quando il padre Vicario, infine, fece quel ch’io volevo, dové provarne così gran dispiacere, che disse a una persona, recatasi a visitarlo mentre era ammalato, ch’ero io ad averlo costretto a letto. Ma mi sembrava di non far nulla se arrivavo lì senza confessore, e non ce n’era un altro. Ciò nonostante, ho timore d’avere qualche colpa. Mi scriva che cosa gliene sembra, perché qui non c’è nessuno a cui chiederlo, che mi soddisfi.

7. Servendomi del padre fra Gabriele ho scritto l’altro giorno al padre rettore di lì, perché vostra reverenza sapesse mie notizie, non avendo osato scriverle, quantunque io creda che avrei ben potuto farlo. Questo padre è venuto qua, e non riesco a capire con quale scopo, anche se parlava del progetto d’un monastero a Villanueva; peraltro, ora che ho preso bene informazioni, ritengo che accettarlo sarebbe la più grande pazzia del mondo, ma il padre fra Antonio di Gesù s’è messo in testa che bisogna intraprendere tale fondazione. Io ho fatto caldamente appello alla loro coscienza; non so che cosa decideranno.

8. Aveva anche pendente un altro affare riguardante donna Isabella de Osorio, sorella di quella ch’egli ha messo a Toledo, ma della sua entrata al Carmelo si era già parlato fra lei, il padre Nicola e me. Mi è sembrato migliore del solito, ma di una tale semplicità in molte cose da farmi sbalordire.

9. Quanto alla sua nomina di Definitore, a quanto mi scrive il padre Vicario, gli è stata data per rendere grande onore agli Scalzi; per lo meno fa capire qualcosa come questa, e non so che danno può venir loro da ciò né che colpa possa aver lui, se lo hanno eletto. Quel che tengono ben segreto glielo ha detto don Luigi Manrique, cioè come ormai erano partiti i documenti per Roma. Io gli ho domandato se ciò era dovuto al fatto che dovevano trovarsi là per il Capitolo. Mi ha risposto che, essendo cosa richiesta dal re, non avrebbero atteso questo. Non si è trattenuto più di un giorno, perché credeva ch’io fossi a Toledo e, non avendomi trovata lì, è venuto qua.

10. Mi ha divertito la superbia di Paolo. Era tempo! Non tema che questo mi dia pena né che possa nuocerle, perché sarebbe una gran sciocchezza – e non è il suo caso – se non si ricordasse della noria coi suoi secchi che sono così presto pieni come vuoti. Durante il percorso da Toledo ad Avila avevo sempre presente il buon viaggio che avevo fatto con lui senza provare il minimo malessere. La contentezza è una gran cosa, ed è così che oggi la sua lettera mi ha sollevato dal lavoro. Vostra paternità lo ringrazi per me.

11. Credo di non potermi fermare qui tutto gennaio, anche se per me questo non è un posto sfavorevole, meno gravata come sono da lettere e occupazioni. Il padre vicario ha un così vivo desiderio che si faccia la fondazione di Arenas e che ci riuniamo lì, che credo mi darà l’ordine di finir presto qui, ove, in verità, il più è fatto. Vostra paternità non può credere quanto gli devo. È straordinaria la benevolenza che mi dimostra. Le assicuro ch’io gli resterò assai obbligata, anche se avrà termine il suo ufficio.

12. Legga questa lettera del buon Velasco e stia bene attento, se sua sorella non ne ha una gran voglia e non è adatta per la vita carmelitana, a non parlarne (perché mi darebbe una gran pena se dovessero venircene noie, amandolo molto) e nemmeno dire dove dovrebbe recarsi. Lui, il padre maestro fra Pietro Fernández e don Luigi credo siano coloro a cui dobbiamo tutto il bene che abbiamo.

13. Dio lo conceda a vostra paternità, padre mio, come io lo supplico di ciò, e la conservi per molti anni, amen, amen. Oggi è il 12 dicembre. Dio faccia dono a vostra paternità di un buon Natale con quell’aumento di santità che io le auguro. Di vostra paternità vera figlia e suddita, Teresa di Gesù.

 

309. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Malagón, 18 dicembre 1579

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. Le ho scritto a lungo molto di recente per la via di Toledo, e pertanto ora sarò breve, anche perché mi hanno detto tardi che il latore della presente, ch’è il cognato di Antonio Ruiz, andrà via prima dell’alba. Avrei ben desiderato che mi portasse qualche riga di vostra paternità, ma anche senza di essa mi hanno molto rallegrato le notizie che mi ha dato della sua salute e dei buoni effetti ottenuti in quel luogo dalle sue prediche. Mi ha parlato del sermone di sant’Eugenio. Sia lodato Dio dal quale proviene tutto il bene. Egli favorisce di una somma grazia coloro di cui si serve come mezzi per far progredire le anime.

2. Mi sono dimenticata di scrivere a vostra paternità che Anna di Gesù sta molto bene, e le altre sono assai tranquille e contente, a quanto sembra. A quella tale persona non consento di parlare con nessuna di esse né di confessarle; per il resto gli dimostro molta benevolenza, perché conviene far così, e gli parlo spesso.

3. Oggi ci ha fatto la predica, ed è certo un buon uomo, che non nuocerebbe a nessuno con malizia, ma sono convinta che quand’anche siano santi, è preferibile per le religiose di questi monasteri trattar poco con chiunque; Dio le istruirà; inoltre, salvo che siano insegnamenti dati dal pulpito, anche se si tratti di Paolo, ho constatato che un rapporto frequente non giova, anzi nuoce, per buono che sia, e fa in parte perdere il credito dovuto a tali persone.

4. Oh, padre mio, quante pene ho sofferto a questo riguardo alcune volte! E come mi ricordo, in questi giorni, della notte di Natale che mi fece passare un anno fa una lettera di vostra paternità! Dio sia lodato perché ci dà ora tempi migliori. Certo, la sua lettera fu tale che, quand’anche avessi molti anni di vita, non la dimenticherò.

5. Io non sto peggio del solito, anzi in questi giorni mi sento meglio. Nella nuova casa ci troviamo bene; sarà assai buona se la si finisce, ma anche ora c’è da viverci comodamente. La priora e tutte le consorelle si raccomandano alle preghiere di vostra paternità, e io a quelle del padre rettore. È già notte, pertanto le dico solo che passerei un buon Natale se potessi udire le prediche che vostra paternità farà in questa ricorrenza. Che Dio le conceda buone feste, e gliene dia molte altre ancora, come io desidero. Oggi è il giorno di Nostra Signora «della O», e io sono la figlia e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

310. Al Padre Nicola Doria, a Siviglia

Malagón, 21 dicembre 1579

Autografo: Carmelitane Scalze di Úbeda (Jaén)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza. Oggi, festa di S. Tommaso, è arrivato qui Serrano. La lettera di vostra reverenza mi è giunta assai gradita, perché desideravo sapere se aveva fatto buon viaggio. Sia benedetto Dio che ci concede somme grazie. Piaccia a Lui di darglielo altrettanto buono anche al ritorno, che lei non intraprenderà troppo volentieri, mentre una disposizione d’animo favorevole aiuta molto ad alleggerire la fatica.

2. Pensavo che vostra reverenza avesse già ricevuto due mie lettere o, per lo meno, una, scritta quasi subito dopo il mio arrivo qui, il giorno della festa di santa Caterina; ho inviato l’una e l’altra al signor Francesco Doria.

3. Il giorno della Concezione, come Dio ha voluto, siamo passate nella casa nuova, anche se il trasloco mi è costato molta fatica, perché c’era ancora parecchio da fare in essa per potervi entrare; pertanto sono stata qui otto giorni prima che le consorelle venissero, ed è stata una grande stanchezza. Ma ho dato tutto per bene speso, perché, anche se manca molto per condurre a termine i lavori, esse vi si trovano assai bene. Quanto al resto, il Signore vi ha provveduto meglio di quel ch’io meriti.

4. Sono sbalordita dei danni che fa il demonio per un cattivo governo, e della paura che incuteva in queste religiose o dell’inganno con cui le raggirava, perché non c’è dubbio che sono tutte anime buone e desiderose di perfezione; dove c’erano colpe, la maggior parte di esse, anzi quasi tutte, ne traevano motivo di grande inquietudine, non sapendo come porvi rimedio. Ora si sono completamente ricredute e stimo per certo che non ve ne sarebbe nessuna che possa volere qualcosa di diverso da quel che ha presentemente, anche se si trattasse della sorella di Brianda, la quale è stata assai contenta di non venire qua.

5. Io dico a vostra reverenza, padre mio, che bisogna considerare bene chi siano le persone a cui si affidano tali incarichi, perché le religiose sono così sottomesse che la loro più grande inquietudine era lo scrupolo di giudicare male ciò che faceva la loro superiora, quando, di fatto, non era cosa buona. Ora sono contentissime della loro priora, e hanno ragione. Ciò di cui avranno sofferto due o tre (perché altre se ne sono rallegrate molto, credo la totalità) è la sostituzione del confessore; ho detto loro subito che non disponevamo di un permesso perché qualcuna si confessasse da lui. La maggioranza, ripeto, se n’è rallegrata molto. Ho fatto in modo che la cosa restasse del tutto nascosta e ho parlato con lui molto chiaramente; credo davvero che sia un’anima di Dio e che non c’è stata da parte sua in nulla una qualche malizia. Siccome siamo lontani ed egli ha molto da fare, ciò è potuto avvenire senza che si desse motivo di mormorazioni; io, poi, mi sono adoperata perché venga a predicare, e qualche volta lo vedo. Tutto è ormai risolto, grazie a Dio.

6. Ciò che mi affligge sono i molti debiti che hanno lì. È una completa rovina, essendoci un cattivo governo da gran tempo. Le sorelle ben se lo immaginavano, ma non si dava loro conto di nulla. La presidente era religiosa da così poco tempo che non doveva saper fare meglio. Il fatto di non fidarsi d’altro che del proprio parere è causa di gravi danni.

7. Vostra reverenza avvisi quella che ora tornerà alla sua carica d’informarsi bene degli obblighi che l’Ordine le impone e di attenervisi, come alle Costituzioni, ché, ciò facendo, non potrà sbagliare; quando agiscono diversamente, le stesse loro più intime amiche Dio vuole che siano le loro accusatrici; che non pensino di poter fare e disfare a modo proprio come fanno le persone sposate; infine, vostra reverenza le mostri questa lettera. A volte vado in collera con lei e con quelle che ho condotto da qui, perché non mi hanno mai avvisato di nulla, anche se prima non era accaduto gran che, rispetto a quello ch’è avvenuto dopo.

8. Quanto al fatto che può esserci chi, tra le consorelle, chieda di confessarsi da un padre diverso dal confessore ordinario, vostra reverenza faccia avvertire qualcuno a sua scelta di dargliene il permesso – purché sia del convento di Los Remedios; – financo a questo riguardo qui hanno sofferto un gran tormento. Sono anime che hanno avuto molte sofferenze difficili da sopportare.

9. Mi hanno detto che le religiose di là scrivevano a quelle di qui di insistere a chiedere Brianda, giacché, come esse erano riuscite ad avere la priora che volevano, vi sarebbero riuscite anche loro. Vostra reverenza, pertanto, dia una buona penitenza alla priora, perché avrebbe dovuto rendersi conto che non sono una così cattiva cristiana da insistere tanto a riguardo di qualcosa senza ben giusti motivi e che non avrei cagionato tante spese se dell’acquisto della casa mi fosse importato poco. Io perdono loro tutti i giudizi espressi in merito a ciò. Voglia perdonarle anche Dio. Piacesse a Sua Maestà ch’io vedessi che non disdice alle consorelle tale priora, nel qual caso mi adopererei a farla tornare come ho fatto per quella di lì. Dico invece a vostra reverenza che s’ella tornasse sarebbe rovinare in pieno la pace di questa casa, a prescindere dal resto. In una questione così grave non si dovrebbe parlare da lontano contro ciò che fa chi darebbe la sua pace per il bene e la serenità di un’anima.

10. Giorni fa mi hanno detto che i padri di Pastrana erano ammalati. Non ho saputo nient’altro. Ormai si saranno ristabiliti. Vostra reverenza non se ne affligga né tralasci per questo di far ciò che conviene là, anche se quel che non fosse finito per l’Epifania richiederà molta prudenza; per la risposta di Roma, se Dio ce la fa avere, conviene che abbia cura d’essere qui a tempo.

11. Prima della festa della Concezione è venuto a vedermi il priore di La Roda, fra Gabriel. Mi ha fatto capire che veniva per l’affare di donna Isabella de Osorio. Io la lascio attendere finché non vedo se con quello che ha può essere d’aiuto alla fondazione di Madrid, perché la signora donna Luisa mi ha detto che l’arcivescovo non avrebbe dato la sua autorizzazione se il monastero non avesse rendite, e io non so come possiamo riuscirvi, anche s’ella dia tutto ciò che possiede; bisognerebbe, infatti, che qualcuno ci anticipasse la somma con la sicurezza che lei la darà, in quanto non lo può fare prima del suo ingresso nel monastero. Ne parleremo qui.

12. Mi ha divertito il segreto osservato sull’invio del messaggio a Roma. Me l’ha detto quand’esso era già partito, dichiarando d’averlo saputo da don Luigi. Ritiene ovvio che, essendo una richiesta del re, la risposta giungerà in breve tempo e che non si aspetterà il Capitolo. Piaccia a Dio che sia così. Io ho finto d’essere ignara della cosa. Dice d’averne una gran gioia, e certo dev’essere così. Il resto a quando ci vedremo.

13. La priora di Beas mi ha inviato lettere per Casademonte; gli chiede d’indicarle dove vuole che gli si rimettano i cento ducati che ha pronti per lui. Pertanto di questo non c’è da preoccuparsi.

14. Mi è motivo di gran consolazione ciò che vostra reverenza mi dice dell’arcivescovo. Fa molto male a non dargli i miei ossequi; lo faccia ora. Gli può ben dire che ogni giorno, nella comunione, lo raccomando particolarmente a nostro Signore.

15. Sua Maestà protegga vostra reverenza e ce la conduca in buona salute, né lei tema che la lasci ripartire da qui tanto presto. La priora si raccomanda molto a vostra reverenza. Delle altre, parecchie desiderano la sua venuta. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

16. Il padre fra Filippo se la cava bene. A mio padre fra Gregorio molti saluti da me e da sua sorella; è molto buona e non sta in sé dalla gioia. Vostra reverenza tenga presente che ora converrà che la maestra delle novizie sia la priora, perché, essendoci stati tanti cambiamenti, l’affetto non venga ripartito, ma tutte lo concentrino sulla priora. Ella può disporre di chi l’aiuti a istruirle. E per quanto riguarda la loro vita interiore, l’orazione, le tentazioni, vostra reverenza la prevenga di non chiedere più di quello ch’esse vorranno dirle (com’è prescritto dalle norme che vostra reverenza ha fatto loro firmare), è importante. Mi sono molto rallegrata che il padre priore di Las Cuevas sia rimasto soddisfatto. La verità è una gran cosa. Vostra reverenza gli dia i miei saluti.

 

311. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Malagón, fine di dicembre 1579

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Nella lettera al padre mio fra Nicola mi sono dilungata su alcune cose che non dirò qui, perché vostra reverenza le leggerà lì. L’ultima ricevuta da lei è così affettuosa e umile che meriterebbe una lunga risposta. Ma vostra reverenza vuole che scriva al buon Rodrigo Alvarez, pertanto lo faccio, e la testa non mi regge per molto di più. Serrano dice che consegnerà queste lettere a chi le porti a destinazione. Piaccia a Dio che sia così. Sono stata contenta di vederlo e mi è dispiaciuto che vada via. Gli sono così grata per quel che ha fatto in momenti assai difficili per noi, che vostra reverenza non aveva bisogno di ricordarmelo. Devo fare in modo che ritorni lì, perché è molto importante aver qualcuno di cui fidarsi in quel paese.

2. La mia salute qui non va così male come altrove. Del cattivo stato della sua, a quanto mi scrive suor Gabriella, sono molto afflitta. Le sue pene sono state tante che, anche se il suo cuore fosse stato di pietra, le avrebbero danneggiato la salute. Io vorrei non averci contribuito. Vostra reverenza mi perdoni, perché sono intransigente con coloro che amo, in quanto vorrei che non commettessero mai un errore. Mi è accaduto lo stesso con la madre Brianda, alla quale scrivevo lettere terribili, che, peraltro, mi servivano a poco.

3. Certo, da una parte ritengo peggiori le trame ordite dal demonio in questa casa di quanto ha fatto lì, anzitutto perché sono durate più a lungo, e poi perché lo scandalo suscitato fuori è stato di maggior pregiudizio, e non so se il monastero ne uscirà così indenne come quello; credo di no, anche se si è posto rimedio allo scandalo interno e all’inquietudine. Il Signore ha appianato tutto. Sia Egli benedetto, perché le religiose non erano colpevoli. Quella che mi ha fatto irritare di più è stata Beatrice di Gesù, perché non mi ha mai detto una parola, e neppure adesso dice nulla, pur vedendo che tutte me ne parlano e che io ne ero al corrente. Mi è sembrato un segno di ben poca virtù o saggezza. Probabilmente pensa di dover rispettare l’amicizia, e, in verità, mostra solo un grande attaccamento a se stessa, perché la vera amicizia non si può manifestare nel nascondere ciò che, rivelato, avrebbe potuto aver rimedio ed evitare tanto danno.

4. Vostra reverenza, per l’amor di Dio, si guardi dal fare alcuna cosa che, risaputa, possa esser motivo di scandalo. Liberiamoci ormai da queste buone intenzioni che ci costano ben care, e non facciano sapere a nessuno che ha mangiato da loro quel padre della Compagnia, neanche ai nostri Scalzi, perché, se lo sanno, il demonio, data la sua natura, farà sì che se ne mormori fra loro. Non credo che mi sia costato poco rabbonire il rettore – e da queste parti sono ora tutti rappacificati –, perché ho dovuto adoperarmi molto per ottenerlo, fino a scrivere a Roma, da dove credo che sia venuto il rimedio.

5. Sono molto riconoscente a quel santo di Rodrigo Alvarez per quanto fa, come anche al padre Soto. Gli dia i miei saluti e gli dica che mi sembra più vero amico nel fare le opere che nel dire parole, poiché non mi ha mai scritto e neanche inviato qualche saluto.

6. Non so come vostra reverenza dica che il padre fra Nicola ha guastato i nostri rapporti, perché lei non ha al mondo un più strenuo difensore. Egli mi diceva la verità, affinché, vedendo il danno di quella casa, non rimanesse ingannata. Oh, figlia mia, com’è inutile che si discolpi tanto per ciò che mi riguarda! Le assicuro, infatti, che mi è indifferente che si faccia caso di me o no, quando vedo che le religiose adempiono i doveri che loro incombono. L’errore consiste nel fatto che, siccome mi sembra di adoperarmi con tanta cura e amore per ciò che le riguarda, se non mi danno credito ho l’impressione che non facciano quel che devono e che mi affatico invano. Questa è la ragione che mi ha fatto irritare al punto che avrei voluto lasciar perdere tutto, sembrandomi, ripeto, di non trarre alcun frutto, com’è in realtà. Ma le amo tanto che al minimo risultato non riesco più a farlo, e pertanto è inutile parlarne.

7. Serrano mi ha detto che adesso è stata presa una religiosa e in base a quante egli pensa che si trovano nel monastero (mi dice, infatti, di ritenere che siano venti), il numero sarà ormai completo; se è così, nessuno può autorizzare a prenderne alcun’altra perché nemmeno il padre vicario può violare gli atti dei Visitatori apostolici. Ci badi molto, per amor di Dio; si stupirebbe del danno che costituisce in queste case essere in molte, ammesso anche che dispongano di rendite e abbiano di che vivere. Non so come loro ogni anno paghino tanti interessi, visto che hanno il modo di liberarsene. Mi ha molto rallegrato ciò che hanno ricevuto dalle Indie. Sia lodato Dio.

