LA VOCAZIONE DI UN CARMELO TERESIANO CHIAMATO A VIVERE IN DIALOGO CON DIO E CON I FRATELLI!

Epistolario 3


201. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid (?)

Avila, luglio-agosto 1577 (?)

1. … Antonio Gaytán è stato qui. È venuto a chiedere che si riceva ad Alba sua figlia; deve avere press’a poco l’età della mia piccola Isabella. Le religiose mi scrivono che è estremamente aggraziata. Suo padre le darà gli alimenti e in seguito tutto quello che possiede libero da vincoli legali: dicono che saranno sei o settecento ducati e anche di più; inoltre ciò ch’egli fa per quella casa e il lavoro che ha prodigato per tutto l’Ordine non ha prezzo.

2. Supplico vostra paternità di non mancare di mandarmi la licenza, e anche presto, perché le assicuro che questi angeli ci edificano e ci procurano diletto. Se in ogni casa ce ne fosse una e non più, non vedrei in ciò nessun inconveniente, ma solo un vantaggio…

 

202. A don Alvaro de Mendoza, a Olmedo

Avila, primi di agosto del 1577

Autografo: Museo Diocesano nella cattedrale di Valladolid

All’illustrissimo e reverendissimo don Alvaro de Mendoza, vescovo di Avila, mio signore, a Olmedo.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con la signoria vostra, amen. Io mi sono rimessa dalla malattia che avevo, anche se non dal male alla testa, che mi tormenta sempre col suo continuo rumore. Ma se saprò che la signoria vostra gode buona salute, sopporterò agevolmente ben maggiori mali.

2. Bacio alla signoria vostra molte volte le mani per la grazia che mi fa di scrivermi: le sue lettere ci sono di gran consolazione; le hanno ricevute anche queste madri e sono venute a mostrarmele, avendole assai gradite, e con ragione.

3. Se la signoria vostra avesse visto quanto era necessaria la visita di chi possa spiegare le Costituzioni e le conosca per averle praticate, credo che sarebbe molto compiaciuto, rendendosi conto del gran servizio reso a nostro Signore e del bene fatto a questa casa nel non lasciarla alla mercé di chi non sapeva capire la via attraverso la quale il demonio poteva introdursi, come cominciava già a fare, e finora senza colpa di nessuno, essendo buone le intenzioni di tutti. Certo, non finisco di renderne grazie a Dio.

4. Quanto alle nostre necessità, non soffriremo di alcuna; nel caso che il vescovo non porti ad esse aiuto, vostra signoria non se ne dia pena, perché vi si porrà rimedio con l’aiuto reciproco dei nostri monasteri meglio di quel che potrebbe fare chi non avrà per noi l’amore testimoniatoci tutta la vita da vostra signoria. Se avessimo qui la signoria vostra e potessimo godere della sua presenza – è questa, infatti, la nostra pena – per il resto non ci sembrerebbe che nulla sia cambiato, poiché siamo come sempre sue suddite, e lo saranno ugualmente tutti i nostri superiori, specialmente il padre Gracián, a cui sembra di aver contagiato l’amore che abbiamo per la signoria vostra.

5. Oggi gli ho mandato la lettera di vostra signoria, perché non è qui. È andato ad Alcalá a congedarsi dai padri che si recavano a Roma. Le sorelle sono contentissime di lui. Certo, è un gran servo di Dio, ma per loro conta molto anche il vedere che seguirà in tutto gli ordini della signoria vostra.

6. Per quanto riguarda quella signora, procurerò di fare ciò di cui la signoria vostra m’incarica, se ce ne sarà l’occasione, perché chi mi ha informata non è di quelle persone che hanno l’abitudine di venire alla nostra casa, ma da quanto ha lasciato capire, non è questione di matrimonio. Dopo aver visto la lettera di vostra signoria, mi son chiesta, però, se non si trattasse proprio di questo e se non si cerchi di frapporvi ostacoli, pur non riuscendo a credere che chi mi ha parlato s’interessi nella presente circostanza a qualche altro, se non perché zelante del pubblico bene e di Dio. Sua Maestà lo guidi per il suo maggior servizio, perché ormai le cose sono giunte a tal punto che, anche se vostra signoria non lo voglia, vi si troverà immischiato. Mi è di gran consolazione che sia tanto distaccato da non provarne alcuna pena. Consideri se non sarebbe bene avvertire la Badessa, e mostrarsi contrariato con la persona ch’è intervenuta, per vedere se si potesse porvi un qualche rimedio: le assicuro che la cosa mi è stata molto raccomandata.

7. Per l’affare del maestro Daza non so che dire, tanto vorrei che la signoria vostra facesse qualcosa per lui, perché vedo quanto affetto lei gli deve, e se anche lo favorisse di ben poco, ne sarei felice. Egli dice che tale affetto è così grande che se credesse d’infastidirla supplicandola di concedergli un favore, non per questo cesserebbe di servirla, ma cercherebbe solo di non domandarle mai favori. Però, essendo così pieno d’affetto e vedendo che la signoria vostra accorda ed ha accordato favori ad altri, un po’ ne soffre, ché gli sembra di aver poca fortuna.

8. Riguardo al canonicato, egli stesso scrive alla signoria vostra di che cosa si tratta. Per essere contento gli basta la certezza che, se ne resterà uno vacante prima della partenza di vostra signoria, lei lo favorirà; la gioia, poi, che ne verrebbe a me è perché credo che ciò sarebbe gradito a Dio e al mondo, e veramente la signoria vostra glielo deve. Piaccia a Dio che ci sia qualcosa, perché lei lasci tutti contenti; anche se fosse meno di un canonicato, credo ch’egli lo accetterebbe. Infine, non tutti hanno per la signoria vostra un amore così disinteressato come le Scalze, giacché vogliamo solo che ci ami e che Dio ce la conservi per molti anni.

9. Mio fratello può ben rientrare nel nostro numero. Ora è in parlatorio. Bacia molte volte le mani della signoria vostra, e Teresa i piedi. Tutte noi restiamo mortificate nel sentire che vostra signoria ci chieda di raccomandarla ancora a Dio, perché ciò dev’essere ormai talmente risaputo dalla signoria vostra, che è farci torto chiedercelo. Mi stanno incitando a sbrigarmi per la consegna di questa lettera: pertanto non posso dilungarmi. Credo che le basterà dire al maestro, per farlo contento, che se ci sarà un posto vacante, glielo darà. L’indegna serva e suddita della signoria vostra, Teresa di Gesù.

 

203. A don Alvaro de Mendoza, a Olmedo

avila, 6 settembre 1577

1. Gesù sia sempre con la signoria vostra. Mi ha dato molta gioia il matrimonio della signora donna Maria; le assicuro che, contenta com’ero, non riuscivo a credervi del tutto; pertanto è stata una gran consolazione leggere la notizia nella lettera della signoria vostra. Sia benedetto Iddio che mi ha fatto tale somma grazia, perché specialmente in questi ultimi giorni ero molto inquieta e piena di timore, con vivo desiderio di vedere la signoria vostra libera da così gran preoccupazione, e senza che ciò le dovesse costar molto. Mi dicono, infatti, ch’è un matrimonio molto onorevole. Circa il resto, non può essere tutto perfetto; sarebbe stato un inconveniente ben più grave s’egli fosse molto giovane. Le mogli sono assai più vezzeggiate da chi ha una certa età; lo sarà particolarmente una sposa che ha tante qualità come lei per essere amata. Piaccia a nostro Signore che abbiano una piena felicità; io non so quale notizia potrebbe giungermi in questo momento che mi facesse tanto piacere.

2. La malattia della mia signora donna Maria mi è stata causa di afflizione. Voglia il Signore che non sia come d’ordinario. Qui si avrà più cura del solito a pregare per lei.

3. Nostro Signore la ricompensi della sua elemosina, che è giunta in momento assai opportuno, perché ormai non avevamo più nulla a cui far ricorso, anche se ciò non mi desse molta preoccupazione. Francesco de Salcedo ne aveva assai più di noi, che confidiamo sempre in Dio. L’altro giorno mi ha detto di voler scrivere a vostra signoria, per metter solo queste parole nella lettera: «Signore, non abbiamo pane». Io non gliel’ho permesso, perché ho tale desiderio di sapere la signoria vostra senza alcun debito, che sopporterei più volentieri la mancanza del pane che non esser causa di un aumento di spese per vostra signoria. Ma, poiché Dio le fa dono di tanta carità, spero in Sua Maestà che sarà avvantaggiato da un’altra parte. Piaccia a Lui di vegliare su di lei per molti anni e di condurre me dove possa godere della sua compagnia.

4. Il padre Gracián è ben deciso a non lasciarmi andare all’Incarnazione, ma è Dio a ispirarmi timore, anche se non c’è cosa presentemente che ci risulti peggiore di questa. Mi dà molta gioia che la signoria vostra cominci a fare attenzione all’eccessiva generosità della sua indole evitando le occasioni come la feria. Piaccia a Dio che sia per il suo bene, e vegli sulla signoria vostra più che su di me. Oggi è il 6 settembre. L’indegna serva e suddita della signoria vostra, Teresa di Gesù.

5. Teresa le bacia le mani; ella fa quello che la signoria vostra le comanda. Dice che partirebbe volentieri con lei.

 

204. Al Re don Filippo II, a Madrid

Avila, 13 settembre 1577

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra maestà, amen. Mi è giunta notizia di un memoriale consegnato a vostra maestà contro il padre maestro Gracián, tale che sono spaventata degli artifizi del demonio e di quelli dei padri Calzati, perché non si contentano d’infamare questo servo di Dio (quale egli è, in realtà, motivo per noi tutte di tanta edificazione che dai monasteri ch’egli visita mi scrivono sempre come lasci in essi un nuovo spirito), ma ora cercano di screditare anche i nostri monasteri dove il Signore è così ben servito. E a tale scopo si sono valsi di due Scalzi, di cui l’uno, prima d’essere frate, era stato servitore in questi monasteri e aveva fatto cose che dimostrano chiaramente come spesso gli venga meno il senno. Ebbene, di questo Scalzo e di altri, accalorati nel dar contro al padre Gracián (perché è lui a doverli punire), si son voluti servire i frati «del panno», facendo firmare loro tali assurdità che, se non temessi il danno che può fare il demonio, mi divertirebbe ciò che viene imputato alle Scalze, perché per il nostro abito si tratterebbe di cose mostruose.

2. Per amor di Dio supplico vostra maestà di non permettere che così infami false testimonianze siano portate in tribunale, perché il mondo è di tal fatta che in certe persone può rimanere il sospetto (anche quando si dimostri largamente il contrario) che ne abbiamo dato in qualche modo motivo, e non si aiuta la Riforma lasciando macchiare un Ordine che, per la bontà di Dio, è stato così ben riformato, come vostra maestà potrà vedere, se vuole, in base a un’attestazione su questi monasteri che il padre Gracián per certi riguardi ha fatto fare da autorevoli e sante persone che frequentano le nostre religiose Scalze.

3. E poiché si possono investigare i moventi di coloro che hanno scritto il memoriale, per amor di nostro Signore vostra maestà vi s’impegni come in cosa che riguarda la sua gloria e il suo onore, perché se quelli «del panno» vedono che si dà ascolto alle loro false testimonianze, per liberarsi dalla visita moveranno al Visitatore l’accusa d’essere eretico, e dove non c’è molto timor di Dio sarà facile provarlo.

4. Mi fa pena tutto quel che soffre questo servo di Dio, pur con la rettitudine e la perfezione che dimostra in ogni cosa: ciò mi obbliga a supplicare vostra maestà di accordargli il suo favore e ordinare che sia liberato da una situazione così piena di pericoli, poiché è figlio di dipendenti di sua maestà, a parte i suoi meriti personali. Mi è sembrato davvero un uomo inviato da Dio e dalla sua Madre benedetta, la devozione per la quale – che è in lui così grande – lo ha condotto nell’Ordine per darmi aiuto; da più di diciassette anni, infatti, pativo da sola lottando con questi padri «del panno» e non sapevo più come poterlo sopportare, non bastando a ciò le mie deboli forze.

5. Supplico vostra maestà di perdonarmi per essermi così dilungata; il grande amore che ho per la maestà vostra mi ha fatto osare tanto, considerando che, poiché il Signore sopporta i miei indiscreti lamenti, anche vostra maestà vorrà sopportarli.

6. Piaccia a Lui di ascoltare tutte le preghiere che si fanno in quest’Ordine di Scalzi e di Scalze perché ci conservi lunghi anni vostra maestà, non avendo noi altra difesa sulla terra. Scritta in San Giuseppe d’Avila, il 13 settembre 1577. L’indegna serva e suddita di vostra maestà, Teresa di Gesù, Carmelitana.

7. Sospetto che, finché il Tostado resterà al posto in cui è ora, la visita non sarà di alcun profitto, ma di molto danno, soprattutto da quando si è unito a lui quel predicatore che fu prima Calzato, sulla cui vita supplico vostra maestà di farsi informare. Inoltre, se fosse necessario, tutte noi religiose Scalze siamo pronte a giurare di non aver mai udito il padre Gracián dire una parole né visto in lui nulla che non ci sia stato di edificazione. Ha avuto, poi, così estrema cura di non entrare nei monasteri, che perfino i Capitoli – per i quali sembra inevitabile entrare – sono stati da lui tenuti ordinariamente attraverso la grata.

 

205. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 7 ottobre 1577

Autografo: Madri Trinitarie Scalze, via Lope de Vega 18, Madrid

Al magnificentissimo signor Rocco de Huerta, capoguardia forestale di sua maestà, a Madrid.

1. Gesù sia sempre con vostra grazia. Siccome queste lettere sono di grandissima importanza, implicano un porto notevole. Supplico vostra grazia di farle recapitare nel modo consueto e con la maggior sollecitudine possibile. E se non si trovasse persona troppo sicura e di fiducia, vostra grazia si serva di un messaggero privato: nostro padre lo pagherà.

2. Ci sono due involti di lettere, perché avevamo già mandato il plico quando ci è capitato un altro affare, e questo corriere non ha voluto assolutamente darci il plico in modo che unissimo alle prime lettere quelle nuove, pertanto è stato necessario farne un altro. Il Signore le indirizzi come occorre e conservi vostra grazia per il suo maggior servizio. Scritta il 7 ottobre. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

3. Vostra grazia mi faccia sapere, per amor del Signore, che c’è di nuovo circa gli affari, e stabilisca un buon porto.

4. È molto importante che entrambi i plichi siano rimessi a nostro padre insieme e quanto più brevemente possibile, come ho detto.

 

206. A don Giovanni de Ovalle, ad Alba de Tormes

Avila, 20 ottobre 1577

Autografo: Parrocchia di San Giovanni, Avila

1. Gesù sia con vostra grazia. Ieri sera mi hanno dato una lettera del padre maestro Gracián in cui mi dice che sono arrivate le Bolle dell’arcivescovo di Toledo che egli crede sia già a Toledo, e se ci sta è perché sarà andato a prendere possesso della sua sede. Or ora ho trovato quest’uomo, e mi è sembrata una fortuna. Dice che martedì a mezzogiorno consegnerà la lettera; oggi è domenica 19 ottobre, credo.

2. Siccome è notte inoltrata non dico di più, né ho fatto sapere a mio fratello che quest’uomo parte, perché non credo che abbia da chiederle nulla. Gli ho dato tre reali, e qui gliene darò altri due. Là gliene diano due per il ritorno, essendone stati convenuti sette, ma ho qualche scrupolo a darglieli tutti qui, fino a che non chieda di poterlo fare. Oh, che prove son questi impegni della nostra povertà! Piaccia a nostro Signore – poiché io non posso far nulla – di provvedere a lei da un’altra parte, Egli che lo può.

3. Terrò pronta la mia lettera, perché vostra grazia non si trattenga qui, giacché sarà una gran cosa per lei trovare l’Arcivescovo a Toledo. Ieri ho scritto di nuovo là per supplicare la signora donna Luisa di non dimenticarsi di nulla e la priora di ricordarle tutto continuamente. Se Dio vuole, tutte queste diligenze e questi favori saranno sufficienti. Prenda una bestia che cammini bene, e non alta che la stanchi eccessivamente.

4. Le religiose se ne stanno senza ascoltare la Messa, e non c’è niente di nuovo neanche per quanto riguarda gli altri affari, che vanno bene. Informi la priora della venuta di questo messaggero, nel caso volesse scrivere.

5. Mia sorella consideri questa lettera come sua, e mi saluti Beatrice. Se fossimo stati indovini, partendo da qui lei sarebbe arrivato in tempo a Toledo, anche se non perde l’opportunità di tale viaggio. Ci pensi il Signore; e poiché è tardi, non scrivo di più. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

207. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, 22 ottobre 1577

Originale e Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di Siviglia.

1. Gesù sia sempre con vostra reverenza, figlia mia. Il mese passato le ho scritto servendomi di un mulattiere di questa città, del quale si è servito anche mio fratello. In quella lettera le dicevo che i nostri affari si erano un po’ ingarbugliati, come già vostra reverenza avrà saputo dal padre fra Gregorio in modo più completo di quanto io gliene abbia potuto scrivere allora. Ora, Dio benedetto, vanno molto bene, ogni giorno meglio, e nostro padre gode buona salute e mantiene ancora la sua commissione, anche se io avrei gran desiderio di vederlo libero da tale gente; sono tante le cose che inventano da non potersi scrivere; ciò che v’è di buono è che tutto piove sulle loro spalle e diventa un bene per noi.

2. Già vostra reverenza saprà come fra Michele e fra Baldassarre si siano ritrattati, anche se fra Michele giura che no ha scritto una parola di quel memoriale e che lo si è fatto firmare col ricorso alla forza e alle minacce. Ha detto questo e altro ancora alla presenza di testimoni, davanti a un notaio e al Santissimo Sacramento. Il re ha capito ch’era tutto frutto di cattiveria; pertanto non fanno che nuocere a se stessi. Io ho la testa in stato deplorevole. Mi raccomandi a Dio, e lo preghi d’illuminare questi fratelli, per la salvezza delle loro anime.

3. Le comunico ora che qui, all’Incarnazione, succede una cosa tale ch’io credo che non se ne sia mai vista un’altra simile. Per ordine del Tostado è venuto qui il Provinciale dei Calzati, quindici giorni fa, per fare le elezioni; minacciava grandi censure e scomuniche per quelle che dessero il voto a me. Ciò malgrado, esse non se ne sono curate, e, come se non fosse stato detto loro nulla, cinquantacinque religiose hanno votato per me; a ogni voto che rimettevano al Provinciale, egli le scomunicava e le malediceva, malmenava la scheda tempestandola di pugni e la bruciava. Già da quindici giorni le ha scomunicate, vietando loro d’udir la Messa, d’entrare nel coro, anche quando non si dice l’ufficio divino, e di parlare con alcuno, sia con i confessori, sia con i propri genitori. E quel ch’è più divertente è che all’indomani di queste elezioni tempestate di pugni, il Provinciale è tornato a riunirle perché procedessero di nuovo all’elezione, ma esse hanno risposto che non v’era ragione di votare ancora, avendolo già fatto. Visto questo, ha rinnovato la scomunica, ha chiamato quelle che, tolte loro, rimanevano, cioè quarantaquattro, ha fatto eleggere un’altra priora e ha mandato a chiedere al Tostado di confermarla nella carica.

4. Ora ha avuto la conferma, ma le altre tengono duro e dicono che non vogliono obbedirle se non come a vicaria. I dotti affermano che non sono scomunicate e che i frati contravvengono alle prescrizioni del Concilio, nell’eleggere come priora quella che ha avuto un numero inferiore di voti. Le altre hanno mandato a dire al Tostado che vogliono me per priora. Egli ha risposto di no, che s’io voglio andare a ritirarmi là, posso farlo, ma come priora non si può ammetterlo. Non so dove si andrà a finire.

5. Ecco, in breve, quello che ora succede; lo stupore è generale nel vedere una cosa come questa, che offende tutti. Io perdonerei loro volentieri, se volessero lasciarmi in pace, perché non ho voglia di trovarmi in simile babilonia, tanto più con la poca salute che ho e che quando sto in quella casa va peggio. Dio decida com’è meglio per il suo servizio e mi liberi da esse.

6. Teresa sta bene e si raccomanda a vostra reverenza. È assai graziosa ed è cresciuta molto. Preghi Dio che ne faccia una sua serva. Vostra reverenza mi faccia sapere se la vedova è entrata – come io desidero – e se sua sorella è tornata alle Indie.

7. Ho vivo desiderio di poter trattare con vostra reverenza di molte cose, perché ciò mi consolerebbe, ma un qualche giorno avrò più tempo e un messaggero più sicuro di questo, che porti le mie lettere. La signora donna Luisa ci aiuta molto e ci favorisce in tutto. La raccomandi a Dio e all’arcivescovo di Toledo, né si dimentichi mai il re.

 

208. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 22 ottobre (?) 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Cracovia (Polonia)

Al magnificentissimo signor Rocco de Huerta, capoguardia forestale di sua maestà…, a Madrid.

1. Lo Spirito Santo sia con vostra grazia. Siccome ho scritto per esteso, servendomi di Diego Hernández, due giorni fa, credo, e sto aspettando chi porti la presente, non mi dilungherò. Non scrivo a nostro padre, avendolo fatto allora.

2. Ho vivo desiderio di sapere che ne è di quelle povere religiose dell’Incarnazione… È cosa che presto si accerterà.

3. Vostra grazia sappia che la priora dell’Incarnazione ha avuto l’olio santo, e io sono in pena per i nuovi travagli che quelle povere religiose soffriranno, perché hanno tolto voce in Capitolo e possibilità di elezione a più di cinquanta, e c’è il solito Provinciale, che nominerà la priora solo col voto delle altre, e sarà forse peggio ai fini delle loro aspirazioni. Oh, come manca loro il nostro buon amico Padilla! Perché se ci fosse chi…

4. Ho scritto anche alla duchessa d’Alba… L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

5. …Ho ricevuto le lettere recate da Diego Hernández e ne ho avuto molto conforto; servendomi di lui ho risposto a vostra grazia e a nostro padre. Credo che tutto sia già lì. Vostra grazia non tralasci di avvisare quel parente di Isabella López… laico, per vedere se può esserci qualche rimedio per queste poverette.

 

209. Al Padre Girolamo Gracián

Avila, ottobre 1577 (?)

Le dico che Giuseppe ha ragione di lasciarla dormire. Me ne sono compiaciuta molto, perché da quando vostra paternità è partito, gliel’ho chiesto insistentemente con vive preghiere, sembrandomi una cosa necessaria. E ho quasi creduto che lo faccia per me – anzi, lo credo decisamente – per essermi impegnata tanto a chiederglielo. Per lo meno con questo sonno il lavoro sarà sopportabile. Ciò malgrado, mi sembra pochissimo quello che lei si concede, perché, andando al Mattutino e alzandosi di buon’ora, non so quando possa dormire a sufficienza.

 

210. A Rodrigo de Aranda, a Madrid

Avila, 10 novembre 1577

Al magnificentissimo e reverendissimo signor Rodrigo de Aranda, mio signore, a Madrid.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra grazia, padre mio, e nostro Signore la ricompensi della consolazione che mi dà con le sue lettere. È stata per me enorme quella procuratami dalla buona sentenza del processo. Ne ho reso molte grazie a nostro Signore. Non so se sia un segno di grande perfezione provare tanto piacere per una cosa temporale, ma credo che vostra grazia l’abbia avuto ben grande, e ch’io posso felicitarmi con lei, come faccio. L’assenza di vostra grazia dalla città in un simile momento ci farà sentire nella solitudine. Dio voglia che le cose si appianino in modo che non si debba aver bisogno del favore della mia signora marchesa e dei buoni uffici di vostra grazia.

2. Sappia, padre mio, che queste religiose, dico quelle dell’Incarnazione, sono sempre nella stessa situazione, causa per me di gran pena. Ho vivo desiderio che obbediscano alla priora ch’è stata eletta, alla quale obbediscono sì, ma come vicaria. Esse (siccome a loro sembra che il bene di quella casa consista in ciò che si è fatto – e forse s’ingannano – e che la vedranno andare in rovina, perché i frati già son lì di ritorno) dicono che vorrebbero attendere fino a che lo potessero. Per carità, vostra grazia s’informi se c’è un mezzo per cui il Tostado o il Provinciale le possano assolvere, o se può intervenire il Nunzio – nel tribunale non si muovono a questo riguardo, - perché se la situazione dovesse durare a lungo, sarebbe cosa ben dura.

3. Ne parli anche con il signor licenziato Padilla e in base a quello che conviene fare scriva al padre Giuliano d’Avila, che s’impegnerà molto nei loro riguardi e forse riuscirà a persuaderle a obbedire a donna Anna, perché a me, sapendo che non voglio andare lì, danno poco credito.

4. Supplico la marchesa mia signora di favorire queste trattative come potrà. Se io le vedessi ormai in pace, mi sarebbe di gran consolazione. Non scrivo al signor licenziato Padilla per non stancarlo, giacché bastano le tante fatiche che ha, ma desidero vivamente sapere che ne è del Tostado. Vostra grazia gli legga il particolare di queste monache, la supplico, giacché non si può permettere a lungo una situazione siffatta, che dovrebbe essere ormai finita, essendo causa di gran turbamento e non potendosi evitare che non vi sia offesa di Dio.

5. Sua Maestà conservi vostra grazia. Queste sue figlie glielo raccomandano. Oggi è la vigilia di San Martino.

6. Una volta che lei sia informato di tutto – dopo che ne abbia parlato con il signor licenziato Padilla –, se non trovasse un corriere che parta subito, la mia signora marchesa le manderà un domestico. E se vostra grazia ritiene che questo sia un fastidio, mandi un proprio corriere: si pagherà qui, perché oltre la settimana prossima non è possibile attendere; del resto può vedere anche lei che la casa sarà nella confusione, come oggi mi scrive nell’accluso biglietto fra Giovanni. E se vostra grazia mandasse un corriere personale, avvisi il signor licenziato Padilla e il signor Rocco de Huerta, che forse avrà alcune lettere di nostro padre da inviarci. Il Signore diriga tutto ciò, perché son cose che mi rendono afflitta, e conservi vostra grazia. Oggi è la vigilia di San Martino. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

7. Scrivo al signor licenziato Padilla; pertanto vostra grazia non gli dica altro se non di vedere in che modo ci si debba regolare, perché le cose sono tali che non ammettono attesa. Gli faccia vedere l’accluso biglietto.

 

211. Al Padre Girolamo Gracián

Avila, novembre 1577

1. Ritengo somma grazia di Dio che fra tante tempeste Paolo abbia la forza di prendere così grandi decisioni, perché, con tante occasioni di perdere la pace, sarebbe già molto se l’avesse per un’ora al mese. Sia gloria a Colui che gliela concede.

2. Se mantiene quest’impegno, io non ho più nulla da desiderare per la mia consolazione, perché tutte le tribolazioni, infine, dovranno pur avere un termine, e, se non l’avessero, poco importa. Vostra paternità lo avvisi che io conserverò questo scritto per ricordargli la parola data, qualora mancasse ad essa.