8. Per quanto mi dice della sottopriora, poiché vostra reverenza ha così poca salute, non potrà seguire il coro, ed è necessario che la sostituisca chi lo conosce molto bene. Il fatto che Gabriella sembri troppo giovane non importa, perché è monaca da molto tempo, e le virtù di cui è dotata son quelle che convengono al caso. Se nel tratto con gli estranei qualcosa le facesse difetto, può accompagnarla suor San Francesco. Per lo meno è obbediente, e non si allontanerà da quello che vostra reverenza vorrà da lei; inoltre gode buona salute (giacché è essenziale non mancare dal coro), mentre suor San Girolamo non ne ha. In coscienza, a chi meglio si può affidare tale carica è a lei. E siccome ha già diretto il coro quand’era in vita quell’infausta vicaria, le religiose hanno avuto modo di vedere se lo faceva bene, pertanto le daranno il voto più volentieri; senza dire che per l’ufficio di sottopriora bisogna badare più all’abilità che all’età.

9. Riguardo alla maestra delle novizie, ora scrivo al padre priore di Pastrana che approvo quanto lei dice; vorrei che le novizie fossero ormai poche, perché – ripeto – il gran numero rappresenta sotto ogni punto di vista un grande inconveniente, e non c’è altra ragione per vanno in rovina le case se non questa.

10 Avrei vivo desiderio – poiché da quelle parti c’è di che venire in aiuto ai bisogni dell’Ordine – che, attingendo a quel che c’è a Toledo, si andasse rimborsando mio fratello, il quale ne ha davvero bisogno, tanto che non fa che imporsi gravezze per pagare ogni anno cinquecento ducati della proprietà che ha comprato, e ora ha fatto una vendita per la quale percepisce un valore che lì è di mille ducati. A volte me ne ha parlato, ed io vedo che ha ragione; anche se non gli restituiscono tutto insieme, gli paghino almeno qualcosa; vedano un po’, insomma, che cosa possono fare.

11. L’elemosina del pane che fa il santo priore di Las Cuevas è una gran cosa.. Se questa casa ne avesse, le religiose se la potrebbero cavare, mentre non so che sarà di loro. Non hanno fatto che prendere novizie che non hanno nulla. Per quello che dice del Portogallo, l’arcivescovo mi fa molta fretta, ma io penso di darmi tempo per andar lì. Se posso, ora gli scriverò. Vostra reverenza procuri che la lettera parta subito e in modo sicuro.

12. Vorrei che il pentimento di Beatrice giovasse a farle ritrattare quello che ha detto a Garciálvarez, per il bene della sua anima. Ma ho gran timore che non conosca se stessa, e che ciò dipenda solo da Dio.

13. Ch’Egli renda vostra reverenza così santa come io lo supplico di fare, e che me la conservi; per dappoco che lei sia, vorrei averne alcune che le somigliassero, mentre non so che fare se ora si procede a una fondazione, perché non trovo nessuna da eleggere come priora, anche se debbano esserci elementi adatti, ma siccome mancano d’esperienza e vedo che cosa è avvenuto qui, sono piena di timore, sapendo che il demonio approfitta delle buone intenzioni per compiere i suoi misfatti; pertanto bisogna vivere sempre in allarme, aggrappate a Dio, e diffidare dei nostri giudizi, perché, per quanto siano buoni, se non lo si fa, Dio ci abbandonerà e noi finiremo con l’errare proprio là dove pensavamo di cogliere nel segno.

14. Quanto è avvenuto in questa casa (poiché lei se ne è resa ben conto) può servirle d’esperienza; certamente, le dico, il demonio meditava qualche assalto, e io ero spaventata di certe cose che vostra reverenza scriveva annettendovi importanza. Dove stava il suo buon senso? E suor San Francesco? Dio mio, le sciocchezze che conteneva quella lettera, e tutto per raggiungere il suo scopo! Il Signore c’illumini, perché senza la Sua luce non si può avere virtù, ma solo abilità per il male.

15. Godo che vostra reverenza si sia ricreduta perfettamente; ciò le sarà d’aiuto in molte cose; per riuscire, infatti, nei nostri intenti, giova molto aver sbagliato, perché è questo il modo d’acquistare esperienza. Dio la conservi; non pensavo certo di potermi dilungare tanto. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

La priora e le consorelle le si raccomandano molto.

 

312. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Malagón, fine di dicembre 1579

Le assicuro che qui mi trovo così a mio piacere come desideravo da molti anni, perché, sebbene fisicamente io sia isolata, priva di chi era solito darmi conforto, l’anima riposa, e ciò perché non c’è memoria di Teresa di Gesù più che se non fosse ormai di questo mondo. Questo, pertanto, farà sì ch’io non cercherò di partire da qui, se non me lo ordinano, giacché ero desolata a volte di udire tante insensatezze; là, quando dicono di qualcuno ch’è santa, dev’esserlo senza piedi né testa. Ridono quando le esorto a farsene lì un’altra, il che non costa loro nient’altro che dirlo.

 

313. Alla M. Maria Battista, a Valladolid

Data incerta (1579…)

Sappia che non sono più la stessa nel modo di governare: tutto è fatto con amore; non so se ciò dipenda dalla mancanza di motivi per agire diversamente, o dall’aver capito che questo è il mezzo migliore.

 

ANNO 1580

314. Al Padre Girolamo Gracián

Malagón, 10/11 gennaio 1580 (?)

1. Avverto vostra paternità (e, per amor di Dio, stia sempre ben attento a questo, se non vuol vedere la rovina delle sue case) che il prezzo delle cose va aumentando in modo tale che son necessari circa trecentomila maravedi di rendita per non esser nelle strettezze, e se, con quello che le vien dato, questa casa sarà reputata come casa di rendita, le religiose moriranno di fame, non ne dubiti.

***

2. Vostra paternità sappia che, se fosse dipeso dalla mia volontà, non avrei voluto che le case fondate in povertà avessero una rendita, perché io capisco, vedo, e sarà sempre così, che se le religiose non mancano ai loro doveri verso Dio, son quelle che se la cavano meglio, e se vi mancano, i monasteri abbiano pur fine, ché ce ne sono troppi di rilassati.

***

3. Dio perdoni a coloro che si sono opposti alle fondazioni, giacché, in base a quanto ho detto, si sarebbe sistemato tutto; è stato un gran danno, non essendo le case ancora ben stabilite. Sua Maestà vi porrà rimedio: non può fare altrimenti. Ma fino a tanto che ciò non avvenga, vostra paternità deve procedere con molta prudenza nel dare l’autorizzazione a ricevere religiose, tranne casi di estrema necessità e qualora ciò sia di gran vantaggio per la casa, perché tutto il bene dei monasteri consiste nel non avere più religiose di quante ne possano mantenere; se non si bada attentamente a questo, rischiamo di vederci in tali difficoltà da non potervi porre rimedio…

***

4. Sarebbe di gran lunga preferibile non fondare, anziché condurre nei monasteri anime malinconiche che rovinino la casa.

 

315. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Malagón, 10/11 gennaio 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. Poco fa ho ricevuto una lettera della signora donna Giovanna, che ogni giorno aspetta la fine di questo silenzio di vostra paternità. Piaccia a Dio che quando arriverà la presente, gli affari di Toledo e di Medina abbiano avuto termine.

2. Il padre fra Filippo è adattissimo, si è passati da un estremo all’altro: egli si limita a confessare, senza altre chiacchiere. È un gran buon uomo.

3. Oh, le manifestazioni di gioia delle sorelle di Medina, quando è stato loro detto che vostra paternità non aveva più l’obbligo del silenzio! È straordinario quanto debba a queste religiose. C’è qui una conversa che si è data cento discipline per vostra paternità. Tutto ciò credo che l’aiuti a far tanto bene alle anime.

4. Ieri mi hanno dato questa lettera del padre Nicola. Sono stata assai contenta che si possa fare quanto dice, perché a volte ero preoccupata nei riguardi di Salamanca, ma non vedevo nulla di meglio; ora, poi, ha ben di che occuparsi, perché è chiaro che deve attendere più ai propri affari che a quelli degli altri. A Toledo ho detto al padre Nicola alcuni degli inconvenienti che la situazione presenta, e non tutti quelli da me conosciuti. Ne è risultato un gran bene. Io credo che il reverendissimo farà tutto quello che ci può riuscire utile. Mi resta solo un dubbio, ed è che ho visto, quando morì il Nunzio, di cui vostra paternità conosce i poteri che aveva dato, come tali poteri non erano più validi; se una cosa di tale importanza si trascinasse in discussioni, sarebbe una gran contrarietà. Mi dica che cosa gliene sembra, perché io non trovo altro inconveniente; mi parrebbe, anzi, un dono del cielo che tutto potesse sistemarsi fra noi, com’egli dice nella lettera. Il Signore faccia Lui quello che può.

5. Non so quanto convenga che il padre Nicola resti lì in attesa (nel dubbio che le cose non vadano come noi vogliamo), perché tutto resta in completo abbandono. È vero che Velasco farà molto, tuttavia non c’è nulla da perdere ad avere un aiuto, ma vostra paternità non parli di questo, perché non le imputino la colpa, quando il progetto si realizzerà, di aver lavorato ai suoi fini personali. Bisogna procedere in tutto con prudenza, per non fornire occasioni di accuse, specialmente finché continua ad esserci Matusalemme, che mi sembra costituire un grande ostacolo per il conferimento di una carica a Paolo, ma non si può prescindere da lui.

6. Mi viene in mente ora un altro inconveniente: mi chiedo, cioè, se, restando in questa carica, lei possa essere anche Provinciale, benché non mi sembri questione di grande importanza, perché allora lei sarebbe tutto, e ci sarebbe un vantaggio se si potesse nominare Macario Provinciale, nomina con cui otterremmo di farlo morire in pace – visto che questo è il motivo della sua malinconia –; finirebbe questa combriccola e si farebbe ciò ch’è giusto, essendo egli già stato eletto a questa carica. Inoltre, siccome avrebbe un superiore, non potrebbe nuocerci. Vostra paternità mi dica, per carità, che cosa ne pensa, perché è una cosa che riguarda l’avvenire, e quand’anche fosse del momento attuale, non deve farsene scrupolo.

7. Da questa lettera di fra Gabriele vedrà i suoi pregiudizi verso di me, che pur non ho tralasciato di scrivergli quando ho avuto qualcuno con cui mandare la lettera; e veda un po’ che cos’è la passione se dice lì in giro che dalle mie lettere che lei gl’invia, ha visto ch’io non l’ho fatto. Sarei molto contenta se, quando arriverà questa mia, fosse concluso l’affare di vostra paternità, in modo che possa scrivermi lungamente.

8. Mi dimenticavo di parlarle dei duchi. Sappia che la vigilia dell’anno nuovo la duchessa mi ha mandato un corriere con l’acclusa lettera e un’altra, solo al fine d’avere mie notizie. Quanto al fatto di sostenere che vostra paternità le ha detto ch’io amo il duca più di lei, non l’ho ammesso; le ho solo obiettato che siccome vostra paternità mi dice tanto bene di lui e della sua spiritualità, doveva pensarla così, ma che io amo solo Dio per se stesso e che non vedo niente in lei per cui non possa amarla, anzi devo amarla più del duca. Era, però, detto meglio di così.

9. Credo che sia il padre Medina ad aver fatto una copia del libro di cui mi parla, quello grande da me scritto. Vostra paternità mi comunichi quel che sa a questo riguardo – non se lo dimentichi perché mi farà un gran piacere – non essendocene altro esemplare all’infuori di quello che hanno gli Angeli. A mio giudizio, il libro da me scritto dopo, lo supera, anche se fra Domenico Báñez dice che non è buono; per lo meno avevo più esperienza di quando ho composto il primo.

10. Ho già scritto due volte al duca, e molto più lungamente di quanto vostra paternità mi dice di fare.

11. Dio la conservi; se c’è una cosa che potrebbe rendermi felice, sarebbe quella di vedere ormai Paolo. Se Dio non vuole concedermela, alla buon’ora, mi dia pur croci su croci. Beatrice le si raccomanda molto. L’indegna serva e vera figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

316. Al Padre Nicola Doria, a Siviglia

Malagón, 13 gennaio 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Consuegra (Toledo)

Per mio padre fra Nicola di Gesù Maria, priore di Pastrana, a Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza. Tre o quattro giorni fa ho ricevuto una lettera di vostra reverenza, scritta il 30 dicembre, e prima avevo ricevuto quelle portate da Serrano; le ho risposto a lungo, come alla madre priora, e ho scritto anche al padre Rodrigo Alvarez. Ho dato le lettere a Serrano, il quale si è preso l’incarico di inviarle, e poi mi è stato detto che certamente sono state consegnate al corriere. A parte queste, ho scritto a vostra reverenza altre due volte dopo il mio arrivo qui, inviando tali lettere al signor Oria a Toledo, perché le rimettesse a vostra reverenza. Mi ha proprio addolorata vedere che tutte si perdono. Piaccia a Dio che non avvenga così di questa ch’io mando per mezzo del signor Velasco.

2. Vostra reverenza si rimette in tutto alla madre priora di lì, ed ella non mi dice nulla. Non appena starà bene, io credo, quanto al resto, che vostra reverenza metterà accordo in tutto, specialmente con un tal maggiordomo. Che fa mai l’amore di Dio, visto che lei vuol rendersi utile nel favorire quelle poverette! Mi raccomando molto alle sue preghiere. Perché vostra reverenza non mi parla della nostra Lucrezia? Le dica molte cose da parte mia.

3. Prima che me ne dimentichi: la priora di Beas ha mandato già a dire a Casademonte che aveva pronti i cento ducati, chiedendogli dove voleva che gli fossero rimessi. Egli ha risposto che li vuole a Madrid. Già ne ho scritto l’altra volta a vostra reverenza: pertanto non c’è più da preoccuparsene.

4. Vostra reverenza creda che questo luogo è così fuori di mano che non bisogna contare sulla possibilità da parte mia di dare qualsiasi informazione, non più che se fossi a Siviglia (là, anzi, avrei potuto farlo molto meglio), giacché anche per Toledo, che è il luogo attraverso il quale le lettere potrebbero partire, ci sono pochi messaggeri, e vedo perfino ch’esse si perdono. Lo dico perché vostra reverenza mi domanda di farle sapere quando sarà necessaria la sua venuta e quanto avviene qui.

5. Ho avvisato Velasco che, fin quando io sarò qui, non bisogna contare su di me; se, inoltre, vostra reverenza resta a lungo lì, forse non mi troverà più qui, perché credo che si farà la fondazione di religiose a Villanueva, – vicino a La Roda –, e potrebbe darsi che vi andassi io con le consorelle, perché se in qualche luogo c’è stata necessità di me è proprio là. È così grande il chiasso del padre fra Antonio di Gesù e del priore, i quali insistono da tempo a questo riguardo, che è una cosa inevitabile; si vede che lo vuole nostro Signore. Ancora non ne sono certa, ma se la cosa si fa, la mia partenza sarà prima della Quaresima. Mi riuscirà penoso non incontrarmi con vostra reverenza, quando pensavo di avere questo conforto a Malagón.

6. La mia salute è buona, e per quanto riguarda questa casa, tutto va così bene che non mi stanco di render grazie a Dio d’esser venuta, perché ciò ch’è spirituale procede ottimamente, in una gran pace e gioia, e a ciò ch’è temporale, ch’era in una condizione disperata, si va portando rimedio. Sia benedetto per tutto.

7. Quello che vostra reverenza dice del reverendissimo mi ha fatto talmente piacere che vorrei veder la cosa già fatta, come ho scritto a Velasco e all’uomo della grotta. Ho solo da osservare che non dev’esserci alcun dubbio sulla validità di questa sostituzione, perché, quando è morto il Nunzio, ci furono discussioni sulla validità della commissione da lui affidata al padre Gracián, e non ne potevamo più di liti. Pertanto – nel dubbio – sarebbe opportuno, se Dio ci concede la grazia che la cosa vada bene, affrettarsi a fare quel che conviene mentre è in vita colui che ciò principalmente riguarda. Tutte le ragioni che vostra reverenza mi adduce mi sembrano assai buone, più di quanto possa capirne; pertanto in proposito non bisogna indugiare.

8. Se vostra reverenza resta là in attesa, potremmo sentire il bisogno di lei qualora non tutto riesca secondo le nostre intenzioni. In merito a ciò, se non fosse per la fatica di vostra reverenza, siccome non è facile poter venire celermente, riterrei preferibile che non indugiasse a farlo, anche se poi dovesse tornare lì, perché, pur ammettendo che dov’è Velasco non sia imprescindibile la sua presenza – e gli scrivo in questo senso – è molto importante che trattino insieme di tutto. Potrebbe accadere qualcosa per la quale l’assenza di vostra reverenza sarebbe di gran danno, per lo meno sarebbe per lei motivo per dolersene di più, anche se gli amici ci amino molto. E benché il padre Gracián sia libero, non conviene che se ne occupi, perché se, in seguito, si realizzano i nostri desideri, diranno ch’egli l’ha fatto nel suo interesse, e, anche se ciò non ha importanza, è bene evitare ogni occasione.

9. Ho pensato che, se non sarà eletto Provinciale l’uomo della grotta, nel caso in cui gli venisse data quest’altra carica, sarebbe bene eleggere fra Antonio di Gesù, giacché è già stato nominato tale; avendo un superiore, certo adempirebbe bene il suo compito (lo si è visto a suo tempo nella commissione affidatagli dal Visitatore di Salamanca), specialmente se reca al suo fianco un buon compagno, e così la finiremmo con questa gelosia e con questa faziosa combriccola – se ancora c’è –, che è peggior male degli errori in cui potrebbe incorrere lui essendo Provinciale. Gliene parlo ora perché non so quando potrò scrivere di nuovo a vostra reverenza, con la sfortuna che hanno queste lettere. L’invio della presente è stato oggetto di particolare raccomandazione.

10. Vorrei sapere da che cosa è nato ora quest’intrigo che ha cominciato a manifestarsi. Piaccia a Dio che la si finisca con tali complicazioni laggiù. E ch’Egli protegga vostra reverenza; io sono stanca perché ho scritto molto. Anche se qui sto meglio di come ero solita stare lì, la testa non mi lascia mai in pace.

11. Se il padre priore di Almodóvar è lì, vostra reverenza gli dia molti saluti da parte mia e gli dica che faccio molto per i suoi amici; da ciascuno accetto una religiosa, e piaccia a Dio che me ne sia grato. Una è stata mandata da Giovanni Vázquez, e quella ch’è uscita da Beas, da Cantalapiedra; di lei mi dicono che Sua Reverenza ha una gran buona opinione.

12. La priora si raccomanda a vostra reverenza. Tutte la raccomandiamo a nostro Signore, specialmente io, che non dimentico mai di farlo. Non lascio di avere il sospetto che si rallegrerebbe di qualunque occasione le si presentasse per restare a Siviglia; se è una calunnia, mi perdoni. Sua Maestà le dia una gran santità e la conservi per molti anni, amen. Oggi è il 13 gennaio. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

317. Alle Carmelitane Scalze di Siviglia

Malagón, 13 gennaio 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Santiago di Compostella e di Valladolid

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con loro, sorelle e figlie mie. Le loro righe mi hanno molto consolata e avrei ben voluto rispondere lungamente a ciascuna personalmente, ma me ne manca il tempo, perché le occupazioni mi sono d’impaccio, pertanto mi perdonino e accettino il mio buon volere. Sarebbe per me una gran consolazione conoscere quelle che hanno fatto la professione e quelle che sono entrate ora. Vive felicitazioni e auguri per essersi sposate a un Re così grande. Piaccia a Sua Maestà di renderle tali quali io desidero e come gliene rivolgo supplica, affinché godano di Lui in quell’eternità che non ha fine.

2. A suor Girolama, che si è firmata «del letamaio», dico: piaccia a Dio che tale umiltà non sia solo a parole, e a suor Gabriella, che ho ricevuto il san Paolo, ch’era molto bello e, siccome somigliava a lei perché piccolo, mi è assai piaciuto. Spero in Dio che la farà grande per la sua devozione. In verità, sembra che Sua Maestà voglia renderle tutte migliori di queste qui, avendo dato loro così grandi sofferenze, se non ne perdono il beneficio per loro colpa. Sia lodato per tutto, visto che hanno colto assai bene nel segno con le loro elezioni. Per me è stata una gran consolazione.

3. Qui l’esperienza ci fa vedere che la prima superiora posta dal Signore in una fondazione sembra aiutata da Lui in maggior misura e animata da più amore, per il profitto della casa e delle sue figlie, di quelle che vengono dopo, e così esse riescono a far progredire le anime. A mio parere, qualora non ci sia qualche mancanza di gran rilievo nella superiora agli inizi della sua carica, non dovrebbe esser cambiata in queste case, perché ciò comporta più inconvenienti di quanto loro non possano supporre. Il Signore le illumini affinché riescano a fare in tutto la sua volontà, amen.

4. A suor Beatrice della Madre di Dio e a suor Margherita chiedo quello di cui prima d’ora ho pregato tutte, cioè di non parlare più del passato tranne che con nostro Signore o con il confessore; se in qualcosa sono state tratte in errore, dando informazioni prive della sincerità e della carità a cui Dio ci obbliga, usino loro ogni cura per tornare a parlarne con chiarezza e verità. Ciò che esigerà soddisfazione sia fatto, altrimenti saranno in preda all’inquietudine, perché il demonio non cesserà mai di tentarle.

5. Una volta soddisfatto il Signore, non c’è più da far caso di nulla; il demonio si è comportato in modo tale, cercando, pieno di rabbia, di arrestare questi santi principi, che c’è solo da stupirsi che non abbia fatto dovunque un gran male. Spesso il Signore permette una caduta affinché l’anima si avvantaggi in umiltà, e quando si rialza con dirittura di condotta e conoscenza di se stessa, va poi sempre più progredendo nel suo servizio, come vediamo dall’esempio di molti santi. Pertanto, figlie mie, loro che son tutte figlie della Vergine, e sorelle, cerchino d’amarsi fra loro e facciano conto che non sia accaduto nulla. Parlo a tutte.

6. Ho avuto particolare cura di raccomandare a nostro Signore quelle che mi ritengono sdegnata contro di loro; certo, sono stata assai addolorata e più lo sarò se non fanno questo ch’io chiedo per amor del Signore. Ho sempre davanti agli occhi la mia amata Giovanna della Croce – che m’immagino sia andata continuamente acquistando meriti –; se ha preso il nome della Croce, gliene è toccata una buona parte. Mi raccomandi a nostro Signore, e creda ch’Egli non avrebbe dato a tutte le consorelle questa penitenza per i suoi peccati né per i miei (che sono ben maggiori).

7. A tutte loro chiedo lo stesso, di non dimenticarmi nelle loro orazioni; me lo devono più di quelle di qui. Nostro Signore le renda così sante come io desidero. La loro serva, Teresa di Gesù.

 

318. Alla M. Anna di Sant’Alberto, a Caravaca

Malagón, gennaio (?) 1580

Figlia, ecco che il padre Giovanni della Croce arriva; gli aprano la loro anima con semplicità in quel convento, come se fossi lì io stessa, perché ha lo spirito di nostro Signore.

 

319. A donna Giovanna de Ahumada, ad Alba de Tormes

Malagón, 14 gennaio (?) 1580

Autografo: D. Jesús Fuentes Soria, Pamplona

1. Gesù. – Lo Spirito Santo, sorella mia, sia con lei. Le dico che se volessi cercare la mia soddisfazione, sarebbe per me una pena il fatto che siamo sempre separate, ma, poiché viviamo in terra d’esilio, dovremo pazientare finché il Signore ci conduca a quella che dovrà durare eternamente.

2. In una lettera che ho inviato a mio fratello le ho scritto recentemente che sono ormai senza febbre, sia gloria a Dio; la mandi alla madre priora di Medina. Certo, mi ha procurato molta pena non sapere qui di alcun messaggero per poterle scrivere di quando in quando. Ne ho sofferto molto, mentre sembra, a quanto mi ha detto il signor licenziato che mi invia questa, che avrei potuto farlo spesso, se avessi dato a lui le mie lettere, ma non lo conoscevo fino ad ora che ho ricevuto una sua cognata in uno di questi nostri monasteri. In ogni caso, mi risponda subito, perché da qui mi manderanno la lettera dove sarò.

3. Partirò, col favore del Signore, mercoledì delle Ceneri; resterò a Medina otto giorni e no so ancora se proprio otto giorni, perché non posso trattenermi; altri otto ad Avila. Mi sarà di gran gioia vederla lì sia pure un giorno solo…

 

320. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Malagón, 15 gennaio 1580

Autografo: Madri Mercedarie Scalze di Toro (Zamora)

1. Gesù. – Lo Spirito Santo, padre mio, sia con vostra paternità. Vedendo un messaggero tanto sicuro qual è questo fratello, non ho potuto rinunziare a scriverle qualche riga, anche se l’ho fatto ieri ben lungamente servendomi di Giovanni Vázquez, il latore di Almodóvar.

2. È stato qui fra Antonio della Madre di Dio e ci ha tenuto tre prediche che mi sono piaciute molto; egli, inoltre, mi sembra un uomo eccellente. Mi è motivo di gran consolazione vedere tali persone fra i nostri frati e mi ha addolorato la morte del buon frate Francesco. Dio l’abbia in cielo.

3. Oh, padre mio, come sono preoccupata (se si fa la fondazione di Villanueva) di non trovare né priora né religiose di mia soddisfazione! Questa Sant’Angelo di qui mi sembra avere qualche buona qualità, come ho scritto a vostra paternità, ma, siccome è cresciuta nelle libertà di questa casa, sono piena di timore. Vostra paternità mi dica che cosa ne pensa; è anche molto malata. Beatrice no mi sembra dotata com’io vorrei, anche se ha retto in pace questa casa. Ora che avevo finito con le preoccupazioni di Malagón, eccomi oppressa da queste altre.

4. Per Arenas mi sembra che andrà bene la fiamminga, che è molto tranquilla dopo aver sistemato le sue figlie, ed ha ottime qualità. Per Madrid, se Dio vuole che si faccia quella fondazione, riservo Ines di Gesù. Vostra paternità raccomandi tutto ciò a Sua Maestà – ché è molto importante trovare la via buona agli inizi di queste fondazioni – e mi dica la sua opinione, per carità. Nostro Signore la conservi con quella santità di cui io lo supplico, amen. Oggi è il 15 gennaio. L’indegna figlia e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

321. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Malagón, 1 febbraio 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe di Siviglia, carmelitana.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Oggi, vigilia di nostra Signora della Trasfigurazione, ho ricevuto la lettera di vostra reverenza e quella delle mie consorelle di lì. Ne sono stata assai contenta. Io non so quale sia la ragione per cui, nonostante tutti i dispiaceri che vostra reverenza mi procura, non posso fare a meno d’amarla molto; subito dimentico tutto. E ora, siccome la sua casa si è avvantaggiata della sofferenza inerente a queste lotte, l’amo ancora di più. Sia lodato Dio che tutto sia andato così bene, anche perché vostra reverenza deve stare un po’ meglio, visto che le sue figlie non piangono su di lei, come al solito.

2. Portare una tunica d’estate è cosa da pazzi. Se mi vuol fare un piacere, quando riceverà la presente se la tolga, per molto che le serva di mortificazione; poiché tutte si rendono conto delle sue necessità, ciò non sarà per loro di cattivo esempio. Di fronte a nostro Signore adempie il suo dovere, visto che lo fa per me. E non cerchi qualcosa d’altro; io ho ben provato il caldo di laggiù: è preferibile che siano in grado di partecipare alla vita della comunità piuttosto che cadere tutte ammalate, giacché quanto dico vale anche per quelle di cui vedesse che sentono lo stesso bisogno.

3. Ho lodato nostro Signore per l’ottimo risultato dell’elezione: si dice, infatti, che quando lo svolgimento è tale, vi interviene lo Spirito Santo. Si rallegri di questa sofferenza e non dia modo al demonio di turbarla con l’essere scontenta del suo ufficio. Spassoso sentirle ora dire che avrebbe piacere di sapere ch’io la raccomando al Signore, quando non solo lo faccio già da un anno, ma mi adopero presso tutti i monasteri per ottenere che facciano altrettanto, e forse è questa la ragione della felice riuscita di tutto. Sua Maestà voglia continuare l’opera iniziata.

4. Io già sapevo che con la venuta del padre Nicola tutto sarebbe andato bene. Ma poco prima che vostra reverenza ne facesse richiesta e ch’egli ricevesse l’ordine di partire, lei ci stava mandando tutti a finir male, perché vostra reverenza teneva presente solo il suo monastero, mentre egli era occupato negli affari di tutto l’Ordine che dipendeva da lui. Dio vi ha provveduto da par suo. Io vorrei che fosse contemporaneamente là e qua fino alla conclusione d’una questione così importante. Avrei vivamente desiderato che fosse venuto in tempo utile perché potessimo parlare. Ormai sarà impossibile, perché sappia che il padre vicario, circa cinque giorni fa, mi ha inviato una patente con l’ordine di andare a Villanueva de la Jara, che è vicino a La Roda, per fondarvi un monastero. Da quasi quattro anni ci tempestano a tal fine il consiglio municipale della città e altre persone, specialmente l’inquisitore di Cuenca, quello che stava lì come fiscale. Io vi trovavo molti inconvenienti che si opponevano al farla. Sono andati lì il padre fra Antonio di Gesù e il priore di La Roda; le insistenze sono state tante che i fautori della fondazione sono riusciti nel loro intento. Da qui il luogo dista ventotto leghe.

5. Sarebbe una gran fortuna ch’io potessi andarvi per la strada di Siviglia, per aver modo di vedere vostra reverenza e levarmi la voglia di sgridarla; per meglio dire, di parlarle, perché ormai dev’essere diventata un essere ragionevole, dopo i travagli sofferti. Devo essere di ritorno qui prima di Pasqua, se Dio vuole, perché la mia licenza dura solo fino al giorno di san Giuseppe. Lo dica al padre priore nel caso che il suo viaggio lo portasse sulla strada di potermi vedere lì.

6. Ho scritto a sua reverenza per la via della Corte, e avrei voluto farlo più spesso da qui, come anche per vostra reverenza, ma pensando che le lettere si perdessero, non ho osato decidermi. Mi ha fatto molto piacere che le mie precedenti non siano andate perdute, perché in una di esse le scrivevo il mio parere sulla scelta della sottopriora, anche se vostra reverenza sa meglio di me quel che conviene alla sua casa; le dico, però, ch’è assurdo avere una priora e una sottopriora entrambe in cattive condizioni di salute, come lo è avere una sottopriora che non sappia leggere bene e dirigere il coro, cosa contraria, tra l’altro, alle Costituzioni. Chi impedisce a vostra reverenza, nel caso che sia occupata in qualche affare, di mandarle al suo posto chi vuole? E se dovesse accaderle di star molto male, credo che Gabriella non si discosterà da quello che vostra reverenza le dirà; se vostra reverenza le darà autorità e credito, ella ha sufficienti virtù per non essere di cattivo esempio; pertanto mi sono rallegrata di vedere che vostra reverenza propende per lei. Dio disponga le cose per il meglio.

7. Mi diverte sentirla dire che non bisogna credere a tutto quello che dice suor San Girolamo, dopo che io gliel’ho scritto tante volte. Anche in una lettera indirizzata a Garciálvarez, che vostra reverenza ha strappato, insistevo molto affinché non si prestasse fede a ciò che dice del suo spirito. Ciò malgrado, affermo ch’è un’anima buona e che, non essendosi traviata, non c’è ragione di paragonarla a Beatrice, perché se sbaglia è per mancanza d’intelligenza, ma non per malizia. Può ben essere ch’io m’inganni, ma se vostra reverenza non le permette di confessarsi da altri padri che non siano quelli dell’Ordine, la cosa avrà fine; e se talvolta si confessasse da Rodrigo Alvarez, vostra reverenza gli dica la mia opinione su di lei e gli dia sempre molti saluti.

8. Sono stata felice di vedere da queste lettere che mi scrivono le consorelle l’amore che hanno per lei, il che mi pare doveroso. In certo modo è stata per me una ricreazione, oltre al piacere che mi ha fatto la lettera di vostra reverenza. Se così mi passasse la contrarietà che provo nei riguardi di suor San Francesco! Quel che mi è sembrato apparire dalla sua lettera è ben poca umiltà e obbedienza. Pertanto vostra reverenza provveda a farla migliorare – probabilmente è rimasta un po’ contagiata dai difetti di Paterna –, e non le lasci la libertà di esagerare le cose, perché, anche se con i suoi giri viziosi non le sembra di mentire, il suo stile è assai lontano dalla perfezione, nel discorrere con qualcuno a cui bisogna parlar chiaro, per non esporre un superiore a commettere mille assurdità. Questo le dica vostra reverenza in risposta alla lettera che ora mi ha scritto, e aggiunga che solo quando si sarà emendata di ciò, mi riterrò soddisfatta. Voglio che noi accontentiamo questo nostro gran Dio, perché di me c’è da far poco caso.

9. Oh, figlia mia, poter avere tempo e testa per dilungarmi nella presente su quanto è avvenuto in questa casa! E ciò affinché vostra reverenza vi attingesse esperienza e chiedesse, anche, perdono a Dio per quello di cui non mi ha avvertita, perché ho saputo ch’era presente a certe cose, mai successe, oserei scommettere, nei monasteri più rilassati di tutta la Spagna. La buona intenzione potrebbe giustificare alcune; per altre non basta a scusarle. Questo serva di lezione a vostra reverenza: proceda, pertanto, appoggiandosi alle Costituzioni – lei che le ama tanto – se non vuole guadagnare ben poco con il mondo e perder molto con Dio.

10. Adesso non c’è nessuna religiosa che non capisca la rovina in cui incorrevano e che non lo dica, tranne Beatrice di Gesù, la quale amava tanto le consorelle che, nonostante l’evidenza dei fatti, non mi ha mai avvertita né mi dice ancora nulla; ella ha perduto molto nella mia stima.

11. Da quando sono arrivata, colui che confessava qui non l’ha più fatto, né credo che confesserà più, perché è quanto conviene fare per la popolazione, ch’era tutta terribilmente adirata, eppure gli andrebbe bene se capitasse in altre mani. Dio perdoni a chi gli ha fatto perdere questa casa, perché vi avrebbero potuto far progressi sia lui sia, con lui, tutte le consorelle. Egli si rende ben conto ch’è giusto agire come si fa, e viene a vedermi; io gli ho dimostrato molta cortesia – perché è quanto conviene in questo momento –, e certamente la sua semplicità mi fa sentire a mio agio. La troppo giovane età e la mancanza d’esperienza sono causa di molto danno. Oh, madre mia, il mondo è così pieno di malizia che non accetta niente per buono. Se l’esperienza che abbiamo fatto ora non c’induce a stare bene attente, tutto andrà di male in peggio. Vostra reverenza – poiché, per amor di nostro Signore, le è toccata tanta parte di travagli – consideri ormai ogni cosa con l’occhio d’una vecchia; io farò lo stesso.

12. Ho notato che non mi hanno inviato nessuna villanella, mentre certamente non saranno state poche quelle fatte per l’elezione; io amo che nella sua casa regni l’allegria, con moderazione, e se ho avuto qualcosa a ridire, è stato solo in certe determinare circostanze. Chi ha colpa di ciò è la mia Gabriella. Vostra reverenza me la saluti molto; vorrei ben poterle scrivere. Conduco con me come sottopriora suor Sant’Angelo e prenderò la priora da Toledo, anche se non sono decisa sulla scelta di essa. Raccomandino molto al Signore che aiuti questa fondazione. E le affido Beatrice, di cui bisogna aver pietà. Sono contenta del messaggio di Margherita, se resta in tali disposizioni. Il tempo appianerà le cose, non appena esse vedano amore in vostra reverenza.

13. Sono strabiliata di quel che dobbiamo al buon padre priore di Las Cuevas. Vostra reverenza gli dica molte cose da parte mia. Faccia sì che tutte mi raccomandino al Signore, lei compresa, perché mi sento stanca e sono molto vecchia. Non è da stupirsi che il padre priore nutra affetto per me: mi è ben dovuto. Dio ce lo conservi, perché è per noi un grande aiuto, e loro sono vivamente impegnate a pregare per lui. Sua Maestà sia con lei e me la protegga, amen.

14. Non le dico la risposta della madre priora e di Beatrice, perché sono stanca.

15. Sappia che mio fratello mi ha inviato qui due lettere. Mi chiede di scrivere a vostra reverenza la necessità in cui si trova – ch’egli ritiene superiore a quella di vostra reverenza – e dirle che gli farebbe una vera grazia se gli mandasse ora almeno la metà di quello che gli è dovuto. Ho fatto conservare le sue lettere qui, in attesa d’inviargliele (ora non le trovano), perché si renda conto che s’egli non mi desse fretta, io non la darei a lei. Si figuri che ha venduto una buona parte della rendita che da lì gli è data e che, qualunque somma lei ora gli mandasse, sarebbe un grande aiuto per lui. Lo avrei fatto io da qui, ma questi affari fanno repulisti di tutto. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

16. Da quanto mi sono dilungata vedrà il gran desiderio che avevo di scriverle. Questa lettera ne vale ben quattro di quelle che mando alle priore di qua, e raramente le scrivo di mio pugno. Sono stata assai felice del buon ordine che il padre priore ha messo nei loro affari. È necessario che quanto si deve a mio fratello non vada perduto, anche se noi ci troviamo nel bisogno. Qui tutte sono felicissime, e ne hanno ben ragione, con una tale priora. Le assicuro ch’è una delle migliori che abbiamo e gode buona salute, il che è molto importante. La casa è ora un paradiso. Per quanto riguarda la perdita finanziaria, io qui mi son data da fare perché possano guadagnare qualcosa che permetta loro di vivere. Dio voglia che ciò giovi; per lo meno niente andrà perduto a causa della priora, perché è abilissima nel governare.

17. Dia molti saluti al padre fra Gregorio, che non so perché mi ha dimenticato, e anche al padre Soto. La sua amicizia è stata molto utile a vostra reverenza. Serrano sta bene nel suo posto… cotesta casa deve raccomandarlo a Dio; ha avuto la sorte propizia con la sua assegnazione. Io vorrei che tornasse a stare lì, perché lo ritengo virtuoso e fedele.

 

322. A Suor Maria di Gesù, a Beas

Malagón, primi di febbraio 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Darlington (Inghilterra)

Per mia figlia suor Maria di Gesù, Carmelitana.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra carità, figlia mia. Se avesse il mio mal di testa e le mie occupazioni, vostra carità sarebbe scusata d’aver fatto passare tanto tempo senza scrivermi, ma non avendo tutto questo, io non so come potrei non lamentarmi di vostra carità e della mia cara sorella Caterina di Gesù. È certo che non lo dovrebbero fare; se io potessi, scriverei loro così di frequente da non lasciarle dormire tanto a lungo nell’oblio. Mi conforta sapere che stanno bene e sono contente, e che, a quanto mi dicono, sono serve di nostro Signore.

2. Piaccia a Sua Maestà che sia così: io Lo supplico ardentemente di ciò, e vorrei ora potermi consolare in quella casa delle molte fatiche e dei travagli di vario genere avuti negli ultimi anni. Questo desiderio risponde alla mia sensualità, ma, quando rientro nel dominio della ragione, vedo bene che non merito altro che croci su croci, e che Dio mi fa un’enorme grazia a non darmi altro.

3. La madre priora avrà già detto a vostra carità che mi ordinano di partire per una fondazione dove da anni evito di recarmi. Siccome hanno insistito tanto e al superiore sembra cosa opportuna, parto con assoluta fiducia che sarà per il servizio di nostro Signore. Vostra carità glielo chieda e lo preghi di lasciarmi far sempre la sua volontà.

4. Alle sorelle Caterina di Gesù, Isabella di Gesù ed Eleonora del Salvatore vostra carità dia i miei saluti. Io vorrei aver tempo e testa per dilungarmi. Vostra carità non sia breve quando mi scrive, né si meravigli se non le risponderò subito. Sia certa che mi rallegro delle sue lettere e che non dimentico di raccomandarla a nostro Signore. Sua Maestà la faccia così santa come io desidero. L’indegna serva di vostra carità, Teresa di Gesù.