3. Il suo impegno è giunto a proposito, visti i timori in cui sono, perché la mia grande angustia è che Paolo possa fare qualcosa in cui abbia a deviare dalla volontà di Dio. A questo riguardo, Giuseppe ha molto rassicurato Angela, dicendole ch’egli è sulla buona strada e va acquistando sempre maggiori meriti.

 

212. Al Re don Filippo II, a Madrid

Avila, 4 dicembre 1577

1. La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra maestà, amen. Io sono fermamente convinta che nostra Signora abbia voluto servirsi di vostra maestà e l’abbia scelto come sostegno per la salvezza del suo Ordine; pertanto non posso fare a meno di ricorrere a vostra maestà per le cose che lo riguardano. Per amor di nostro Signore supplico vostra maestà di perdonare tanto ardire.

2. Credo che vostra maestà abbia certamente saputo come queste religiose dell’Incarnazione si siano adoperate ad avermi presso di loro, pensando che avrei trovato qualche rimedio per liberarle da quei frati, che sono loro certamente di grande ostacolo per il raccoglimento e la pratica della Regola a cui aspirano, e che della mancanza di ciò in quella casa hanno tutta la colpa. Esse, però, in proposito sbagliano in pieno, perché fino a quando saranno soggette ad averli come confessori e visitatori, la mia presenza lì non sarà loro di alcun profitto – almeno durevole – come ho sempre detto al Visitatore domenicano, che lo ha ben capito.

3. Mentre Dio permetteva questo, per rimediare in qualche modo alla situazione, misi lì in una casa un frate Scalzo, così gran servo di nostro Signore che è per le religiose motivo di somma edificazione, con un suo compagno. Tutta la città è sbalordita dell’enorme progresso che ha fatto loro realizzare; pertanto lo si ritiene un santo, e, a mio giudizio, lo è e lo è stato tutta la sua vita.

4. Il Nunzio precedente, informato di quanto avveniva e del danno che facevano quelli «del panno», in seguito a un’ampia relazione pervenutagli dagli abitanti della città, diede ordine, sotto pena di scomunica, ch’essi fossero restituiti al monastero (perché i Calzati li avevano cacciati con molti insulti, fra lo scandalo generale), e – sempre sotto pena di scomunica – che nessuno «del panno» si recasse lì per trattare affari o dir Messa o confessare, ma vi andassero solo gli Scalzi e i sacerdoti secolari. Così la casa è andata avanti bene fino alla morte del Nunzio, quando sono ritornati i Calzati, senza mostrare in virtù di quale diritto potessero farlo, e con loro è tornato il disordine.

5. E ora un frate, ch’è venuto per assolvere le religiose, le ha talmente importunate, senza regola né giustizia, che sono grandemente afflitte, né libere in alcun modo dalle pene precedenti, a quanto mi è stato detto. Per di più il nuovo venuto (che si dice sia stato eletto vicario provinciale e dev’essere vero, perché è indicato più d’ogni altro a seminare martiri) ha tolto ad esse i confessori e li tiene prigionieri nel loro monastero dopo aver scassinato le porte delle loro celle e preso, dove c’erano, le loro carte.

6. Tutta la città è scandalizzata di come, non essendo un superiore (poiché i due Scalzi sono soggetti al Commissario Apostolico) e senza mostrare su quale diritto si appoggiasse, gli sia stata possibile tanta impudenza, in una città così vicina alla residenza di vostra maestà; i Calzati non sembrano temere che vi sia una giustizia né Dio. Io sono molto angosciata di sapere quei padri nelle mani di costoro che da tempo si auguravano di imprigionarli, e preferirei ch’essi fossero fra i Mori, i quali, forse, ne avrebbero maggior pietà. Inoltre il padre suddetto, così gran servo di Dio, è talmente debole per tutto quello che ha sofferto, che temo per la sua vita.

7. Per amor di nostro Signore, supplico vostra maestà di ordinare che sia subito liberato e che tutti questi poveri Scalzi non debbano patire tanto da parte di «quelli del panno». Essi non fanno che tacere e soffrire, guadagnando, certo, molto, ma è uno scandalo per la gente. Lo stesso Calzato ch’è qui ha tenuto prigioniero quest’estate a Toledo fra Antonio di Gesù – ch’è un santo vecchio, il primo di tutti gli Scalzi – senza alcuna ragione; vanno inoltre dicendo che li distruggeranno tutti, perché tale è l’ordine del Tostado. Sia benedetto Iddio! Coloro che dovrebbero essere il mezzo per impedire che il Signore venga offeso, sono essi stessi la causa per cui si commettono tanti peccati, e ogni giorno faranno peggio, se la maestà vostra non ordina di porvi rimedio; non so davvero dove andremo a finire, poiché non abbiamo altro appoggio sulla terra.

8. Piaccia a nostro Signore che lei ci sia conservato per molti anni. Spero ch’Egli ci farà questa grazia, vedendosi così solo, perché sono ben pochi coloro che si curano del suo onore. Di ciò tutte queste serve di vostra maestà e io stessa lo supplichiamo continuamente. Scritta in San Giuseppe di Avila, il 4 dicembre 1577. L’indegna serva e suddita di vostra maestà, Teresa di Gesù, Carmelitana.

 

213. Al Padre Gaspare de Salazar, a Granada

Avila, 7 dicembre 1577

Al magnificentissimo e reverendissimo signore e padre mio, a Granada.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra grazia, padre mio. Oggi, vigilia della Concezione, mi hanno consegnato una lettera di vostra grazia. Nostro Signore la ricompensi della consolazione che mi ha dato. Ne ho proprio bisogno, perché sappia che da più di tre mesi sembra che si siano riunite in gran numero orde di demoni contro gli Scalzi e le Scalze. Sono tante le persecuzioni e le calunnie scatenate sia contro di noi, sia contro il padre Gracián, e così difficili da digerire, che ci restava solo di rifugiarci in Dio; pertanto credo ch’egli abbia ascoltato le nostre preghiere (provenivano, in fondo, da anime buone), e quelli che avevano presentato al re i memoriali di così illustri imprese a nostro carico li hanno ritrattati. Gran cosa è la verità; ne godevano soprattutto queste sorelle. A me ciò importa poco; non c’è da stupirsi che ormai l’abitudine mi renda insensibile a queste cose.

2. Ora, per ultima conclusione, le monache dell’Incarnazione si sono accordate per eleggermi priora, e, pur avendo io una maggioranza di quattordici o quindici voti, i frati hanno ordito tali abili maneggi, che hanno fatto eleggere e confermare un’altra con minor numero di voti. E mi avrebbero reso un gran favore, se tutto si fosse svolto in pace.

3. Siccome le religiose mie fautrici non hanno voluto assoggettarsi a obbedirle se non come vicaria, le hanno scomunicate tutte, ed erano più di cinquanta. Anche se di fatto, realmente, scomunicate non erano, a detta dei teologi, le hanno però tenute due mesi senza che potessero sentire la Messa né parlare con i confessori, in preda a una grande angustia, e lo sono ancora, nonostante che il Nunzio abbia ordinato di assolverle. Pensi un po’ che vita vedere tutto questo!

4. La questione è ora all’esame del Consiglio Reale, e anche se è una gran pena quanto avviene, ben più penoso sarebbe per me se mi facessero andare all’Incarnazione. Vostra grazia raccomandi la cosa a Dio, per carità, giacché io credo che fino a quando non ci costituiremo in provincia a parte, non ci libereremo mai da inquietudini. Il demonio fa quanto può per impedirlo.

5. Oh, s’io ora potessi parlare a vostra grazia per metterla al corrente di tante cose! È una tale storia ciò che accade e ch’è accaduto, ch’io non so dove si andrà a finire. Quando ci sarà qualcosa di nuovo, scriverò a vostra grazia lungamente, poiché mi dice che le lettere hanno un corso sicuro. Mi avrebbe molto giovato sapere che vostra grazia aveva un tale amico a Madrid, e forse anche adesso potrà giovarmi.

6. Le ho scritto lungamente da Toledo; non mi dice se ha ricevuto la lettera. Non sarebbe cosa da stupire che vostra grazia vada là, ora ch’io mi trovo qua, fortunata come sono. Certo, sarebbe stato per la mia anima un piccolo conforto!

7. Peralta è molto grato a Carrillo di quel che fa per la sua parente, non perché si preoccupi di lei, ma per il fatto di constatare che in tutto si soddisfa la sua volontà. Se vostra grazia lo dovesse vedere, glielo dica, come anche che, infine, non troverà in nessun amico tanta lealtà.

8. Si vede bene chi sia stato a disporre quest’amicizia. Le si fa sapere che la faccenda per la quale si è scritto da Toledo a quel personaggio non ha avuto alcun risultato. Si sa con certezza che quel gioiello è nelle sue mani, e anche che ne fa grandi elogi; pertanto finché non se ne stancherà, non lo darà: ha detto, anzi, che voleva esaminarlo a fondo. Si dice che se il signor Carrillo venisse qui vedrebbe un altro gioiello che – da quanto si può capire – lo supera in valore, perché non tratta d’altro se non di quel ch’è Lui…, e con più delicati smalti e ornamenti, dal momento che alla sua prima opera l’orefice non era così abile, e qui l’oro è di una lega più pura, anche se le pietre preziose sono meno allo scoperto che nel primo. È stato fatto per ordine del Vetraio, e ciò è ben evidente, a quanto si dice.

9. Non so perché mi sia impelagata in un messaggio così lungo. Mi compiaccio sempre di tormentare gli altri, si tratti pur di farlo a mie spese, ma siccome egli è amico di vostra grazia, lei non avrà a noia di trasmettergli queste commissioni.

10. Dice anche che non ha scritto a vostra grazia per mezzo di quella persona, perché si sarebbe trattato solo d’un gesto di cortesia, non d’altro. Vostra grazia mi dica sempre se gode buona salute. Sono stata contenta di saperla in parte libero da preoccupazioni. Non è così di me, ma, non so come avvenga, sono in pace e – grazie a Dio – nulla me la fa perdere. Mi affligge questo rumore che avverto nella testa, ch’è continuo.

11. Vostra grazia non si dimentichi di raccomandarmi a Dio, e così faccia per il nostro Ordine, perché ne abbiamo molto bisogno. Sua Maestà la conservi nella santità di cui io Lo supplico, amen.

12. Queste consorelle le si raccomandano molto; sono anime assai buone. Tutte si ritengono sue figlie, specialmente io. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

214. A don Giovanni de Ovalle e a donna Giovanna de Ahumada, ad Alba de Tormes

Avila, 10 dicembre 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Bujalance (Córdoba)

1. Gesù sia con loro. Ho poco tempo per scrivere: pertanto dirò solo che ho molta cura di quest’affare. Ho scritto due volte alla signora donna Luisa, e adesso penso di scriverle ancora: mi sembra che tardi a rispondere. Certo, ho fatto e faccio tutto quello che posso. Dio disponga le cose com’è meglio per la loro salvezza, che è la questione essenziale. Non c’è ragione d’inviarle niente, perché temo che sia tutto perduto; piuttosto mi rincresce ciò che hanno speso per andare a Toledo, senza trarne evidentemente alcun risultato. Al fratello di lei non sarebbe male usare qualche cortesia, perché, infine, è il padrone e non ci perdono niente; essi sono incapaci di fare alcunché se non pensano di trarne qualche vantaggio.

2. Tutti i gentiluomini vanno a passare l’inverno in campagna; non so perché costi loro così grande sacrificio fare altrettanto. Siccome ora le terrà compagnia (parlo a mia sorella) donna Beatrice, che saluto vivamente, non mi sento preoccupata. Io non sto peggio del solito, il che è molto.

3. Le religiose sono state assolte, anche se permangono nell’ostinata decisione di prima e sono più afflitte, perché hanno loro tolto gli Scalzi. Non so come andrà a finire tutto ciò, e provo una gran pena, perché questi padri si comportano da insensati.

4. I miei fratelli stanno bene. Non sanno di questa lettera, intendo dire del corriere, se non li hanno informati da altra parte. Anche Teresa non ha più febbre, benché le duri ancora il raffreddore. Dio sia sempre con loro. È il 10 dicembre. La vostra indegna serva, Teresa di Gesù.

 

215. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, 10 dicembre 1577

Autografo e originale: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù sia con lei, figlia mia. Oh, da quanto tempo non vedo una sua lettera e come mi sembra d’esser lontana stando qui! Anche, però, se fossi più vicina, avrei avuto molta difficoltà a scriverle negli ultimi giorni, con tutti i disordini che ci sono stati e che in questa lettera le saranno raccontati. Le assicuro che il Signore non mi lascia oziare. Prima che me ne dimentichi: per quanto riguarda l’Agnus Dei, io vorrei che fosse guarnito di perle. Ma non ha bisogno di consultarmi quando una cosa piace a vostra reverenza, perché io sono lieta che lei ne sia contenta. Che possa essere molto felice.

2. Avrei proprio voluto che in mezzo a questo bailamme (mi dicono che la provincia si è di nuovo sollevata) ci si fosse affrettati a richiamare le religiose di Paterna, ché lo desidero assai vivamente. Nostro padre mi ha scritto d’aver comunicato a vostra reverenza di farlo, con parere favorevole dell’arcivescovo. Cerchi di ottenerlo prima che sorgano altri impedimenti.

3. Qui mi stanno ricordando di chiederle un po’ di «caraña», perché mi giova molto; dev’essere buona. Non se ne dimentichi, per carità. La può mandare, bene avvolta, a Toledo, perché me la facciano avere, o basterà che l’affidi all’uomo di qui, quando verrà.

4. Non manchi d’impegnarsi con ogni cura a risolvere l’affare di Paterna; prescindendo da quelle religiose, è cosa che vorrei per vostra reverenza, perché non so come loro abbiano potuto cavarsela da sole. Ora la mia compagna le dirà la storia dei nostri travagli.

5. Vostra reverenza mi scriva se ormai ha finito di pagare la casa, e se le avanza denaro, e perché ha questa fretta di traslocare. M’informi di tutto, perché il priore di Las Cuevas mi ha scritto a questo riguardo.

6. Vostra reverenza sappia che le religiose dell’Incarnazione sono state assolte, dopo esser rimaste quasi due mesi scomunicate e tenute sotto il peso di gravi angustie, come ormai probabilmente saprà. Il re ha ordinato al Nunzio di farle assolvere. Il Tostado e i suoi consiglieri hanno mandato a tal fine un priore di Toledo, il quale le ha assolte, sì, ma con tante costrizioni che sarebbe lungo dire, lasciandole più tormentate e più desolate di prima; e tutto perché vogliono me come priora e non quella scelta da loro. Inoltre hanno tolto ad esse i due Scalzi ch’erano stati posti lì dal commissario apostolico e dal Nunzio precedente, e li hanno portati via catturandoli come malfattori. Ne sono grandemente afflitta, e lo sarò finché non li vedrò fuori del potere di questa gente; preferirei saperli in terra di Mori.

7. Si dice che il giorno in cui li hanno presi li abbiano fustigati due volte, e che li sottopongano a tutti i maltrattamenti possibili. Il padre Giovanni della Croce è stato condotto via dal Maldonado – che è il priore di Toledo – per essere presentato al Tostado, e fra Germano, dal priore di qui a San Paolo della Moraleja; questi, tornato, ha detto alle religiose che sono dalla sua parte, di aver lasciato in buone mani quel traditore; dicono che andava versando sangue dalla bocca.

8. Le religiose ne hanno sofferto e ne soffrono più che di tutti i loro travagli, anche se son gravi. Per carità, le raccomandi a Dio, insieme con questi santi prigionieri; domani saranno già otto giorni da quando stanno in carcere. Le religiose dicono che son proprio santi e che in tutti gli anni della loro permanenza lì, non hanno mai visto in essi nulla che non fosse degno di apostoli. Non so dove andranno a finire le insensatezze di questa gente. Dio, nella sua misericordia, vi ponga il rimedio che veda necessario.

9. Mi raccomando molto al padre fra Gregorio; gli dica di far pregare Dio per tutti questi travagli, perché merita gran compassione ciò che sopportano queste monache; sono davvero martiri. Aggiunga che non gli scrivo, avendolo fatto da poco. La lettera per lui era insieme con quella per vostra reverenza. Mi raccomando molto alla mia Gabriella e alle altre. Dio sia con tutti. Oggi è il 10 dicembre.

10. Io non riesco a capire con quale denaro vogliano comprare un’altra casa; non mi ricordo neanche se quella lì sia pagata – mi sembra che mi abbia detto che gl’interessi erano saldati –, ma se la postulante di cui parla non entra come religiosa, è chiaro che vorrà il suo denaro, specialmente se si sposa la sorella. M’informi a lungo di tutto, per carità, giacché, per mezzo del padre Padilla, le lettere arrivano sicuramente, rimettendole all’arcivescovo o ricorrendo a nostro padre, e più presto che per la via di Toledo.

11. Se ha tanto denaro, non si dimentichi di quello dovuto a mio fratello, che paga cento ducati d’interesse per una tenuta comprata a suo tempo, e sarebbe un grande aiuto per lui avere anche solo duecento ducati, perché dalle Indie non gli hanno portato nulla.

12. M’informi anche di come va la sedizione della provincia e mi dica chi hanno fatto Vicario; mi raccomandi al padre Evangelista, gli dica che Dio gli dà buone occasioni per esser santo e mi parli a lungo della sua salute con notizie di loro tutte; se non ha il tempo di farlo, la mia Gabriella me ne scriverà.

13. Molti saluti a Beatrice e al signor Garciálvarez, la cui malattia mi ha molto amareggiata; a tutte dica molte cose da parte mia, come anche al padre Nicola. Dio me la conservi. La sua serva, Teresa di Gesù.

14. Cerchi di badare molto alla sua salute; vede bene com’essa sia necessaria. Può darsi che vadano a bruciarsi vive nella casa che vogliono acquistare. Consideri che quella in cui sta offre grandi comodità, ed è nuova; può darsi che s’intestardiscano tanto ch’io le lasci fare, perché, certo, desidero la loro tranquillità. Ma ha visto quanto ci vantavano per buona la prima.

 

216. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, 19 dicembre 1577

Autografo e originale: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù sia sempre con vostra reverenza, figlia mia. Ho ricevuto la sua, e insieme le patate, il barile e i sette limoni. Tutto è giunto in buonissimo stato, ma l’invio costa tanto che, in coscienza, non c’è ragione per cui vostra reverenza mi mandi più nulla.

2. Saranno più di otto giorni che le ho scritto per la via di Madrid; pertanto nella presente non mi dilungherò, perché non ci sono novità nei fatti di cui le ho parlato allora e che ci affliggono molto. Benché si compiano oggi diciassette giorni da quando i nostri due confratelli sono stati imprigionati, non sappiamo se li abbiano rilasciati, pur avendo fiducia in Dio, che deve certo portarvi rimedio.

3. Siccome sta per giungere il Natale e non si può trattare di affari di giustizia fin dopo l’Epifania, se le cose non saranno sistemate ora, il tormento sarà lungo per i nostri tribolati. Anche queste religiose dell’Incarnazione fanno molta pena, oppresse come sono da tanti travagli e per di più essendo state private dei loro santi confessori, che sono così angariati. Per carità, le raccomandino tutti a Dio, perché desta gran pietà quel che patiscono.

4. Mi rallegro che vostra reverenza stia bene, che altrettanto sia di tutte le consorelle e del fatto che si sia scoperto il bel servizio che ci rendeva Bernarda. Piaccia a Dio che la vedova faccia quel che vostra reverenza dice, cioè di non chieder loro il denaro. Al padre priore di Las Cuevas ho scritto quando l’ho fatto per vostra reverenza, mandando la lettera, ripeto, per la via di Madrid, e siccome non so se questo messaggero sia sicuro, non aggiungo altro.

5. Dia i miei saluti al padre Garciálvarez e al padre fra Gregorio; non rispondo alla sua lettera (che mi ha fatto molto piacere) per la ragione che le ho detto. Cercherò di sapere se c’è qui qualcuno che conosca quel rettore e gli farò scrivere. Mi raccomando molto alla mia Gabriella; le dica che la sua lettera mi ha fatto gran piacere. Saluti per tutte le consorelle; a donna Eleonora vostra reverenza dica da parte mia tutto quello che vorrà, particolarmente che mi è di estrema consolazione la gran carità che prodiga alla loro casa. Ora, perché sappia come stanno le cose, hanno voluto dodici reali per il porto dei doni inviatimi, e la legatura del pacco era molto lenta, non so perché. Vostra reverenza resti con Dio, che conceda loro un così buon Natale come io glielo auguro. Oggi è il 19 dicembre.

6. Teresa e tutte le si raccomandano molto. Io ho la testa in uno stato deplorevole (non so come ritengano il contrario), e ho tante tribolazioni riunite insieme che a volte mi sento stremata. Non so quando giungerà lì questa mia né se l’arrivo sia sicuro. Mio fratello sta bene. Non tralasci di ricordarmi vivamente a tutte, e dica a quelle di Paterna che i loro canti mi hanno divertito; da quel che possiamo capire, le loro speranze risulteranno presto vane, come vedranno ben chiaramente. L’autorizzo a dir loro da parte mia tutto quello che vorrà. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

7. Sappia che le ordino in tutta serietà di obbedire a Gabriella per ciò che riguarda il trattamento da usarsi, come ordino a lei di aver cura di vostra reverenza, vedendo quanta importanza abbia per noi la sua salute.

 

217. Al Padre Girolamo Gracián, a Pastrana/Alcalá (?)

Avila, dicembre 1577 (?)

1. Lodo molto il Signore, che dà a vostra paternità questa pace e questo desiderio di contentarlo in tutto. La luce, poi, di cui a volte le fa dono su cose tanto deliziose è frutto della sua gran misericordia. Infine, Sua Maestà deve pur darci il suo aiuto in conformità dei nostri travagli, e poiché questi sono grandi, altrettanto lo sono le grazie. Sia benedetto il suo nome per sempre.

* * *

2. Io dico, padre mio, che sarà bene per vostra paternità dormire. Consideri che ha molto lavoro e che la stanchezza non si sente fino a quando la testa non si riduce in un tale stato che non c’è più rimedio; e lei ben vede quanto la sua salute sia necessaria. Segua in questo l’altrui opinione, per amor di Dio, lasci perdere i suoi progetti, per quanto necessari essi siano, e sospenda l’orazione nelle ore in cui deve dormire. Cerchi di farmi questa grazia, perché molte volte il demonio, quando vede fervore nello spirito, non potendo ostacolare il bene per un verso, ricorre ad altri mezzi, ispirando cose di grande importanza al servizio di Dio…

 

218. Al Padre Girolamo Gracián

Avila, dicembre 1577 (?)

Ho riletto la lettera di Paolo dove mi dice che tralascia di dormire per pensare a certe cose, e credo che lo dica riferendosi al rapimento dell’orazione. Non prenda l’abitudine di trascurare un così gran tesoro (vostra paternità glielo dica), tranne che non si tratti di privarsi del sonno necessario al corpo, perché sono numerosi i beni dati nell’orazione dal Signore, e non mi meraviglierei che il demonio volesse levarglieli. E siccome tale grazia non si ha quando si vuole, deve apprezzarsi quando Dio ce la dà, giacché in un momento Sua Maestà ci mostrerò migliori mezzi per servirlo di quanti ne possa ricercare l’intelletto, facendoci in tal modo perdere un così gran guadagno. Mi creda, le dico la verità, salvo che si tratti del momento di concludere qualche importante affare, anche se allora con le preoccupazioni il sonno andrà via, e se viene, c’è sempre modo di trovare il tempo per pensare a ciò che conviene fare. Un libro che ho letto dice che, se lasciamo Dio quando Egli ci vuole, quando lo vorremo non lo troveremo.

 

ANNO 1578

219. Al Padre Girolamo Gracián

Avila, gennaio 1578 (?)

Io le amo teneramente; pertanto mi rallegro quando vostra paternità me le loda e mi esprime la sua riconoscenza, come se ne avessi merito io.

 

220. A don Teutonio de Braganza, ad Evora

Avila, 16 gennaio 1578

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con la vostra illustrissima signoria, amen. Più di due mesi fa ho ricevuto da lei una lettera alla quale avrei voluto rispondere subito; aspettavo solo un periodo di calma durante i grandi travagli che dal mese di agosto affliggono Scalzi e Scalze, per darne qualche notizia a vostra signoria, accogliendo la richiesta della sua lettera, ma finora le cose vanno ogni giorno peggio, come le dirò fra poco.

2. In questo momento io non ho altro desiderio se non quello di vederla, essendomi difficile dire per iscritto la gioia che mi ha dato la lettera ricevuta questa settimana da vostra signoria per mezzo del padre rettore, anche se da più di tre settimane avessi ben chiare notizie di vostra signoria, e poi di esse mi sia venuta conferma anche da altra parte; pertanto non so come vostra signoria pensi che possa restare segreto un simile avvenimento. Piaccia alla Divina Maestà che sia per la sua santa gloria e per il suo onore, e l’aiuti a salire a maggior santità, cosa di cui sono certa. Creda che Dio non mancherà d’ascoltare così viva supplica da parte di anime che pensano solo a servirlo, in tutto quel che gli chiedono; io, per quanto miserabile sia, lo supplico di ciò incessantemente, e altrettanto si fa in tutti i monasteri di queste serve della signoria vostra, dove io trovo ogni giorno anime che, certo, mi riempiono di confusione. Sembra proprio che nostro Signore vada scegliendole per condurle in queste case da paesi dove non si sa chi abbia potuto dar loro notizie di noi.

3. Pertanto vostra signoria si faccia coraggio e non le passi per la mente che ciò non sia stato disposto da Dio (io, per me, la ritengo una cosa certa), ma pensi che Sua Maestà vuol farle mettere ora in pratica il desiderio che ha avuto di servirlo, giacché è rimasto gran tempo ozioso e nostro Signore ha molto bisogno di chi favorisca la virtù; noi, gente umile e meschina, poco possiamo fare se Dio non stimola qualcuno ad aiutarci, anche se il nostro vivo desiderio non chiede altro che di servirlo. Infatti la malizia, l’ambizione e l’amor proprio hanno ora raggiunto un tale grado in molti che avrebbero dovuto tenerli sotto i piedi, e sono talmente canonizzati, che perfino lo stesso Signore sembra volersi aiutare per mezzo delle sue creature, pur avendo la potenza di far vincere la virtù anche senza di esse. Siccome gli mancano quelli che aveva scelto per difenderla, si serve delle persone che ritiene capaci di aiutarlo.

4. Vostra signoria si sforzi d’impegnarvisi, come io sono sicura che farà, perché Dio le darà forze, salute (io lo spero da Sua Maestà) e grazia perché riesca in tutto. Qui noi serviremo vostra signoria nel rivolgergliene continue suppliche, e piaccia al Signore di darle collaboratori inclini al bene delle anime, affinché vostra signoria non debba nutrire preoccupazioni. Mi è di gran consolazione che lei possa contare tanto sulla Compagnia, di grandissimo aiuto per tutto.