 

323. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Malagón, 8-9 febbraio 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe di Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Oggi, 8 febbraio, ho ricevuto l’ultima lettera che vostra reverenza mi ha scritto, in data 21 gennaio.

2. Mi ha dato moltissima pena la disgrazia occorsa al nostro santo priore, e se dovesse morire per così grave infortunio ne soffrirei più che se Dio lo chiamasse a sé per la sua età avanzata o per una malattia, circostanze che non credo mi sarebbero causa di tanto dolore. Vedo bene che dico una sciocchezza, perché più egli soffrirà, meglio sarà per lui, ma quando mi ricordo tutto quello che gli devo e il bene che sempre ci ha fatto, non posso fare a meno di rammaricarmi profondamente che venga a mancare sulla terra un santo, mentre continuano a vivere coloro i quali non fanno altro che offendere Dio. Sua Maestà gli dia la sorte che più conviene alla sua anima: questo è ciò che dobbiamo chiedere noi che tanto gli dobbiamo, e non pensare a quanto perda quella casa. Lo raccomanderemo tutte vivamente a Dio. Mi affligge anche il pensiero di non sapere come vostra reverenza potrà inviarmi notizie della sua salute a La Roda o a Villanuieva de la Jara (che è lì vicino). Sarà un miracolo se Dio ce lo lascia.

3. Quanto all’attribuire a pochezza d’animo il fatto che non le sia stato scritto dai monasteri, si tratta d’un genere di complimenti che noi dovremmo evitare. Ma sappia che le consorelle hanno avuto gran cura di raccomandare tutte loro a Dio, e che sono state molto afflitte. Quando io ho detto loro ciò che il Signore ha fatto, di por rimedio a ogni cosa, ne hanno tratto motivo di gran consolazione, ma sono state tante le preghiere, ch’io credo che in quella casa debbano cominciare a servire Dio con un fervore tutto nuovo, perché la preghiera è sempre proficua.

4. Mi è rincresciuta la malattia della nuova sottopriora, della quale pensavo che stesse così bene come di consueto: questa è anche stata una ragione per desiderare che fosse preposta a tale carica, nell’intento che potesse risparmiare fatiche a vostra reverenza. Quando si sta così, da noi fa molto bene (detto da buoni medici) bere quattro o cinque sorsi di acqua rosata. Io ne traggo un gran giovamento, mentre quella d’arancio mi fa molto male; questa, a respirarla, mi è d’aiuto per il cuore, ma non a berla. Vostra reverenza me la saluti tanto. Malgrado tutto, spero in Dio che adempirà bene il suo compito. Le conceda sempre autorità e punisca quelle che durante la sua assenza non dovessero ubbidirle come a lei stessa; ciò servirà a darle prestigio, ed è cosa essenziale.

5. Ho sempre diffidato un po’ della piccola Eleonora. Fa bene a stare in guardia, voglio dire a nutrire il sospetto che ricorrerà alla sua parente. La vecchia mi sembra assai retta, ed è quella per cui ho provato più pena. Me la saluti tanto.

6. Ho scritto a lungo a vostra reverenza servendomi di Serrano, il quale mi ha detto che avrebbe fatto presto ritorno là, non potendosi abituare a vivere qui. Si occupi di lui, perché il licenziato mi ha riferito che dice di voler partire per le Indie, e ciò mi rincrescerebbe molto, essendo un’assurdità; non finirò mai di essergli grata per la fedeltà che ha avuto lì nei loro riguardi, in un momento di estremo bisogno. Per mezzo suo ho scritto anche al padre Nicola, che non dev’essere ancora partito; vorrei aver qui le sue lettere. Ho già scritto a vostra reverenza più lungamente nei riguardi di questa fondazione a cui sono diretta.

7. In una delle mie lettere credo d’aver detto al padre priore che non proceda all’acquisto della casa, senza che vostra reverenza l’abbia prima vista e rivista attentamente, giacché poi il superiore darà subito la licenza per farlo. Tenga bene a mente quello che si è passato lì e come questi padri si rendano poco conto di ciò ch’è necessario per noi in circostanze del genere. Tutte le cose richiedono tempo e ben dice il proverbio che: «Chi non guarda innanzi … Abbia sempre davanti agli occhi la briga che si è pigliata il demonio per distruggere quella casa e i travagli che ci è costata, e non prenda iniziative se non dopo aver udito molti pareri e aver molto riflettuto. Del priore ch’è lì io mi fiderei poco in materia d’affari; e non le sfiori mai la mente l’idea che possa esserci qualcuno che si rallegri come me di saperle ben sistemate. Tenga sempre presente ch’è più necessario godere di una bella vista anziché stare in un buon sito, e, se è possibile, avere un ampio orto.

8. Le Francescane scalze di Valladolid pensarono ch’era ottima cosa prendere una casa presso la Cancelleria e traslocarono dalla propria. Ne è conseguito che si sono trovate e sono ancora cariche di debiti ed estremamente afflitte, perché vivono come chiuse in un sotterraneo e non sanno che fare, non potendosi muovere senza essere udite. Io, certo, la amo più di quanto vostra reverenza non pensi, assai teneramente; pertanto desidero che trovi sempre la via giusta, specialmente in una cosa di tale importanza. Il male è che quanto più amo, tanto meno posso sopportare anche un piccolo errore. Vedo bene che è una sciocchezza e che sbagliando si acquista man mano esperienza, ma se l’errore è grave, non si può mai progredire, pertanto è bene esser guardinghi.

9. Mi fa molta pena che debbano pagare interessi: è cosa logorante e non giova mai a nulla, ma poiché è questo il parere del padre priore, dev’essere il meglio da farsi. Piaccia al Signore di porvi presto rimedio, essendo per me motivo di gran preoccupazione. Io vorrei tanto che mio fratello potesse pazientare, e se le vedesse nel bisogno, sono sicura che, quand’anche le sue necessità fossero grandi, lo farebbe. Perché, certo, non gli ho mai detto che loro abbiano ricevuto qualcosa dalle Indie. Egli ha molti interessi da versare e ha venduto a Valladolid una parte della rendita di mille ducati che da lì gli vien data, il che diminuisce tale rendita di cento ducati, pertanto è andato a vivere nel piccolo villaggio, ossia nei limiti della proprietà che ha comprato. Spende molto, e siccome è abituato ad avere denaro d’avanzo e il suo temperamento non gli permette di chiedere nulla a nessuno, se ne angoscia. Mi ha scritto qui in proposito due volte. Sono stata assai contenta di quel che fa vostra reverenza, perché anche lui non domandava altro che gli desse la metà, se poteva. Raccomandi vivamente la cosa al padre priore.

10. È stata generosa nella sua offerta per l’Ordine. Dio la rimeriti. In nessun luogo sono giunti a offrir tanto, tranne a Valladolid dove hanno dato cinquanta ducati di più; il denaro giunge in un momento assai opportuno; non sapevo, infatti, che cosa fare per i nostri padri che sono a Roma, i quali dicono cose meritevoli di grande compassione, ed è questo il momento in cui là sarà più necessaria la loro presenza. Dio sia lodato per tutto.

11. Ho mandato le lettere al padre Gracián. Egli scrive al padre Nicola su tale affare, a quanto mi dice. Mi è stato di gran conforto che possiamo almeno scrivergli. Non appena sarà lì, stia attenta, figlia mia, a quello che fa; pensi che c’è in casa chi la osserva e si ricordi del pericolo in cui ci siamo trovate per certe negligenze commesse con buone intenzioni. Se non ne avessimo tratto motivo per correggerci, non so che cosa ci vorrebbe, visto che questo ci costa assai caro. Le chiedo, quindi, per l’amor di nostro Signore, di non agire diversamente da come le ho detto; siccome ormai non è più Visitatore per dover temere di quello che gli danno da mangiare, non è necessario agire come quando lo era.

12. Non so come si possa dire ch’io ho indovinato che lei fa i corporali, quando vostra reverenza stessa me lo ha scritto nella lettera recatami da Serrano. Non me li mandi finché non ne veda la necessità. Dio la protegga – per la cura che ha di tutto – e la renda una vera santa.

13. Non si opponga né le rincresca se il padre priore andrà via, perché non è giusto, finché non sono conclusi affari di tanta importanza, guardare al nostro interesse. Lo raccomandino sempre a Dio, insieme con me, che ora avrò più bisogno del suo aiuto per la riuscita di questa fondazione. Ritenga come detti i messaggi della priora e delle consorelle, perché lo scrivere mi stanca molto. Oggi è il 9 febbraio. Serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

Se il padre Nicola fosse già partito, vostra reverenza strappi la lettera per lui. Se vuole, potrà ben leggerla, ma poi la strappi.

 

324. A don Lorenzo de Cepeda, a La Serna (Avila)

Malagón, circa il 9-10 febbraio 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Anche se le ho scritto parecchie volte recentemente, lo farei ormai più spesso se avessi un messaggero. Le scrivo questa lettera non sapendo se a Villanueva ce ne sarà uno.

2. Credo che avremmo dovuto essere già partite; anche se tarderanno a venirci a prendere, mi dà fastidio viaggiare di quaresima.

3. Mi ha fatto piacere quello che scrive la priora di Siviglia sul pagamento dovuto a vostra grazia. Dice che circa quattrocento ducati le saranno dati presto, come vedrà dal fogliettino qui accluso, perché, siccome le lettere vanno assai lontano, non ho osato inviarle tutte. Da vostra grazia ne ho ricevuto due in cui m’incaricava di chiederle il denaro. Credo che fosse già arrivata la lettere ove gliene parlavo, prima che tornassi a scrivergliene. Le ho detto che vostra grazia si contenterebbe anche della metà e che, se si rendesse conto ch’ella si trova stretta dal bisogno, sopporterebbe la propria necessità senza chiederle nulla. Non so se questa somma non sarebbe meglio impiegarla là; vostra grazia diceva sempre di volerla per la cappella, e non farà che spenderla tutta. Dio indirizzi bene le cose, e poiché vostra grazia vuole il denaro per Lui, lo si guadagni con quel bestiame.

4. Io, come le ho detto in altre lettere, sto meglio di quanto non stessi là, anche se non priva delle infermità abituali.

5. Presto verrà da quelle parti il padre Nicola. Vostra grazia gli scriva, perché sarà a lui più vicino di me. Non appena saprò che è a Pastrana, farò in modo che le dia questo denaro. La priora di Toledo è incaricata di riscuotere quello di là. Ora le scrivo che, non appena fatta la riscossione, lo dia a vostra grazia.

6. A Siviglia le cose vanno bene. Dalla vecchia morta nelle Indie hanno ereditato ottocento ducati, che hanno ricevuto or ora. Non so nulla di nuovo, tranne che il priore di Las Cuevas è agli estremi, a causa di una caduta. Lo raccomandi a Dio, ché gli dobbiamo molto. Ciò che fa per le nostre religiose è enorme; sarà una gran perdita per loro.

7. Piaccia a Sua Maestà che vostra grazia in quella solitudine guadagni molte ricchezze eterne, giacché tutto il resto non è che denaro fantasma, anche se non è mal posto nelle mani di chi ne fa così buon uso come vostra grazia… Le bacio molte volte le mani. Oggi è il … febbraio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

325. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Malagón, 11 (?) febbraio 1580

Autografo: Carmelitani Scalzi di Larrea (Vizcaya)

1. Gesù sia con vostra paternità. Sappia che oggi è venuto il padre fra Ambrogio, priore di Almodóvar, il quale aspetta qui di parlare con fra Gabriele che deve venire a prenderci; in verità, padre mio, mi è sembrato un uomo retto e molto intelligente, e non perché io con lui mi sia aperta poco né molto; procedo sempre, infatti, con gran cautela, per ogni evenienza. Dico, però, che mi sono rallegrata di comprendere come i partiti che si pensava esistessero ancora, se qualcosa c’è stata, sono ormai scomparsi. Per quanto riguarda fra Giovanni della Croce, posso giurare che niente di simile gli è passato per la mente, anzi ha aiutato i romani come ha potuto, e sarebbe pronto a morire, se fosse necessario, per vostra paternità. Tale è indubbiamente la verità.

2. Questo fra Ambrogio è pieno di zelo per il bene dell’Ordine; pertanto credo che non farà nulla contro il proprio dovere. Viene da Siviglia e ha visto ciò che accade lì; il padre Nicola non ne ha passate poche con quella gente… ha saputo liberarsi… è cosa di…

3. Ho trovato la mia Isabella ben paffutella e così colorita che si può lodarne Dio. Anche i suoi di Madrid stanno bene, sia la signora donna Giovanna, sia la sorella di vostra paternità, come ho saputo da poco.

4. Non tralasci d’inviarmi l’autorizzazione per la figlia di Antonio Gaytán.

5. Non c’è dubbio che il padre Mariano mi fa stizzire non inviandomi le carte di vostra paternità per me. Che Dio gli perdoni.

6. La priora e tutte le consorelle si raccomandano alle preghiere di vostra paternità…

7. Il Signore mi conservi vostra paternità, e per il bene che lei ci fa le dia ciò che più le conviene, insieme con l’abbondanza della sua grazia, in mezzo a così grande confusione, amen. L’indegna figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

326. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid

Malagón, 12 febbraio 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Santa Teresa, Madrid

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Oggi sono venuti a prenderci il padre fra Antonio e il padre priore di La Roda. Hanno una carrozza e un carro e, dalle notizie che recano, credo che quella fondazione riuscirà. Vostra paternità la raccomandi a nostro Signore. Il buon padre Antonio non può negare di volermi molto bene, visto che, nonostante tutti i suoi anni, viene ora qui. A me dispiace allontanarmi; ne ho già scritto la ragione a vostra paternità. Il padre fra Antonio sta bene ed è in carne; mi par che quest’anno i nostri religiosi s’ingrassino con i travagli.

2. Vostra paternità dica al signor Velasco che ho ricevuto le sue lettere e che vorrei rispondere ad esse, ma non so se ne avrò il tempo, perché sono molto occupata. [3] Che Dio lo ricompensi per la grazia che ci ha fatto d’esser libere di poter trattare con vostra paternità. Io lo raccomando molto a nostro Signore, e con me tutte le consorelle; amerei conoscere chi ci ha procurato tanto bene, e se si potesse, tra lui e il signor don Luigi Manrique, escogitare il modo d’ottenere dall’arcivescovo l’autorizzazione di fondare lì un monastero, in questo viaggio per Villanueva potrei farlo in gran fretta senza che nessuno se ne rendesse conto fino a che fosse finito, poiché ho già qualcuno che mi darebbe di che comprare la casa. E se l’arcivescovo vuole che sia di rendita, vostra paternità sa bene che devono entrarvi subito le figlie di Luigi Guillamas il quale dispone di quattrocentomila maravedi all’anno, che per tredici religiose sono sufficienti; il padre Vicario mi darebbe subito la licenza. Forse questi signori conosceranno qualche amico dell’arcivescovo che riesca a ottenerne il consenso.

4. Vostra paternità non tralasci di occuparsene, se le sembra opportuno, quale che ne possa essere il risultato. Se per caso si riuscisse a ottenerlo, sarà necessario avvisarmi subito. E vostra paternità cerchi di trovare un corriere con cui scrivermi, affinché io abbia notizie della sua salute. Il Signore gliela dia ottima, come egli può fare e come io lo supplico di fare. Oggi è il 12 febbraio. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

La nostra madre credo non dica nulla di me; io resto assai sola senza Sua Reverenza e ne soffro più di quanto vorrei; vostra paternità, per carità, mi raccomandi al Signore, perché ne ho molto bisogno. Sua Maestà ci conservi vostra paternità e ce la porti qui assai presto, come desideriamo, amen. [Girolama dello Spirito Santo].

 

327. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 3 aprile 1580

Autografo e originale: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre Maria di San Giuseppe, priora delle Carmelitane Scalze.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Può ben credere che sarei felice di poterle scrivere a lungo, ma in questi giorni la mia salute è assai malferma, sembra che stia scontando il fatto d’averla avuta così buona a Malagón, a Villanueva e durante i viaggi: da molti giorni, anzi credo da molti anni, non godevo di tanta salute. È stato un gran favore di nostro Signore, e ora poco importa ch’io stia male.

2. A partire dal giovedì santo ho avuto uno dei più grossi attacchi della mia vita, di paralisi e di cuore. Ho ancora la febbre (che non mi ha mai lasciato) e sono in un tale stato di debolezza che ho fatto un grande sforzo per poter stare alla grata col padre Nicola – è qui da due giorni –, della cui visita mi sono molto rallegrata. Se non altro vostra reverenza non è stata dimenticata. Mi ha stupito constatare quanto se lo sia già accattivato; io vi contribuisco, perché ritengo che ciò non sia male per cotesta casa. Il peggio è che sembra che le sue illusioni si contagino anche a me. Piaccia a Dio, figlia mia, che lei non gli dia motivo di disincantarlo, e che il Signore la tenga con la sua mano. Mi sono molto rallegrata del bene che mi dice di quelle consorelle; desidererei vivamente conoscerle. Glielo dica, me le saluti tanto e le preghi di raccomandare a Dio questi affari del Portogallo, come anche di concedere figli a donna Guiomar – fa pena lo stato della madre e della figlia per il fatto che non ne ha –; prenda la cosa molto a cuore, perché ben glielo deve. È assai buona cristiana, ma questa prova costa a entrambe una gran pena.

3. Ho ricevuto alcune lettere di vostra reverenza; la più lunga è quella portata dal padre priore di Pastrana. Mi sono assai rallegrata che abbia lasciato in così buono stato gli affari di quella casa; adesso, con la venuta del padre Gracián, non le mancherà nulla. Stia attenta, figlia mia – poiché c’è chi è capace di dire più di quanto lei farà –, ad evitare tutte le occasioni di critiche. In verità, io credo ch’egli ne sia ben consapevole.

4. Sono rimasta stupita di certe cose che mi ha detto il padre Nicola. Oggi mi ha dato i fogli con le relazioni dei fatti; li leggerò a poco a poco. Quell’anima m’ispira molto timore. Dio vi ponga rimedio. Mi sembra buona la linea di condotta ch’egli le ha suggerito nei suoi riguardi. Non cessi mai di stare attenta anche all’altra.

5. Mi ha anche parlato del suo gesto generoso di fare un deposito per gli affari dell’Ordine. Dio gliene renda merito, perché io non sapevo ormai che altro fare qua. Il più è fatto: si sta aspettando di giorno in giorno la comunicazione ufficiale, che è arrivata là, e ci sono assai buone notizie. Ne ringrazino nostro Signore. Siccome il padre priore scriverà di ciò lungamente, non ne dico di più.

6. Per quanto riguarda la casa che si pensa di vender loro, me l’ha decantata molto, anche per l’orto e la vista che ha. Per il nostro modo di vivere è un grande affare, specialmente con le rendite che loro si accingono ad avere. Il fatto che siano tanto lontane da Los Remedios mi sembra cosa spiacevole, per via delle confessioni, perché mi dice che dalla città non è lontana, anzi da una parte è unita ad essa. Comunque, vostra reverenza non tratti l’acquisto di nessuna casa se prima non la veda lei stessa, con altre due religiose scelte fra quelle che le sembra se n’intendano di più; qualunque superiore le darà per questo l’autorizzazione. Non si fidi di alcun frate né di nessuno; sa bene il brutto scherzo che avrebbero voluto farci. Gliel’ho già scritto; non so se la lettera le sia arrivata.

7. Le accludo la risposta di mio fratello alla sua. L’ho aperta per errore, ma non ho letto più delle prime parole. Appena ho visto che non era per me, l’ho chiusa di nuovo subito. Il padre priore mi lascia i documenti per riscuotere i suoi denari di qui; manca, però, la procura, che è in mano di Rocco de Huerta, il quale è in viaggio dalle vostre parti per ragioni del suo ufficio. La invii, in ogni caso, col foglio che il padre priore le ha mandato a chiedere per Valladolid e l’indirizzi alla priora di questo monastero, perché io, se Dio mi dà un po’ di salute, starò qui poco oltre questo mese: mi ordinano, infatti, di andare a Segovia e poi a Valladolid per fondare una casa a quattro leghe da lì, a Palencia.

8. Ho detto che le mandino la relazione della fondazione di Villanueva, e pertanto non aggiungo ora altro se non che le consorelle vi si trovano assai bene e che credo che vi si debba servire grandemente nostro Signore. Mi sono portata da qui come priora una figlia di Beatrice de la Fuente. Sembra assai buona, e così a proposito per quella gente come vostra reverenza lo è per l’Andalusia. Suor Sant’Angelo, di Malagón, è sottopriora là, a Villanueva; adempie assai bene il suo ufficio, come le altre due, vere sante, che ho condotte con loro. Preghino nostro Signore di giovarsi di queste fondazioni, e resti con Lui, perché io non sono in condizioni di dir di più: se, infatti, la febbre è poca, gli attacchi di cuore e della matrice sono molti. Forse non sarà nulla. Mi raccomandino a Dio. Beatrice di Gesù le parlerà della madre Brianda. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

9. Nostra madre è arrivata qui la vigilia delle Palme, e io con lei. Abbiamo trovato la madre Brianda così male che volevano darle l’estrema unzione, per il molto sangue versato. Adesso sta un po’ meglio, anche se a volte sputi ancora sangue ed abbia sempre la febbre; ci sono giorni in cui si alza. Pensi lei che cosa sarebbe stato se l’avessero portata a Malagón! Si sarebbero perdute lei e la casa, e le religiose avrebbero patito molto l’estremo bisogno del monastero.

10. Nostra madre ha preso ora da qui altre due monache, e piaccia a Dio che ciò basti. Vostra reverenza la faccia raccomandare a Dio, come me, che ne ho molto bisogno.

11. Faccia anche pregare Dio per l’elezione del Generale, affinché ne scelgano uno che sia gran servo di Sua Maestà. Qui ho trovato il padre Gracián: sta bene. Del fornello la informiamo che abbiamo speso quasi cento reali, e non è servito a niente, tanto che l’abbiamo demolito, perché consumava più legna di quanto non ci giovasse.

12. Vostra reverenza mandi qualcuno da parte mia a visitare il priore di Las Cuevas, incaricandolo di dargli i miei migliori saluti – visto che le mie condizioni non mi permettono di scrivergli –; abbia ora più cura che mai di mandarlo a visitare, affinché non sembri che lo dimentichiamo perché privo della carica che gli permetteva di beneficarci; farebbe una cattiva…

 

328. A donna Isabella Osorio, a Madrid

Toledo, 8 aprile 1580

Autografo: Palazzo Conti di Berberena, Miranda de Ebro (Burgos)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei, signora mia. Io sono arrivata qui, a Toledo, la vigilia delle Palme, e anche se avevo fatto trenta leghe dal luogo di partenza, non avvertivo stanchezza, anzi mi sentivo meglio del solito. In seguito, qua, sono stata assai poco bene; credo che non sarà nulla.

2. Mi sono rallegrata molto delle notizie che qui mi hanno dato sul suo miglioramento. Avevo ricevuto una sua lettera in cui lei mi diceva che i suoi malanni non erano sufficienti a distoglierla dal suo buon proposito. Dio sia lodato per tutto. Spero in Sua Maestà che quando vostra signoria stia del tutto bene in salute così da mandarlo ad effetto, sarà fatto ciò di cui le ho parlato, e qualora così non fosse, si provvederà altrimenti perché il suo santo desiderio non manchi di effettuarsi.

3. Sono certa, se Dio mi dà salute, che fra non molto passerò per la città di Madrid, ma vorrei che non lo sapesse nessuno. Non so come potremo vederci; io, però, l’avviserò in segreto dal luogo dove prenderò alloggio. Vostra signoria mi scriva a questo riguardo e non dimentichi di raccomandarmi a nostro Signore e di dare i miei saluti al padre Valentino, anche se non voglio che lei dia notizie ad alcuno di questa mia venuta lì.

4. Mi dicono che presto sarà a Madrid – se non c’è già – un Provinciale della Compagnia, eletto di recente per quella provincia. Vostra signoria sappia ch’è uno dei miei migliori amici. Mi ha confessato per vari anni. Cerchi di parlargli, perché è un santo, e mi faccia la grazia, quando andrà da lui, di rimettere nelle sue proprie mani l’acclusa mia lettera, che non saprei come meglio avviare. Nostro Signore la guidi in tutte le sue cose, amen.

5. Ho trovato nostra sorella Ines dell’Incarnazione tanto grassa che ne sono rimasta sorpresa, e consolata di vederla così gran serva di Dio. Egli la tenga con la sua mano. Raggiunge la perfezione nell’obbedienza e in ogni virtù. L’indegna serva di vostra signoria, Teresa di Gesù.

6. Il padre priore è arrivato bene. Gli ho già fatto la sua commissione. Gli devo molto. La supplico di ottenermi risposta all’acclusa lettera e d’inviarmela in modo ben sicuro, perché ci tengo molto. Oggi è l’8 aprile.

 

329. A don Lorenzo de Cepeda, a La Serna (Avila)

Toledo, 10 aprile 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Le dico che Dio sembra permettere l’indurci in tentazione da parte di questo pover’uomo, per vedere fin dove arrivi la nostra carità. E certo, caro fratello, la mia è così poca nei suoi confronti, che me ne affliggo molto, perché non solo non è quella dovuta a un fratello, ma anche considerandolo come prossimo (di fronte al quale sarebbe giusto dolersi della sua misera condizione), provo assai scarsa pietà. Vi pongo rimedio rimettendomi subito a fare quello che devo per contentare Dio, ed essendoci così di mezzo Sua Maestà, mi sento pronta a sopportare tutto per lui. Se non fosse per questo, le assicuro che non ostacolerei né poco né molto il suo viaggio, perché desideravo tanto vederlo fuori dalla sua casa, che la gioia di cui ero piena a causa di ciò superava di gran lunga la considerazione del suo travaglio. Pertanto supplico vostra grazia, per amor di nostro Signore, di farmi il favore di non riprenderlo più in casa, per quanto egli possa pregarla e per quanto grande sia il bisogno in cui si trova, affinché io possa aver pace; perché veramente il fatto di stare con lei lo rende pazzo, anche se non è pazzo in altre circostanze, e io so da uomini dotti che questo può ben essere. Di ciò non ha colpa la Serna (perché prima che ci fosse idea d’andare a vivere là, voleva fare lo stesso), ma la sua grave malattia; certo, io ho avuto gran timore di qualche disgrazia.

2. Egli dice che vostra grazia ha ragione d’essere molto irritato, ma che lui non è più in grado di resistere lì. Capisce bene d’essere fuori strada; peraltro gli rincresceva tanto – dice – di star lì, che preferirebbe morire anziché viverci. Aveva stabilito in precedenza con un mulattiere di andar domani a Siviglia, io non capisco a che scopo, perché si trova in un tale stato che un solo giorno di viaggio con questo sole lo ucciderebbe – già aveva mal di testa – e là non può far altro che spendere il suo denaro e mendicare per amor di Dio. Credevo, infatti, che avesse qualcosa presso il fratello di donna Mayor, ma non ha nulla. Così mi è sembrato opportuno, e solo per devozione verso Dio, di farlo aspettare fino a che venga la risposta di vostra grazia a questa lettera, benché egli sia convinto che non servirà a nulla. Ma, vedendosi perduto, aspetta. Per carità, mi risponda subito e mandi la lettera alla priora, ché le scrivo d’inviarmela alla prima occasione.

3. Della tristezza di cui vostra grazia mi parla, così improvvisa, ho pensato che la causa sia la partenza di questa persona, perché Dio è molto fedele, e se costui è pazzo (come io credo) a tale riguardo, è chiaro che in base alla legge di perfezione lei sarebbe ancor più tenuto a sistemarlo come meglio potesse, non lasciandolo andare a morire, e a prendere qualcosa dalle altre elemosine che fa, per darla a lui, come a quegli cui è maggiormente obbligato, in quanto parente, mentre in altri casi è chiaro che non ha nessuna obbligazione, eppure Giuseppe ne aveva anche meno verso i suoi fratelli.

4. Mi creda, quando Dio fa a qualcuno le grazie che fa a lei, vuole che si facciano per Lui grandi cose, e questa è molto grande. Le dico, però, che s’egli muore in tale viaggio, lei, col carattere che ha, non finirà di piangerlo, né Dio, forse, di opprimerla, e pertanto è necessario riflettere prima di commettere un errore irrimediabile; se, infatti, lei si pone davanti a Dio come deve, non sarà più povero per quello che gli darà: Sua Maestà glielo renderà per altre vie.

5. Vostra grazia gli dava duecento reali per vestirsi, più il vitto e altre cose di cui si giovava nella sua casa, cose per le quali, anche se non sembra sentirsi il peso, alla fine si spende forse più di quanto si creda. Già con quel che gli ha dato, ha da mangiare per quest’anno dove vorrà. Con altri duecento reali che lei gli dia ogni anno per il suo mantenimento, oltre quelli che gli dava per vestirsi, vivrà da mia sorella (a quel ch’egli dice, n’è stato pregato) o con Diego de Guzmán, il quale gli ha dato cento reali, che spenderà in questo viaggio. L’anno prossimo lei non dovrebbe consegnare il denaro a lui tutto insieme, quando decidesse di darglielo, ma versarlo poco per volta a chi ne assumerà il mantenimento, perché, a quanto vedo, non starà molto nello stesso luogo. Ciò è assai penoso,ma purché non viva nella sua casa, tutto mi sembra buono. Faccia conto di dare a me in parte questo denaro, come farebbe se mi vedesse nel bisogno, ché io gliene sarò grata proprio considerandolo dato a me, anche s’io ben vorrei poterle non dare alcuna preoccupazione. Le ripeto che da tempo mi auguravo di non vederlo rimanere più nella sua casa, tanto soffrivo a volte di saperla con questo tormento e tanta paura avevo di ciò che le ho detto.

6. Siccome la presente non richiede altro, aggiungo solo che cercherò di avere dal padre Nicola le carte che credo egli porti da Siviglia: mi ha detto che verrà a vedermi. Mi sono assai rallegrata che Lorenzino sia così vicino a noi. Dio lo assista! Io cercherò di star qui poco tempo, perché non mi sento così bene in salute come in altri luoghi. Andrò a Segovia, se Dio vuole.

7. Fra Antonio di Gesù dice che, quand’anche non fosse che per vedere vostra grazia, passerà di là. Il padre Gracián non sta più qui. I miei saluti a Francesco. Oggi è la domenica in Albis. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

330. A don Lorenzo de Cepeda, a La Serna (Avila)

Toledo, 15 aprile 1580

1. Gesù sia con vostra grazia. Siccome le avranno già dato una mia lunga lettera su ciò che riguarda Pietro de Ahumada, ora non mi resta se non supplicarla di rispondermi al più presto e di dare la lettera alla madre priora, perché sono molte le persone che vengono da queste parti. Quel poveretto sta qui rovinandosi e dev’essere molto afflitto, a giudicare dalla sua magrezza. Mi darebbe molta pena che la risposta non giungesse prima della mia partenza, che credo avverrà presto.

2. Sto meglio di prima; insomma, tutto deve consistere in postumi di vecchi mali e non c’è da meravigliarsene; mi stupisce maggiormente di non star peggio. Credo che lì mi dava salute non avere tante lettere da scrivere e tanti affari da sbrigare.

3. Da Roma abbiamo avuto notizie. Gli affari vanno molto bene, anche se non mancano contrasti. Vostra grazia raccomandi la nostra causa a Dio e gli chieda che cosa deve fare per ciò che riguarda Pietro de Ahumada: Sua Maestà la illuminerà sul partito migliore da prendere.

4. Le ho già detto che mi ha dato i quattrocento reali. Credo ch’egli spenda attingendo da ciò che gli ha dato Diego de Guzmán, e deve aver già consumato tutto. Le assicuro che, data la mia natura, mi è di molta angoscia non potergli dar nulla, in tutta coscienza; anche solo per liberare vostra grazia da questo peso, ne sarei assai felice. Il Signore vi ponga rimedio.

5. Mi riesce ben duro pensare che vostra grazia non abbia la Messa che nei giorni festivi; non faccio altro che chiedermi a quale mezzo potrei far ricorso in merito a ciò, ma non lo trovo. Pietro de Ahumada mi dice che la casa è molto migliore di quella di Avila, specialmente le camere da letto, cosa di cui mi sono molto rallegrata. Ma mi sembra motivo di una gran baraonda il fatto che i contadini stiano in casa. Se vostra grazia facesse una casetta per loro, sarebbe liberare la sua da un gran rumore. Perché non ha diviso la cucina come avevamo stabilito? Ma che parlo a fare? So bene che ognuno conosce meglio d’ogni altro che cosa gli conviene in casa propria.

6. Questo Serna che porta le presenti lettere, dice che tornerà qui fra otto giorni. Se vostra grazia non avesse già consegnato la sua risposta, dia allora ordine che me la porti lui, perché non sarò ancora partita; anche se dovessi andarmene, aspetterò.

7. Ciò che vostra grazia diceva di metterlo in uno dei nostri monasteri, me lo ha già detto lui stesso, ma non se ne può far nulla, perché non c’è in essi l’usanza di tenere secolari, né egli potrebbe sopportare quello che gli darebbero da mangiare. Anche ora, se all’albergo non gli servono carne ben preparata e ben cotta, non riesce a mangiarla; si nutre di un dolce. Quando posso, io gli mando qualche cosa da nulla, ma avviene di rado. Io non so chi potrebbe sopportarlo e servirlo così a puntino.

8. Terribile cosa è ch’egli abbia quest’umore con cui fa male a sé e a tutti. Dio le conceda il bene ch’io lo supplico di darle e la liberi dal farlo ritornare a casa sua; desidero, però, che si faccia ricorso in suo pro a tutti i mezzi possibili, perché, se dovesse morire, non restino rimorsi né a vostra grazia né a me.

9. Molte cose a don Francesco e ad Aranda. Dio conservi vostra grazia e la renda un gran santo, amen. Perché non mi dice come se la passa nella sua solitudine? Oggi è il 15 aprile. La serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

331. Alla Madre Maria di Cristo, ad Avila

Toledo, 16 aprile 1580

Autografo: Carmelitane Scalze de ‘la Imagen’ di Alcalá (Madrid)

1. Gesù sia con vostra reverenza. Ieri le ho scritto e poi mi si è offerta l’occasione d’inviare alcune lettere al nostro padre vicario. Di fronte alla povertà di vostra reverenza non è giusto che le faccia pagare tanti «porti», ma non se ne può fare a meno.

2. Per carità, vostra reverenza invii questa lettera a mio fratello con quella diretta a lui, affinché sappia che il padre Nicola è qui; è arrivato stasera e gli ho subito domandato notizie del suo denaro; egli mi dice che per quello che invieranno qui mi lascerà l’autorizzazione necessaria perché la priora lo riscuota e glielo mandi. Ella mi dice che chi ne è in possesso le ha assicurato che lo darà subito; così, da quanto vedo, si riscuoterà presto. Quello di Valladolid sembra che sia stato mandato a Siviglia perché si facciano certe commissioni, e che si riscuoterà; in caso contrario, il denaro sarà pagato in altro modo, ma è sicuro che l’avrà.

3. I miei saluti alla madre Maria di San Girolamo (vostra reverenza mi dica come sta), a Isabella di San Paolo, a Teresa e a tutte le altre, e che Dio le renda sante. Egli sia con vostra reverenza.

4. In ogni caso cerchi di mandarmi la risposta del padre vicario e di mio fratello, come le ho già detto in altre mie, e se il padre vicario fosse partito, mi scriva dove si trova, e mi rinvii le lettere destinate a lui. Oggi è il 16 aprile. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

332. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid (?)

Toledo, 5 maggio 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. Ieri ho ricevuto le sue lettere. Sono arrivate dopo quella che trattava l’affare del rettore di Alcalá. Ne ho già parlato con la signora donna Luisa e qui con il licenziato Serrano, il quale ha risposto quello che vede dall’acclusa lettera.

2. Circa le dispute di opinioni che mi comunica, sono stata ben felice che vostra paternità abbia sostenuto la tesi migliore, perché, anche se quei padri avranno ragioni plausibili, è una cosa terribile non fare in quell’ora quanto è più sicuro, per tener dietro a punti d’onore, quando ormai l’onore del mondo finisce lì e si comincia a capire quanto sia importante considerare solo l’onore di Dio. Può darsi ch’essi temano un maggior danno dall’eccitazione della vista del nemico. Ma è pur vero che Dio interviene con la grazia allorché ci determiniamo a fare qualcosa per Lui. Vostra paternità non ha motivo di affliggersi in questo caso, ma sarà bene che adduca qualche ragione in discolpa di quei padri. Assai più afflitta sono io di veder andare vostra paternità in mezzo a infezioni febbrili.

3. Sia benedetto Dio, lei sta bene, e la mia malattia è ormai finita, come ho scritto a vostra paternità. Resta solo un po’ di debolezza, perché ho passato un mese terribile, anche se la maggior parte del tempo ho resistito in piedi; abituata, infatti, come sono, a soffrire sempre, anche se provavo un gran male, mi sembrava di poterlo fare. Certo, ho creduto di morire, benché non ne fossi del tutto convinta e non m’importasse più di vivere che di morire. Dio mi fa questa grazia, che ritengo sia grande quando ricordo la paura che solevo avere in altri tempi.

4. Mi sono rallegrata di veder questa lettera di Roma, perché, anche se il documento non arriverà tanto presto, sembra cosa certa. Non capisco che subbugli possano seguire al suo arrivo né perché. Sarà bene che vostra paternità attenda il padre Vicario fra Angelo, quand’anche non avesse altra ragione che quella di non sembrare impaziente di partire con l’incarico appena affidatole, perché egli noterà tutto.

5. Sappia che ho scritto a Beas e a fra Giovanni della Croce che vostra paternità andrà lì, informando dell’incarico conferitole, visto che il padre fra Angelo mi ha scritto d’averne investito vostra paternità; anche se per un po’ ho avuto l’avvertenza di tacere, poi mi è parso che, avendomelo detto lo stesso padre Vicario, non ci fosse ragione di farlo. Vorrei tanto che non si perdesse tempo, ma se i nostri documenti arrivano presto, è senza dubbio preferibile aspettare, perché tutto potrà farsi allora con maggior libertà, come dice vostra paternità.

6. Anche se non abbia l’obbligo di venire a vedermi, mi è sembrato un vero regalo sentirle dire che s’io lo voglio verrà. Sarebbe una gran gioia per me, ma temo le critiche di quei nostri fratelli e la stanchezza di vostra paternità, perché le resta da fare ancora un lungo cammino. Devo contentarmi di pensare che non può mancare di venire da queste parti e vorrei che avesse qualche giorno di tempo per dare alla mia anima il conforto di trattare di ciò che la riguarda con vostra paternità.

7. Appena sarò un po’ più in forze, cercherò di parlare con l’arcivescovo, e se mi dà l’autorizzazione per fondare un Carmelo a Madrid, sarà di gran lunga preferibile mandare quella giovane lì anziché altrove; queste religiose si rammaricano tanto se non si fa quel ch’esse vogliono, che per me sono un tormento. In attesa di sapere se tale fondazione si effettuerà, non ho scritto alla priora di Segovia né ho parlato qui con serietà circa il suo accoglimento in questa casa, eppure credo che, sebbene la priora non ne abbia piacere, tutte le consorelle l’accetterebbero, ma non ho più il tempo di occuparmene, perché, stando a quel che mi ha scritto il padre Vicario, non potrò trattenermi qui appena sarò in grado di viaggiare, e me ne faccio uno scrupolo. A Segovia, inoltre, sono molte, più un’altra che ora vogliono ricevere, benché, essendo solo provvisoria, ciò non può loro importare molto.