5. Mi sono assai rallegrata del felice successo della mia signora, la marchesa di Elche, il cui affare è stato per me causa di grande afflizione e preoccupazione fino a che non ho saputo che si è concluso così bene. Sia lodato Dio. Sempre, quando il Signore manda una tale quantità di travagli tutti insieme, suole dare poi felici risultati, perché, conoscendo la nostra debolezza e facendo tutto per il nostro bene, commisura la sofferenza alle forze di cui disponiamo. E altrettanto penso che dovrà accadere a noi in queste tempeste di così lunga durata. Se non avessi la certezza che gli Scalzi e le Scalze vivono sforzandosi di osservare la loro Regola con rettitudine e verità, a volte avrei temuto che i Calzati sarebbero riusciti nel loro intento (cioè por fine a quest’inizio di Riforma che la Vergine Santissima ha voluto avviare), tanti sono gli artifizi del demonio, cui sembra che Dio abbia dato licenza di esercitare in ciò il suo potere.

6. Si è fatto ricorso a tante accuse e a tanti espedienti per screditarci, specialmente il padre Gracián e me (sui quali si appuntano i loro colpi), e le dico che sono tante le calunnie sparse contro quest’uomo, e i memoriali presentati al re, e così pesanti, su questi monasteri di Scalze, che se vostra signoria li conoscesse resterebbe sbalordito di come si possano inventare tante malignità. Io, però, mi rendo conto che noi ci abbiamo guadagnato molto: queste religiose sono così piene di gioia come se la cosa non le riguardasse; il padre Gracián è un tale esempio di perfezione da farmi restare stupefatta. Un gran tesoro di Dio tiene rinchiuso in quell’anima, che gli rivolge speciali preghiere per i suoi calunniatori, e li ha sopportati con un’allegria degna di un san Girolamo.

7. Lo ha afflitto solo quello che riguardava le Scalze. Siccome le ha visitate per due anni e le conosce, non può sopportare che vengano calunniate, ritenendole angeli; le chiama, infatti, così. Piacque a Dio, però, che coloro i quali ci avevano calunniato ritrattassero quanto ci riguardava. Circa le accuse mosse al padre Gracián, si è fatta un’inchiesta per ordine del Consiglio, e si è vista la verità. Hanno ritrattato anche altre cose; pertanto si è finito col riconoscere la faziosità che regnava alla Corte. Vostra signoria creda pure che il demonio intendeva distruggere il bene che fanno queste case.

8. Ora, prescindendo da quanto si è fatto nei riguardi di queste povere religiose dell’Incarnazione, le quali mi hanno eletto priora in espiazione dei loro peccati, cioè un processo, tutta la città è sbalordita di quello che hanno patito e patiscono, né so ancora quando ciò avrà fine, perché il padre Tostado è stato verso di loro di un inusitato rigore. Le hanno tenute più di cinquanta giorni senza permettere che ascoltassero la Messa, e da tre mesi non vedono nessuno; ogni giorno, con grandi minacce, dicevano loro ch’erano scomunicate, mentre tutti i teologi di Avila lo negavano. La scomunica era perché si guardassero dall’eleggere come priora chi non fosse della casa (lì per lì non dissero che la diffida riguardava me), ed esse ritennero che, avendo io professato in quella casa, ed essendovi stata tanti anni, non ero un’estranea (se, infatti, ora volessi tornarvi, lo potrei fare, perché vi è rimasta la mia dote e la casa non appartiene a una provincia separata); ma è stata confermata come priora un’altra che aveva avuto una minor parte dei voti. Quelle che sono state condannate attendono il verdetto del Consiglio; non so come andrà a finire.

9. Ho sofferto moltissimo d’essere la causa di così grande agitazione e scandalo nella città, e di vedere tante anime turbate, essendo più di cinquantaquattro le scomunicate. Mi è stato solo di conforto l’aver fatto tutto quello che potevo perché non mi eleggessero, e le assicuro che vedermi in quel monastero sarebbe una delle maggiori tribolazioni che potrebbero essermi inflitte sulla terra: non ho avuto un’ora di salute tutto il tempo che vi sono stata.

10. Ma anche se ho molta pietà per quelle anime (fra le quali ce ne sono di grande perfezione, e lo si è visto da come hanno sopportato le prove) ciò che mi ha estremamente afflitta è che, per ordine del padre Tostado, più di un mese fa, «quelli del panno» hanno imprigionato i due Scalzi che le confessavano, pur essendo essi ottimi religiosi e motivo di edificazione per tutta la città nei cinque anni della loro permanenza lì, il che ha mantenuto la casa nello stato in cui l’avevo lasciata. Tutti ritengono per santo almeno uno di essi, quello che si chiama fra Giovanni della Croce, e credo che non esagerino; a mio giudizio è un gioiello di raro valore. Messi là dal Visitatore Apostolico, domenicano, e dal Nunzio precedente, e soggetti al Visitatore Gracián, il loro imprigionamento è una pazzia che ha sgomentato tutti. Non so dove si andrà a finire. La mia pena è che li hanno portati via e non sappiamo dove. Ma si teme che li trattino con estremo rigore e io ho paura di qualche disgrazia. Anche questa nostra protesta è oggetto di esame da parte del Consiglio. Dio vi ponga rimedio.

11. Vostra signoria mi perdoni se mi dilungo, ma ho molto piacere che lei sappia la verità di quanto avviene, nel caso che si trovi a passare di là il padre Tostado. Il Nunzio l’ha favorito molto appena venuto e ha detto al padre Gracián di cessare dal far visite; e sebbene egli non cessi per questo d’essere commissario apostolico (perché né il Nunzio aveva fatto vedere i suoi mandati né, a quanto dice, gli ha tolto la carica), se n’è andato subito ad Alcalá, dove, come a Pastrana, è rimasto in una grotta, oppresso, ripeto, da abominevoli calunnie; non si è più servito della sua carica di commissario, ma se ne sta lì e tutto è sospeso. Egli desidera vivamente di non riprendere il suo ufficio di visitatore, e anche noi lo desideriamo, perché ce ne vengono grossi guai, a meno che Dio non ci faccia la grazia di poter formare una provincia a parte (altrimenti non so come si andrà a finire). Andando lì, mi ha scritto ch’era deciso, se il padre Tostado vi si recasse in visita, a obbedirgli, e che tutte noi dovevamo fare altrettanto.

12. Questi né è andato là né è venuto qua. Credo che glielo abbia impedito il Signore, perché con le cattive disposizioni che ha poi mostrato nei nostri riguardi, ci sarebbe andata certo assai male. Ciò nonostante «quelli del panno» dicono ch’è lui a far tutto e che si prepara a venire a visitarci: questo ci ferisce a morte. Davvero, non c’è altra causa all’infuori di quella che le ho detto; in certo modo mi è stato di conforto che vostra signoria sappia tutta questa storia, anche se si stancherà un po’ a leggerla, essendo vivamente impegnato a favorire il nostro Ordine, e anche perché veda quali inconvenienti ci siano nel volere che noi veniamo lì; ad essi, inoltre, si aggiungono quelli che ora dirò, tali da far nascere una vera babele.

13. Siccome io non posso tralasciare di adoperarmi, con i mezzi di cui dispongo, a impedire la rovina di un’opera così ben cominciata e nessuno dei dotti che mi confessano mi consiglia altro, i padri Calzati sono molto irritati con me, e ne hanno informato il nostro padre generale in modo tale da fargli riunire un Capitolo Generale che ha già avuto luogo; su decisione di quei padri, il nostro padre generale ha emanato l’ordine che nessuna Scalza possa uscire dalla sua casa, specialmente io, che sono, sì, autorizzata a scegliermi quella che vorrò, ma devo restarvi, sotto pena di scomunica.

14. Si vede chiaramente che lo scopo è d’impedire che si facciano altre fondazioni di religiose. Ed è una pena rilevare la quantità di richieste per entrare in questi monasteri, richieste che non si possono accettare, essendo così limitato il numero dei conventi e non facendosene altri. E sebbene il Nunzio precedente mi abbia ordinato, dopo quanto ho detto, di non interrompere le fondazioni, e io abbia ampie patenti rilasciatemi dal Visitatore Apostolico per fondare case, sono ben decisa a non farlo, se il nostro padre Generale o il Papa non dispongano diversamente; siccome tutto ciò non è dovuto a mia colpa, è per me una grazia di Dio, perché ero ormai stanca, anche se servire vostra signoria sarebbe solo un riposo – mi è ben duro pensare di non rivederla più – e qualora mi comandassero l’adempimento del suo desiderio, mi darebbero una gran consolazione. Inoltre, quand’anche non ci fosse questa decisione del Capitolo generale, le patenti ch’io avevo ricevuto dal nostro padre Generale non erano valide che per i regni di Castiglia; pertanto sarebbe necessario un nuovo mandato.

15. Sono certa che per ora il nostro padre Generale non me la darebbe. Sarebbe più facile ottenerla dal Papa, specialmente se gli si mostrasse un’attestazione che il padre Gracián ha fatto fare sul modo di vivere delle religiose in questi monasteri, sulla condotta morale che le caratterizza, sul bene che operano intorno a sé, dovunque siano, tanto che si dice – e da parte di persone autorevoli – che solo per questo potrebbero essere canonizzate. Io non l’ho letta, perché temo che si ecceda a dir bene di me, ma vorrei che se la fondazione dovesse farsi, si ottenesse l’autorizzazione dal nostro padre Generale e gli si chiedesse di approvare la prosecuzione delle fondazioni in Spagna, dove, senza ch’io sia obbligata a uscire dal monastero, ci sono religiose che lo possono fare. Intendo dire: una volta fatta la casa, bisognerebbe mandarcele, perché a non farlo si privano le anime di un gran bene. Se vostra signoria conoscesse il protettore del nostro ordine, che dicono sia nipote del Papa, egli l’otterrebbe dal nostro padre Generale, e ritengo che se vostra signoria si adopera a riuscire in questo, renderà un grande servizio a nostro Signore e farà un’enorme grazia al nostro Ordine.

16. C’è un altro inconveniente (perché voglio che lei sia informato di tutto), ed è che il padre Tostado è già stato riconosciuto come Vicario Generale di quel regno, e sarebbe assai spiacevole cadere nelle sue mani, specialmente io; credo, inoltre, che si opporrebbe alla fondazione con tutte le sue forze, mentre in Castiglia, a quanto ora sembra, non avrà tale potere, perché, essendosi servito del suo ufficio senza prima mostrare d’averne il mandato (specialmente nei riguardi dell’Incarnazione, il che ha fatto una pessima impressione), un decreto reale gli ha imposto di rimettere i poteri al Consiglio (un altro decreto in merito gli era stato notificato l’estate scorsa), e non gli sono stati restituiti né credo che gli saranno più ridati.

17. Abbiamo anche lettere dei Visitatori Apostolici per questi monasteri, in cui è detto che non dobbiamo essere visitate se non da chi ne abbia l’incarico dal nostro padre Generale, purché sia degli Scalzi. Lì, non essendoci nulla di questo, e dovendo noi sottostare a «quelli del panno», presto la perfezione crollerebbe; cominciavano già qui a nuocerci in modo rilevante, se non fossero venuti i commissari apostolici. Vostra signoria veda in che modo si potrà ovviare a tutti questi inconvenienti, ché poi non mancheranno buone religiose per servirla. Il padre Giuliano d’Avila, che sembra ormai pronto a mettersi in viaggio, bacia le mani di vostra signoria. È molto contento delle sue notizie – le conosceva già prima ch’io gliele comunicassi – ed ha assoluta fiducia che vostra signoria guadagnerà molto al cospetto di nostro Signore, preoccupandosi di questa fondazione.

18. Maria di san Girolamo, antica sottopriora di questa casa, bacia anche lei le mani di vostra signoria. Dice che verrà molto volentieri a servirla, se nostro Signore lo vuole. Sua Maestà indirizzi tutto in modo che risulti a sua maggior gloria e vegli su vostra signoria facendole aumentare il suo amore per Lui.

19. Non fa meraviglia che vostra signoria ora, con tali novità, non possa avere il raccoglimento che desidera. Nostro Signore glielo darà duplicato, come suole fare quando lo si è tralasciato per il suo servizio, anche se io desidero che cerchi sempre di avere un po’ di tempo per sé, perché in ciò consiste tutto il nostro bene. Da questa casa di san Giuseppe d’Avila, il 16 gennaio. Supplico la signoria vostra, per amor di nostro Signore, di non tormentarmi con quei titoli nell’indirizzo. L’indegna serva e suddita di vostra signoria illustrissima, Teresa di Gesù.

 

221. Al Padre Giovanni Suárez, a Madrid

Avila, 10 febbraio 1578

Autografo e originale: Carmelitane Scalze di Salamanca

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra paternità, amen. Il padre rettore mi ha dato una lettera di vostra paternità, che, certamente, mi ha molto sorpresa; ma, via!, come può in essa dirmi vostra paternità ch’io ho cercato di far uscire il padre Gaspare de Salazar dalla Compagnia di Gesù e di farlo entrare nel nostro Ordine del Carmelo, perché il Signore vuole così e lo ha rivelato!

2. Quanto al primo punto, Sua Maestà sa bene – e la verità di quanto dico non mancherà di venire a galla – ch’io non ho mai desiderato, tanto meno cercato d’indurre il padre a fare un simile passo, e che, quando giunse alle mie orecchie qualche notizia a tale riguardo, notizia non pervenutami da alcuna sua lettera – ne fui talmente turbata e ne ebbi tanta pena che ciò non contribuì affatto a migliorare il cattivo stato di salute in cui allora mi trovavo. E questo è di data così recente, che devo averlo saputo molto dopo vostra paternità, a quel che credo.

3. Quanto alla rivelazione di cui vostra paternità parla, poiché egli non me ne ha mai scritto né io ho saputo nulla della sua decisione, non posso neanche sapere se abbia avuto rivelazioni in tale circostanza.

4. Se poi avessi avuto io la «rivelazione» di cui parla vostra paternità nei suoi riguardi, non sono così superficiale da arrivare a volere per una siffatta causa un così gran mutamento né farne parte a lui, perché, grazie a Dio, molte persone mi hanno istruita sul valore di queste cose e sul credito che si può dare ad esse, e io non credo che il padre Salazar vi avrebbe attribuito importanza, se non ci fosse stato altro in questa faccenda, essendo pieno di buon senso.

5. Per quel che dice vostra paternità di volere che i superiori svolgano indagini, sarà cosa assai opportuna, e vostra paternità può darne loro l’ordine, perché è ovvio che, conosciuto il suo pensiero in proposito, questo padre non farà nulla senza la sua autorizzazione, a quanto io penso. Io non negherò mai la profonda amicizia che c’è tra il padre Salazar e me e i favori ch’egli mi fa, anche se sono sicura che lo ha mosso ad aiutarmi il desiderio di servire nostro Signore e la sua Madre benedetta, più che un diverso sentimento d’amicizia, perché ci è accaduto di passare, mi par bene, due anni senza ricevere una lettera l’uno dell’altro. Il fatto che sia un’amicizia molto antica rende evidente che in altro tempo mi ha visto più bisognosa d’aiuto, allorquando quest’Ordine aveva solo due padre Scalzi e io avrei avuto ben più motivo di adoperarmi per un tale cambiamento che non oggi, in cui, grazie a Dio, ce ne sono, credo, più di duecento, e fra essi non pochi particolarmente adatti alla nostra povera maniera di vivere. Non ho mai pensato che la mano di Dio sarebbe stata più avara per l’Ordine di sua Madre che per gli altri.

6. Quando a ciò che vostra paternità afferma, ch’io avrei scritto per chiedere di far dire che lei vi si opponeva, Dio non scriva il mio nome sul suo libro, se una simile idea mi è mai passata per la mente. Sopporti se insisto, a mio giudizio, perché vostra paternità si renda conto che non tratto con la Compagnia se non come chi ha a cuore le cose che la riguardano, e che rischierebbe la vita per esse, qualora comprendesse che, facendo il contrario, non servirebbe nostro Signore. I suoi segreti sono grandi; comunque, siccome io non ho avuto in quest’affare se non la parte che ho detto (e di questo Dio m’è testimone), non vorrei nemmeno averne alcuna per l’avvenire. Se mi si accusa, non è la prima volta che soffro senza esser colpevole, ma so per esperienza che quando nostro Signore è soddisfatto, appiana tutto, e non crederò mai che per cose assai gravi Sua Maestà permetterà alla sua Compagnia di andar contro l’Ordine di sua Madre, essendosene servito per restaurarlo e rinnovarlo, tanto meno, poi, per cosa di poca importanza come questa, e se lo permettesse, c’è da temere che quanto si penserebbe di guadagnare da una parte lo si perderebbe dall’altra.

7. Siamo tutti vassalli di questo Re. Piaccia a Sua Maestà che quelli del Figlio e della Madre siano tali da non pensare, come coraggiosi soldati, se non a seguire la bandiera del nostro Re per compiere la sua volontà. Se noi Carmelitani facciamo questo sinceramente, è chiaro che coloro i quali portano il nome di Gesù non possono allontanarsi da noi, minaccia che mi viene fatta molte volte. Piaccia a Dio di conservare a lungo vostra paternità.

8. So quanto sempre ci favorisca; pertanto, nonostante la mia miseria, la raccomando molto a nostro Signore, e supplico vostra paternità di fare lo stesso per me, giacché da sei mesi non cessano di piovere su questa povera vecchia sofferenze e persecuzioni, di cui non ritengo che la faccenda in questione sia la più piccola. Ciò malgrado, do la mia parola a vostra paternità di non parlargliene per incitarlo a fare tale passo, né di chiedere a nessuno che glielo dica da parte mia, e le assicuro di non avergli mai detto nulla. Oggi è il 10 febbraio. L’indegna serva e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

222. Al Padre Gonzalo Dávila, ad Avila

Avila, 14 febbraio 1578

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra grazia. Ho riletto più di due volte la lettera del padre Provinciale e vi trovo sempre così poca sincerità nei miei riguardi e così risoluta attestazione di quello che non mi è passato neanche per la mente, che vostra paternità non si meravigli della pena che ho sofferto. Questo, in realtà, ha così poca importanza che, se non fossi tanto imperfetta, dovrei sentire come un piacere il fatto d’essere mortificata da sua paternità, perché può ben farlo, trattandosi di una sua sottoposta. E siccome è tale anche la condizione del padre Salazar, mi viene l’idea che sarebbe miglior espediente che lei tagliasse corto direttamente al suo proposito, anziché sia io a scrivere a coloro che non sono del mio Ordine quello che vostra grazia vuole, poiché è compito del loro superiore e avrebbero ragione di non dare importanza alle mie parole.

2. Davvero, non vedo altra soluzione né riesco a capire le ragioni per le quali vostra grazia mi esorta a scrivere, perché, tranne il dire che mi è venuto dal cielo l’ordine di rimuoverlo dal suo proposito, non mi resta niente da fare, anche se, come ho detto a vostra grazia, non è giusto ch’io renda conto di tutto: sarebbe una grave offesa per qualcuno a cui devo una buona amicizia, specialmente essendo certa – l’ho già detto a vostra grazia – che, da quanto egli dice e io capisco, non farà un tal passo a insaputa del padre Provinciale, e se non ne dovesse parlare o scrivere a sua paternità, è perché non lo farà. E poiché sua paternità può impedirglielo negandogli la sua autorizzazione, da parte mia sarebbe fare offesa a una persona così autorevole e così serva di Dio infamandola presso tutti i monasteri (ammesso che volessero dar peso a quel che dico), perché è un’accusa infamante dire che vuol fare ciò che non gli è consentito senza offesa di Dio.

3. Ho parlato a vostra grazia con tutta sincerità e, a mio giudizio, ho fatto tutto quello a cui mi obbligavano nobiltà e rispetto del cristianesimo (il Signore sa che, ciò dicendo, dico la verità), e se facessi più di quel che ho fatto, credo che verrei meno ad entrambi gli obblighi.

4. Ho già detto a vostra grazia che quando faccio ciò che mi sembra il mio dovere, Dio mi dà animo per poter sopportare col suo aiuto tutti gli eventi contrari che possono venirmene; per lo meno non mi lamenterò che non mi siano stati profetizzati, né che ho tralasciato di fare – ripeto – quanto ho potuto. Potrebbe darsi che avesse maggior colpa lei di avermi dato quest’ordine di quanta non ne avrei avuta io se non le avessi ubbidito.

5. Sono anche sicura che, se l’affare non ha l’esito desiderato da vostra grazia, resterò gravata di colpa come se non avessi fatto nulla e che basta che se ne sia parlato perché comincino ad adempiersi le profezie. Se sono travagli per me, vengano pure, alla buon’ora; le offese da me fatte alla divina Maestà ne meritano ben più di quanti possano venirmene.

6. Però credo anche di non meritare che la Compagnia me li procuri, pur se avessi avuto parte in quest’affare, poiché per quanti li riguarda non ha la minima importanza; i suoi fondamenti vengono ben più dall’alto. Piaccia al Signore che il mio principio sia quello di non deviare mai dal compiere la sua volontà, e dia sempre luce a vostra grazia allo stesso fine. Mi sarebbe di gran consolazione se venisse qui il nostro padre provinciale, perché da molto tempo il Signore non mi ha concesso d’aver la gioia di vedere sua paternità. L’indegna serva e figlia di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

223. Al Padre Girolamo Gracián, a Pastrana (?)

Avila, 16 febbraio 1578

Autografo frammento: Carmelitane Scalze di Sant’Anna, Madrid

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei, padre mio, e le dia salute in questa Quaresima per tutto il lavoro che, come prevedo, l’attende. Mi chiedo se dovrà svolgerlo di città in città. Per amor di Dio, stia attento ad evitare cadute in tali viaggi, perché da quando ho il braccio ridotto in questo stato, sono molto più preoccupata al riguardo. È ancora gonfio, come la mano, ricoperto d’un impiastro che sembra un’armatura: pertanto me ne posso servire ben poco.

2. Qui ora fa un freddo intenso, come non l’aveva fatto se non al principio dell’inverno; anzi, abbiamo avuto un tempo così buono che c’era molto più freddo a Toledo, almeno per me. Non so se ciò sia dovuto alla porta che vostra paternità ha ordinato di fare nella piccola stanza attigua a quella che ha disposto di trasformare in infermeria; dopo che si è fatta, in realtà è come se ci fosse una stufa. Infine, mi è andata proprio bene col freddo in tale circostanza. Vostra paternità l’indovina sempre quando dà un ordine. Piaccia al Signore che l’indovini anch’io nell’obbedirle. Avrei desiderio di sapere se il padre fra Antonio continua a migliorare e che ne è del padre Mariano che mi ha proprio dimenticata. Vostra paternità dia i miei ossequi al padre fra Bartolomeo.

3. Le accludo una lettera inviatami dal Provinciale della Compagnia circa l’affare di Carrillo; è stata per me così spiacevole che avrei voluto rispondergli peggio di come ho fatto, perché so che gli era stato detto ch’io non avevo avuto alcuna parte in questo cambiamento, il che è tanto vero che quando sono venuta a saperlo, ne sono rimasta molto afflitta, come ho scritto a vostra paternità, e con vivo desiderio che il proposito non avesse seguito. Gli ho mandato una lettera insistendo in questo senso con la maggior forza possibile, come giuro al provinciale in questa mia di risposta alla sua, perché il loro atteggiamento nei miei riguardi è tale che se non facessi ricorso a tutta la mia energia, non mi crederebbero. Ed è molto importante che mi credano, a causa delle «rivelazioni» di cui parlano, affinché non pensino che ho usato questi mezzi per persuaderlo, essendo una grossa menzogna. Ma io dico a vostra paternità che temo così poco le loro minacce, da meravigliarmi della libertà di cui Dio mi fa dono; pertanto ho detto la rettore che quando ritengo che qualcosa torna a suo servizio, tutta la Compagnia e il mondo intero non potrebbero essere occasione d’impedirmi di portarla avanti, e che in questa faccenda io non avevo nulla a che fare, come non interverrei in alcun modo a dissuadere il padre da un’eventuale sua rinunzia.

4. Il rettore mi ha pregato, in ogni caso, di scrivergli una lettera per dirgli quel che in essa gli dico, ch’egli non può fare quando desidera senza incorrere nella scomunica.

5. Gli ho chiesto se conosceva questi Brevi. Mi ha risposto: - meglio di me –. Ho quindi detto: - allora sono certa ch’egli non farà nulla in cui veda un’offesa verso Dio –. Ha replicato che tuttavia il suo grande affetto per gli Scalzi potrebbe trarlo in inganno e spingerlo a quel passo. E così gli ho scritto una lettera per la via di cui egli si è servito per mandarmi questa sua.

6. Guardi un po’, padre mio, che semplicità; da certi indizi ho capito chiaramente che la lettera era stata aperta, anche se non gliel’ho detto. Nella mia (sapendo che l’avrebbero letta) gli dicevo solo di non fidarsi dei suoi fratelli, che Giuseppe, anche lui, aveva fratelli; infatti i suoi stessi amici devono aver svelato il suo disegno, né mi sorprende, perché se ne dolgono enormemente: devono temere che ciò costituisca un precedente.

7. Gli ho chiesto se non c’erano Scalzi fra loro. Ha risposto che, sì, ve n’erano, francescani, ma che essi dapprima li avevano cacciati; solo in seguito era stata loro data l’autorizzazione. Ho detto che potevano farlo anche ora. Ma non sono d’accordo, né io mi sento di dire al padre di rinunziare al suo progetto, ma solo di prevenirlo, come faccio in questa lettera, e lasciare la cosa nelle mani di Dio, perché se tale è la sua volontà, essi vi consentiranno. In altro modo, infatti (come gli dico nella lettera) – me ne sono informata – non è certamente cosa possibile, perché coloro che lo consigliano devono basarsi sul diritto comune, come il giurista che voleva persuadermi, al tempo della fondazione di Pastrana, che potevo prendere un’agostiniana, mentre s’ingannava. Potrebbe dargliene licenza il Papa, ma non lo credo possibile, per il fatto che gli sbarreranno la strada. Vostra paternità s’informi anche lei e lo avvisi, perché sarei molto afflitta se recasse qualche offesa a Dio. Sono sicura che, rendendosene conto, non lo farà.

8. Sono molto preoccupata, perché se resta fra loro ora ch’essi conoscono il suo desiderio di venire fra noi, non godrà più della stima ch’era solito avere; che resti qui, se non è fornito di tutti i crismi, non si può consentirlo, tanto più che ho sempre presente ciò che dobbiamo alla Compagnia, e non credo che Dio permetterà loro di nuocerci per questo motivo. D’altronde non accoglierlo, potendo farlo, per paura di quei padri, sarebbe fare una cattiva azione e ripagarlo male del suo affetto. Dio indirizzi tutto a buon fine, perché Egli lo guiderà, anche se temo che i moventi siano certi fatti inerenti all’orazione di cui parla, e ai quali presta troppa fede. Gliel’ho detto molte volte, ma non basta.