8. Se, malgrado tutto, lo crede utile, scriverò alla priora di Segovia; anche vostra paternità le dica che ne sarebbe contento, perché sarà molto opportuno. Quella casa ha dato scarso, per non dire quasi nessun aiuto in tutti i nostri affari; pertanto quando si dirà loro ciò che dobbiamo a Velasco, sarà di sicuro effetto. Le religiose di qui hanno pagato ora cinquecento ducati a San Giuseppe d’Avila, dietro mia preghiera. C’è stato là un ginepraio di cose che le racconterò, e non era colpa di nessuno, altrimenti me ne sarei già occupata.

9. In verità, fintanto che non avrò parlato con l’arcivescovo, non so se sarà bene trattare di quest’affare a Segovia. Vostra paternità mi faccia sapere al più presto i suoi ordini – i carrettieri che vengono sono molti, pagando loro un buon porto –, perché condurla lì senza che le monache lo sappiano e lo vogliano è impossibile, e la licenza che mi ha inviato il padre fra Angelo – l’ho già fra le mani – è data a questa condizione. Non gli ho detto di chi si trattava. Le assicuro che desidero di prenderla molto più di vostra reverenza. A quanto credo, sarà meglio parlare all’arcivescovo nella sua casa, entrandoci da una chiesa dov’egli ascolta la Messa. Pronta a questo, agirò di conseguenza e poi avviserò vostra paternità. Ora non aggiungo altro, se non che Dio la protegga e le conceda quello di cui lo supplico. Oggi è il 5 maggio. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

333. A don Pietro Giovanni de Casademonte, a Medina

Toledo, 6 maggio 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Teruel

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei. L’essere stata male molti giorni mi ha impedito di scriverle, anche se ho vivo desiderio di sapere notizie della sua salute. Io, grazie a Dio, vado già migliorando, sebbene sia debole e con la testa in pessimo stato, pertanto la presente non è scritta di mia mano. Supplico vostra grazia di scrivermi e di parlarmi della sua salute e di quella della signora donna Maria, a cui bacio le mani.

2. Vostra grazia sappia che a Madrid già si sono dati i cento ducati. Ne sono stata assai contenta, come anche di sapere che i romani stanno bene e che i nostri affari procedono in modo soddisfacente.

3. Mi faccia sapere se ha saputo qualcosa del nostro amico, il licenziato Padilla.

4. Non so dove mi raggiungerà la risposta alla presente, perché credo di star poco qui; vostra grazia potrà indirizzarla a Segovia.

5. Nostro Signore la conservi nella santità che io le desidero, amen. Da Toledo, il 6 maggio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

334. A donna Maria Enríquez, duchessa di Alba

Toledo, 8 maggio 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra eccellenza. Ho molto desiderato scriverle da quando ho saputo che vostra eccellenza era a casa sua, ma la mia salute è stata così cattiva che dal giovedì santo fino a circa otto giorni fa la febbre non mi ha lasciata. E la febbre era il minor male, dato quel che ho sofferto. I medici dicevano che si andava formando un ascesso al fegato; con salassi e purghe Dio ha voluto lasciarmi in questo pelago di guai. Piaccia alla sua divina Maestà di volerli riservare solo a me, e di evitarli a coloro la cui sofferenza mi dorrebbe più dei miei stessi patimenti. Qui si è saputo che gli affari di vostra eccellenza hanno avuto felice conclusione.

2. Io non so che dire, se non che nostro Signore vuole che non godiamo di gioia senza che sia accompagnata da pena: quella ch’io credo debba provare vostra eccellenza nello stare separata da chi tanto ama, ma Egli lo farà perché sua eccellenza guadagni ora molto di fronte a Lui e perché, dopo, le consolazioni vengano tutte insieme. Piaccia a Sua Maestà di provvedervi come io gliene rivolgo supplica e come glielo si chiede in tutte queste case di religiose, che lo fanno con grandissimo zelo. Ho loro raccomandato di prendersi molto a cuore soprattutto questo felice successo; io, per quanto miserabile, l’ho sempre presente, e sarà così finché avremo le notizie che desidero.

3. Penso ai pellegrinaggi e alle preghiere in cui vostra eccellenza sarà ora occupata, e come molte volte le sembrerà che la prigione concedeva una vita più tranquilla. Oh, Dio mio, quali vanità son quelle di questo mondo! E com’è preferibile non desiderare riposo o altra cosa del genere, ma rimettere nelle mani di Dio tutto quello che ci tocca in sorte, giacché Egli sa meglio di quanto noi possiamo chiedergli ciò che ci conviene!

4. Ho vivo desiderio di sapere come va la salute di vostra eccellenza e tutto il resto, pertanto la supplico d’informarmene. E non si curi minimamente del fatto che la lettera non sia di sua mano, perché, siccome da tempo non vedo la scrittura di vostra eccellenza, sono stata contenta anche dei messaggi che mi scriveva il padre maestro Gracián da parte sua.

5. Una grazia mi deve fare ora in tutti i modi vostra eccellenza – perché ci tengo che si sappia quanto lei mi favorisce sempre –: si tratta della recente fondazione a Pamplona di Navarra d’una casa della Compagnia di Gesù, il cui inizio è stato assai pacifico. Poi si è scatenata una così grande persecuzione contro quei padri, che li vogliono cacciare dalla città. Si sono messi sotto la protezione del Conestabile, e sua signoria ha detto loro buone parole e fatto molti favori. Quello che vostra eccellenza mi deve fare è di scrivere a sua signoria una lettera ringraziandolo di ciò che ha fatto e raccomandandogli di continuare senza sosta e di aiutarli in tutto quel che potrà.

6. Siccome so – per i miei peccati – l’afflizione che è per i religiosi vedersi perseguitati, ne ho avuto grande pena, e credo che chi li favorisce e li aiuta guadagni molto di fronte a Sua Maestà, pertanto vorrei che vostra eccellenza si acquistasse questo merito; credo, infatti, che Dio sarà con ciò servito che oserei anche chiederlo al duca se fosse qui.

7. La gente della città dice che la spesa di quei padri sarà un’entrata in meno per loro; pensare che la casa la dà un gentiluomo il quale assegna ad essi una rendita assai buona, non certo di povertà; e quand’anche lo fosse, è una prova di assai poca fede che un Dio così grande non sembri abbastanza potente per dar da mangiare a coloro che Lo servono.

8. Sua Maestà conservi vostra eccellenza e le dia, durante quest’assenza, tanto amor suo da poterla sopportare in pace, poiché sarà impossibile farlo senza pena.

9. Supplico vostra eccellenza di dare la lettera che le chiedo di scrivere a chi verrà per la risposta di questa. E dev’esser scritta in modo che non sembri un’usuale lettera che aderisce alla richiesta di un favore, ma l’espressione della sua precisa volontà.

10. Quanto sono importuna! Però, dopo quanto vostra eccellenza mi ha fatto e mi fa patire, non è molto che sopporti il mio ardire. Oggi è l’8 aprile, da questa casa di San Giuseppe di Toledo; volevo dire, di maggio. L’indegna serva e suddita di vostra eccellenza, Teresa di Gesù.

 

335. Al Padre Girolamo Gracián, A Madrid

Toledo, 30 maggio 1580

1. Gesù sia con vostra paternità, padre mio. Dopo che ieri, giorno della Santissima Trinità, avevo inviato la lettera per vostra paternità, ho ricevuto quella in cui mi dice di avermi scritto nel tempo stesso che al padre Nicola; oggi le altre. Era ben necessario che i nostri padri fossero là, con quella baraonda che c’è stata. Sia benedetto Colui che così dispone le cose. Scrivo la presente affinché vostra paternità non si affligga di pensare che le sue lettere si sono perdute, ma mi rincresce che la signora donna Giovanna paghi tante spese di porto. Mi raccomando alle sue preghiere.

2. Oggi ho ricevuto anche una lettera della priora di Segovia, la quale mi dice di condurre con me Giovanna López, ché tutte ne saranno felici; ma le avevo scritto in modo tale che non potevano comportarsi diversamente, anche se per la priora non ce ne fosse bisogno, perché è desiderosa di far piacere così a vostra paternità come a me. Sia benedetto Dio, giacché avranno fine ormai le esigenze che m’impongono di negoziare questi affari e tutti gli altri che si sono presentati. Le assicuro, padre mio, che ci è voluta molta abilità, perché ogni priora tira l’acqua al suo mulino e crede che alle altre case sia fatto obbligo di eseguire gli ordini.

3. Sarà ben necessario che sia provveduta di un letto, essendo cosa che non si può evitare, come anche di denaro per il corredo. Io avrei voluto volentieri riservare a me l’onere di tali spese, ma in questo momento sono estremamente povera, per quel che dirò a vostra paternità quando la vedrò. Se lei crede che per ora non convenga occuparsi di questo, cercheremo un altro mezzo, anche se, certamente, nel momento attuale non ne vedo alcuno. Andrà meglio per quanto riguarda la dote, se si farà quella fondazione.

4. Per molte ragioni credo che vostra paternità non abbia nulla da perdere a venir qui per il Corpus Domini; così partiremmo insieme. Venire in un carro non sarà molta fatica; benché il padre Antonio non tralascerà di accompagnarmi, il suo stato è tale che avremo molto da fare per lui. Passato il Corpus Domini, non c’è da aspettare più nulla, tranne l’autorizzazione dell’arcivescovo, di cui non si viene mai a capo. Mi sono vivamente rallegrata per quel che riguarda Beatrice. Ma che fretta ha il padre Nicola che vostra paternità vada lì! Secondo me, proprio per questa ragione ciò non conviene e ora lui stesso lo riconosce. Sarebbe ucciderla, qualora non ci fosse altro inconveniente. Siccome parleremo di questo e d’altre cose, se Dio vorrà, non dico di più. La serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

336. Al Padre Girolamo Gracián, A Madrid

Toledo, 3 giugno 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Non so che cosa esiga nostro Signore nel frapporre tanti disvii alla mia partenza da qui e al mio discorso con quest’angelo. [2]. Oggi gli ho scritto una specie di petizione – sono stata consigliata a farlo, e vedremo quale ne sarà la conclusione – per poter partire, ma ecco sorgere subito un altro inconveniente, ed è il timore ch’io ho di mancare all’incontro col padre fra Angelo, il quale sarà in viaggio, perché mi ha scritto che, passate le feste, sarebbe andato a Madrid. Ma, se arriviamo a una conclusione con l’arcivescovo, non credo che ciò sarà una ragione sufficiente per farci trattenere; partiremo senz’altro martedì prossimo.

3. Il padre fra Antonio sta molto meglio: dice già la Messa; pertanto vostra paternità può restare là alla buon’ora: le parlerò lì, e se no, ci vedremo in cielo. Il padre fra Antonio è stato così male che io temevo di viaggiare sola con lui, pensando che lungo la strada poteva restarci; e siccome la venuta di vostra paternità era una cosa che mi avrebbe procurato gioia, mi adoperavo a conseguirla, non riuscendo ancora a capire che se mi sforzo di ottenere qualcosa in questa vita, il risultato è proprio l’opposto. Vostra paternità aveva l’occasione di venire a visitare il padre fra Antonio, stando egli così male, e ciò sarebbe stato ben visto, come sarà bene che gli scriva di rallegrarsi della sua salute, perché è stato assai secco con lui.

4. Qui c’è il padre fra Ferdinando del Castillo. Dicevano che la principessa d’Eboli era nella sa casa di Madrid; ora dicono che è a Pastrana. Non so quale delle due versioni sia vera; qualunque di esse va assai bene per lei. La mia salute è buona, grazie a Dio. Vostra paternità mi avvisi appena il padre fra Angelo sarà lì. Questi carrettieri consegnano le lettere più presto e sono più sicuri. Io ne ho scritto a vostra paternità due in cui le dico d’aver ricevuto quella del padre Nicola e le altre che vi erano unite. L’ultima, scritta il martedì prima del Corpus Domini, mi è stata data oggi, venerdì, dopo tale festa.

5. Le rispondo servendomi di un fratello della madre Brianda, che sta bene. Tutte si raccomandano alle orazioni di vostra paternità; io, a quelle del signor Velasco: siccome gli ho scritto da poco, ora non lo faccio. Desidero vivamente che la lettera non sia andata perduta; era importante per far sì che sua sorella si trovi là al mio passaggio.

6. Il padre Nicola mi ha detto che lasciava in deposito a Siviglia ottocento ducati, perché la priora desiderava averli di riserva per le eventualità di questi affari. Glielo dico in quanto la persona che le presterà i cento ducati può esser certa di riaverli al più presto. Basterà scrivere a Casademonte ed egli, appena gli avrò scritto, invierà subito la somma, questo nel caso che lì non si ottenesse il prestito. Dio indirizzi tutto secondo le nostre necessità, e protegga vostra paternità, come io lo supplico di fare. Serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

7. Vostra paternità faccia inviare questa lettera al padre Nicola e s’informi al Carmelo di quello che sanno del padre Vicario, poi, se possibile, mi comunichi le notizie, quantunque io creda che martedì o mercoledì partiremo da qui, se non c’è nulla di nuovo, giacché sembra che siamo vittime di un sortilegio.

 

337. A don Lorenzo de Cepeda, a La Serna (Avila)

Segovia, 15 giugno 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Sanlúcar de Barrameda (Cadice)

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra grazia. Sono ormai a Segovia, molto preoccupata, e lo sarò ancora finché non avrò notizie della salute di vostra grazia, perché non capisco come possa essere che, ricevuta la sua subito dopo la partenza di Pietro de Ahumada, non ho saputo più nulla da Avila, e temo che lei sia malato e che per questo non mi scrivono da S. Giuseppe.

2. La presente è portata dal padre fra Antonio di Gesù, che la vedrà e la informerà di tutto; per questa ragione e per il fatto di essere molto occupata non mi dilungherò. Mi rimetto a sua paternità.

3. Il matrimonio in questione per il signore di cui vostra grazia mi ha scritto, non ha sortito effetto, perché qui vi si sono opposti. La priora mi parla tanto bene della giovane ch’io riterrei una vera fortuna che ci toccasse in sorte. È molto amica sua e deve venire a farmi una visita. Cercheremo come aggirare la questione perché la priora ne sondi le intenzioni, per vedere se vostra grazia potrebbe trattare della cosa. Il Signore faccia quanto meglio convenga al suo servizio e protegga vostra grazia.

4. Mi dia presto notizie della sua salute. Da Toledo le ho scritto, ma non so se avrà ricevuto la lettera. Molti saluti a don Francesco; altrettanti gliene manda il padre Gracián, ch’è qui. Dio protegga vostra grazia e la renda un gran santo, amen. Siamo arrivate qui l’altro ieri. Oggi è il 15 giugno. La serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

338. A don Lorenzo de Cepeda, a La Serna (Avila)

Segovia, 19 giugno 1580

1. Gesù sia con vostra grazia. Mi danno così tardi l’annunzio di questo messaggero… Io non so da dove provenga la conoscenza della morte imminente, né perché pensi a tali sciocchezze e l’affligga ciò che non avverrà. Confidi in Dio che è un vero amico e che non mancherà né ai suoi figlioli né a vostra grazia. Desidererei molto che lei fosse in condizioni di venire qua, visto ch’io non posso venire là; fa, però, davvero molto male a stare tanto tempo senza andare a San Giuseppe, ché l’esercizio le gioverebbe, vicino, poi, com’è il monastero, e si sentirebbe meno solo. Per carità, non continui così e mi dia notizie della sua salute.

2. Io sto molto meglio da quando sono qui; le mie solite febbriciattole sono scomparse. Non mi preoccupa più l’affare di cui le ho scritto, nonostante che non potrò occuparmene se non dopo la partenza del padre fra Angelo, ed gli starà qui otto giorni.

3. La madre priora, il padre Gracián e suor San Bartolomeo le inviano il loro vivo ricordo; da parte mia tante cose a don Francesco. Mi dia, per carità, notizie della sua salute, e resti con Dio, ché non ho tempo di scrivere di più. Oggi è il 19 giugno. La serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

4. Forse sarà necessario mandarle un messaggero perché l’affare ha fatto un passo avanti e non va male. Ma fino alla partenza del padre Angelo non posso occuparmene.

 

339.Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Segovia, 4 luglio 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe del Carmine, a Siviglia.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, madre mia. Sembra che nostro Signore non voglia far passare molto tempo senza ch’io abbia di che patire.

2. Sappia che si è compiaciuto di chiamare a sé il suo buon amico e servitore Lorenzo de Cepeda. Fu colpito da un’emorragia di tale violenza da restarne soffocato in meno di sei ore. Si era comunicato due giorni prima e morì con piena conoscenza, raccomandandosi a nostro Signore.

3. Io spero dalla sua misericordia che sia andato a godere di Lui, perché era ormai in una tale condizione che, se non si trattava d’occuparsi di cose del Suo servizio, tutto lo stancava, e per questo godeva di starsene in quella sua proprietà, a una lega da Avila; diceva, infatti, che si sentiva umiliato di sottostare a complimenti mondani. Viveva in continua orazione, perché era sempre alla presenza di Dio, e Sua Maestà gli faceva tante grazie che a volte ne restavo stupita. Era molto incline alla penitenza, pertanto ne faceva più di quanto io avrei voluto, perché mi rendeva partecipe di tutto, ed era straordinario il credito che dava a quel ch’io gli dicevo: proveniva dal grande amore che aveva per me. Io glielo ricambio nel rallegrarmi che sia fuori d’una vita così miserabile e che si trovi ormai al sicuro. E non è un modo di dire, mi è causa davvero di gioia il pensare a questo. Mi hanno fatto pena i suoi figli, ma credo che Dio li proteggerà per i meriti del padre.

4. Ho dato tanti particolari a vostra reverenza a cui so che la sua morte procurerà afflizione – e certo ben glielo deve – come a tutte quelle mie consorelle, affinché si consolino. È cosa singolare quanto abbia sofferto dei travagli che hanno avuto e l’amore che aveva per loro. Adesso è il momento di ricambiarglielo raccomandandolo a nostro Signore, a condizione che se la sua anima non ne avesse bisogno (come io credo, stando a quanto la fede mi autorizza a pensare), le loro preghiere vadano alle anime che ne avranno più bisogno, perché ne traggano aiuto.

5. Sappia che poco prima di morire mi aveva scritto una lettera qui, a San Giuseppe di Segovia, ove io sono attualmente (a undici leghe da Avila), in cui mi diceva cose tali da far pensare che sapesse quanto poco gli restasse da vivere: ne sono rimasta sbalordita.

6. Mi sembra, figlia mia, che tutto trascorra così presto, che dovremmo rivolgere il pensiero più al modo di morire che non al modo di vivere. Piaccia a Dio, poiché resto qui, che sia per servirlo in qualche cosa, visto che ho quattro anni più di lui e non arrivo mai a morire, anzi sono già guarita del male che ho avuto, anche se restano i soliti acciacchi, specie quello della testa.

7. Dica al padre mio fra Gregorio di ritenere questa per sua, di ricordarsi di mio fratello (il quale aveva sofferto molto dei travagli dell’Ordine), e che mi rendo ben conto della prova ch’egli deve sostenere con quella carica, ma abbia pazienza, e vostra reverenza altrettanto; ogni giorno aspettiamo il documento da Roma e nostro padre cerca di acquistar tempo da queste parti, perché non conviene che sia assente. Sta bene, grazie a Dio. Ha qui visitato la nostra casa con il padre fra Angelo e tornerà posdomani per recarsi con me ad Avila. Non so quanto sarà necessario fermarsi lì per vedere come sistemare ciò che si deve dare a Teresa; la poverina ha perduto molto con la morte di suo padre – che l’amava moltissimo –, e altrettanto la casa. Dio vi ponga rimedio.

8. Vostra reverenza sappia che gli ordini di pagamento da lei dati per la riscossione dei quattrocento ducati, non sono serviti a nulla, perché almeno il credito di Toledo non sarà pagato tanto presto, e piaccia ancora a Dio che si paghi. Per quanto riguarda quello di Valladolid, ora scriverò al padre Nicola d’inviarmi i documenti, perché, finita la faccenda di Avila, credo che mi manderanno là per la fondazione di Palencia – ove già da qui dovrei ora andare –, e vedrò se si può fare qualcosa. Ma adesso chi sarà nominato tutore si affretterà più d’ogni altro a riscuotere questo denaro. Vostra reverenza pensi a come pagarlo; se le si offrisse l’occasione di prendere una buona religiosa, non sarebbe male accettarla, sia a questo fine sia per l’aiuto che vostra reverenza darebbe agli affari di Roma.

9. Dio provveda a tutto; io avevo paura che il santo priore di Las Cuevas ci dovesse mancare molto. Malgrado tutto, sono felice che lo lascino riposare. Vostra reverenza glielo mandi a dire da parte mia, con l’espressione del mio ricordo e dei miei vivi omaggi; lo stesso faccia nei riguardi del padre mio Rodrigo Alvarez, e gli dica che la sua lettera è arrivata al momento giusto – perché tutta sul tema del bene che i travagli rappresentano –, e siccome mi sembra che Dio operi già miracoli per mezzo suo, in vita, mi chiedo che sarà dopo la sua morte.

10. Un miracolo mi sembrerebbe, infatti, quello di cotesta poverina se il suo ravvedimento fosse così sincero come vostra reverenza dice. Ciò che a loro sembra bene, però, vale a dire la condanna di Garciálvarez, a me sembra molto male, e io non crederei a quello che mi dicesse di lui, perché lo giudico uomo di buona coscienza e ho sempre ritenuto ch’ella gli facesse perdere la testa. Comunque, anche se tutto non sia proprio come noi desideriamo, sono stata assai felice della notizia. Da queste parti si è pregato molto per lei; forse il Signore ne ha avuto misericordia. Mi è assai rincresciuto, però, dopo aver letto la relazione dei fatti, che l’abbiano lasciata comunicarsi. Le assicuro, madre, che non è giusto che restino impunite cose simili, e che sarebbe stato bene non permetterle d’uscire dal carcere perpetuo di cui lei mi dice che qui era stata presa la decisione.

11. La lettera di vostra reverenza mi è pervenuta così tardi, che non credo sia ora più tempo di parlare del caso in questione, perché non so quando questa partirà. Quella di vostra reverenza mi è stata data la vigilia di san Pietro, e recava la data di maggio, credo del 15, pertanto non so che dire. Ma sarebbe stata un’insensatezza aspettare l’arrivo del padre Gracián per questo. Il meglio è che prima abbia detto e disdetto tutte le sue menzogne, affinché non sembri che ve l’abbia indotta lui. Mi stupisco che vostra reverenza non se ne sia resa conto.

12. Per prevenire il danno che in avvenire possono causare le calunnie da lei sparse, è necessario che il padre mio Rodrigo Alvarez veda che cosa bisogna fare e ch’ella si ritratti firmando col suo nome. Piaccia a Dio, figlia mia, di esserne soddisfatto e che quest’anima non si perda. Sua Maestà consoli il povero Paolo. Dev’essere proprio un uomo buono, se Dio gli dà tanti travagli.

13. Pena che sia poco avere una casa da dove si possano vedere quelle galere? Qui si porta loro invidia, perché è un gran requisito, questo, che aiuta a lodare nostro Signore. Le assicuro che, se si vedranno prive di essa, la rimpiangeranno.

14. Ora mi hanno detto che i moreschi della regione di Siviglia progettavano di ribellarsi alla città. Avevano trovato una buona strada per essere martiri! S’informino della verità di questa notizia e la sottopriora ce ne scriva. [15]. Mi sono rallegrata di saperla in buona salute, mentre mi ha dato pena sapere la sua così cagionevole. Per amor di Dio, vostra reverenza si riguardi molto. Dicono ch’è un buon rimedio per il disturbo dell’orina, dopo aver cotto alcune bacche di rose selvatiche, quando son mature e secche, e averle ridotte in polvere, prenderne al mattino una quantità di mezzo reale. Lo domandi a un medico. E non stia tanto tempo senza scrivermi, per carità.

16. Mi raccomandi molto a tutte le consorelle e a suor San Francesco. Quelle di qui e la madre priora si raccomandano a lei. Deve sembrar loro bello trovarsi in mezzo a quelle bandiere e a quelle baraonde, se sanno giovarsene e trarre profitto per lo spirito da tutte le novità che lì udranno, situazione che esige da loro molta vigilanza per non lasciarsi distrarre. Ho vivo desiderio che siano sommamente sante. Ma che sarebbe se si facesse la fondazione in Portogallo! Mi scrive don Teutonio, l’arcivescovo di Evora, che non ci sono più di quaranta leghe da qui. Certamente, per me sarebbe una gran gioia.

17. Sappia che, poiché vivo, desidero far qualcosa al servizio di Dio: visto che ormai sarà per poco, non voglio sciupare il tempo così oziosamente come ho fatto in questi anni, in cui tutto è consistito nel patire interiormente e per il resto non far nulla che sia utile. Le ho già detto di dare la presente a fra Gregorio; egli la consideri come sua, perché, davvero, io l’amo nel Signore e desidero vederlo. Mio fratello è morto la domenica dopo san Giovanni.

18. Vostra reverenza mi stia attenta, per carità, a quando arriva la flotta. Abbia, inoltre, gran cura di cercar di sapere da coloro che vengono dalla Città dei Re se Diego López de Zuñiga è vivo o morto; se è morto ne faccia rendere testimonianza davanti a un notaio e m’invii l’atto con ogni cautela. Se fosse possibile, procuri che ci siano due o tre testimoni (infine, faccia come può), perché, se è morto, compriamo subito una casa per le religiose di Salamanca – avendo preso accordi con chi, morto lui, ne raccoglie l’eredità –; e quanto ci sia di più penoso al mondo quel che patiscono lì dove sono, tanto da chiedersi come mai non siano morte. Questo gentiluomo è di Salamanca e da molti anni vive nella Città dei Re, parlo di Diego López de Zuñiga. Ed è anche necessario che vostra reverenza mi avvisi, se fosse vivo, di quando parte la flotta, perché io possa inviare proprio a lui certi messaggi. Badi ch’è un affare di grande importanza, e bisogna occuparsene con molta cura. Egli aveva più di settantacinque anni, ed era molto ammalato; presumibilmente starà già in cielo.

19. Mi può scrivere per la via di Madrid e inviare la lettera alla madre del padre Gracián, donna Giovanna de Antico. Io procurerò di tornare a scriverle presto. Piaccia a Dio che la presente non si perda. Sua Maestà me la conservi e adempia i miei desideri. Oggi è il 4 luglio. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

340. Alla signora vedova di Giovanni Alonso Mejía, a Valladolid

Medina, 5 agosto 1580

Autografo: Carmelitane Scalze dell’Incarnazione, Avila

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei e le dia forze spirituali e fisiche per sopportare un così grave colpo com’è stata questa prova, che, se non le fosse venuta da una mano così pietosa e giusta, non saprei come consolarne vostra grazia, tanto ne sono rimasta angosciata. Ma, siccome capisco quanto sia vero l’amore di questo gran Dio per noi e so che vostra grazia si rende ormai ben conto della miseria e dell’instabilità di questa miserabile vita, spero che Sua Maestà la illuminerà sempre più perché capisca la grazia che nostro Signore fa a chi toglie da essa, una volta che abbia conoscenza di lui, specialmente potendo avere la certezza, in base alla nostra fede, che quest’anima santa sta dove riceverà il premio che ha meritato per i molti travagli avuti quaggiù e sopportati con tanta pazienza.

2. Di questo io ho supplicato assai sinceramente nostro Signore e ho procurato che lo facessero anche queste sorelle; ch’Egli dia a vostra grazia consolazione e salute affinché cominci di nuovo a lottare in questo miserabile mondo. Fortunati coloro che stanno già al sicuro! Non mi sembra ora il momento di dilungarmi di più, se non per supplicare nostro Signore di consolarla, perché le creature valgono poco di fronte a un simile dolore, tanto più se miserabili come son io.

3. Lo faccia Sua Maestà, potente com’è, e sia d’ora in avanti la sua compagnia, in modo che non debba rimpiangere quella assai buona che ha perduto. Oggi è la vigilia della Trasfigurazione. L’indegna serva e suddita di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

341. Alle Carmelitane Scalze di Malagón

Medina del Campo, agosto 1580

Figlie mie, questo fa parte dei castighi che nostro Signore c’impone sulla terra, toglierci i santi che vi sono.

 

342. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Medina del Campo, 6 agosto 1580

Autografo: Carmelitane Scalze di Libourne (Francia)

Per la madre priora di San Giuseppe del Carmine, a Siviglia.

1. La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Avrà già ricevuto la lettera in cui le dicevo che Dio aveva preso con sé il mio buon fratello Lorenzo de Cepeda e che io andavo ad Avila per occuparmi di Teresa e di suo fratello, che sono rimasti molto soli. Ora sono a Medina del Campo, in viaggio per Vallaodolid, dove mi ordinano di andare in questo momento; vostra reverenza potrà scrivermi molto spesso, perché c’è un corriere regolare. Lei ben sa quanto mi rallegro delle sue lettere.

2. Porto con me don Francesco, mio nipote, perché a Valladolid bisogna fare alcune scritture e finché non si veda come si sistemano le cose, le assicuro che non gli mancheranno tribolazioni, e neanche a me, tanto che se non dicessi a me stessa che, proteggendoli, rendo un gran servizio a Dio, avrei già lasciato perdere tutto, restia come sono a trattare questo genere d’affari. Egli è molto virtuoso.

3. Vostra reverenza deve aiutarmi nei riguardi dei rapporti che lì si possono stabilire con le Indie e pertanto la prego, per amor di Dio, di ricordarsi di chiedere, all’arrivo della flotta, se c’è chi porta denaro per mio fratello (che Dio abbia in gloria) e avvisarmelo, perché ci si adoperi a riscuoterlo. Non trascuri di farlo, come anche di sapere se ci sono lettere, e prendere informazioni circa quanto le ho scritto, cioè se è morto Diego López de Zuñiga, che stava nella Città dei Re.

4. Mio fratello lascia stabilito che quanto gli è dovuto da quella casa, lì, serva alla costruzione di una cappella in san Giuseppe d’Avila, dove vuole essere sepolto. Ho già detto a vostra reverenza che degli ordini di pagamento da lei inviati, la riscossione è così difficile che non so se si riscuoterà nulla. La somma di Toledo, almeno – ch’io ho lasciato raccomandata alle religiose –, credo che si darà a poco a poco e tardi, se qualcosa sarà data, perché il debitore dice che bisogna fare non so quali conti, ch’egli d’altra parte ha certe lettere o non so che cosa, attestanti un suo parziale pagamento, e gode di tale autorità che nessuno vorrà fargli intimazioni di alcun genere. Ciò che si deve a Valladolid lo saprò ora se il padre Nicola m’invia le scritture. Siccome sono esecutrice testamentaria, dovrò adoperarmi per la riscossione, anche contro voglia. Pertanto vostra reverenza dia qualche disposizione; per questo debito come per quanto egli ha dato all’Ordine, non sarebbe male accettare una religiosa, se la trova buona.

5. L’acclusa lettera è indirizzata al presidente della Camera di Commercio di quella città, è del vescovo delle Canarie, suo amico, che lo prega, nel caso che arrivasse denaro dalle Indie, di occuparsi della riscossione. Badi che gli venga consegnato da persona sicura, e si regoli il meglio possibile in tutto, figlia mia, per ricompensarmi delle buone notizie che sto per darle.

6. Sappia che cinque giorni fa nostro padre fra Girolamo Gracián (che ora sta qui, e ha fatto questi viaggi con me, aiutandomi molto in tali affari) ha ricevuto una lettera da Roma, dal frate Giovanni di Gesù, il quale gli dice che il Breve riguardante i nostri affari è già stato dato all’ambasciatore del re, perché glielo inoltri, e sarà portato dallo stesso corriere incaricato della sua lettera; pertanto abbiamo la certezza che ora è nelle mani del re. Ne scrive il contenuto essenziale con profusione di particolari. Sia lodato Dio, che ci ha fatto un così grande favore: possono ben rendergliene grazie.

7. Il padre fra Girolamo mi ha detto che scriverà al padre fra Gregorio, ma non so se potrà farlo, perché oggi predica. Se il corriere gliene darà il tempo, non mancherà di scrivere, altrimenti vostra reverenza gli dia queste notizie e i miei saluti. Piaccia a Dio che stia bene; la sua malattia mi ha dato molta pena. Vostra reverenza mi scriva brevemente se adesso è guarito: finché non lo saprò, non gli scriverò, perché devo anche supplicarlo di aiutare vostra reverenza a ottenere le informazioni ch’io la prego di procurarsi, e mi dica come va quest’estate – perché ne ho paura quando vedo il caldo che fa da queste parti – oltre a darmi notizie di Beatrice e di tutte. Dia loro molti saluti, specialmente alla madre sottopriora. Il padre Nicola sta bene, grazie a Dio.

8. Io, di salute sto discretamente, con molte fatiche e preoccupazioni, ma m’importa poco di tutto. Sua Maestà sia con vostra reverenza e me la conservi. Reputo una tale fortuna avere lei lì per questi affari delle Indie, che mi sembra che tutto andrà bene. Mi scriva anche se, inviandole una procura – qualora giungesse qualcosa – potrebbe riscuotere la somma e conservarla nel suo monastero. Mi scriva molto a lungo della sua salute. Dio gliela conceda come io gliela auguro e come Egli ne veda la necessità, amen. Oggi è il giorno della Trasfigurazione. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

343. A suor Teresa di Gesù (nipote), ad Avila

Medina, 7 agosto 1580

Per la mia cara figlia, suor Teresa di Gesù.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra carità, figlia mia. Mi sono molto rallegrata delle sue lettere; il sapere che le mie le danno gioia mi rende felice, visto che non possiamo stare insieme.

2. Per quanto riguarda le aridità, mi sembra che ormai nostro Signore la tratti come coloro che ritiene forti, volendo metterla alla prova per vedere quale sia l’amore che ha per Lui, se nell’aridità è come nella gioia; io la reputo una grazia di Dio assai grande. Non ne provi alcuna pena, giacché la perfezione non consiste in questo, ma nelle virtù. Quando meno ci penserà, le ritornerà la devozione.

3. Quanto a ciò che dice di quella sorella, cerchi di non fermarvi il pensiero, ma di allontanarlo da sé. E non creda che quando si presenta un’idea alla mente, sia subito una colpa, anche se fosse qualcosa di molto male, perché non è nulla. Io vorrei che anch’ella avesse le stesse aridità: non so, infatti, se capisca se stessa, e per il suo bene possiamo desiderarle ciò. Quando dovesse venirle qualche cattivo pensiero, si faccia il segno della croce o reciti un Pater noster o si batta il petto e cerchi di pensare ad altro: ciò le sarà piuttosto di merito, per il fatto di resistervi.

4. Vorrei rispondere a Isabella di San Paolo e non ne ho il tempo. Le dia i miei saluti – ella sa che vostra carità dev’essermi la più cara – come anche a Romero e a Maria di san Girolamo. Vorrei che almeno qualcuno mi scrivesse della sua salute, visto che lei non lo fa. Don Francesco è come un angelo e sta bene. Ieri ha fatto la comunione con i suoi servi. Domani andiamo a Valladolid. Da lì le scriverà, perché ora non gli ho detto di questo messaggero. Dio la protegga, figlia mia, e la renda così santa come io lo supplico di fare, amen. Mi raccomando a tutti. Oggi è la festa di sant’Alberto, Teresa di Gesù.

 

344. A don Gaspare Daza (?), ad Avila

Medina o Valladolid (?), 8 agosto 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei. Siccome il padre rettore e la priora diranno a vostra grazia come sono andate qui le cose, non mi dilungherò nella presente.

2. Ho vivo desiderio di sapere notizie della salute di vostra grazia e dei suoi affari. Ho più tempo qui che in nessun altro luogo, se ne sapessi profittare, di raccomandare a Dio vostra grazia. Piaccia a nostro Signore ch’io serva a qualcosa, visto che non mi manca il desiderio di vedere vostra grazia in gran santità e salute. Io sto molto meglio di quando ero là, anche se con i soliti acciacchi, specialmente dovuti alla debolezza muscolare, ma la mancanza di febbre e di nausea che avevo a Segovia significano per me star bene.

3. Al mio arrivo da Avila mi hanno detto ch’erano giunti i dispacci da Roma, rispondenti al nostro fine; non ho saputo altro. Siccome questo messaggero deve ritornare, supplico vostra grazia d’informarmi di tutto, principalmente della sua salute.

4. La priora sta bene. Si raccomanda molto alle preghiere di vostra grazia. Adempie perfettamente il suo ufficio. Nostro Signore faccia di lei un gran santo. Oggi è il giorno 8. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

345. A donna Giovanna de Ahumada, ad Alba de Tormes

Valladolid, 9 agosto 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ha molto aumentato la mia pena il pensiero di quella che avrà vostra grazia. Sia lodato Dio che in tanti modi ci accorda i suoi favori. Creda, sorella mia, che quello di soffrire è grande. Consideri che tutto finisce così presto come ha potuto vedere, e si faccia coraggio: pensi che il guadagno non avrà fine.

2. Siccome il messaggero è Giovanni de Ovalle – che le dirà ciò di cui abbiamo parlato – e anche perché è l’una di notte, non mi dilungherò. Se ci riesco, don Francesco accompagnerà il signor Giovanni de Ovalle, e se non sarà per ora, farò in modo che sia presto. Per tutto quello ch’io posso fare, non c’è bisogno di raccomandazioni.

3. Mi è molto penoso trattare ora di matrimoni, dopo tante trattative d’affari, anche se tutto era dovuto a colui che è nella gloria; inoltre mi si dice che giova al servizio di Dio. Vostra grazia gli chieda di farci cogliere nel segno. Io l’avviserò di ciò che accadrà qui.

4. Molti auguri ai miei nipoti ch’io raccomando a Dio come colui che può dar loro quanto meritano, perché confidare nelle creature ha scarso valore.

5. Sua Maestà sia con lei e me la conservi. Dia i miei saluti alla madre Priora e le dica che sto bene. Ho qui alcune sue lettere che da ieri, quando sono arrivata, non ho potuto leggere, tante sono le visite e le occupazioni; pertanto non posso neanche scriverle. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

346. A don Diego Sarmiento de Mendoza

Valladolid, 21 agosto 1580

1. Lo Spirito Santo sia sempre con vostra signoria, amen. Le assicuro che non riesco a capire la ragione per cui io e queste sorelle ci siamo così intenerite e rallegrate del regalo che lei ci ha fatto con la sua lettera, perché, anche se ce ne vengano molte e noi siamo abituate a ricevere grazie e favori da persone di grande valore, ciò non ci commuove come tutto quello che viene da lei; è un enigma che non comprendiamo. Ed è un fatto che ho notato attentamente in queste sorelle ed in me.

2. Ci danno un’ora sola per rispondere, perché dicono che il messaggero va via, e, a mio parere, queste sorelle ne vorrebbero aver parecchie, piene di zelo come sono nel fare ciò che vostra signoria chiede loro, e la madrina di vostra signoria ha in testa l’idea che le sue parole debbano essere efficaci. Se l’effetto di esse fosse pari all’affetto con cui le dice, io sarei ben sicura della loro utilità, ma è cosa che riguarda nostro Signore: solo Sua Maestà può toccare i cuori, e ci fa un gran favore nel dare a vostra signoria luce di verità e desideri di bene, tanto ch’è impossibile che in un così grande spirito queste due cose non abbiano il loro effetto, sia pure a poco a poco. Posso dire con assoluta sincerità che, all’infuori degli affari che riguardano il signor vescovo, non credo che nulla riesca a far gioire la mia anima quanto vedere vostra signoria padrone di sé. E ho davvero pensato che solo Dio può soddisfare i desideri d’una persona di così gran valore; pertanto ha fatto bene Sua Maestà a permettere che sulla terra quelli che avrebbero potuto cominciare a esaudirne alcuni, abbiano trascurato di farlo. Vostra signoria mi perdoni, perché son proprio una sciocca. Ma com’è vero che lo sono i più impudenti e i più miserabili, i quali, appena si dà loro un po’ di libertà, se ne prendono molta!