9. Mi affligge molto pensare che le religiose di Beas devono avergli detto qualcosa al riguardo, stando al vivo desiderio che Caterina di Gesù mostrava di averlo lì. Quel che c’è di buono è ch’egli, certo, è servo di Dio, e se s’inganna è pensando di fare la sua volontà; pertanto Sua Maestà veglierà su di lui. Ma ci ha messo nei guai, e s’io non avessi sentito da Giuseppe quello che ho scritto a vostra paternità, creda che mi sarei adoperata in tutti i modi possibili per oppormi alla sua decisione. Anche, però, s’io non credo tanto come lui a queste cose, mi costa molto dissuaderlo: chi mi dice che ciò non impedisca un maggior bene per quest’anima? Creda, infatti, vostra paternità, ch’io ritengo ch’egli non abbia lo spirito dell’Ordine in cui sta; mi è sempre sembrato adatto per noi.

10. Circa questa faccenda, mi ha scritto Ardapilla di far sì che i corvi scrivessero a Giovanni dicendogli di mandar qui qualcuno per prendere conoscenza di questa causa. Io ne sarei assai contenta, se non dovessi entrarci io, ma mi si sono presentati tali inconvenienti, che mi sono giustificata come meglio ho potuto. Io so che lo faceva per nostro bene, ma vostra paternità creda pure che se il male non si estirpa dalla radice, al punto in cui stanno le cose non possono essere sistemate in altro modo, salvo che non ci metta le mani Paolo. Vi provveda il Signore, ché lo desidero vivamente, e mi angustia veder d’esser l’ostacolo per cui tutti patiscono; come ho detto alcune volte, il rimedio sarebbe forse che mi gettassero in mare alla stessa guisa di Giona, perché cessasse la tempesta, dovuta probabilmente ai miei peccati.

11. La priora di Siviglia mi scrive di supplicare vostra paternità perché dia loro l’autorizzazione di prendere un’altra sorella di Bianca, la portoghese, che non ha l’età dovuta, e deve mancarle molto. Avendola, sarebbe un buon aiuto per alleggerire il tributo della casa, che non ricordo a quanto ammonti. S’ella entrasse e, pagando la dote della prima, i genitori volessero prestare al convento ciò che devono dare all’altra, o s’impegnassero a pagarne la rendita, in cambio degli alimenti, non sarebbe male; esse non finiscono di dire tutto quello che devono a questa portoghese. Vostra paternità vedrà e deciderà come le sembra meglio.

12. Io, quando le scrivo, non riesco mai a por fine alla lettera. Mio fratello mi dà sempre i suoi ossequi per vostra paternità. Li prenda qui tutti insieme con quelli che le mandano le consorelle. Nostro Signore protegga vostra paternità e la faccia venire presto da queste parti, essendocene gran bisogno per me e per molte cose. Ciò non significa che ce ne sia alcuna ignorata da vostra paternità. Donna Guiomar sta male; viene raramente qui, perché l’umore di cui soffre la sconvolge completamente.

13. Vostra paternità invii quanto più presto potrà questa lettera al padre Salazar, servendosi del priore di Granada, a cui raccomandi vivamente di dargliela da solo a solo, perché temo che ritorni a scrivermi, a causa della Compagnia, a me o a qualcuna di queste consorelle, e il suo linguaggio simbolico suona ben chiaro. Potrebbe anche spedirla per la via della Corte; raccomandandola caldamente a Rocco, pagandone bene il porto e dicendogli che la dia allo stesso mulattiere, arriverà sicuramente. Stia attento, padre mio, a non dimenticarlo, affinché non faccia nessun altro passo – se non l’ha già fatto –; a mio avviso, conviene che vostra paternità vada adagio nel dargli la licenza, perché tutto questo è per il suo maggior bene. E Dio lo conceda a vostra reverenza, padre mio, come io glielo desidero, amen. È la prima domenica di Quaresima.

14. Questa lettera del padre Provinciale e la risposta forse ci potranno essere di utilità un giorno. Non le strappi, se le sembra opportuno. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

224. Al Padre Girolamo Gracián

Avila, 2 marzo 1578

Autografo: Carmelitane Scalze di Siviglia

1. Lo Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Poco fa ho ricevuto due lettere di vostra paternità, quella scritta l’ultimo giorno di carnevale, e quella che conteneva lo scritto del pastore per le sorelle. Piaccia a Dio che lo vestiamo così bene come lei ce lo descrive, ma credo che sarà molto più quello ch’Egli ci dà di quel che noi gli daremo. Anche il piccolo quaderno è assai ben fatto.

2. Non so come Paolo possa dire d’ignorare quanto riguarda le «unioni», perché quella oscurità luminosa e quegli impeti fanno ritenere il contrario; solo che dopo, siccome tutto ciò passa presto e non si tratta di cosa ordinaria, non si riesce a rendersene ben conto. Provo molta invidia per le anime che farà progredire e una gran pena di vedermi qui senza far altro che mangiare, dormire e parlare di questi padri nostri fratelli; c’è sempre occasione di farlo, come vedrà dal foglio che le accludo, in cui ho detto alla sorella Caterina di scriverle ciò che accade per non stancarmi, giacché è tardi e questa sera abbiamo un sermone del maestro Daza, che è un gran buon predicatore. I domenicani ci usano molta carità; essi predicano da noi due volte alla settimana e quelli della Compagnia una volta.

3. Io ricordo assai spesso i sermoni di vostra paternità; non so che cosa la induca ad andare da un luogo all’altro, perché mi è stato proprio di gran dolore sapere della nuova calunnia che l’ha colpita. Dio la protegga, padre mio, ma i tempi sono così pericolosi, ch’è un grosso azzardo girare da un posto all’altro, quando ovunque ci sono anime. Piaccia a Dio che ciò che appare come un grande zelo non sia qualche tentazione che debba costarci cara, perché in quella località di cui mi parla sarebbe bastato un gatto, oltre ai domenicani e ai francescani che credo vi siano. Non riesco a persuadermi che quel benedetto padre predichi bene. Gli dia i miei ossequi e mi faccia sapere se lo ascoltano. Ma guarda un po’ che curiosità la mia! Non me lo dica e strappi questa lettera, affinché non abbia a cadere nelle sue mani in punizione dei miei peccati. Il fatto che lei mangi all’ospedale cibandosi di misere costolette di baccalà, ci ha destato il riso. Ma quello che hanno detto di vostra paternità mi fa desiderare che non sia tanto imprevidente.

4. Ha ragione Carrillo di dire che ho poco coraggio, rispondendo alla lettera da me inviatagli in cui gli scrivevo ch’era spinto dal demonio e molte altre cose. Dice che l’ho fatto ridere e che non l’ho indotto a cambiare parere né poco né molto; aggiunge ch’io sembro un topo che ha paura dei gatti, ch’egli ha fatto la sua promessa tenendo fra le mani il Santissimo Sacramento e che il mondo intero non potrà influire a rimuoverlo dal suo proposito. Io le assicuro che mi spaventa, perché i suoi confratelli dicono ch’egli e chi gli darà quell’abito saranno scomunicati. Egli sostiene d’aver già la licenza del suo provinciale, afferma che vostra paternità gli ha scritto una lettera e che anche se lei ha paura come un uomo, scrive come un angelo; ed ha ragione, essendo proprio angelica la sua lettera.

5. I suoi chiedono ben dura cosa, non volendo che si accetti; sarà forse perché credono che non si possa farlo. Io credo che avranno già scritto a vostra paternità perché ne avvisi i conventi, a giudicare dalla premura che si danno; io sono stata messa così alle strette che ho detto loro d’aver scritto a vostra paternità.

6. Certamente, se ciò si deve fare e si può fare come egli dice, sarebbe molto meglio farlo prima che ci fosse nei nostri conventi tanta baraonda di avvisi; ora, io non so in che modo vostra paternità si regolerà, perché se è una cosa possibile, in coscienza non possiamo non accettarlo. Io sono sicura, a giudicare da come descrive la sua situazione, che nessuno possa ostacolarlo; pertanto sarebbe meglio aspettare, se non si è ancora fatto nulla. Voglia indirizzare le cose a buon fine il Signore, perché quanto più si frappongono ostacoli, tanto più mi sembra che ciò sarà a servizio di Dio e che il demonio vuole, pertanto, creare impedimenti. Devono temere che non sarà il solo, ma essi sono tanti che ciò non farebbe loro difetto, anche se si trattasse di tutti quelli che vostra paternità dice.

7. Circa quanto scrive degli scrupoli che si fa Paolo sull’uso o no dei suoi poteri, credo che fosse in preda a un po’ di malinconia quando mi ha scritto quella lettera o, comunque, che lo sia sempre quando ha di tali scrupoli, essendo evidente dalle ragioni ch’egli adduce; pertanto non ho voluto informarmene di nuovo, anche perché, stando a quel che dice Ardapilla, questi dubbi avranno breve durata, in quanto assicura che il memoriale dell’Angelo maggiore per Gilberto è già stato rimesso, e lo si attende da un giorno all’altro.

8. Mi hanno fatto piacere i timori di Elia circa la sua assenza; c’è tutto da temere per chi si aggira fra questi rischi. Piaccia al Signore di liberarne Paolo, perché l’accecamento della gente è tale che non mi meraviglierebbe nulla di quello che possono fare; mi stupisce di più chi non ne prova timore e se ne va da un capo all’altro senza averne una ben grave ragione.

9. Tornando a quanto dicevo, già da tempo ho scritto a Paolo che un domenicano assai dotto, al quale raccontavo ciò ch’era avvenuto con Matusalemme mi ha detto, credo, che non aveva alcuna autorità, ch’egli doveva dimostrare in base a che cosa faceva quel che faceva; pertanto adesso non c’è motivo di parlarne.

10. Vorrei inviare a vostra paternità la lettera della priora di Valladolid, in cui parla del subbuglio suscitato dalla faccenda di Carrillo. Infine, dice che sono molto soddisfatti di me e delle Scalze; così tutte le minacce mi sembrano tali che non approderanno a nulla. Ciò che mi è motivo di grave preoccupazione e di timore, ciò che vorrei che vostra paternità esaminasse e chiarisse bene è che quanto egli chiede si possa fare senza offesa di Dio e senza scomunica, perché se è vero quel che dicono gli altri, vostra paternità non può riceverlo in nessun modo; quando il conte di Tendilla andrà a Roma, e anche se non ci va personalmente, considerata la relazione che ha fatto, ritengo per certo che otterrà la licenza.

11. Sono stata assai contenta della buona fortuna ch’è per noi la sua andata a Roma, perché i nostri frati potranno recarvisi con lui. Il Signore guidi tutto a buon porto e mi protegga vostra paternità; non so se ho risposto a tutto, perché non ho tempo, ma guardi un po’ come sono breve quando non ne dispongo!

12. Tutte le si raccomandano molto e sono state felicissime degli uffici che dà loro. Non ho visto donna Guiomar, la quale viene qui solo di rado perché è molto malata. Oggi è il 2 marzo. L’indegna serva e vera figlia di vostra paternità – e quanto vera! – mentre poco lo sono verso altri padri, Teresa di Gesù.

13. Mi dispiace molto che il padre Mariano si senta così debole; lo faccia nutrire bene e che non pensi assolutamente d’andare a Roma; la sua salute è più importante. Oh, come tarda a venire la sorella di vostra paternità, e come è desiderata da tutte! Mi scrivono che la mia piccola Isabella sta molto bene.

 

225. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 8-12 marzo 1578

Al magnificentissimo signor Rocco de Huerta, capoguardia forestale.

1. Gesù sia sempre con vostra grazia, amen. Domani, lunedì, sono otto giorni che le ho scritto servendomi di un carrettiere di qui, per avvisarla di quanto era accaduto con il Provinciale Maddaleno, e le ho mandato l’ordinanza e la notificazione fattagli. Non so se vostra grazia abbia ricevuto tutto ciò; desidererei vivamente che me ne informasse, perché sono preoccupata. Quello che è avvenuto dopo lo vedrà dagli acclusi biglietti. Queste religiose mi fanno molta pena, a tal punto che non so che dire, all’infuori di ritenere che Dio le ama molto, se dà loro tante e così lunghe prove.

2. In tutti questi ultimi dieci giorni, cioè da quando il Provinciale e Valdemoro stanno qui, non hanno fatto altro che affaccendarsi in maneggi, minacce e ricerca di persone che dicessero alle religiose i castighi previsti per loro se non obbedivano e se non votavano contrariamente a quanto avevano scritto e firmato con l’appello al Consiglio. Ora il Provinciale, dopo aver fatto quello che ha voluto, si dà molta fretta d’andare alla Corte, si capisce, per presentare al Consiglio le firme delle religiose. Per carità, supplico vostra grazia di fare in modo che si conosca la verità e come le firme siano state estorte con la forza: sarà un gran bene per queste povere religiose che al Consiglio non ritengano vere le informazioni di quei padri, poiché son tutte frutto di tirannia, e se il signor Padilla avesse la possibilità di vedere questi miei biglietti, glieli mostri.

3. Qui il Maddaleno ha dato per cosa cortissima d’avere un’ordinanza reale per farlo mettere in prigione, se lo trovava qui, che era a due leghe da Madrid quando lo hanno chiamato per dargliela, che il Tostado ha pieni poteri su Calzati e Scalzi, e che ha già mandato a Roma il padre fra Giovanni della Croce. Dio lo liberi con le sue mani, servendosi del suo potere, e dia a lei la sua santa grazia. Oggi è il 9 marzo. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

4. Per amor di Dio, supplico vostra grazia di adoperarsi a far sapere a quei signori del Consiglio la violenza che si è fatta alle religiose; ciò sarà molto utile a ogni fine, mentre è un gran male che a costoro riesca tutto quello che vogliono, pur procedendo essi contro giustizia e con falsità in ogni loro azione; e non c’è chi non si dolga della sorte di queste martiri.

5. La presente è scritta da tre giorni, e quel Provinciale continua a tormentare le religiose.

 

226. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, 10 e 11 marzo 1578

1. Gesù sia col padre mio e lo liberi da queste gente d’Egitto, di cui le dico che sono spaventata per quello che hanno fatto a queste povere religiose. Io mi sono sforzata d’indurle all’obbedienza, essendo già grande lo scandalo, e tale soluzione è sembrata poco opportuna qui, intorno a noi – specialmente ai domenicani –, il che mi ha fatto sospettare che si aiutino gli uni con gli altri, che a causa della nostra riforma abbiano fatto tutti lega comune, e io ero stanca di sentire le loro grida. A dire il vero, esse soffrono da molto tempo; ciò malgrado, se non avessi fatto loro sapere che a mio giudizio, obbedendo, non pregiudicavano la giustizia della loro causa, non credo che l’avrebbero fatto.

2. Da quando gli Scalzi non sono più là, la loro causa è progredita di poco; ciò malgrado, io ho scritto a Rocco e a Padilla che se non si risolveva bene quanto riguardava gli Scalzi e se i Calzati restavano quali visitatori, non affrettassero la causa presso il Consiglio; quand’anche, infatti, il Consiglio desse loro ragione, mi sembrerebbe una pazzia recarmi lì; d’altra parte sarebbe giudicato assai male il fatto ch’io non vi andassi e le abbandonassi, dopo che hanno tanto sofferto. Ma credo che non vi rinunzierò, per quanto veda che la cosa non è sulla buona via, e che il Signore deve cercare un mezzo per aiutare queste anime. Mi fa molta pena che siano afflitte, come vedrà da questi biglietti.

3. Per carità, li mandi al padre Germano affinché le raccomandi a Dio. Egli ora è del tutto fuori di prigione. Riguardo a fra Giovanni sono molto travagliata, nel timore che qualche altra accusa si levi contro di lui. Dio tratta terribilmente i suoi amici; in verità non fa loro offesa perché è stato trattato così anche suo Figlio.

4. Vostra paternità legga l’acclusa lettera portata da un signore di Ciudad Rodrigo, che è venuto qui con nessun altro scopo se non quello di trattare di questa postulante. Dice di lei molte cose: se sono vere, ella farà ottimamente al nostro caso. Porta in dote quattrocentocinquanta ducati oltre a un buon corredo. Da Alba mi chiedono di dar loro qualche religiosa. Questa vuole andare a Salamanca, ma andrà ugualmente ad Alba, anche se a Salamanca ne avrebbero più bisogno, per il cattivo stato della casa. Comunque, potrà andare dove vostra paternità darà ordine che vada. Io ho promesso di supplicarla d’ammetterla; ella sembra convenire per l’una o l’altra di queste case.

5. Qui, nel nostro convento, si parla di far entrare due postulanti di Burgos che dispongono di millecinquecento ducati; sono, dicono, assai buone e ci sarebbero molto utili per i lavori di cui abbiano bisogno, compreso il muro di cinta del convento; così, con l’aggiunta di un’altra religiosa, tutto sarebbe condotto a termine. Vostra paternità dia la sua autorizzazione.

6. Guardi un po’ che razza di scalpore suscitato da quello della Compagnia per la sorella della priora di Beas. Ho mandato la priora di Medina a prendere informazioni. Vedrà quello che si dice, tenendo presente che devono saperne molto di più. Vostra paternità stia dunque attento a quello che fa, perché le assicuro che certe nature non si cambiano. Infine, anche se Anna di Gesù l’abbia visto due o tre volte per pochi minuti, devono averglielo detto. Io le ho risposto come se sapessi quello che so ora, perché nella fretta ho visto che non ne avevano parlato né il fratello né la sorella: il fratello è della Compagnia e mi par bene che si aiutino fra loro.

7. Mi dispiace molto di restare tanto tempo senza confessarmi da vostra paternità, perché qui non trovo modo di farlo come a Toledo, il che è una grande pena per me. Ho scritto questa lettera ieri e ora mi dicono tante cose delle ingiustizie che si fanno contro queste religiose, che ne soffro molto. Credo che qualcuna delle nostre, qui, ha paura di cadere nelle loro mani, e non mi sorprende questa paura, perché v’è di che temere.

8. Dio le aiuti e protegga vostra paternità; è notte avanzata e il messaggero parte domani. Oggi è l’11 marzo. L’indegna figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

227. A don Luigi de Cepeda, a Torrijos

Avila, marzo 1578

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Dio ha voluto che non fosse il mio braccio destro quello che è rimasto colpito, pertanto posso scrivere. Sto meglio, grazie a Dio, e posso osservare la Quaresima: con i regali che vostra grazia mi fa continuamente, riuscirò a sopportar bene la prova. Nostro Signore la ricompensi, ché, anche se io ne sono consolata, suor Isabella di San Paolo è così fortemente tentata d’amarmi, che ne è ancor più felice di me. Mi è di gran conforto la sua compagnia, che mi sembra quella di un angelo, e anche di sapere che lei è in buona salute, come le signore di lì, a cui bacio ripetutamente le mani. Io le raccomando molto a nostro Signore, e altrettanto faccio per vostra grazia.

2. Mi ha estremamente afflitta la morte di quella signora. Avevo scritto da poco al signor don Teutonio per congratularmi con lui del felice evento del matrimonio, in risposta a una delle sue lettere perché gli devo molto. Son dure prove quelle di cui fanno esperienza tali signori. Si vede bene che sono servi di Dio, perché la sofferenza è il maggior dono ch’egli ci può fare in questa vita. Infatti, se una vita così breve serve a qualcosa, è per guadagnare, con essa, quella eterna.

3. Di questo io lodo nostro Signore, del fatto che vostra grazia non è incurante di tale verità. Pertanto lo supplico di far che sia sempre così per lei e per quelle signore. Lorenzo de Cepeda bacia loro, come a vostra grazia, ripetutamente le mani. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

228. A donna Maria de Mendoza, a Valladolid

Avila, 26 marzo 1578

Autografo: Carmelitane Scalze di Ecija (Siviglia)

All’illustrissima signora donna Maria de Mendoza, mia signora. Valladolid.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra signoria illustrissima e le dia sempre forza per sopportare tante tribolazioni, perché, certo, questo è stato un duro colpo, e io ne ho avuto molta pena pensando a quella di vostra signoria. Ciò nonostante ho fiducia nelle grazie che le fa nostro Signore, il quale non tralascerà di consolarla in questa afflizione e di richiamarle alla memoria quelle che Sua Maestà e la sua gloriosa Madre hanno sofferto in questo santo tempo dell’anno: se, infatti, le sentissimo com’è dovuto, sopporteremmo con gran facilità tutte le pene di questa vita.

2. Desidererei vivamente stare dove potessi trovarmi in sua compagnia e aiutarla, condividendo la sua sofferenza, anche se da qui vi ho preso molta parte. Non ho avuto altro conforto se non supplicare San Giuseppe e nostro Signore di stare presso di lei. Tutte, nelle nostre preghiere, non abbiamo trascurato di supplicare Dio per vostra signoria e per quella santa anima; spero in Lui ch’Egli l’abbia già con sé e che abbia voluto toglierla dal mondo prima ch’ella avesse maggior conoscenza delle cose terrene. Tutto finirà così presto che se la nostra ragione fosse sveglia e illuminata, non sarebbe possibile rimpiangere quelli che muoiono conoscendo Dio, ma ci rallegreremmo del loro bene.

3. Anche il conte mi ha fatto pena, a giudicare solo da quello che vediamo, ma i giudizi di Dio sono grandi e noi non possiamo penetrare i suoi segreti: forse la sua salvezza sta nel restare vedovo. Io penso che Sua Maestà ha cura particolare di tutte le cose di vostra signoria, essendo un gran vero amico. Siamo pur certi che ha considerato il maggior vantaggio delle anime; in confronto a questo non bisogna far caso di tutto il resto. Ciò che ha importanza è il bene o il male eterno, pertanto supplico vostra signoria, per amore di nostro Signore, di non pensare alle ragioni che ci sono per essere afflitti, ma a quelle per cui ci si può consolare, poiché in questo si guadagna molto, nel resto si perde e può far danno alla salute di vostra signoria, salute che lei deve controllare per l’importanza che tutti le attribuiamo. Dio la conceda a vostra signoria per molti anni, come noi gliene rivolgiamo supplica.

4. Queste sorelle e la madre priora le baciano molte volte le mani; io bacio quelle della mia signora donna Beatrice. Oggi è il mercoledì della Settimana Santa. Non le ho scritto prima, perché ho ritenuto che vostra signoria non stesse nelle disposizioni d’animo di leggere lettere. L’indegna serva e suddita di vostra illustrissima signoria, Teresa di Gesù.

 

229. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, 28 marzo 1578

Autografo e originale: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù sia con lei, figlia mia, e le dia, con tutte le sue figlie, una così buona Pasqua quale è quella di cui Lo supplico. Per me è stata una gran consolazione sapere che stanno bene. Io sto come di consueto, con il braccio assai mal ridotto e la testa in pessimo stato; non so che preghino a fare. In verità, questo dev’essere il meglio per me. Mi sarebbe, però, di gran conforto sentirmi padrona della mia testa per scriverle lungamente e dire a tutte molte cose. Lo faccia vostra reverenza da parte mia e dica a suor San Francesco che le sue lettere ci piacciono molto. Creda che il tempo in cui è stata priora le ha dato ali per volare. Oh, Gesù, che solitudine è per me saperle così lontane! Piaccia a Lui che ci ritroviamo unite nella sua eternità; mi consolo pensando che tutto finisce presto.

2. Per ciò che dice delle sorelle di fra Bartolomeo, mi diverte il difetto che trova in loro, perché, quand’anche esse l’aiutassero a finir di pagare la casa, sarebbe inammissibile prenderle. Non ne accetti assolutamente alcuna che non sia avveduta, altrimenti si contravviene alla Costituzione, ed è un male incurabile. Tredici anni sono ben pochi (parlo dell’altra), perché a quell’età si è soggetti a mille cambiamenti; vedano un po’ lì il da farsi. Quanto a me, credo di desiderare tutto quello che per loro va bene.

3. Prima di dimenticarmene: non sono d’accordo sul fatto che quelle consorelle scrivano in materia d’orazione, perché ci sono molti inconvenienti che vorrei dire. Sappia che, anche se non si trattasse d’altro che d’una perdita di tempo, è un ostacolo per la libertà dell’anima, e c’è il pericolo d’immaginarsi una quantità di cose. Se me ne ricordo, ne parlerò a nostro padre, altrimenti glielo dica lei. Le cose importanti non si dimenticano mai, e se si dimenticano, non c’è alcuna ragione di parlarne. Quando vedranno nostro padre, basta che gli dicano quello di cui si ricordano. A mio parere, vanno per la via sicura, e se qualcosa può loro nuocere, è di far caso di ciò che vedono o ascoltano. Qualora si tratti di scrupoli, ne parlino con vostra reverenza, ch’io stimo tale che se le danno credito, Dio le farà dono della luce necessaria a guidarle. Insisto tanto su questo perché vedo gli inconvenienti che ci sono per esse nel fatto di darsi da pensare a ciò che devono scrivere e quello che può loro ispirare il demonio. Se si tratta di cosa particolarmente grave, vostra reverenza può scriverne anche a loro insaputa. S’io avessi fatto caso di certe cose di suor San Girolamo, non l’avrebbe mai finita, e quand’anche alcune mi sembrassero vere, tacevo. Creda che il meglio da farsi è lodare il Signore che dà tali grazie; una volta che abbiano fine, passare oltre; è l’anima a doverne sentire il profitto.

4. Va bene quello che mi dice di Elia, ma siccome non sono saputa come lei, non so chi siano gli Assiri. Molti saluti a lei, perché le voglio un gran bene, e così anche a Beatrice e a sua madre. Sono proprio felice quando mi parla di lei, come di ricevere buone notizie di tutte. Dio perdoni a quei frati che ci conciano così.

5. E non credano a tutto quello che si dice là, perché qui ci danno migliori speranze, delle quali ci rallegriamo, anche se «al buio», come dice la madre Isabella di San Francesco. Insieme col male al braccio, ho una gran sofferenza di cuore da alcuni giorni. Mi mandi un po’ d’acqua d’arancio, ma in modo che il recipiente che la contiene non si rompa: per questo timore non gliel’ho chiesta prima. L’acqua degli angeli era così squisita che ho avuto scrupolo di consumarla; pertanto l’ho data alla chiesa, ed è servita ad onorare la festa del glorioso san Giuseppe.

6. Molte cose da parte mia al priore di Las Cuevas, ché è grande il mio affetto per quel santo, al padre Garciálvarez e alla mia Gabriella – certo è per qualche ragione che nostra madre la chiama «la sua Gabriella» - di cui facilmente invidierei la presenza lì, se noi non ci amassimo tanto nel Signore e se non vedessi che tale amore è così ben posto in vostra reverenza e nelle sue figlie. E che non fa la madre Isabella di San Francesco nel volercelo spiegare! Certo, anche se fosse venuta nella sua casa solo per portare alle stelle vostra reverenza e tutte le altre, il suo ritorno sarebbe stato utile, ma dovunque vostra reverenza sarà, madre mia, verrà lodata. Benedetto sia Colui che le ha dato tanta ricchezza, di cui lei fa così buon uso.

7. Mi raccomando alle preghiere della madre mia San Francesco (non posso dire di più) e a quelle di tutte, specialmente della sorella San Girolamo; Teresa, a quelle di vostra reverenza. Il signor Lorenzo de Cepeda sta bene.