3. Il padre fra Gracián si è rallegrato molto del suo ricordo; io so che ha per lei l’amore e il desiderio di servirla a cui è obbligato – credo anche di più – e che si adopera perché le persone con cui tratta (che son brave persone) la raccomandino a nostro Signore. E vi si impegna con tale volontà di esserle utile, che spero in Sua Maestà che l’ascolterà, perché, a quanto mi ha detto un giorno, non si contenta di sapere che lei è molto buono, ma vuole che sia anche un gran santo. Io ho più umili pensieri. Mi contenterei che vostra signoria rimanesse soddisfatto di quel ch’è necessario solo a lei e che la sua carità non si estendesse tanto da ricercare il bene degli altri; io vedo che se tenesse conto solo del suo riposo, già lo potrebbe avere e potrebbe occuparsi di acquistare beni eterni e servire Colui che la terrà sempre con Sé, non stancandosi di elargirglieli.

4. Sapevamo già della ricorrenza del santo di cui parla. Siamo d’accordo di comunicarci tutte per lei quel giorno, e così assolveremo il nostro debito, perché lo festeggeremo allegramente in suo onore e lo occuperemo meglio che potremo. Dagli altri favori che vostra signoria mi fa, vedo che potrò supplicarla di farmene molti altri, se ne avrò bisogno, ma nostro Signore sa che il più grande che vostra signoria mi può fare è ottenermi di stare là dove non le sia possibile accordarmi nessuno di essi, pur volendolo. Ciò malgrado, se mi vedrò nel bisogno, ricorrerò a vostra signoria, come al padrone di questa casa.

5. Sento da qui la fatica che costa a Maria, a Isabella e alla sua madrina lo scriverle; quanto a Isabellina – quella di San Giuda –, essendo nuova, tace, non so che cosa potrà dirle. Sono decisa a non corregger loro una parola; le sopporti, visto che ordina loro di parlare. È davvero non piccola mortificazione leggere sciocchezze, né poca prova d’umiltà contentarsi di gente così misera! Nostro Signore ci renda tali che vostra signoria non debba perdere il frutto di questa buona opera per il fatto che noi non sappiamo chiedere a Sua Maestà di ricompensarla di essa. Oggi è domenica, non so se 20 agosto. L’indegna serva e vera figlia di vostra signoria, Teresa di Gesù.

 

347. Al Padre Girolamo Gracián, a Medina del Campo

Valladolid, 4 ottobre 1580

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia col padre mio, amen. Oggi, festa di san Francesco, ho ricevuto da vostra paternità due lettere di cui mi sono molto rallegrata, sapendo da esse che la sua salute va migliorando. Piaccia a Dio di ascoltare le mie suppliche in merito a ciò. Sono stata molto contenta dell’accordo, perché è buono, e anche se lo fosse meno, ci sono, comunque, risparmiati i processi.

2. Io sto ormai bene, si può dire: mangio più volentieri e mi sento meglio anche per quanto riguarda la debolezza, perché vado riprendendo un po’ di forze, anche se non oso scrivere di mia mano. A poco a poco guarirò del tutto. Vostra paternità non si affligga più della mia malattia; ha già sofferto abbastanza.

3. Oh, come mi sono afflitta io del fatto che la madre priora nella sua lettera non abbia dato notizie di don Luigi, visto che la signora donna Giovanna sta ormai bene! La nostra Maria di san Giuseppe comincia ad alzarsi, non ha più febbre, ed è così allegra che sembra non abbia avuto nulla.

4. Per quanto riguarda la lettera di Pietro de Ahumada, non bisogna farci caso; io credevo che fosse anche peggio. Ha fatto molto male a non inviare ciò che gli chiedevano. Don Francesco non si difenderà da lui se non affida a me i suoi affari, perché solo verso di me ha un po’ di rispetto. Di quei beni si perderà molto, ma poco importa, purché si guadagni l’essenziale. Ora che sto meglio, certe cose non mi affliggeranno troppo, perché la malattia deve influire molto a indebolire il cuore, specialmente se si ha un cuore come il mio. Pertanto non creda che affoghi in un bicchier d’acqua.

5. La lettera di Teresita mi ha molto divertita, come anche mi sono compiaciuta della gioia e della buona salute di Francesco. Dio li tenga con la sua mano. Se Pietro de Ahumada viaggia col ronzino, don Francesco lo tenga per sé e mandi lo zio su una mula a nolo, ma è così cavilloso che non credo vi acconsentirà. Eppure non gli serve ad altro che a procurargli spese; pertanto Francesco gli dica che non avrà alloggio a La Serna e non ha dunque motivo d’andare e venire. Se la cavi, insomma, come meglio può, senza dargli nulla né fargli alcuna firma. Lo assicuri che gli si darà sempre quanto mio fratello gli ha lasciato – essendo stabilito in modo preciso – e gli ricordi che quelli di La Serna gli hanno appena dato cento reali per intercessione della priora. Non so come possa dire che non gli hanno dato nulla. Questo suo umore è una vera tribolazione. E la mia testa è in un tale stato che, pur non scrivendo di mia mano, non posso intrattenermi con vostra paternità così a lungo come vorrei. Dio la protegga e le dia quella santità di cui io lo supplico.

6. Mi ricordi a quei signori e alla madre priora Ines di Gesù. Suor San Bartolomeo si raccomanda alle preghiere di vostra paternità ed è molto lieta di saperla in buona salute.

7. Vorrei proprio che don Francesco si mostrasse severo con don Pietro de Ahumada chiedendogli perché intende accordarsi con Perálvarez per quanto si riferisce all’amministrazione della proprietà, così che l’uno paralizza l’altro; anche se Pietro de Ahumada dice, infatti, di far qualcosa, non fa nulla. Bisogna prendere un amministratore, sia per questo, sia per quanto Francesco de Salcedo ha lasciato alle religiose; e così potremmo stare un po’ tranquille.

8. Don Francesco non si mostri assolutamente mai debole con Pietro de Ahumada, ma gli dica con fermezza tutto il desiderio che ha (e anche di più, se può farlo) di cambiar stato; le cose son giunte a un punto tale che non si possono dissimulare, come vostra paternità mi dice, perché quel paggetto ne andava già parlando in giro; tanto più ne parlerà là e saprà ben ingrandire la portata della notizia. Il signor licenziato Godoy mi ha detto qui di averlo saputo dall’antico governatore di Avila, ove ne hanno parlato anche altre persone; è, dunque, cosa di dominio pubblico. Se dovrà realizzarsi, non c’è ragione che rimanga segreta: non appena si saprà ch’è certa, tutti taceranno. Del resto, dato il suo carattere, non credo che ciò abbia importanza per lui. Mi ha scritto una lettera che mi ha fatto lodare Dio. Sia Egli con vostra paternità.

9. Ho paura che quel muletto non debba essere adatto per vostra paternità, e ritengo opportuno che ne acquisti uno buono. In tal caso, non mancherà di trovarsi chi le presti il denaro, e appena qui faremo una riscossione, io glielo manderò; oppure venda il ronzino di Pietro, s’egli lo lascia. Temo solo che non abbia a comprare una bestia che la getti a terra, padre mio, mentre con questo muletto, siccome è così piccolo, non mi preoccupo tanto di eventuali cadute. E neanche mi sembra ben fatto che Francesco monti una bestia che non lasci al convento nel prendere l’abito. Veda vostra paternità quanto sia il meglio da farsi, e cessi d’essere timido, ché mi fa morire con la sua timidezza. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

10. Vostra paternità legga a don Francesco quello che riguarda Pietro de Ahumada. Badi che il meglio da farsi è mandarlo da me: tra noi due ci metteremo d’accordo.

 

348. Alle Carmelitane Scalze di San Giuseppe d’Avila

Valladolid, 7 ottobre 1580

1. Gesù sia con le loro reverenze, amen. Io mi vedo con poca salute, e anche se ne avessi molta, non è ragionevole sentirsi sicuri in una vita che finisce tanto presto; così mi è parso opportuno scrivere alle loro reverenze questa relazione di quanto si deve fare, se Dio vuole che don Francesco pronunci i voti.

2. Le scritture riguardanti l’eredità di quella casa si sono concluse definitivamente. Dio sa le preoccupazioni e la fatica che mi è costato giungere a vedere le cose a questo punto. Sia benedetto Dio per il risultato ottenuto; sono del tutto a posto. Adesso si trovano conservate nell’arca delle tre chiavi in questa casa; siccome a volte ne ho bisogno, per ora non le invio. Vi è unito il testamento di mio fratello (che Dio abbia in gloria) e tutto quello ch’è stato necessario per la legalizzazione. Da qui si porteranno via, perché non conviene assolutamente che stiano in altro luogo che non sia la loro casa, ben conservate nell’arca delle tre chiavi.

3. Se Francesco pronunciasse i voti, si dovrebbe sapere qual è il suo testamento e dargli dalla rendita dell’anno tutto quello che dovrà spendere, perché egli non può far testamento se non sulla rendita di quest’anno e credo sui mobili.

4. Poi si devono dividere i beni fra don Lorenzo e Teresa di Gesù. Fino a che ella faccia la professione, può disporre come vuole della sua parte. È chiaro che farà ciò che vostra reverenza le dirà, ma è giusto che si ricordi di sua zia donna Giovanna, visto che si trova in gran bisogno. Quando farà la professione, tutto resterà alla casa.

5. La parte di don Lorenzo sarà affidata allo stesso amministratore, il quale darà conto separatamente di tutto quello che si spenderà. Quanto al modo di spendere il denaro, la priora e le religiose non dovranno far altro che adempiere ciò che dice il testamento.

6. Anzitutto si deve fare la cappella voluta da mio fratello, che Dio abbia in gloria. Ciò che mancherà dei quattrocento ducati dovuti da Siviglia, si deve prendere dalla parte di don Lorenzo, e fare la pala d’altare, le grate e tutto quello ch’è necessario. La priora mi ha già mandato a dire che invierà presto almeno duecento ducati.

7. Mi sembra che il testamento dica (non me lo ricordo bene) che nella distribuzione delle rendite di don Lorenzo, per certe cose io faccia quello che mi piacerà. Io, conoscendo l’intenzione di mio fratello, ch’era quella di fare l’arco della cappella maggiore (tutte loro hanno visto che ne aveva il disegno), dico con la presente, firmata col mio nome, che la mia volontà è che, quando si farà la cappella di mio fratello (che Dio abbia in gloria) si faccia anche il suddetto arco della cappella maggiore e una grata di ferro che non sia delle più costose, ma imponente e del tutto conveniente.

8. Se Dio volesse chiamare a sé don Lorenzo senza che lasci figli, allora si faccia la cappella maggiore come prescrive il testamento. Badino di non fidarsi molto dell’amministratore, ma procurino che alcuni dei loro cappellani vadano spesso a vedere la proprietà di La Serna per controllare che se ne traggano buoni frutti, perché questa proprietà deve avere un valore; se, però, non se ne ha molta cura, andrà presto in rovina, e loro, in coscienza, sono obbligate a non lasciare che si perda.

9. Oh, figlie mie, che stanchezza e che lotte comportano questi beni temporali! L’ho sempre pensato e ora lo vedo per esperienza, tanto che, a mio parere, tutte le preoccupazioni che ho avuto nelle fondazioni, almeno in parte, non mi hanno reso inquieta, né stancato tanto come queste; non so se ne sia stata causa la mia grave malattia, che certo vi ha contribuito. Le loro reverenze preghino Dio d’aver fatto ricorso a questi fastidi per il suo servizio – poiché me la son presa così a cuore essenzialmente a questo fine – e mi raccomandino molto a Sua Maestà; non avrei mai pensato di amarle tanto. Egli indirizzi tutto alla Sua più grande gloria e al Suo più grande onore, e la ricchezza temporale non ci tolga la povertà di spirito. Oggi è il 7 ottobre. Serva delle loro reverenze, Teresa di Gesù.

Si conservi questa memoria nell’arca delle tre chiavi.

 

349. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Valladolid, 25 ottobre 1580

Originale e autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la priora di San Giuseppe.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Ho ricevuto la sua lettera e quella della madre sottopriora, e anche se erano molto vecchie, sono stata felice di vedere la sua scrittura, ma la gioia si è molto raffreddata quando ho letto del suo cattivo stato di salute. Quella che vostra reverenza ha scritto al padre Nicola il primo di ottobre mi ha riconfortata, perché in essa dice di star meglio. Piaccia a Dio che il miglioramento prosegua a grandi passi. Non pensi che quelle enfiagioni siano sempre effetto d’idropisia, perché qui ci sono religiose che ne soffrono o che ne hanno sofferto, e alcune ora stanno bene, altre sono in via di guarigione. Ciò malgrado, non tralasci di curarsi e guardarsi da quanto il medico dice che le può nuocere, non foss’altro per far piacere a me e non aggiungere preoccupazioni ai travagli che qui si soffrono.

2. A me non sono mancati quelli inerenti alla cattiva salute, da quando sto a Valladolid. È stata questa la ragione per cui non ho scritto. Ho ancora la testa così debole che non so quando potrò farlo di mia mano, ma la mia segretaria è tale che posso fidarmi di lei come di me. Sappia che sono stata così male che non pensavano ch’io potessi sopravvivere. Ora da vari giorni sono senza febbre, ma non so perché Dio mi lascia al mondo, se non è per farmi vedere quest’anno la morte di tanti servi di Dio, il che mi è di gran dolore. Quella del padre Soto non mi ha colpito molto; sono più afflitta di ciò che soffrono il padre Gregorio e gli altri nel convento di Los Remedios. È stata una tormenta generale; pertanto non c’è da meravigliarcene, ma lodare Dio che, anche se in questi monasteri ci sono state grandi sofferenze, non sia morta nessuna Scalza. La buona Maria del Sacramento ha ricevuto ora l’Estrema Unzione ad Alba. La raccomandino a Dio, come anche me stessa, molto, affinché io serva in qualcosa Sua Maestà, visto che mi ha lasciata qui.

3. Ciò che mi dice dell’antico priore di Las Cuevas mi è rincresciuto moltissimo. Per amor di Dio, non tralasci di consolarlo in tutti i modi possibili e gli mandi a dire molte cose da parte mia – ché, essendo così debole, non gli scrivo –; per il padre mio Rodrigo Alvarez componga un messaggio speciale e glielo dia a mio nome. Vedo che il padre priore di Pastrana le ama tanto che non mancherà di scrivere loro spesso quello che accade qui, ed è per me una gran consolazione.

4. Quanto a Beatrice, vostra reverenza l’ha proprio indovinata a bruciare quel foglio, e farà altrettanto bene a non parlarne né con lei né con nessuno. Se a Dio piacesse di farci la grazia di veder realizzata questa provincia, allora si deciderebbe che cosa fare di tale sorella, perché, come le ho detto altre volte, non è bene che resti senza castigo.

5. Sono meravigliata di come non ci sia nessun messaggio dalle Indie per mio fratello (che Dio abbia in gloria); almeno le lettere ritengo impossibile che si sia tralasciato di scriverle. Mi faccia sapere quando parte la flotta e se si è ricordata di quello che le ho scritto da Segovia, cioè di procurare d’informarsi da qualcuno della Città dei Re se è vivo un gentiluomo di Salamanca, Diego López de Zuñiga; se fosse morto, cerchi due testimoni che ne facciano fede, perché è quello che ci deve vendere la casa per le religiose di Salamanca, che non l’hanno, e io temo che per questa ragione vada a monte quella comunità.

6. Preghi caldamente il signor Orazio de Oria di occuparsene, lo supplichi da parte mia e gli dica che mi raccomando alle sue preghiere, che non lo dimentico nelle mie e che gli rivolgo questa supplica perché si tratta d’un servizio di Dio.

7. Si ricordi che deve procurarmi un corriere sicuro di cui possa servirmi per scrivere alla Città dei Re, nel Perù, e alla città di Quito, e non dimentichi di avvisarmi in tempo della partenza della flotta (del resto c’è un corriere regolare che viene qui, tanto ch’io, quando stavo là, ricevevo di continuo lettere da questa casa) o lo dica al nostro padre Nicola. Invio la presente per essere più sicura che avvisi sua reverenza.

8. Ho la testa così debole che mi stanco anche di dettare, perché questa lettera oggi non è stata la sola. Ho avuto una così grande nausea da restarne indebolita più che dalla febbre.

9. Dia molti saluti da parte mia alla madre sottopriora e a tutte le consorelle. Le assicuro che ho un gran desiderio di rivederle. A Dio tutto è possibile. Sua Maestà la protegga come io lo supplico di fare e la renda una gran santa. Mi faccia sapere se le diminuisce un po’ il gonfiore e la sete. Tutte le sorelle di questa casa le inviano molti saluti. La loro risposta circa i moreschi le ha divertite. Anche se non mi scrive di sua mano, non se ne preoccupi, potendosi fidare in tutto della sottopriora. È il 25 ottobre. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

10. Molti saluti a suor San Francesco – la cui lettera ci è stata davvero motivo di ricreazione –; mi raccomando vivamente a suor Giovanna della Croce e alla portoghese; vostra reverenza si adoperi perché tutte raccomandino a Dio il padre fra Pietro Fernández, che sta agli estremi; consideri che gli dobbiamo molto e che ora ci manca parecchio. Il padre mio fra Gregorio mi è causa di gran pena; vorrei potergli scrivere. Gli dica che così si fanno i santi, e lo stesso dico a vostra reverenza, figlia mia. Non riesco ad abituarmi a non scriverle di mia mano.

 

350. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Valladolid, 7-8 novembre 1580

1. … stanca come sono, mi riposo scrivendo a vostra paternità di mia mano.

2. Velasco le ha inviato una lettera e un’altra il padre Nicola a Salamanca. Ho aperto quest’ultima, che conteneva solo avvisi per l’affare in merito al quale giungevano ormai troppo tardi; pertanto l’ho strappata. Dentro ce n’era una del padre fra Gregorio, nella quale le diceva che partiva per Almodóvar ad aspettare la convocazione del Capitolo. Era sgomento di partire e lasciare la casa senza licenza. Mi ha fatto pena. Vostra paternità mi dica se ne sa qualcosa e se hanno trovato qualche traccia di fra Bartolomeo di Gesù.

3. Il padre Vicario fra Angelo è partito da qui per Madrid quasi quindici giorni fa. Andava di fretta. Siccome ora Matusalemme si agita, non vorrei che fosse a nostro danno. Sarebbe bene conoscerne le intenzioni, come le ha sapute vostra reverenza. Ho ricevuto anche il biglietto che accompagnava la mia lettera.

4. Ieri avevo scritto quello che la presente contiene. Oggi è venuto il corriere e si è avuta notizia sicura che, anche se è ancora in vita, non c’è nessuna speranza che il padre Pietro Fernández si salvi,…

5. Ho vivo desiderio di sapere com’è andato il viaggio di vostra reverenza a Siviglia, specialmente quando ricordo i pericolosi torrenti che vi si incontrano. Per amor di Dio, mi scriva per tutte le vie possibili. Mi dicono che qui viene un corriere da lì. Io lo saprò, ma finché non me ne assicurerò non manderò questa lettera che per mezzo della signora donna Giovanna Dantisco. Vostra reverenza se ne assicuri da parte sua e mi scriva servendosi di lui, ché per riuscire a star bene del tutto è necessario ch’io ricorra a ogni mezzo, anche se non sto male ora, visto che le scrivo così a lungo.

6. Sappia che mi ha scritto il padre Mariano dicendomi l’importante motivo perché sia eletto provinciale Macario, e come io debba adoperarmi molto a tal fine. Guardi un po’ che vita! Essi sono molto amici. Tali cambiamenti mi stupiscono: al riguardo io sono ogni giorno più contraria, mentre egli vi s’impegna col suo solito zelo.

7. Resti con Dio, padre mio, e mi risponda circa l’affare di Palencia. Sua Maestà le conceda quello di cui io lo supplico e la ricompensi della carità che mi ha fatto scrivendomi così spesso dopo la sua partenza, cioè da molto tempo. Oggi è l’8 novembre, e la figlia di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

8. Mi faccia sapere quando partirà la flotta, perché devo scrivere, e domandi anche se c’è qualche viaggiatore che vada a Quito; lo dico per don Lorenzo.