8. Dio voglia, madre mia, che riesca a leggermi, giacché, così mal combinata e con tanta fretta, che lettera può venirne fuori? Oggi è il venerdì della Croce. Mandi solo pochissima acqua d’arancio, finché non si veda come arriva. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

9. La segretaria è Isabella di san Paolo, serva di vostra reverenza e di tutta la sua casa. Madre mia, ora mi ricordo d’aver sentito dire che lì ci sono alcune immagini di carta, grandi e assai belle, di cui Giuliano d’Avila faceva l’elogio; nostra madre mi dice di chiedere a vostra reverenza un san Paolo di questa raccolta; me ne mandi uno molto bello. E mi perdoni, ma dev’essere qualcosa che mi dia gioia guardarla.

 

230. Al Padre Girolamo Gracián

Avila, marzo 1578

1. È elevatissimo il concetto che Paolo si è formato della grandezza di Giuseppe. Ma, ciò nonostante, c’è maggiore o minor perfezione in quello che si fa per Lui, e non sempre ci rendiamo conto della rettitudine dell’intenzione; pertanto dobbiamo procedere con quella cautela ch’è necessaria in tutte le cose e fidarci poco di noi.

2. Come deve ridere il padre mio di queste sciocchezze, egli a cui sembra di tener ben presente alla mente tutto ciò! Ma, avendo altre cure, potrebbe dimenticarsene ed è bene che glielo ricordi io; se non altro, non c’è nulla da perdere a farlo.

 

231. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, 15 aprile 1578

1. Gesù sia con vostra paternità, padre mio. Dopo la partenza del padre priore di Mancera, ho parlato al maestro Daza e al dottor Rueda dell’affare della provincia, perché non vorrei che vostra paternità facesse nulla di cui si potesse dire ch’è stato un errore; anche se, dopo, il risultato fosse buono, ne avrei più pena di tutte le cose che nuocciono ai nostri progetti senza colpa nostra.

2. Entrambi dicono che ciò sembra loro assai difficile, se l’incarico affidato a vostra paternità non contempla in modo esplicito la facoltà di poterlo fare; così pensa specialmente il dottor Rueda, alla cui opinione io aderisco particolarmente, perché vedo che in tutto dimostra un gran buon senso; infine, è molto dotto. Dice che, trattandosi di giurisdizione, è difficile procedere a un’elezione, che senza l’intervento del Generale o del Papa non si può fare: i voti sarebbero nulli, e non ci sarebbe bisogno d’altro perché questi ricorressero al Papa e si mettessero a gridare che ci si affranca dall’ubbidienza, eleggendo superiori senza averne il diritto, il che è certo sconveniente. Egli ritiene che sarebbe più difficile ottenere dal Papa la conferma dell’elezione che l’autorizzazione a costituirci in provincia separata; basterebbe una lettera scritta dal re al suo ambasciatore perché egli abbia piacere di farlo: è cosa facile, quando gli si dica come questi altri trattano gli Scalzi. Potrebbe anche darsi che, parlandone al re, egli si compiacesse di farlo personalmente, e ciò sarebbe di grande aiuto anche per la riforma, perché questi altri ci rispetterebbero di più e non insisterebbero a dire che si devono distruggere le case riformate.

3. Non so se sarebbe bene che vostra paternità ne parlasse con il padre maestro Chaves, portandogli quella lettera che le ho fatto avere con il padre priore. Egli è uomo di molta oculatezza e forse, giovandosi del suo favore presso il re, potrà ottenere da lui quanto vogliamo; poi, con una sua lettera su questa faccenda, gli stessi frati (quelli di cui si è parlato) dovrebbero recarsi a Roma, giacché in nessun modo vorrei che tralasciassero di andarvi, essendo, come dice il dottor Rueda, il cammino e il mezzo diretto quello di indirizzarsi al Papa o al Generale.

4. Io le dico che se il padre Padilla e tutti noi avessimo avuto l’idea di risolvere questa faccenda con il re, già tutto sarebbe fatto (vostra paternità potrebbe anche parlargliene lei stesso, così come all’Arcivescovo), perché se il provinciale eletto deve essere confermato dal re ed avere il suo favore, è meglio farlo ora: in caso di mancata riuscita non farà rumore né ci procurerà il danno che ne avremmo se non ci si riesce dopo l’elezione, ché allora sarebbe per noi una vergogna e vostra paternità perderebbe molto credito, essendosi fatto ciò che non si poteva, senza savio giudizio.

5. Il dottore dice che, se procedesse all’elezione il visitatore domenicano o altri, sarebbe ancora meglio che non la nomina di un superiore da parte degli stessi Scalzi. Il fatto è che in materia di giurisdizione, come ho detto, si è molto esigenti, ed è assai importante che il capo sia tale per legittima provenienza. Io, se penso che potrebbero accusare vostra paternità a buon diritto, mi scoraggio, ciò che non mi accade se la incolpano senza motivo, anzi, mi crescono le ali; pertanto non ho visto l’ora di scriverle questo, perché vi stia ben attento.

6. Sa che cosa ho pensato? Che forse si usano contro di noi i doni che ho inviato al nostro padre Generale (che erano molto belli), dandoli a cardinali, e mi è sorta l’idea di non inviargli più niente fino a che non si concluda quest’affare, mentre sarebbe bene, qualora se ne offrisse l’occasione, di dar qualcosa al nunzio. Io vedo, padre mio, che quando vostra paternità è a Madrid, fa molto in un giorno e che, parlando con gli uni e con gli altri, con gli amici che vostra paternità ha in palazzo e con il padre fra Antonio per chiedergli di vedere la duchessa si potrebbe far molto al fine di ottenere che il re aiuti la nostra causa, perché egli desidera il mantenimento della Riforma, e il padre Mariano, il quale ha modo di parlargli, potrebbe chiarirgli la nostra situazione, supplicarlo e ricordargli da quanto tempo è tenuto in prigione fra Giovanni, giacché la rabbia che hanno per la visita li induce a compiere questi spropositi, cosa che non sarebbe loro possibile s avessero un superiore. Infine, il re ascolta tutti; non so perché proprio il padre Mariano dovrebbe rinunziare a parlargliene.

7. Ma che chiacchiero a fare e quante sciocchezze dico a vostra paternità, che tollera tutto da me! Le assicuro che mi rodo di non esser libera di poter fare io quello che dico agli altri di fare. Ora che il re va assai lontano, vorrei che ci fosse qualcosa di fatto. Ci pensi Dio come può.

8. Stiamo aspettando ansiosamente quelle signore, e le consorelle sono ben decise a non lasciar passare di qui la sorella di vostra paternità senza darle l’abito. Vostra paternità deve loro una gratitudine speciale. Io ho apprezzato molto il loro atteggiamento, perché sono tante e bisognose, eppure di fronte al desiderio d’aver qualcuno della famiglia di vostra paternità, non conoscono ostacoli. Teresita, poi, le cose che dice e che fa! Anch’io ne sarei felice, perché non potrò godermela come qui dove va a stare, e forse non mi sarà più possibile nemmeno vederla, essendo quello un luogo assai fuori di mano. Eppure mi oppongo proprio io e resisto loro, perché è stata già ammessa a Valladolid, dove starà assai bene, e trattenerla qui sarebbe dare a quelle sorelle un gran dolore, specialmente a Casilda. Terremo qua Giuliana – anche se adesso io non dico alle consorelle nulla di lei –, perché mi sembra assai duro per la signora donna Giovanna mandarla a Siviglia; forse ne soffrirebbe perfino lei stessa, quando fosse grande. Oh, come sono tentata d’inquietarmi per sua sorella, quella che sta fra le «donzelle»! A causa della sua mancata comprensione, rifiuta d’essere aiutata e di stare più a suo agio di dove sta.

9. Questa lettera le è portata da mio fratello Lorenzo, che va alla Corte e di là credo a Siviglia. Vostra paternità gli voglia permettere di entrare nel monastero per vedere un piccolo forno che ha fatto la priora per cucinare il cibo e di cui dicono meraviglie, ma, se non lo si vede, non si potrà farne uno uguale qui, mentre se è come si dice, sarebbe un tesoro, sia per i frati, sia per le monache. Io scrivo alla priora che lo lasci entrare per farglielo vedere. Se a vostra paternità ciò non sembra motivo sufficiente, me lo avvisi: a Madrid deve fermarsi alcuni giorni. Ma se leggesse quello che me ne scrivono, non si meraviglierebbe che qui desiderino averne uno; dicono ch’è migliore del muletto di Soto e che non possono lodarlo più di così. Io credo che la priora le scriverà; pertanto non mi resta altro che domandare a Dio di conservarmi vostra paternità.

10. La priora di Alba sta malissimo. La raccomandi a Dio, perché, nonostante tutto quello che si dice di lei, sarebbe una gran perdita la sua; è, infatti, molto obbediente, e quando c’è l’obbedienza, basta un avviso perché tutto abbia rimedio. Oh, che cosa soffrono le sorelle di Malagón per non aver più con loro la madre Brianda! Ma io ho riso del loro desiderio che torni lì.

11. È morta la più piccola delle figlie di donna Luisa de la Cerda; io sono estremamente afflitta dei travagli che Dio manda a questa signora. Non le resta che la vedova. Mi sembra conveniente che vostra paternità le scriva e la consoli, perché le dobbiamo molto.

12. Rifletta sulla possibilità di lasciar qui sua sorella; se le sembra preferibile, io non mi opporrò, tanto più nel caso che la signora donna Giovanna ami averla più vicina. Temo soltanto (ritenendo ella ormai di andare a Valladolid) che non le avvenga poi di pentirsi d’essere qui, perché sentirà dire che là ci sono comodità di cui è priva questa casa, non foss’altro l’orto, perché questa terra è sterile.

13. Dio me la conservi, padre mio, e la renda così santo come io lo supplico di fare, amen, amen. Il braccio va migliorando. Oggi è il 15 aprile. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

14. Donna Guiomar è qui e sta meglio; ha un vivo desiderio di vedere vostra paternità. Piange il suo Giovanni della Croce, come tutte le religiose. È stata, questa, una cosa ben dura. L’Incarnazione comincia a riprendere la sua vita abituale.

 

232. A Gaspare de Villanueva, a Malagón

Avila, 17 aprile 1578

Al magnificentissimo e reverendissimo signor licenziato Gaspare de Villanueva, mio signore a Malagón.

1. Gesù sia con vostra grazia, padre mio. Le assicuro che, se avessi la testa come ho la volontà di scrivere a lungo, non sarei così breve. Sono stata assai felice della lettera di vostra grazia.

2. Per quanto riguarda l’affare di sua sorella e figlia mia, mi rallegro ch’esso non dipenda da lei né da vostra grazia. Non so che intrigo sia questo né su che cosa si basi la madre presidente. La madre priora Brianda mi ha scritto in merito a ciò; le rispondo subito. Mi sembra opportuno che si faccia quanto ella scriverà, se vostra grazia è d’accordo, e altrimenti si eseguano i suoi ordini, ma io non voglio più mettere bocca in questa faccenda.

3. Per ciò che riguarda suor Marianna, desidero che faccia la professione come richiede il suo rango; non appena sappia dire i salmi e stia attenta al resto, io so che questo basta (per altre professioni che si sono fatte così, dietro parere dei dotti); pertanto lo mando a dire alla madre presidente, se vostra grazia non è di parere contrario, nel qual caso io mi sottometto ai suoi ordini.

4. La supplico di dare i miei saluti a suor Giovanna Battista e a Beatrice e dir loro che, essendoci vostra grazia, non c’è motivo di ricorrere alla madre per cose interiori, visto che sembra loro di non restarne consolate; la finiscano ormai di lamentarsi: quella donna non le ammazza né manda a male la casa né tralascia di dar loro quello di cui hanno bisogno, perché la sua carità è grande. Ormai le ho capite, ma finché il padre Visitatore non verrà lì, non si può far nulla.

5. Oh, padre mio, che sofferenza è vedere tanti cambiamenti nelle religiose di quella casa! Quante cose sembravano intollerabili in colei che ora adorano! Osservano la perfezione dell’obbedienza mescolandola a molto amor proprio, e Dio le punisce in quello in cui peccano. Piaccia a Sua Maestà di renderci perfette in tutto, amen; tali consorelle sono ancora molto al principio, e se non avessero lì vostra grazia, non mi stupirei tanto. Nostro Signore la protegga. Non tralasci di scrivermi, perché mi è di consolazione, e ho pochi motivi di conforto. 17 aprile.

6. Pensavo di rispondere a suor Marianna, ma, certo, non ho la testa per farlo. Supplico vostra grazia di dirle che se agisce come scrive, anche nel caso che non sappia leggere molto bene, glielo perdoneremo. La sua lettera mi ha molto consolata, e in risposta invio la licenza perché faccia la professione; qualora non possa farla fra le mani di nostro padre, nel caso che tardi molto a venire, non tralasci, comunque, di farla, purché lei non sia di parere diverso; le mani di vostra grazia sono ben buone per dare il velo ed ella deve solo pensare di far la professione nelle mani di Dio, com’è vero. L’indegna serva e figlia di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

233. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, 17 aprile 1578

1. Gesù sia con vostra paternità, padre mio. Oh, come ha fatto male a scrivermi tanto brevemente, potendo disporre di un così buon messaggero come Giovanni! Mi sono proprio rallegrata di vederlo e di sapere notizie particolari di vostra paternità. Già nella lettera portata dal padre priore di Mancera io avevo risposto ad alcune delle cose che vostra paternità vuole che le dica. Mi ha davvero mortificata nel far tanto caso di me; decida in base a quel che le sembra opportuno: sarà la decisione più conveniente.

2. Io sono così piena di paura da quando vedo che il demonio tira fuori il male da tutto ciò ch’è buono, che non vorrei, finché non passi l’ora di questi padri, che si offrisse loro l’occasione di nuove calunnie e aggressioni; come ho detto altre volte, infatti, riescono in tutto; pertanto non mi meraviglierò di qualunque cosa facciano. Ad essi non sembra di andare contro Dio, perché hanno i superiori dalla loro parte. Del re non si curano minimamente, vedendo che tace di fronte al loro modo di agire, e se per caso ardissero di fare qualcosa contro vostra paternità, verremmo a trovarci in una ben grave situazione: prescindendo, infatti, dalla gran pena e afflizione che ne proveremmo tutti, resteremmo scoraggiati e ci sentiremmo perduti. Dio ce ne liberi, come credo che farà, ma vuole che vi aiutiamo. Questo, con le altre cose che ho scritto a vostra paternità, mi costringe a non supplicarla di venire dalle nostre parti, per molto che possa desiderarlo.

3. La priora di Alba sta molto male, ed è là dove sarebbe più necessario che si recasse vostra paternità. Io vorrei che lo facesse con più calma di quanta non possa averne in questo momento, e che non si allontanasse da lì fino a che le cose non avessero una maggiore stabilità e questo Peralta non se ne fosse andato via. Vedo quello che hanno fatto quando il re ha mandato a chiamare il padre Mariano, anche se a Madrid sono meno temerari che non qui. D’altra parte, mi riesce duro di non poter dare una gioia a una madre, e che madre! Pertanto non so che mi dico, salvo che non si può ormai più vivere in questo mondo.

4. Alla richiesta di vostra paternità se non sarà meglio prendere un’altra strada, perché, passando da qui il giro è lungo, rispondo ch’io desidero vivamente vedere tali signore, ma che, se vostra paternità le deve accompagnare, passerà più inavvertito per l’altra strada, perché non ci sono monasteri di questi benedetti frati. Senza questa ragione, sarebbe duro – per un giro di otto leghe in più – tralasciare di farmi la grazia di riposare qui qualche giorno e di darci una gioia in cui sperano tanto tutte queste sorelle, come ho scritto a vostra paternità servendomi di mio fratello, che è partito oggi per Madrid.

5. Circa quanto in terzo luogo mi dice, che la signora donna Giovanna vuol accompagnare sua figlia, mi sembra cosa ardua ch’ella intraprenda ora un viaggio di ottanta leghe, potendolo evitare, a rischio della sua salute che per noi è tanto preziosa. Io ho fatto quel viaggio e, pur avendolo compiuto con tutte le comodità e lo svago di una buona compagnia, trovandomi con la signora donna Maria de Mendoza, m’è sembrato assai lungo.

6. Vostra paternità sappia ch’io sono decisa a non lasciar andare sua madre oltre Avila, perché non è necessario, se donna Maria è accompagnata da una donna e da suo fratello; lì tutto è a posto, e sarebbe un grave errore affaticarsi tanto, avendo visto da poco suo figlia. Sarebbe meglio aspettare ancora, fino alla presa del velo, quando, se Dio lo vuole, la situazione non sarà così pericolosa e vostra paternità potrà accompagnarla a preferenza di adesso. La sua salute ci è così cara che altrimenti io non oserei darle tale consiglio; se non altro insisterò con tutte le mie forze perché non oltrepassi Avila: fino a qui, infatti, se il tempo è buono, il viaggio è breve. Anzi, ora mi ricordo che se viene in vettura, è meglio passare per Avila, perché credo che non ci siano colline da superare, come per quell’altra strada.

7. Io mi sono chiesta se non sarebbe bene, qualora la signora donna Giovanna non venga e non ci sia altri che il signor Tommaso Gracián per accompagnare sua sorella, che si unisca a loro il padre Antonio di Gesù, il quale è ormai guarito. Vostra paternità dirà che anch’egli è uno Scalzo. Ma i suoi capelli bianchi lo mettono al sicuro da tutte le mormorazioni, senza dire che, non trattandosi di vostra paternità, non si farà caso a tale circostanza, perché l’attenzione di tutti, adesso, è concentrata su di lei, e io godrò di vedere il padre risuscitato. Questa è l’idea che ora mi è venuta in mente; se è priva di fondata ragione, la ritenga una sciocchezza, ché io non so più di quel che ho detto.

8. Le ripeto che mi sarebbe di grande gioia vedere la signora donna Giovanna, ma mi sembra che ci arrischiamo troppo, specialmente se volesse andare oltre Avila. Dio mi liberi da me stessa, visto che tengo in così poco conto il mio sollievo. Piaccia al Signore di darmene qualcuno in cui la mia anima possa riposare lungamente con vostra paternità.

9. Nella lettera inviatale con mio fratello le ho scritto quanto sembri difficile al dottor Rueda e al maestro Daza l’elezione di priori senza ordine del Papa o del Generale, trattandosi di una questione riguardante la loro giurisdizione, e siccome gliene ho scritto a lungo, la prego solo di esaminar bene la cosa, per amor del Signore. Ha un bel da fare lei col dover avere l’occhio sempre così attento a tutto. Dio ci darà tempi migliori. Per ora, padre mio, dobbiamo procedere per la strada in cui «Egli possa proteggerla». La priora e la sottopriora le hanno scritto servendosi di mio fratello. Se c’è bisogno di qualcosa da parte dell’uditore Covarrubias, deve dirglielo, perché è un grande suo amico. Il Signore sia con vostra paternità e me la conservi per molti anni e con molta santità. Oggi è il 17 aprile. L’indegna figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

10. Sappia, padre mio, che sono in pena, perché non pensavo che la signora donna Giovanna dovesse venire così presto: abbiamo il coro scoperto, un grande andirivieni di operai, le grate tolte; e pensare ch’io ero assai contenta di poterla vedere da esse: guardi un po’ che vita! Nel coro non si poteva più stare, perché esposto o a troppo freddo o a troppo caldo; ora risulterà assai appropriato. Veda se è possibile che la signora donna Maria porti l’autorizzazione per entrare qui, perché quantunque sia tutto in gran disordine, ciò le servirà ad apprezzare di più la sua casa.

 

234. A donna Giovanna Dantisco, a Madrid

Avila, 17 aprile 1578

Autografo: Carmelitane Scalze del Corpus Christi di Alcalá (Madrid)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei e la ricompensi del favore che mi ha fatto con la sua lettera e con le buone notizie che in essa mi dà del suo arrivo con la signora donna Maria. Che sia la benvenuta.

2. Lei ha ben ragione d’essere contenta, perché io non vedo quale grazia maggiore Dio poteva darle di chiamare sua figlia a uno stato dove, servendo Sua Maestà, si vive in una pace superiore a ogni immaginazione. Spero nel Signore che ciò sarà per il suo più gran servizio.

3. Da una parte io desidero vivamente la venuta di vostra grazia, come chi da molto tempo non ha una ragione di grande gioia; dall’altra mi riesce difficile pensare che lei faccia ora un così lungo viaggio che potrebbe evitare, perché desidero più la sua salute che il mio conforto. Scrivo al nostro padre Visitatore in merito a ciò e al fatto che egli venga con lei, perché la cosa presenta molti inconvenienti. Ma quello che sua paternità deciderà sarà il meglio da farsi.

4. Piaccia al Signore di tirarci fuori da questi tempi in cui dobbiamo temere anche ciò ch’è molto buono, perché ci sono occhi pieni di prevenzione a guardarci. Non mi hanno dato la lettera che vostra grazia dice d’avermi scritto.

5. Tutte queste sorelle e la priora le baciano le mani; desiderano vivamente la sua venuta e quella della signora donna Maria. Il Signore diriga tutto come meglio vorrà; a Valladolid già stavano cercando la stoffa per l’abito.

6. Sua Maestà protegga lei e il signor segretario. Bacio le mani di vostra grazia e quelle di tutte le signore che son là, specialmente della signora donna Adriana, anche se mi ha proprio dimenticata. Oggi è il 17 aprile. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

7. La mia Isabella di Gesù mi scrive ora; tutte le religiose non finiscono di esserne contente, e con ragione.

 

235. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, 26 aprile 1578

Autografo frammento: Carmelitane Scalze del Corpus Christi di Alcalá (Madrid)

1. Gesù sia con vostra paternità, padre mio e mio superiore, come lei dice, il che mi ha fatto ridere e divertire non poco, tanto ch’è sempre uno spasso per me ricordare con quanta sincerità sembra dirmi di non giudicare il mio superiore.

2. Oh, padre mio! Non era minimamente necessario che vostra paternità giurasse – né come un santo, né, tanto meno, come un carrettiere – perché ne sono ben persuasa. Quando Dio dà lo zelo e il desiderio del bene delle anime, come a lei, non può certo levarglielo per quello dei suoi sottoposti. Desidero ora por fine a questo discorso ricordando a vostra paternità che lei stesso mi ha autorizzata a giudicarla e a pensare di lei tutto quello che voglio.

3. La signora donna Giovanna è arrivata qui ieri sera, venticinque aprile, quasi a notte, in buonissime condizioni di salute, grazie a Dio. Mi sono rallegrata molto di stare con lei, perché ogni giorno l’amo maggiormente e mi appare sempre migliore e più saggia; la nostra religiosa, poi, è così contenta, che non si può descrivere la sua gioia: entrando, sembrava che fosse stata qui tutta la sua vita. Spero in Dio che sarà una gran religiosa; ha un bell’ingegno e molta abilità.

4. Io desidererei vivamente che la signora donna Giovanna non proseguisse, ma vostra paternità ha ispirato così grande affetto a quest’angelo per Valladolid, che non ci sono state preghiere sufficienti a trattenerla qui.

5. E Teresa, poi, che cosa non ha fatto e detto! Ella, comunque, si è comportata bene, da persona saggia, dicendo che avrebbe fatto quello ch’io volessi, ma si capiva assai bene che non voleva fermarsi.

6. Io le ho parlato a parte e le ho detto molte cose di questa casa, come si fosse fatta quasi per miracolo e altro ancora. Diceva che per lei era indifferente restare qui o andare lì. Pensavamo già d’aver ottenuto qualche cosa, ma io vedevo che diventava triste; infine ha parlato in segreto alla signora donna Giovanna e le ha detto che, senza far capire ch’era questo il suo desiderio, non mancasse di condurla a Valladolid.

7. Tanto a lei quanto a me è sembrato che non ci fosse altro da fare, perché prendere l’abito qui e andare dopo là poteva essere causa di malcontento; ella mi ha detto chiaramente che ciò l’avrebbe fatta soffrire, ch’era inammissibile uscire dal convento in cui si è entrati; credo pertanto che la signora donna Giovanna partirà domani, dopo pranzato, con sua figlia. Io avrei voluto che si trattenesse almeno fino a lunedì, ma, vedendo tutte le spese che deve affrontare, non ho insistito molto con lei.

8. Alloggia in casa di mio fratello, e Aranda la serve molto bene. Dio l’accompagni, ché io resto preoccupata, anche se è arrivata in ottime condizioni dopo aver fatto la parte peggiore del viaggio. Dio consentirà che non le faccia male il percorso restante: è sana ed ha una forte costituzione fisica. L’ho abbracciata sulla porta quando entrava la signora donna Maria, perché le voglio molto bene. Dio la riconduca felicemente a casa sua: ella è da tenere in gran pregio.

 

236. Alla M. Anna di Sant’Alberto, a Caravaca

Avila, 30 aprile 1578

Autografo: Carmelitani Scalzi di Venezia

1. In virtù del potere che ho dal padre Visitatore apostolico, il maestro fra Girolamo Gracián della Madre di Dio, do licenza alla madre priora di San Giuseppe di Caravaca, Anna di Sant’Alberto, di conferire la professione alle sorelle Fiorenza degli Angeli, Ines di Sant’Alberto e Francesca della Madre di Dio, e ad esse do quella di compierla.

2. Piaccia al Signore che sia a sua gloria e onore, e le renda tali quali conviene che siano come figlie della Vergine, Signora e patrona nostra, amen. Scritta a San Giuseppe di Avila, il 30 aprile dell’anno 1578. Teresa di Gesù, Carmelitana.

 

237. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, 7 maggio 1578

1. Gesù sia con vostra paternità, mio buon padre. L’altro ieri ho saputo che la signora donna Giovanna era arrivata bene a Valladolid, e che la vigilia o il giorno di S. Angelo davano l’abito alla signora donna Maria. Piaccia a Dio ch’ella gli faccia onore e voglia renderla una gran santa. Anche a Medina la priora mi scrive che gliel’avrebbero dato volentieri, se avesse voluto, ma non credo ch’ella fosse d’accordo. Come ho scritto a vostra paternità, alle religiose di Valladolid è rincresciuto molto che lei non sia andato. Ho già detto loro che, col favore di Dio, ciò avverrà presto, e, certo, è cosa estremamente necessaria; una volta andato via il Tostado, non c’è più niente da temere.

2. Scrivo al padre Mariano di fare in modo, qualora dovesse venire con il siciliano, che si rechi qui con loro anche vostra paternità, perché se si deve stabilire di comune accordo qualcosa di quel ch’egli dice nella sua lettera, la sua venuta è necessaria. Le assicuro che, s’egli dice il vero, le trattative col nostro padre Generale hanno molta probabilità di riuscita per questa via, mentre tutte le altre strade mi sembrano lunghissime; fatto questo, se vedessimo che non è la via giusta, avremo tempo per provvedervi. Il Signore indirizzerà bene le cose.

3. Io vorrei, nel caso che questo padre non venisse dalle nostre parti, che vostra paternità s’incontrasse con lui. Credo che a tutti i fini sia necessario uno scambio d’idee, anche se la decisione giusta sarà quella presa da vostra paternità. Ho scritto da poco lungamente a vostra paternità e pertanto ora sarò breve; oggi mi hanno portato da Caravaca lettere a cui devo rispondere, e scrivo anche a Madrid.

4. Oh, padre mio, stavo per dimenticarmene! È venuta quella donna a curarmi il braccio; la priora di Medina ha fatto assai bene a mandarmela. Il curarmi non è stata impresa di poca fatica per l’infermiera e per me. Il polso era perduto; pertanto il dolore e lo sforzo sono stati terribili, essendo ormai caduta da molto tempo. Ciò nonostante, mi sono rallegrata di sentire una minima parte di quelle sofferenze sofferte da nostro Signore. Mi sembra d’esser guarita, anche se ora a causa dello spasimo è difficile capire se lo sia del tutto, ma la mano si muove bene e posso sollevare il braccio fino alla testa; certo, ci vuole ancora tempo perché la sua guarigione risulti completa. Creda pure, padre, che se tardavo ancora un po’, restavo monca. In verità non ne sarei rimasta molto afflitta, se tale fosse stata la volontà di Dio. È accorsa tanta gente a vedere quella donna, che in casa di mio fratello non sapevano come fare.

5. Le assicuro, padre mio, che dopo la partenza da qui di vostra paternità, le sofferenze d’ogni genere hanno avuto la meglio. A volte, quando si susseguono senza tregua, sembra che il corpo resti esausto e l’anima sia presa un po’ da viltà, anche se, a mio giudizio, la volontà si mantenga salda. Dio sia sempre con vostra paternità. Queste sue figlie si raccomandano a lei. Oggi è la vigilia dell’Ascensione. Donna Guiomar va meglio; è qui. L’indegna figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

238. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, 8 maggio 1578

1. Gesù sia con vostra paternità. Dopo che avevo scritto la lettera acclusa, oggi, giorno dell’Ascensione, mi hanno portato le sue, arrivate per la via di Toledo, che mi hanno afflitto profondamente. Le assicuro, padre mio, che quanto mi dice è una temerarietà. Vostra paternità strappi subito la presente.

2. Può ben immaginare quali conseguenze essa provocherebbe, con tutti i lamenti ch’egli fa di me, tali che ne sono ben stufa, perché anche se gli voglio molto bene, anzi moltissimo, ed egli è un santo, non posso fare a meno di vedere che Dio non gli ha dato il talento di saper sistemare le cose. Non vede ora quanta fede ha prestato a quelle monache faziose? E senza informarsi meglio vuole fare e disfare. Io mi rendo ben conto che a quella presidente manca la capacità di governare, ma non saranno i suoi difetti a disonorare l’Ordine, trattandosi di cose che restano in casa. Io avevo già scritto loro che vostra paternità sarebbe andato lì e che tutto si sarebbe sistemato; per quanto riguardava, poi, i loro problemi spirituali, ne parlassero con i loro confessori e non con lei.

3. Volere che governi Isabella di Gesù e sia fatta sottopriora è un grosso sproposito: nei pochi giorni che lo fu durante il priorato di Brianda, le stesse monache non finivano di raccontar storie su di lei e di riderne, e non potranno mai rispettarla. È buona, ma inadatta a tale carica, e togliere il governo ad Anna della Madre di Dio per due giorni, giacché – a giudicare dalla premura che si dà per Brianda, la ricondurrà presto lì – è una pazzia; senza dire che il ricondurvela mi riuscirebbe gravoso, perché, salvo il caso di tornare a portarla via se si procede a una nuova fondazione, io temo molto di vederla in quel luogo, finché ci sarà quello che vi sta ora.

4. L’accusa che le muove di non far nulla per gli Scalzi riguarda l’ordine emanato da vostra paternità; quanto a mormorazioni sul resto, non ci credo, né che le possa rincrescere quello che si fa per me, perché la conosco: non è minimamente avara, ma, al contrario, molto generosa. Devono riferirgli l’opposto di quel ch’ella dice. Vostra paternità sa bene che Brianda mi ha scritto di ordinare che non si desse nulla a nessuno Scalzo, e un’altra religiosa mi ha detto che si era speso per essi più che per tutte le malattie che quell’anno erano state moltissime. A me sembra, padre mio, che anche se va lì santa Chiara (mentre c’è quello che vi si trova ora, e con la caparbietà di quelle monache), le troveranno difetti.

5. Quanto all’accusa di non aver cura delle inferme, è una grave calunnia, essendo grande la sua carità. Io mi sono vista molto imbarazzata, padre mio, con quella di prima, perché tutto è nulla quando non è in gioco l’onore, specie lì ove sono tanto vicine al mondo. Ciò che dicono dell’onore è un pretesto, perché ella è venuta via per ordine dei medici, ai fini della sua salute. Io non so davvero che cosa può fare a questo riguardo vostra paternità.

6. Mi diverte che il padre fra Antonio abbia avuto cura di proibire di far menzione di Brianda, ch’era il meglio che potesse fare. Vostra paternità esamini bene la situazione, per carità. Se si dovesse fare quello che meglio conviene, bisognerebbe portare lì una religiosa che fosse come Isabella di san Domenico, con una buona sottopriora, e togliere alcune di quelle che vi sono. È necessario che vostra paternità scriva brevemente al padre fra Antonio di non operare alcun mutamento, fino a che vostra paternità abbia ben riflettuto su tutto. Io gli scriverò che non posso far nulla fino a quando non conoscerò gli ordini di vostra paternità, e lo disingannerò su alcune cose.

7. Ciò che riguarda la casa mi ha fatto dispiacere; è penoso che non ci sia stato alcuno che se ne sia preoccupato; devono aver fatto solo una gran costruzione, mentre io vorrei che si terminassero due appartamenti e si erigesse il muro di cinta, affinché, se non ci fossero ora i mezzi per fare di più, non vada tutto perduto, perché ci staranno meglio (per poco che vi restino) che dove ora sono. Vostra paternità glielo scriva.

8. Io non so come il padre mio abbia conferito un mandato per Malagón senza metterlo bene sull’avviso. Le assicuro che mi sento come una stupida a causa di ciò; peraltro mi sembra un gran discredito per la casa, togliere e mettere senza criterio chi governi in essa. S’io credessi che N. possa emendarsi, la cosa migliore sarebbe che tornasse al suo priorato e la si facesse finita, ma ho perduto la speranza che possa emendarsi, e il padre Bartolomeo di Gesù, fra Francesco della Concezione e Antonio Ruiz hanno insistito tanto perché non ritornasse lì, che ritengo una temerità non tenerne conto. Vostra paternità prenda le dovute informazioni e faccia ciò che il Signore le consiglierà; sarà, infatti, questa la cosa migliore. Io lo supplicherò d’illuminare vostra paternità, ma è particolarmente necessario prevenire subito tale padre e ottenere che fra Antonio non martirizzi più quella santa, ché tale ella è. Dio sia sempre con vostra paternità. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

9. Non credo che sarà una mortificazione per Isabella di san Domenico andare lì; significherebbe rimettere a posto quella casa, e Brianda o Maria di san Girolamo potrebbero recarsi a Segovia. Vi provveda Dio. Per quanto riguarda la salute d’Isabella di san Domenico, il paese è caldo, ma, poiché gode di tanta stima, le monache non oserebbero dir nulla di lei. Ho riaperto questa lettera per cancellare ciò che dicevo del padre Mariano, nel caso che andasse perduta. Sono assai malcontenta di lui.

 

239. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá (?)

Avila, 14 maggio 1578

1. Gesù sia con vostra paternità. Avevo già scritto questa lettera e stavo per inviargliela quando sono arrivati i frati Scalzi che mi hanno consegnato quelle di vostra paternità. Le assicuro ch’esse mi hanno ridato la salute, perché da quando, ieri sera, ho ricevuto quelle di Malagón, mi sono talmente stancata a leggere e a scrivere che mi è aumentato il raffreddore di cui soffrivo. Ma ora queste sue lettere mi hanno procurato un tale diletto che ne sono rimasta assai sollevata. Sia benedetto Dio che dà salute a vostra paternità perché lo serva in tale misura e perché tante anime si giovino di lei, cosa che mi è di estrema consolazione. Ciò malgrado, io vorrei vederla da queste parti, perché, non avendo piovuto dove lei si trova, sarà impossibile che il paese non sia molto malsano, e non so che importanza possa avere star lì piuttosto che venir qui, a meno che il Signore, il quale tutto prevede, non abbia riservato quest’occasione al profitto di quelle anime; la sua presenza lì, infatti, non può mancare di dare grandi frutti.

2. Ho dimenticato di dirle nell’acclusa lettera quanto mi sia dispiaciuto sapere che fra Ferdinando Medina abbia dato l’abito alla nostra religiosa. Non so che mania abbia quella priorina di compiacere quei frati. Dall’acclusa lettera di fra Angelo vostra paternità vedrà come già sapessero che lei doveva accompagnare sua sorella. Ho avuto piacere che non l’abbia fatto; ora l’occasione è molto più favorevole. Ho già scritto ad Ardapilla, pregandolo di adoperarsi presso vostra paternità perché venga, e aggiungendogli alcune sciocchezze; fra l’altro gli dicevo che quand’anche no voglia venire, alla fine dovrà pur farlo, perché non può essere altrimenti.

3. Ho già pensato quanto gioverebbe al mio riposo mia figlia Maria di san Giuseppe, la quale con la sua scrittura, la sua abilità e la sua allegria mi darebbe un po’ di sollievo. Dio potrà adoperarvisi dopo la sua professione, anche se le giovani non riescano a trovarsi molto bene con le vecchie, tanto ch’io mi stupisco perfino di come vostra paternità non si stanchi di me; senonché Dio lo permette perché io possa sopportare la vita che mi dà, con così scarsa salute e senza gioie, salvo questa. Credo anche che coloro i quali ricevono doni da Dio e lo amano davvero, non possono tralasciare di allietarsi della compagnia di chi desidera servirlo.

4. Mi rincrescerebbe molto se Ardapilla se ne venisse ancora con questo ritornello dell’Incarnazione, e ho domandato a vostra paternità se, in base ai suoi poteri, me lo può ordinare, ma non ho avuto alcuna risposta. Sappia ch’io mi adopererò come posso per non farlo, convinta che senza i confessori, oltre che senza un mutamento di obbedienza sarebbe una pazzia, ma se mi ci obbliga sotto pena di peccato, veda un po’ quale sarà la mia situazione.

5. Per carità, mi scriva in modo preciso che cosa devo e posso fare, ché queste non son cose da scriversi troppo confusamente. E mi raccomandi sempre molto al Signore, perché sono ormai assai vecchia e stanca, anche se non è così dei miei desideri. Darò i suoi saluti alle consorelle. Vorrei che vostra reverenza venisse con il priore di Mancera. Mi sembra – le assicuro – che d’ora in poi lei perda il suo tempo là, non essendo più il momento opportuno per attendere a prediche.

6. Che chiasso fanno quelle monache per quei cento reali! Guardi se non ho ragione di dire che bisogna procedere in tutto con molta prudenza durante queste visite; venendo un nuovo superiore, è molto importante che non possa appigliarsi a nulla. Ciò mi ha fatto proprio sdegnare, perché colei che li ha dati – la quale sovrintendeva a tutto – avrebbe ben potuto evitare che si annettesse alla cosa tanta importanza. Per fra Antonio mi risulta indifferente, ma se mi toccano minimamente in quello che riguarda il mio Paolo, non lo posso sopportare; quanto a me, non m’importa nulla.

7. Dio la protegga, padre mio; egli mi fa una grazia singolare mantenendolo così in carne come mi dicono questi padri, nonostante tutto il suo lavoro. Sia benedetto per sempre. Donna Guiomar sarà felice della sua lettera. Sta bene. Oggi è il 14 maggio, e io sono la vera figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

8. Spero davvero che non abbia a nuocermi tutto questo mio scritto di ora, come quello per Malagón, anzi che mi giovi. Circa la fondazione di quel monastero, non conviene in alcun modo farla, se ci si sono messi di mezzo i francescani, intendo riferirmi a Villanueva. Per essi è una sede appropriata, ché sapranno aiutare le sorelle a mendicare – vostra paternità ha ragione –, cosa che è terribile in questi piccoli villaggi. La fondazione a Madrid è quella che fa al caso nostro: c’è una buona base di preparazione per poterla cominciare subito, e credo che sia importante, come anche inviare qualcosa a Huerta. Quando vedremo vostra paternità, daremo ordini in merito.

 

240. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, 22 maggio 1578

1. Gesù sia con vostra paternità. Questo padre è di passaggio, pertanto non potrò dilungarmi. Mi rincresce molto che non mi abbiano avvisato ieri sera della sua partenza. Io sto meglio, e il mio braccio anche.

2. Per quanto si riferisce a ciò che ha dovuto sopportare a causa del gatto, sono spaventata che abbia parlato così ostilmente di Speranza. Dio gli perdoni! S’egli fosse così perverso come lui dice, certamente non si sarebbero adoperati tanto a non perderlo. Sono molto contenta che vostra paternità non abbia inviato la lettera a Siviglia; ritengo, infatti, preferibile comportarsi verso di essi con tutta umiltà, perché veramente si è loro dovuto molto, e a molti di essi molto si deve ancora. Dalle cose che ho visto stimo questo padre poco prudente; pertanto non vorrei che protraesse troppo i suoi rapporti con lui.

3. Anche da Toledo mi hanno scritto che si lamentano molto di me; eppure, in verità, ho fatto quanto ho potuto e anche più di quel che dovevo: se, quindi, ci può essere una ragione di lagnarsi di vostra paternità e di me, penso ch’è quella d’esser stati così attenti a non dar loro dispiacere. E credo che se si fosse mirato solo a Dio e si fosse fatto unicamente per suo servizio quello che richiedeva un così buon desiderio, già la situazione sarebbe tranquilla, e tutti più contenti, perché il Signore stesso avrebbe appianato ogni cosa; ma quando le nostre azioni sono ispirate dal rispetto umano, il fine a cui si mira con esso non si ottiene mai, anzi va tutto al rovescio, come si vede ora. Quasi che fosse un’eresia quel che voleva fare! Come ho detto loro, ad essi rincresce che si sappia. Certo, padre mio, che loro e noi abbiamo avuto in gran parte preoccupazioni terrene in quest’affare. Ciò nonostante, sono contenta che la cosa sia andata così; vorrei che ne fosse soddisfatto nostro Signore.

4. Ho già scritto a vostra paternità quanto insistano i padri della Compagnia di qui perché il padre Mariano venga a vedere una fontana. Da tempo lo importunano. Ora ha scritto che verrebbe nel corso di questo mese. Supplico vostra paternità di scrivergli che non manchi di farlo in ogni caso: non se ne dimentichi.

5. Sono sbigottita di questo «incantamento» di fra Giovanni della Croce e del ritardo delle nostre trattative al riguardo. Dio vi porti rimedio. Da Toledo mi scrivono che il Tostado se n’è ormai andato via, anche se io non lo credo. Dicono che lasci al suo posto fra Angelo.

6. Non so che pensare del fatto che vostra paternità non venga da queste parti. Vedo che ha ragione, ma il tempo passa senza che si mandi nessuno a Roma, e noi tutti siamo perduti per speranze che dureranno le migliaia d’anni. Non ci capisco nulla e non vedo il perché Nicola rinunzi ad andare, in quanto una cosa non impedisce l’altra. Io so bene che vostra paternità se ne preoccupa più d’ogni altro, ma l’adempimento degli obblighi verso il Generale non può pregiudicare nulla, e questo è il momento buono. Se non si fa così, non credo che tutto il resto abbia durevole effetto; non sono mai dannose le diligenze per essere troppe.

7. Sarà molto adatto il nome di S. Giuseppe per quel collegio. Dio ne ricompensi vostra paternità: l’affare in questione sarebbe una gran cosa per l’Ordine. Quanto a Toledo, va benissimo, giacché quella monaca è molto ostinata, e la priora molto sciocca nel domandare se vostra paternità vuole che si faccia ricorso a un processo, trattandosi della casa e d’una somma così forte. Donna Guiomar è stata felice della sua lettera e anch’io; ciò non fa meraviglia.

8. Quel padre sente la distinzione che devono fare a Guadalajara fra lui e Paolo, essendo ben grande la differenza che corre fra loro due, e questa diversa indole naturale ha forza. Io amerei molto che vostra paternità avesse quella di mostrarglisi pieno di garbo, perché mi sembra che riveli una certa concitazione in quel che dice, ed è molto importante sopportare ognuno con le sue debolezze. Dio ci dia la forza necessaria per contentarlo, amen.

9. Mi chiedo che cosa risponderà vostra reverenza nei riguardi di tali monache. Quattrocento ducati per venti! Non ne vorrei neanche seicento. Bisogna aspettare la decisione di donna Maria de Mendoza, la quale non mancherà di far tutto bene. Mi dispiace molto di veder tali cose in materia di rendite.

10. Qui Atonia ha riferito tanti ordini dati da vostra paternità, che ne siamo rimaste costernate; per questo le ho domandato quale sia l’esatta verità. Creda, padre mio, che i nostri monasteri vanno bene e non c’è bisogno di gravarli di cerimonie, perché qualunque cosa è loro di peso: vostra paternità non si dimentichi di questo, per carità, e si curi solo di esigere che si osservino sempre le Costituzioni, nulla più; faranno già molto se le osservano bene. Per quanto riguarda le religiose, vostra paternità può darmi credito, perché vedo da quel che accade qui quanto accade lì; per poco che sia ciò che si ordina, diventa assai pesante, come sarebbe in primo luogo per me, salvo che fosse un ordine dato da vostra paternità in nome di Dio. Ch’Egli la conservi per molti anni. Oggi è il 22 maggio. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

241. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, 4 giugno 1578

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Ho ricevuto due sue lettere, una per la via di Madrid, l’altra portata questa settimana dal mulattiere di qui, che ritarda tanto da farmi irritare. Tutto quello che vostra reverenza mi ha inviato è molto buono ed è arrivato senza alcun danno, compresa l’acqua; è eccellente, ma ora non ne occorre di più, questa basta. Spassose le brocchette che m’invia, ma basta di tutto. Siccome sto meglio, non ho bisogno di tante ricercatezze; qualche giorno devo pur mortificarmi.

2. Il braccio va migliorando, anche se non in modo da permettermi di vestirmi; dicono che presto, quando sarà più caldo, starà bene. La cassa dei doni era molto ben preparata, e così tutto il resto. Non ch’io mangi tante conserve; in verità non le amo, ma non perderò mai nella vita l’abitudine di dare. Siccome non ci mancano affari da sbrigare e la carità non si manifesta in tutti così piena d’ardore nel fare il nostro bene come nel padre mio il priore di Las Cuevas e nel padre Garciálvarez, ogni cosa è utile.

3. La descrizione del fornello è così chiaramente espressa che non credo ci si possa sbagliare. Lo stanno già facendo. Tutte sono ammirate del suo ingegno e le sono grate, assai grate, come lo sono io, essendo bene evidente l’amore che mi porta, pronta sempre, com’è, a contentarmi in tutto. Ne sono ben convinta, ma oso dire che me ne deve ancor più, perché io sono stupita di amarla quanto l’amo. Non pensi che alcuna la superi a questo riguardo: non tutte si confanno al mio carattere come lei. Il male è che le posso giovare ben poco, per esser così miserabile, ma ho gran cura di raccomandarla a Dio.

4. Sono rimasta afflitta del male che mi dice d’avere al cuore, perché è un male assai penoso; non me ne meraviglio, con tutti quei terribili travagli che ha sofferto, e completamente da sola. Anche se il Signore ci ha fatto la grazia di darle la virtù e il coraggio necessari per sopportarli, la natura ne risente. C’è una cosa di cui deve rallegrarsi: la sua anima è ora molto più avvantaggiata (e creda che non lo dico per consolarla, ma perché vedo che è così), e questo, figlia mia, non si verifica mai senza che ci costi molto. La prova a cui ora soggiace mi ha procurato una enorme pena, perché è causa di turbamento per tutte: è già molto che ci sia un po’ di miglioramento. Io spero in nostro Signore che guarirà, poiché non poche affette da questo male guariscono, ed ha grande importanza che si lasci curare. Dio vi provvederà; forse vuol dare loro questa croce per poco tempo e trarrà da essa un gran bene. Io gliene rivolgo viva supplica.

5. Stia attenta ora a quello che le dirò: la veda il meno possibile, perché per la sua malattia di cuore è cosa tanto nociva che lei potrebbe aggravarsi sensibilmente – badi che glielo ordino –; scelga due religiose fra quelle che hanno più coraggio, che si occupino di lei; le altre non c’è ragione che la vedano se non raramente; esse non tralascino d’essere allegre né si affliggano più che se assistessero chi è colpita da altro male; in parte, anzi, ella è meno da compiangersi, perché quelle che sono in tale stato non sentono il male come quelle colpite da altre infermità.

6. In questi giorni leggevamo qui che in un monastero del nostro Ordine dov’era santa Eufrasia, c’era una monaca come quella consorella, che obbediva solo alla santa, la quale, infine, la guarì. Forse potrà esserci là qualche religiosa di cui ella abbia timore. Se nei nostri monasteri non ci fossero travagli di cattiva salute, sarebbe come avere il cielo in terra e ci mancherebbero occasioni di merito. Può darsi che, picchiandola, non emetterebbe quelle grida, né ciò le farebbe alcun male. Fa bene a tenerla al sicuro; mi domando se non sia troppo sanguigna, perché mi pare che soffrisse di dolori alla schiena. Dio vi ponga rimedio.

7. Comunque, le assicuro che, anche se queste siano circostanze penose, non hanno nulla a che vedere con la pena che proverei se scorgessi imperfezioni o anime inquiete; poiché lì non si tratta di ciò, le malattie corporali non mi affliggono molto. Sa bene che se vuol godere del Crocifisso, deve portare la croce, e non è necessario domandarglielo – anche se mio padre fra Gregorio lo ritenga opportuno –, perché coloro che Sua Maestà ama sono da Lui condotti per la stessa via di suo Figlio.

8. L’altro giorno ho scritto al mio padre priore di Las Cuevas. Gli dica ora molte cose da parte mia e legga l’acclusa lettera che scrivo al padre Garciálvarez; se le sembra buona, gliela dia. Lo stato della mia testa – che ancora è piena di rumore, anche se va un po’ meglio – è la causa per cui non scrivo ad essi sempre, perché, quanto ad amarli, li amo molto. Faccia sempre lei le mie parti.

9. Sono stata contenta dell’ordine di nostro padre di far mangiare la carne alle due consorelle di grande orazione. Sappia, figlia mia, ch’io sono convinta che se fossero presso di me, non metterebbero tutto il mondo a rumore. Il fatto che siano molte le grazie da loro ricevute m’induce a dubitarne, e anche se alcune sono sicure, riterrei conveniente non far caso di esse; né lei né nostro padre vi diano importanza, anzi le smontino d’importanza; quand’anche siano vere, non ci si perde niente. Parlo di smontarle d’importanza, perché dicano loro che ci sono varie strade attraverso le quali Dio conduce le anime, alcune in un modo, altre in un altro, e che questo cammino non è quello di maggior santità, com’è vero.

10. Mi ha fatto piacere quello che dice Acosta e ch’egli abbia d’una di esse una tale opinione. Vorrei ch’ella non gli parlasse troppo, ad evitare che egli perda la stima che ne ha, se qualcosa non risulta vera, com’è accaduto a me con lei. Non dico ch’ella abbia perduto merito ai miei occhi, perché so bene che, anche se spesso son grazie che vengono da Dio, a volte possono essere solo frutto d’immaginazione. Mi sono dimenticata quand’è che doveva avverarsi quello che l’altra ha detto; mi faccia sapere se risulterà menzogna o verità, perché con questo corriere è sicuro che le lettere arrivino. Ora penso ch’è meglio ch’io non risponda a Garciálvarez fino a che lei non mi faccia sapere s’egli è un po’ al corrente di queste cose, perché io gli possa scrivere al riguardo; gli dia solo il mio vivo ricordo e gli dica che la sua lettera mi ha fatto molto piacere e che gli risponderò.

11. Quanto alle due religiose che vogliono entrare, badi bene a quel che fa. È molto, certo, che ne sia contento il padre Nicola. Nostro padre, con la grazia del Signore, verrà lì in settembre e forse prima, perché ne ha ricevuto già l’ordine (come loro sapranno); faccia allora quanto egli le comanderà. Mi rincresce molto di vederlo fra quella gente. È ben necessaria l’orazione. Tutte le si raccomandano molto.

12. Oh, che salti ha fatto Teresa per quello che lei le ha inviato! È straordinario l’amore che ha per lei. Credo che lascerebbe suo padre per seguirla. Più cresce, più aumenta in virtù e si rivela notevolmente assennatina; fa già la comunione e non con poca devozione. Ma la mia testa si stanca, pertanto non dico altro se non che Dio me la conservi, come io gliene rivolgo supplica.

13. Mi raccomandi vivamente a tutte, compresa la portoghese e sua madre. Cerchi di fugare le pene e mi dica come va il suo mal di cuore. L’olio di fior d’arancio è assai buono. Da qualche giorno sto meglio col cuore; infine, il Signore non vuol dare tanti mali insieme. Oggi è il 4 giugno.

14. Guardi quello di cui la supplico nell’accluso foglio, o meglio, che le chiedo per amor del Signore; deve impegnarvisi con moltissima cura, perché è cosa raccomandatami da una persona a cui sono molto obbligata; le ho detto che se non ci riesce vostra reverenza, non ne verrà a capo nessuno, visto che la ritengo abile e fortunata nel perseguire ciò che vuole; deve, dunque, prendersela molto a cuore, perché mi renderà così assai contenta. Forse il padre priore di Las Cuevas potrà fare qualcosa, anche se quegli in cui confido di più è il padre Garciálvarez. Sembra una cosa difficile, ma, se Dio vuole, tutto è facile. Ne sarei consolata in grado estremo e credo che sarebbe anche servire utilmente nostro Signore, perché mira al profitto delle anime e non può nuocere a nessuno.

15. Quello che bisogna ottenere è un anno intero di prediche del padre Salucio (che è dell’Ordine domenicano), le migliori che si possano avere; se non si riuscisse ad averne tante, il maggior numero possibile, purché siano assai buone. Un anno di prediche sono: quelle di una Quaresima e di un Avvento, delle feste di nostro Signore, di nostra Signora e dei santi dell’anno, quelle domenicali che vanno dall’Epifania all’Avvento, e dalla Pentecoste fino all’Avvento.

16. Mi è stato raccomandato il segreto, pertanto non vorrei che ne parlasse, salvo a chi può esserle di giovamento. Piaccia al Signore che le arrida in ciò la buona sorte; quando me le invierà, lo faccia servendosi di quest’uomo a cui dia un buon porto, e indirizzi qui, a San Giuseppe, le lettere, finché vi sarò io; è meglio che inviarle a mio fratello, anche se sono per lui; è più sicuro, nel caso ch’egli dovesse assentarsi. Infine, mandi il maggior numero di prediche che riesca ad avere, se non può trovarle tutte, mi è di gran consolazione il bene che il padre Garciálvarez e il padre fra Gregorio dicono di vostra reverenza e delle sue figlie: come se, essendo loro confessori, potessero parlare diversamente! Piaccia a Dio che sia la verità. La serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

242. Al Padre Gonzalo Dávila, ad Avila

Avila, estate 1578

1. Gesù sia con vostra grazia. Da tempo non ero stata così mortificata come oggi dalla lettera di vostra grazia, perché non sono tanto umile da voler passare per superba, né vostra grazia dovrebbe voler mostrare la sua umiltà tanto a spese mie. Non ho mai desiderato di strappare con uguale piacere una lettera di vostra grazia. Le assicuro che sa ben mortificarmi e farmi capire quello che sono, visto che le sembra ch’io mi creda capace di poter insegnare. Dio me ne liberi! Non vorrei neanche pensarlo. Ma capisco che la colpa è mia, pur non sapendo se la maggior colpa sia il mio desiderio di vedere vostra grazia in buona salute, perché le insensatezze che le dico può darsi che provengano da questa debolezza e dall’amore che ho per lei, amore che mi fa parlare con libertà, senza riflettere sulle mie parole, tanto che poi ho avuto anche scrupolo di alcune cose di cui avevo parlato con vostra grazia, e se non mi restasse quello d’essere disobbediente, non risponderei a ciò che vostra grazia domanda, perché ne provo una gran contrarietà. Dio lo accetti, amen.

2. Uno dei miei grandi errori è giudicare in materia di orazione secondo la mia esperienza; pertanto vostra grazia non deve far caso di quel che posso dire, perché Dio le darà ben altra capacità di quanta non ne dia a una donnetta come me. Quando considero la grazia di cui nostro Signore mi favorisce d’averlo così costantemente presente, e vedo pure gravarmi addosso molte cose che devono passare per le mie mani (di fronte alle quali non ci sono persecuzioni né travagli che mi siano ugualmente d’ostacolo), s’esse son tali ch’io possa sbrigarle in fretta, mi accade, e molto di frequente, di andare a letto all’una, alle due e anche più tardi, perché l’anima non sia poi obbligata ad attendere ad altre cure che non riguardino la contemplazione di Colui che ha presente. Nei confronti della salute mi ha fatto molto male, pertanto dev’esser frutto di tentazione, anche se mi sembra che l’anima resti libera, come chi, avendo un affare di grande importanza e urgenza, conclude presto gli altri, affinché non gl’impediscano minimamente di attendere a quello che ritiene essere più necessario. Così tutto ciò che posso lasciar fare alle consorelle mi è motivo di grande gioia, anche se in qualche modo si farebbe meglio per mano mia; ma, siccome il fine non è questo, Sua Maestà vi supplisce Lui, ed io mi trovo molto più avvantaggiata nella vita interiore quanto più procuro di allontanarmi dalle cose esterne. Pur vedendo chiaramente questo, spesso trascuro di cercare di farlo, e, certo, ne sento il danno e vedo che potrei impiegare ben maggiore diligenza al riguardo e che me ne troverei meglio.

3. Non mi riferisco con ciò a cose gravi, che non si possono eludere, e in questo deve anche consistere il mio errore, perché le occupazioni di vostra grazia lo sono e sarebbe mal fatto affidarle ad altre mani, ne sono convinta, senonché, vedendo che vostra grazia sta male, vorrei che avesse meno lavoro. Certo, è un motivo di render lode a nostro Signore constatare quanto impegno lei pone nelle cose che riguardano la sua casa: non sono così sciocca da non capire l’enorme grazia che Dio le fa nel darle questa capacità e il suo gran merito. Ne provo molta invidia; vorrei che il mio superiore fosse come lei. E poiché Dio mi ha dato vostra grazia per mio superiore, desidererei che si prendesse tanta cura della mia anima quanta se ne prende per la fontana, cosa che mi ha molto divertita, ma è così necessaria per il monastero, che tutto quello che vostra grazia fa a tal fine è pienamente giustificato.

4. Non mi resta altro da dire. Davvero, io le parlo con la stessa assoluta sincerità con cui parlo a Dio, e mi rendo conto che tutto quel che si fa per compiere veramente bene una carica di superiore è così gradito a Dio che in breve termine egli dà quanto darebbe in un lungo lasso di tempo a chi vi si adopera scrupolosamente. E lo so per esperienza, come le ho detto, senonché, vedendo vostra grazia così di frequente estremamente occupato, d’un tratto mi è passato per la mente quanto le ho detto, e più ci penso, più vedo, ripeto, quale differenza ci sia tra vostra grazia e me. Io cercherò di correggermi, non manifestando più i miei primi impulsi, visto che mi costa così caro. Non appena la vedrò in buona salute, la mia tentazione cesserà. Ci pensi il Signore, come può farlo e come io desidero. Suddita di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

243. Al Padre Domenico Báñez, a Salamanca

Avila, 28 luglio 1578

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra grazia, padre mio. Ho ricevuto da lei una lettera e con essa i favori e la carità di sempre; vostra grazia me ne ricolma in modo tale ch’io non so che dire se non supplicare Dio di dargliene ricompensa come degli altri benefici.

2. Per quanto riguarda la sua venuta ad Avila, le assicuro che mi è stato così penoso vederla in compagnia di chi le dava tanta afflizione, oltre alle cattive condizioni di salute di cui ha sofferto qui, che, a meno di averne una gran necessità, non la supplicherei di prendersi vacanze a un tale prezzo da parte sua per farmi piacere. Io adesso non ne ho alcun bisogno, grazie a Dio, e non mi mancano mai occupazioni e tribolazioni a impedirmi di godere del conforto che vorrei; pertanto supplico vostra grazia di non venire; veda, invece, qual è il luogo che può esserle di maggior gradimento e vada lì, perché è una necessità per chi lavora tutto l’anno come lei; inoltre se il padre Visitatore capitasse qui durante il suo soggiorno, potrei goder poco della sua compagnia.

3. Creda, padre mio, che ho capito che il Signore non vuole ch’io abbia in questa vita se non croci e sempre croci, e il peggio è che a tutti quelli che desiderano darmi conforto ne tocca una parte; vedo pertanto che vuol tormentarmi anche per tale via. Sia benedetto per tutto.

4. Mi addolora molto la disgrazia del padre Padilla, perché lo ritengo un servo di Dio. Piaccia a Lui di far apparire la verità: chi ha tanti nemici ha grandi sofferenze, e tutti corriamo questi rischi, ma è ben poco perdere la vita e l’onore per amore di un così buon Signore. Vostra grazia ci raccomandi sempre a Lui, perché le assicuro che tutto è assai ingarbugliato.

5. Io di salute sto discretamente; il braccio, anche se ancora menomato, perché non posso vestirmi, va migliorando, e io vorrei migliorare nell’amor di Dio. Sua Maestà protegga vostra grazia e le dia tutta la santità di cui lo supplico, amen. Oggi è il 28 luglio. L’indegna serva e vera figlia di vostra grazia, Teresa di Gesù.

6. Queste sue serve le si raccomandano tutte vivamente. Vostra grazia non consenta alla priora di non mangiare carne, e le dica di aver cura della sua salute.

 

244. A suor Maria di Gesù, a Toledo

Avila, fine di luglio del 1578

Io so ciò che avviene là, e che Cristo nostro Signore e la sua santissima Madre le hanno comandato di sovvenzionare due feste, una del Santissimo Sacramento e l’altra della Natività di nostra Signora. Lo faccia, perché è volere di Dio, ed io ne ho particolarmente piacere.

 

245. Al Padre Girolamo Gracián, a Peñaranda (?)

Avila, agosto 1578

1. Lo Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio, e le dia forze per sostenere questa battaglia; sono davvero pochi ai nostri tempi quelli contro i quali il Signore permette che si accaniscano con tanta furia i demoni e il mondo.

2. Sia benedetto il suo nome, poiché ha voluto che vostra paternità acquisti tanti meriti, e tutti insieme. Le dico che se la nostra natura non fosse debole, la ragione ci fa ben comprendere quale grande motivo abbiamo d’essere lieti. Ho ritrovato la tranquillità nel sapere che vostra paternità non teme la scomunica, anche s’io non ho mai avuto il dubbio che potesse essere scomunicato…

3. Dio vegli su vostra paternità e mi conceda di vederla con calma un giorno, foss’anche solo per rianimarci a soffrire ancora. Tutte le si raccomandano molto.

4. Piaccia a Dio che mi risponda a tutto, perché è diventato molto biscaglino. Io so che ve n’è stato motivo, ma in così grande occasione di sofferenza per me, nessuna ragione sarebbe dovuta valere…

 

246. A donna Giovanna de Ahumada, ad Alba de Tormes

Avila, 8 agosto 1578

Autografo: Carmelitani Scalzi di Alba de Tormes (Salamanca)

1. Gesù sia con vostra grazia. Qui e là Dio impone a tutti prove; sia benedetto per sempre. Vostra grazia non abbia pena per la partenza di don Gonzalo con Lorenzino, perché mio fratello non vi consentirà: non gli sembra, infatti, che sia cosa conveniente. Io non gli ho scritto perché il domestico se n’era già andato quando mi hanno consegnato la sua lettera; adesso li raccomando a Dio.

2. Vostra grazia sappia che siamo sotto i colpi di prove d’ogni genere, perché ci hanno portato un Contro-Breve e ora dobbiamo esser tutti sotto l’autorità del Nunzio. Non me ne affliggo molto, perché sembra che sia forse la strada migliore per arrivare a una provincia separata, e per non vedere il padre Gracián fra questa gente.

3. Ho tanta fretta che non so come riesco a scrivere anche solo questo, perché invio certi avvisi alle nostre case; pertanto aggiungo solo la preghiera di raccomandarmi a Dio. Non sto peggio del solito, perché i travagli sono per me salute e medicina.

4. Molti saluti al signor Giovanni de Ovalle e alla signora donna Beatrice; le religiose di qui li inviano a vostra grazia. I miei fratelli stanno bene; ancora non sanno che io le mando lì Pietro. Oggi è l’8 agosto, e io sono la sua, Teresa di Gesù.

 

247. Al Padre Girolamo Gracián, a Peñaranda (?)

Avila, 9 agosto 1578

Autografo frammento: Compagnia di Santa Teresa (Madrid)

1. Gesù sia sempre con vostra paternità, padre mio. Le ho scritto ieri per la via di Mancera e ho mandato la lettera al sottopriore chiedendogli d’informarsi se vostra paternità stava a Peñaranda, come mi scrive, e di non farlo sapere a nessuno, fosse pure un frate, tenendo la cosa per sé; accludevo due lettere di Rocco in cui insiste molto perché vostra paternità vada subito là; quantunque dica che le scrive direttamente, ho paura che intercettino le sue lettere; pertanto le scrivo io quel che accade. E nel caso che vostra paternità non sia andato dove mi ha scritto, invio là un altro messaggero anche per avvisare la priora su come deve rispondere. Rocco insiste molto perché non si dica niente di diverso, sostenendo che sarebbe la nostra rovina, e m’invia per iscritto la risposta che le accludo. Ho già avvisato gli altri monasteri. Piaccia a Dio che non ve ne sia bisogno, perché fa una gran pena vedere queste anime affidate a chi non le comprende.

2. Ciò malgrado, tutta la mia preoccupazione e la mia pena sono rivolte al mio Paolo; oh poter vederlo libero! Non so certo perché, pur volendolo, non riesco ad appenarmi del resto. Il Signore vi provvederà, ma io sarei contenta se vostra paternità stesse in guardia da queste parti e non andasse là: ho una gran paura, infatti, che, andando e venendo per dire la Messa, non possa evitare d’incorrere in qualche pericolo.

3. Sono spaventata nel vedere come vanno le cose, e vorrei già saperla partito da lì e in un luogo sicuro; m’informi di dove si trova, per carità, affinché non resti a guisa di un’ebete quando devo comunicarle qualcosa, come lo sono davanti alle cifre che vostra paternità cambia senza avermene dato avviso. Amerei molto che lei avesse un compagno, fosse pure un converso.

4. Ieri è stato qui il priore di S. Tommaso. Non gli sembra fuor di luogo che vostra paternità aspetti la risposta di Giovanni per vedere come va a finire tutto ciò, prima di recarsi alla Corte, e il rettore pensa lo stesso, come mio fratello (ho detto loro che lei ha scritto a Giovanni); poiché portano i Brevi al presidente, non vedo la ragione per cui le fanno tanta fretta. Solo due motivi mi spingono a desiderare che lei vada lì: uno, la gran paura che da queste parti possano prenderla, e se ciò dovesse essere (Dio la liberi!), è preferibile per lei partire; l’altro, che prima di un abboccamento col re potessimo vedere come si comporta il Nunzio con vostra paternità; ciò nonostante, sarà bene che l’incontro col Nunzio avvenga alla presenza del presidente.

5. Questo ho scritto ieri a vostra paternità. Giudicherà lei il da farsi, perché io credo che il Signore le darà luce per risolvere la situazione, dal momento che le dà pace per sopportarla, come ho visto dalle sue conversazioni con lui. Si dà il caso, però, che domenica scorsa, cioè il 3 di questo mese, hanno notificato al padre Mariano un Breve che, a quanto intendo, è lo stesso che portavano lì, ma Rocco non ha dato molte spiegazioni. Dice solo che si profonde in parole e che annulla quel che ha fatto il Nunzio precedente (deve trattarsi di quanto dice vostra paternità, ma non ci capiscono niente); afferma che viene dal Papa (mentre non deve venire che dal Nunzio, perché nella risposta dichiara di obbedire a quello che sua signoria ordina); attesta che in esso gli viene comandato di non considerare vostra paternità come superiore e di non obbedire ad altri che al Nunzio.

6. Questo mi ha fatto piacere; forse non darà mano libera ai lupi, com’essi pensano, e, infine, vorrà contentare il re. Non esito a credere ciò che vostra paternità dice, che cercano di farla finita con le riforme, e non ci sarà gioia più grande per me di vedere vostra paternità libero da ogni fastidio, perché alla fin fine ci andrà bene.

7. Qui non ci hanno notificato nulla e neanche a Mancera, perché il provinciale non è uscito da Avila. Devono aspettare qualcosa. Rocco dice che il Breve dev’essere notificato a tutti i monasteri, e non specifica se debbano essere o no quelli dei frati. Ho già scritto ad Alba perché la priora tenga quella sorella, e a Teresa de Laiz perché non opponga resistenza. Mi è di così gran consolazione la grazia che Dio fa a vostra paternità di darle qualche momento di gioia fra tanti travagli, che non so come posso sentir pena.

8. Ero arrivata a questo punto quando si è presentato alla porta il reverendo padre Rioja con un notaio per notificare il Breve. Non hanno chiamato me, ma la madre priora; da quanto ne capisco, è lo stesso che hanno dovuto portare là e che – dicono – appare nel processo. Dio mi perdoni se non riesco ancora a credere che il Nunzio abbia mandato un tale ordine, voglio dire in quello stile. Se vostra paternità non si fosse attenuto al consiglio di tanti uomini dotti, non mi stupirei che ora avesse molta pena, ma siccome ha proceduto in tutto con estrema rettitudine, e se n’è stato più di un anno senza far le visite, fino a quando il Nunzio ha dichiarato che non gliene aveva tolto la facoltà, non so come ora si possa parlare così. In certo modo, anche se me ne affliggo molto, per altro verso m’ispira un affetto riverente la prudenza con cui lei ha agito di fronte a tante infamie. Le dico, padre mio, che Dio l’ama molto, e che lei ben procede a imitazione di Lui. Sia proprio contento, poiché le dà quel che lei chiede, cioè travagli, che contraccambierà in doni per vostra paternità, essendo giusto. Sia benedetto per tutto.

9. I dotti di qua sono concordi nel dire che, anche se il Nunzio desse ordini in merito a vostra paternità senza mostrare chi e che cosa gliene dia il diritto, lei non è obbligato a obbedirgli. Oh, che bei tesori sono questi, padre mio! Non si comprano a nessun prezzo, perché con essi si guadagna una così gran corona. Quando penso che lo stesso nostro Signore e tutti i suoi santi hanno seguito questo cammino, non mi resta che invidiare vostra paternità, perché io ora non merito più di patire, salvo che si tratti di condividere le sofferenze di chi amo tanto, il che è una prova ben più dura.

10. Domani ci metteremo d’accordo su come debba andare a Madrid Giuliano d’Avila per riconoscere quale superiore il Nunzio e rendercelo amico supplicandolo di non sottometterci ai Calzati; scriverò inoltre ad alcune persone affinché lo plachino nei riguardi di vostra paternità, dandogli alcune informazioni e dicendogli che lei è rimasto senza far niente fino a quando ha saputo quanto egli comunicava e come gli ubbidirebbe sempre di gran cuore se non vi s’interponesse la certezza che il Tostado vuol distruggerci. Davvero io posso sinceramente dichiararle la mia soddisfazione, giacché, a patto che non ci assoggetti a questi «del panno», tutto mi sembrerà accettabile.

11. Giuliano deve chiedergli l’autorizzazione per le cose necessarie nei nostri monasteri, come il permesso di far entrare gli operai e cose simili, essendomi stato detto che, in quanto gli si presti obbedienza, resta subito quale Superiore.

12. Il Signore ci conceda il suo favore; non ci possono obbligare ad offenderlo, il santo Paolo mi resta in casa, e nessuno mi può esimere dalla promessa che ho fatto a questo santo.

13. Queste sorelle hanno sofferto del Breve, soprattutto per quanto vi si dice di vostra paternità; le si raccomandano molto e molto si prega per lei. Non c’è nulla di che temere, padre mio, ma solo lodare Dio che ci conduce per la strada percorsa da Lui. Sua Maestà mi conservi vostra paternità e si compiaccia di farmelo rivedere fuori di queste lotte. Oggi è la vigilia di S. Lorenzo. L’indegna serva e vera figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

248. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 9 (?) agosto 1578

Al magnificentissimo signor Rocco de Huerta, capoguardia forestale di sua maestà.

Credo che oggi doveva parlare al re, il quale è arrivato ieri all’Escorial. Guardi bene che ci sia garanzia di sicurezza, se si rimette alla discrezione del Nunzio, perché vedo che molte cose hanno corso più di fatto che di diritto. L’affare della provincia è quello su cui bisogna impegnarsi a fondo… fratello, supplico vostra grazia di far rimettere l’acclusa lettera nelle sue proprie mani.

 

249. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid

Avila, 14 agosto 1578

Autografo frammento: Carmelitane Scalze di Cabrera (Salamanca)

Per il nostro padre visitatore, il Maestro fra Girolamo Gracián della Madre di Dio, nelle sue mani.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Se vostra paternità non fosse passato di qui, avrei acquistato ben pochi meriti da questi travagli, perché la mia sofferenza era quasi nulla, ma dopo ho pagato tutto insieme. Le assicuro ch’è stata così grande la mia commozione nel vedere vostra paternità, che tutta la giornata di ieri, mercoledì, sono rimasta col cuore così angosciato che non riuscivo a tirarmi su, considerando la sua grande afflizione, pienamente giustificata dal fatto di trovar pericoli in tutto ed esser costretto a camminare di soppiatto, come un malfattore. Ma la fiducia nel buon esito finale non mi abbandona d’un punto. Il caso vuole, padre mio, che il Signore abbia trovato un buon mezzo per farmi soffrire, disponendo che i colpi siano dati là dove mi procurano maggior dolore che se fossero dati a me.

2. Oggi, vigilia di nostra Signora, il buon Rocco mi ha mandato la copia dell’ordinanza, che è stata per noi motivo di gran consolazione, perché se il re prende la cosa in tal modo, vostra paternità è fuori di pericolo, preoccupazione che ha tormentato tutte noi, perché circa il resto vedo molto coraggio in queste consorelle. Il Signore ha voluto che la sua pena durasse poco, ed è stata una fortuna che vostra paternità sia partito in quel momento, passando per l’Escorial.

3. Per mezzo di questo messaggero, che è Pietro, mi dirà che cos’è avvenuto là, e tutto quello che avviene ora. Faccia avvertire Valladolid, dove tutte sono in gran pena; mi hanno mandato un messaggero, avendo saputo quel ch’è accaduto al padre fra Giovanni di Gesù.

4. Inoltre non dimentichi di vedere se si può fare qualcosa per fra Giovanni della Croce e dirmi se è opportuno da parte nostra mandare qualcuno al nunzio perché gli Scalzi si dimostrino ligi a una certa obbedienza, visto che, di fatto, noi gli abbiamo obbedito. Tratteremo anche qui tale questione come meglio potremo e ci atterremo a quanto decideremo, nel caso che vostra paternità non fosse lì: dopo aver ubbidito, ciò non può nuocere alla giustizia della nostra causa. Oggi ho ricevuto lettere da Valladolid e da Medina: non è stato loro notificato nulla. Devono aver saputo ciò che accade qui, perché non credo che siano trascurati questi miei fratelli.

5. Padre mio, mi dà molta preoccupazione il fatto che in quest’ordinanza e in tutta questa baraonda non risuoni il nome di altro Visitatore che non sia quello del padre mio Gracián: non vorrei che da Roma giungesse qualcosa contro di lui; pertanto mi sembra che vostra paternità debba ricordarsi della luce vista da Paolo – che pare sia stata confermata da Angela – e si allontani quanto può da questo fuoco, purché ciò non irriti il re, nonostante tutto quello che le possa dire il padre Mariano, perché la coscienza di vostra paternità non è tale da adattarsi a situazioni in cui lottino pareri diversi; anche, infatti, quando non c’è nulla da temere, lei è in preda ai tormenti, come lo è stato in questi giorni; del resto tutti l’approveranno. Se la vedano da soli, con le loro dispute.

6. Una volta che tutto sia ben sistemato e sicuro, farà già molto esponendosi al pericolo senza aggiungervi anche gli scrupoli. Io le assicuro che la maggior pena che ho provato in tutta questa enorme confusione è la paura che ho avuto, nascosta non so dove, che lei non potesse restare privo di questa visita. Se il Signore lo vorrà, la proteggerà, come ha fatto finora, ma io non mi sentirò mai libera da angoscia.

7. Per quanto riguarda l’esortazione che le ho rivolto ad allontanarsi, occorre tutto il buon senso di vostra paternità, affinché non sembri se non timore d’offendere Dio, il che è la verità. E se vostra paternità dovesse parlare al Nunzio, si giustifichi, qualora volesse ascoltarla a questo riguardo, chiarendogli che sarà sempre felice di obbedirgli, e che se ha accettato quell’incarico è stato perché sapeva che il Tostado voleva ostacolare la riforma cominciata, aggiungendo ch’egli può informarsi della situazione, ed altre cose di tal genere. Inoltre tratti della provincia servendosi di tutte le occasioni possibili e accettando qualunque condizione le sia richiesta, perché questo è il nocciolo della questione, da cui dipende anche la Riforma.

8. Si dovrebbe parlarne parimenti con il re, il presidente, l’arcivescovo e con tutti, mostrando gli scandali e la guerra che nascono dalla mancanza della creazione di tale provincia, specialmente nei riguardi dei Calzati di Castiglia: siccome per essi non c’è Visitatore né giustizia, fanno quello che vogliono. Vostra paternità saprà dirlo meglio di me, che sono assai sciocca a scrivere questo, ma temo che altre preoccupazioni possano farglielo dimenticare. Non so se sarà Pietro a portare questa mia, perché non trova una mula; comunque sarà un messaggero sicuro. Mi avvisi di tutto, per carità, anche se avrà poco tempo, e mi dica come sta il padre Mariano.

9. Queste sorelle le si raccomandano molto. Se le sentisse esaltare le sue pene, ne gioirebbe, e tutto è per il padre mio. Mi affligge il pensiero di quelle di Beas e di Caravaca, perché abbiamo mandato loro un messaggero e saranno angosciate, né potranno sapere tanto presto di più, anche se le nostre lettere erano piene di speranza, salvo quanto riguardava le pene di vostra paternità, affinché lo raccomandassero più vivamente a Dio. Se ci fosse da quelle parti qualcuno con cui avvisarle, lo dica a Rocco, per carità, al quale invio quanto manca per i mille ducati che gli dobbiamo, detratti i cinquanta che gli ho mandato ieri. Mi dispiacerebbe molto se vostra paternità dovesse restare là con questo caldo, e a patir fame. Siccome la verifica di questi affari durerà molto, sarebbe certo opportuno che andasse a Mancera. Ci pensi, per carità; così saremmo più vicini.

10. Mi dica, inoltre, che se n’è fatto dei prigionieri di Pastrana. Oh, se potesse ripetere la visita per riparare il tormento di quella precedente! Dio lo faccia e dia a me la grazia di vederla in modo che non debba continuare a sentirmi con tanti timori. Amen. È la vigilia di Nostra Signora di agosto. Infine, nelle sue feste ci vengono sempre travagli e consolazioni, come doni suoi. L’indegna suddita e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

250. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid

Avila, 19 agosto 1578

Autografo parte: Carmelitane Scalze di Medina de Rioseco (Valladolid)

Per mio padre il maestro fra Girolamo Gracián della Madre di Dio, nelle sue mani.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Ci siamo molto rallegrate della lettera portata da Pietro, piena di buone speranze che sembra non mancheranno di realizzarsi. Vi provveda nostro Signore nel modo che torni a suo maggior servizio. Tuttavia, finché non saprò che Paolo ha parlato con Matusalemme e come gli è andato il colloquio con lui, non sarò libera da preoccupazioni. Per carità, appena vostra paternità ne abbia notizia, me lo scriva.

2. Sono rimasta assai dolente della morte di un re così cattolico qual era quello del Portogallo e mi sono sentita irritata verso coloro che lo hanno fatto esporre a così gran pericolo. Da ogni parte il mondo ci dimostra che nessuna gioia è sicura se non la cerchiamo nella sofferenza.

3. In tutti i modi possibili o comunque si volesse, a qualsivoglia condizione, vostra paternità si sforzi di ottenere la separazione della provincia, giacché, pur non venendo meno altri travagli, questa sicurezza sarebbe già molto. Se adesso quelli del panno insistessero anch’essi con il nunzio a questo scopo (credo, infatti, che lo faranno di buona voglia), sarebbe cosa molto utile. Non vorrei che si trascurasse questo tentativo, perché il Nunzio, se non vede opposizione, lo farà più volentieri.

4. Ci ha divertito molto la sua risposta ai Calzati circa l’impegno della loro azione a Medina e i loro sforzi per persuadere le monache ad obbedire al Provinciale del panno. Lì c’è Valdemoro come vicario, che non ha avuto voti sufficienti per essere eletto priore, e il Provinciale lo ha lasciato come vicario, affinché salvasse le sorti di quel convento; egli, dopo i fatti precedenti, è in rapporti tesi con la priora Alberta. Vanno dicendo ch’esse dovranno prestar loro obbedienza e molte altre cose. Le religiose sono morte dalla paura di lui. Io le ho già rassicurate.

5. Non appena vostra reverenza capisca che è bene da parte nostra qualche manifestazione di deferenza verso il Nunzio, ce lo faccia sapere, e ci dica presto, per carità, come le è andata la visita a lui, perché fino a quando non saprò questo, non sarò tranquilla, anche se spero nel Signore che tante orazioni daranno il loro frutto perché tutto vada bene. Sono stata molto contenta che vostra paternità abbia un così buon alloggio; ne aveva proprio bisogno dopo aver sofferto tanti travagli. Vorrei che vostra paternità andasse a vedere il Nunzio per la prima volta con il conte di Tendilla. S’egli vuole scusare vostra paternità, lei avrà piena discolpa da tutte le calunnie.

6. Io le dico d’esser certa che se una persona autorevole chiedesse al nunzio la libertà di fra Giovanni, egli darebbe subito ordine di rimandarlo ai suoi conventi; basterebbe dirgli d’informarsi circa questo padre e di come lo tengano in prigione ingiustamente. Non so che destino sia quello per cui nessuno si ricorda di questo santo. Se Mariano ne parlasse alla principessa d’Eboli, ella se n’occuperebbe.

7. Quelli della Compagnia fanno premura per la venuta del padre Mariano, di cui hanno molto bisogno. Se lì non vi è gran necessità di lui, supplico per carità vostra paternità di procurare che venga; da molto insistono per averlo. Ora inviano una lettera al Nunzio perché lo autorizzi a ciò. In tutto, fra andata e ritorno, sono cinque o sei giorni, perché per star qui basta una mezza giornata o un giorno. Non se ne dimentichi vostra paternità dopo questi altri affari. Consideri come cade a proposito affidarle tale incarico, che sembra di poco rilievo, ma qui vi danno moltissima importanza.

8. Non so come ricambiare don Diego per il molto che gli dobbiamo; di fronte a tanta carità, il pagamento deve venire dall’alto. Vostra paternità gli dica molte cose da parte mia, e che lo supplico di non abbandonare vostra paternità finché non sarà al sicuro, perché sono spaventata da tutte queste morti che avvengono nei viaggi. Dio liberi da pericoli vostra paternità, per la sua divina bontà. Mi raccomando alle preghiere della signora donna Giovanna; dica molte cose al signor segretario e a quelle signore. Desidero vivamente che non siamo più causa di dar loro tante pene.

9. Vostra paternità sappia che il nostro padre Generale ha scritto, come vedrà dalla lettera acclusa, a donna Quiteria. Dio perdoni a chi lo informa così male. Se Sua Maestà ci fa la grazia dell’istituzione della provincia, è doveroso inviar subito qualcuno là, perché credo che saremo i suoi figli più cari. Siamolo intanto di Sua Maestà e avvenga ciò che vuole avvenire. Egli ci conservi vostra paternità, amen.

10. Suonano a Mattutino, e così non aggiungo altro se non che priora e consorelle stanno bene, sono molto sollevate e si raccomandano alle preghiere di vostra paternità, come mio fratello. Tutte sono molto soddisfatte dell’andamento degli affari. Quanto a me, la mia più grande gioia sarebbe che abbia fine quest’infausta storia di visite e che vostra paternità non debba più occuparsene, perché ciò mi costa ben caro; dal gran desiderio che ne ho, arrivo perfino a temere che un così gran bene non sia di lunga durata. Oggi è il 19 agosto. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù. Dio ricompensi vostra paternità per il regalo dell’immagine.

 

251. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 19 (?) agosto 1578

Autografo frammento: Madri Concezioniste de la Latina, Madrid

Al magnificentissimo signor Rocco de Huerta, capoguardia forestale di sua maestà, a Madrid.

1. …non si affligga di nulla, il Signore vi porrà rimedio quando meno ci penserà. Presentemente la pena più grande che ho ed ho avuto è il non sapere se nostro padre è andato a mettersi nelle mani del signor Nunzio; avrei preferito di gran lunga saperlo in quelle di Dio ed esposto ai pericoli di un viaggio a Roma, anche se più gravi, nel caso ch’egli fosse uno di coloro designati per partire. Forse non so quel che dico.

2. Per carità, vostra grazia mi avvisi nel minor tempo possibile di quanto avviene, perché tutte ne siamo preoccupate, e mi dica come sta il padre fra Antonio, che mi ha dato motivo di grande afflizione; sono stati, infatti, duri colpi per chi, come lui, era già così malato e debole. È un santo e Dio lo tratta come tale.

3. Mi ha molto consolato la lettera del conte, che mi sembra scelto da Dio come mezzo di aiuto per noi. Gli rispondo con l’acclusa lettera che è di grandissima importanza e non vorrei che avesse cattiva sorte; se sua signoria è lì, vostra grazia gliela dia, altrimenti gliela invii con un corriere privato; pensi, ripeto, ch’è molto importante che non si perda. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

252. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid

Avila, 21/22 agosto 1578

1. … Le assicuro che ho sempre dinanzi agli occhi quel che hanno fatto a fra Giovanni della Croce; non so come Dio sopporti simili cose, perché neanche vostra paternità sa tutto. Durante questi nove mesi è stato in un carcere così stretto che vi entrava a stento, nonostante sia di così piccola statura, e in tutto questo tempo non si è cambiato la tunica, pur essendo giunto in punto di morte – solo tre giorni prima che se ne uscisse, il sottopriore gli ha dato una sua camicia –, sempre gravato di discipline durissime e senza che nessuno potesse vederlo.

2. Lo invidio moltissimo. In fede mia, il Signore ha trovato in lui oggetto di stima per il martirio! Ed è bene che si sappia, perché ci si guardi ancor più da questa gente. Dio li perdoni, amen…

3. Si dovrebbe aprire un’inchiesta per far vedere al nunzio ciò che quelli là hanno fatto a questo santo ch’è fra Giovanni, senza che avesse alcuna colpa, cosa assai deplorevole. Si dica a fra Germano, il quale lo farà, perché è molto sdegnato a questo riguardo…

 

253. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid

Avila, fine di agosto 1578

Per mio padre il maestro fra Girolamo Gracián.

1. Gesù sia con vostra paternità, padre mio. Per chi, come me, desiderava vivamente scriverle a lungo rispondendo a quella lettera che mi ha inviato, piena di pessimismo e di malinconia, è stato un bene dover scrivere queste altre che le accludo, perché ormai la mia testa non ne può più. Faccia porre l’indirizzo nella lettera per il Nunzio, che non metto nel timore di sbagliare: lo può fare una delle signore di lì, quella la cui scrittura sia più simile alla mia.

2. Quanto a ciò che dicevo in principio, il mio Paolo è ben sciocco ad avere tanti scrupoli. Vostra paternità glielo dica. Nei riguardi di vostra paternità non c’è nulla da dire. Tutti i dotti sostengono che, finché non le notifichino il Breve, può stare con la coscienza tranquilla; rimettersi nelle mani del Nunzio prima che il presidente appiani le cose sarebbe una pazzia, e vostra paternità, la prima volta, dovrebbe parlargli, potendo, davanti a lui.

3. Non vada profetizzando tanto in base ai suoi pensieri, per carità, ché Dio farà tutto bene. Ora capisco quanto mi ha detto Giuseppe durante l’assenza di Ardapilla: che per i nostri affari conveniva così; non ne dubito, essendo egli tanto malvisto. Di quegli altri eremitani non bisogna far caso, giacché Dio, come vuole che si scopra il male, scopre anche il bene. Alla Messa non è obbligato; io l’ho domandato, ma lei lo sa. Cercare di star lì in tutta segretezza bisogna farlo; questa è la mia preoccupazione. Se, conducendo così buona vita, ha tale pessimismo, che cosa avrebbe fatto se avesse sofferto l’esperienza di fra Giovanni?

4. Antonio Ruiz avrà il suo denaro. Se non è andato via, gli dica che ho già cento faneghe e che bisogna mandar subito il denaro di Malagón; ci saranno comprese le sue faneghe. Non ho testa per dirle di più, padre mio; resti con Dio, e poiché serve una tal dama come la Vergine che prega per lei, non abbia pena di nulla, anche se vede che ce ne sono ragioni. Molte cose alla signora donna Giovanna, Teresa di Gesù. Faccia dire al presidente che preghiamo vivamente Dio per la sua salute.

 

254. Difesa di Gracián contro il Breve di Filippo Sega

Avila, fine agosto 1578

1. Quando è morto il Nunzio precedente, ritenemmo per certo che fosse ormai finita la visita. Ma i teologi e i canonisti di Alcalá, quelli di Madrid e alcuni di Toledo, consultati in materia, dissero di no, perché la visita era ormai cominciata; pertanto, anche s’egli era morto, non doveva interrompersi, ma esser portata sino in fondo, mentre se non si fosse cominciata, allora avrebbe avuto fine con la morte di chi ne aveva conferito i poteri. Anche il presidente Covarrubias tornò a dire di non abbandonarla, perché non era terminata. In questo furono tutti d’accordo.

2. In seguito il nuovo Nunzio, appena arrivato, gli disse di mostrargli i suoi poteri e i processi; egli avrebbe voluto lasciar perdere tutto. Gli fecero notare che il re ne sarebbe rimasto irritato, perché doveva rispettare anche il suo mandato. Allora andò dall’arcivescovo e gli disse quanto accadeva. Egli lo rimproverò, accusandolo d’avere il coraggio d’una mosca; lo esortò a render conto di tutto al re, e siccome il padre gli esponeva quali inconvenienti potevano sorgerne, per amore del Nunzio, gli rispose che tutti potevano recarsi dalla somma autorità e lo fece andare dal re, il quale gli ordinò di ritornare ai suoi monasteri, dicendogli che avrebbe assunto informazioni.

3. Alcuni dotti, come anche il Presentato Romero a cui l’ho chiesto io qui, dicevano che siccome il Nunzio non aveva mostrato la facoltà che aveva di dar ordini in questo caso, egli non era obbligato a interrompere le visite, dando di ciò molte altre ragioni, giacché né aveva mostrato i suoi poteri allora né al momento presente (a meno di non averlo fatto negli ultimi dieci giorni); io so di certo che gli era stato richiesto da parte del re di mostrarli.

4. Nonostante tutti questi pareri, il padre Gracián stette circa nove mesi – poco più o meno – senza usare dei suoi poteri nemmeno per una firma, pur sapendo che il Nunzio diceva e giurava che non gli aveva mai proibito di visitare. E di questo ci sono molti testimoni, come anche della risposta data a un frate che lo pregava di rimuoverlo da quella carica, al quale disse che non aveva autorità per farlo.

5. Dopo questi nove mesi l’attuale presidente fece chiamare il padre Gracián e gli ordinò di riprendere le visite. Egli lo supplicò vivamente di non esigerlo da lui. Il presidente gli rispose che non era possibile, essendo tale la volontà di Dio e del re; che nemmeno lui avrebbe voluto occuparsi dell’ufficio che aveva, e altre cose del genere. Il padre Gracián gli domandò se doveva andare dal Nunzio. Disse di no, ma che se avesse bisogno di qualcosa, si rivolgesse a lui, e il Consiglio lo fornì di numerose ordinanze perché potesse giovarsi ovunque del braccio secolare.

6. Si è sempre pensato, in base a quanto si sentiva dire dal Nunzio, ch’egli non aveva potere sugli Ordini perché, essendosi il re irritato del suo comportamento verso Gracián, con ingiunzioni emesse così in fretta e senza dargliene avviso, non aveva fatto più nulla fino a questi ultimi tempi (riteniamo ora che gli sia venuto un ordine superiore dal Papa, per agire come agisce, ma non perché lo abbia mostrato nel Consiglio né a nessuno, a quanto si sa).

7. Il padre Gracián ne è rimasto assai turbato, perché se si rimetteva al giudizio del Nunzio e non eseguiva l’ordine del re, eravamo perduti senza il suo favore (è lui quello che ci sostiene e intercede per noi presso il Papa), specialmente perché si sapeva con certezza che il Nunzio cercava di far nominare visitatore il Tostado, il vicario mandato dal Generale, carmelitano di quelli del panno, ed eravamo sicuri ch’egli veniva ben determinato a far sparire tutte le nostre case, essendo tale la decisione del capitolo generale, salvo lasciarne due o tre per tutti, con l’ordine di non prendere più religiosi e di andar vestiti come i Calzati. Solo per sostenerci il padre ha accettato ancora la visita, con grande sua afflizione.

8. Gli riusciva duro parimenti dare la documentazione relativa alla correzione di colpe dei Calzati andalusi, motivo di visite, perché queste gli erano state dette in gran numero sotto il sigillo del segreto confessionale, e sarebbe stato irritare tutti e infamare molti, non sapendo inoltre se il Nunzio avesse o no facoltà di superiore per porvi rimedio, poiché non ha mai mostrato da chi provenisse la sua autorità.

9. Questa è la pura verità, più altre cose, dalle quali chi le sapesse vedrebbe chiaramente che in questo Breve lo trattano così male da contravvenire a ogni senso di giustizia. Non ha fatto nulla senza attenersi al parere di valenti dotti, perché, quantunque lo sia anch’egli, non segue mai la propria opinione. Il fatto che il Nunzio non mostri i suoi poteri sembra che sia una novità in Spagna, perché i Nunzi li hanno sempre mostrati.

10. Vostra paternità veda se sarà il caso che questa informazione vada a Madrid, scritta in buona calligrafia, per esser data ad alcune persone. Teresa di Gesù.

 

255. A Suor Maria di Gesù, a Toledo

Avila, agosto (?) 1578

Questa è la licenza per la professione della sorella Maria di Gesù. La mando con molto piacere. Le sia concessa la benedizione del Signore de rore coeli et de pinguedine terrae.

 

256. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, settembre (?) 1578

Per amor di nostro Signore, le chiedo, figlia, di soffrire e tacere, e di non tentare di far mandare via da lì quel padre, per quante difficoltà e noie egli procuri loro, purché ciò non arrivi a essere offesa di Dio. Non posso, infatti, sopportare che ci mostriamo ingrate verso chi ci ha fatto tanto bene, perché ricordo che, quando volevano ingannarci con la vendita di quella casa, ci ha disingannate, e non potrò mai dimenticare l’aiuto che, con l’aprirci gli occhi, ci ha dato, e le complicazioni da cui ci ha liberate; inoltre mi è sempre parso un servo di Dio, animato da buone intenzioni. Vedo bene che non è un segno di perfezione questo mio modo d’essere riconoscente; dev’essere una caratteristica della mia natura, perché mi comprerebbero anche col dono di una sardina.

 

257. A Donna Ines e a Donna Isabella Osorio, a Madrid

Avila, metà settembre 1578

Autografo: Carmelitane Scalze di Maluenda (Saragozza)

1. Gesù sia con loro. Ho ricevuto la lettera. Mi dà sempre molta gioia avere loro notizie e vedere come nostro Signore le mantenga nei loro buoni propositi, il che non è piccola grazia, visto che vivono in quella Babilonia, dove udranno sempre più cose adatte a sviare l’anima che non a raccoglierla. È vero però che, per chi ha buon senso, vedere tanti e tanto diversi avvenimenti, contribuirà alla conoscenza della vanità e della breve durata di tutto.

2. Da più di un anno quelli del nostro Ordine vivono in tali condizioni che, per chi non si rende conto dei disegni di nostro Signore, sarebbero causa di molta pena. Ma, considerando che tutto serve alla maggiore purificazione delle anime e che infine Dio favorirà i suoi servi, non c’è ragione di affliggersi, ma bisogna nutrire vivo desiderio che i travagli aumentino, e lodare Dio di averci fatto così grande grazia di patire per la giustizia. Loro facciano lo stesso e confidino in Lui: quando meno ci pensino, vedranno compiuti i loro desideri. Sua Maestà le conservi in quella santità di cui io lo supplico, amen…

 

258. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid (?)

Avila, fine settembre 1578

Mi ha dato una gran pena la vita che ha sopportato fra Giovanni, e il fatto che, malato com’era, l’abbiano lasciato partire subito per quel luogo. Piaccia a Dio ch’egli non muoia. Vostra paternità si adoperi perché ad Almodóvar lo curino bene e non vada oltre; glielo chiedo come un favore personale. Non manchi di dare gli ordini necessari, e badi di non dimenticarsene. Le assicuro che se muore ne restano pochi a vostra paternità come lui.

 

259. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid

Avila, 29 settembre 1578

Per mio padre il maestro fra Girolamo Gracián della Madre di Dio.

1. … tutto questo sarebbe molto importante, o almeno mandarne uno, ma sarebbe meglio che vi andassero insieme. Entrambi sono grandi amici della Compagnia, il che aiuterebbe molto la negoziazione. In ogni caso vostra paternità mi scriva subito e non contentiamoci ormai più di speranze, per carità. Tutti sono stupiti del fatto che non abbiamo là qualcuno per negoziare, il che permette a questi altri di fare tutto ciò che vogliono. I due dovrebbero portare un promemoria circa la richiesta di autorizzazione per gli Scalzi d’avere un protettore a parte.

2. Ecco giunto il momento in cui bisogna far presto; c’è ben poco tempo, come vostra paternità vede. Di là mi può avvisare se è ormai tardi, perché, per molto che vogliamo affrettarci, sembra necessario tutto questo mese. Mi viene da ridere, visto che parlo come se avessi pronti quelli che devono andar lì, e il denaro necessario al viaggio, ma se non si comincia, non se ne farà mai nulla, mentre avremmo dovuto cominciare da quando abbiamo obbedito al Breve.

3. Fra Antonio si lamenta terribilmente del fatto che non gli abbiamo detto nulla, e ha ragione. Io mi meraviglio di Rocco, essendoci da lì a Granada tanti messaggeri. Gli ho detto che doveva farlo vostra paternità e ch’egli poteva usare senza scrupolo dei suoi poteri finché non sapesse nulla. Non so dove sia andata a finire la lettera; se la trovo, la invierò a vostra paternità. Le assicuro che mi è rincresciuto che vostra paternità abbia tali Scalzi così poco leali; lo dico per quello che se n’è andato con fra Baldassarre. Hanno avuto più lealtà i carcerieri Calzati. Piaccia a Dio che non ne faccia qualcuna delle sue, ora che si vede libero; quanto al resto è meglio che stia fuori.

4. Ho paura che quelli del panno abbiano messo in prigione fra Giovanni della Miseria, perché, da quando dicono d’averlo visto, non è più comparso. Il Signore porti a tutto rimedio e ci conservi vostra paternità, come io e queste sue figlie gliene rivolgiamo supplica, amen.

5. Di salute sto abbastanza bene. La priora di Salamanca mi ha scritto d’aver comunicato a vostra paternità che ha già ricevuto le postulanti. Oggi è il giorno di S. Michele. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

6. Vostra paternità dica al padre Mariano quello che le sembrerà meglio di questa mia e gli dia i miei saluti, come al padre fra Bartolomeo. E mi risponda presto riguardo al viaggio di Roma. Tenga presente che c’è lì un padre della Compagnia, il quale è un mio grande amico. Dicono che vi si trovi mandato dal presidente che non so se sia del suo stesso paese. Se la cosa può essere utile, gli scriverò. Si chiama Paolo Hernández.

7. Questa lettera era affidata a un procaccia, ma l’hanno riportato indietro ammalato e me l’ha restituita. L’ho riaperta per vedere che cosa le dicevo e mi sembra opportuno che vostra paternità la legga, anche se può stancarla.

 

260. Al Padre Paolo Hernández, a Madrid

Avila, 4 ottobre 1578

Autografo parziale: Carmelitane Scalze di Monte Estoril (Portogallo)

Al magnificentissimo e reverendissimo signore e padre mio il dottor Paolo Hernández, della Compagnia di Gesù, mio signore, a Madrid, nelle sue proprie mani.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei, padre mio. Saranno passati circa otto giorni da quando ho ricevuto una lettera della priora di Toledo, Anna degli Angeli, in cui mi dice che vostra grazia è a Madrid. È stata per me una gran consolazione, perché mi è sembrato che Dio l’abbia condotto lì per essere di qualche sollievo ai miei travagli; le assicuro che sono tanti, a partire dall’agosto dell’anno passato, e di così vario genere, che mi sarebbe di grande conforto poter vedere vostra grazia per trovar pace raccontandogliene alcuni, giacché dirglieli tutti sarebbe impossibile. A completare l’opera, ora siamo nella situazione di cui le parlerà chi le porta questa lettera; è una persona che prende viva parte alle nostre pene, avendo molto affetto per noi, e della quale ci possiamo fidare.

2. Il demonio non può sopportare la sincerità con cui gli Scalzi e le Scalze servono nostro Signore, giacché le assicuro che lei si consolerebbe di vedere la perfezione della loro vita. Ci sono già nove case di Scalzi nelle quali si trovano molti ottimi elementi. Siccome la provincia separata non è fatta, sono tanti i fastidi e le tribolazioni che ci procurano quelli «del panno», da non potersi descrivere.

3. Presentemente tutto il nostro bene o il nostro male sta, dopo Dio, nelle mani del Nunzio; e per i nostri peccati, quelli «del panno» lo hanno informato in modo tale, ed egli gli ha dato loro tanto credito, che non so dove si andrà a finire. Di me gli dicono che sono una vagabonda, un essere inquieto, e che i monasteri da me fondati sono stati fatti senza l’autorizzazione del Papa né del Generale. Veda un po’ se potevano accusarmi di una maggior nequizia e di un peggiore comportamento come spirito cristiano.

4. Molte altre cose che non son da riferire dicono di me questi benedetti Calzati. E quanto al padre Gracián, ch’è stato il loro Visitatore, fanno pietà le calunnie del tutto insostenibili a suo carico, mentre io posso attestare a vostra grazia ch’è uno dei più grandi servi di Dio con cui ho trattato, uno dei più dotati di onestà e purezza di coscienza: vostra grazia creda pure che, così dicendo, affermo la verità. Infine, è stato tutta la vita allievo della Compagnia, come lei può sapere da Alcalá.

5. La cosa è nata dal fatto che il Nunzio è assai mal disposto verso di lui per certe ragioni di cui, a volerlo ascoltare, si vedrebbe che ha ben poca o nessuna colpa. E lo stesso è per me, che non ho fatto nulla che contravvenga al suo servizio, al contrario ho ubbidito di gran cuore a un Breve che mi ha inviato qui, e gli ho scritto una lettera con tutta l’umiltà di cui sono capace.

6. Penso che tutto ciò venga dall’alto, che sia il Signore a volere la nostra sofferenza; pertanto non c’è nessuno che si schieri dalla parte della verità e che dica qualche buona parola per me. Sinceramente le assicuro che non provo nessun turbamento né pena per quanto si riferisce a me personalmente, anzi una gioia particolare; mi sembra, però, che se si accertasse la falsità di quel che dicono di me tali padri, forse il Nunzio non crederebbe a ciò che dicono del padre maestro Gracián, ed è questo ad avere importanza per noi; pertanto invio copia delle patenti con l’autorizzazione a fondare, visto che ci accusano di trovarci in una posizione irregolare per aver fondato i monasteri senza autorizzazione. Io mi rendo conto che il demonio fa uso di tutte le sue forze per screditare queste case; pertanto vorrei che ci fossero servi di Dio i quali ne prendessero le difese. Oh, padre mio, quanto pochi sono gli amici nel momento del bisogno!

7. Mi dicono che il Presidente le vuole molto bene e che lei è a Madrid per lui. Io credo ch’egli sia informato dal Nunzio di tutto questo, e d’altro ancora. Ci sarebbe molto utile che vostra grazia lo disingannasse, giacché può farlo come testimone oculare, essendolo della mia anima. Credo che renderebbe un gran servizio a nostro Signore: vostra grazia gli dica quanto importi proseguire la riforma cominciata di questo santo Ordine, visto che, come vostra grazia sa, era così decaduto.

8. Dicono ch’è un Ordine nuovo e che siamo ree d’invenzioni. Leggano la nostra regola primitiva, di cui unicamente pratichiamo l’osservanza senza mitigazione, col rigore che le fu dato dal Papa la prima volta, non credano se non a quello che si vede e sappiano come viviamo noi e come vivono i calzati, senza ascoltare costoro; io non so da dove tirino fuori tante menzogne di cui si servono per farci la guerra.

9. E supplico anche vostra grazia di parlare da parte mia al padre che confessa il Nunzio, presentargli i miei omaggi e informarlo di tutta la verità, perché susciti nel Nunzio lo scrupolo di rendere pubbliche cose tanto pregiudizievoli prima di assumere informazioni; gli dica che, anche s’io sono una gran miserabile, non potrei giungere a tanto da osar di fare ciò di cui mi si accusa. Questo se a vostra grazia sembra opportuno, altrimenti no.

10. Se crede, gli potrà far vedere le patenti in base a cui ho fondato i monasteri; una di esse contiene l’ordine di non tralasciare di fondare. E in una lettera il nostro padre Generale, al quale avevo chiesto di non ordinarmi altre fondazioni, ebbe a dirmi che voleva ch’io fondassi tanti monasteri quanti capelli ho in testa. Non è giusto screditare tante serve di Dio con calunnie; e siccome nella Compagnia mi hanno, come si dice, allevato e dato l’essere, sarebbe doveroso, a mio giudizio, dichiarare la verità, affinché una persona così autorevole come il Nunzio (visto che viene a riformare gli Ordini e non è di qui) fosse informato, sapesse chi egli deve riformare, chi favorire, e punisse chi gli si presenta con tante menzogne. Vostra grazia vedrà che cosa fare.

11. Ciò di cui la supplico, per amore di nostro Signore e della sua eletta Madre, è che, visto che vostra grazia ci ha favorito fin da quando ci conosce, lo faccia nell’attuale necessità; essi la ricompenseranno largamente, e vostra grazia lo deve all’affetto ch’io ho per lei e alla difesa della verità nel modo che riterrà più conveniente. La supplico d’informarmi di tutto, specialmente della sua salute. La mia è stata ben poco buona; il Signore, quest’anno, mi ha messo alla prova in tutti i modi, ma ciò che riguarda me non mi affliggerebbe troppo, se non soffrissi molto di vedere che per i miei peccati patiscono questi servi di Dio. Sua Maestà sia con vostra grazia e me la conservi. Mi faccia sapere se risiederà molto in quella città, come mi è stato detto. Oggi è il giorno di San Francesco. L’indegna serva e vera figlia di vostra grazia, Teresa di Gesù, Carmelitana.

 

261. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 4 ottobre 1578

Autografo: Carmelitane Scalze di Amiens (Francia)

Al magnificentissimo signor Rocco de Huerta, capoguardia forestale di sua maestà, a Madrid.

1. … me lo spedisca sollecitamente per mezzo di una persona sicura e vi metta un buon porto. Spero in Dio che avrà un felice esito, perché lì non vedo capacità nei nostri padri di procurare una soluzione migliore. Dio voglia che ci aiutino con un po’ di quell’eredità – visto che sarà necessario molto denaro – e ci lascino stare in pace, in modo che si possa servire vostra grazia in ragione del molto che sempre le dobbiamo: senza di lei non so che sarebbe stato di noi. Vostra grazia affretti nostro padre perché mi faccia recapitare tutto al più presto.

2. Per soddisfazione di vostra grazia, le invio copia delle patenti autorizzate e scrivo a un padre della Compagnia, mio grande amico e confessore – non so ora quale ufficio avrà –; è molto buono e legato intimamente al presidente. Gli dico che vostra grazia lo informerà di quel che io gli taccio, pertanto la supplico di farlo, chiarendogli gli scandali di questi padri, le condizioni in cui hanno tenuto per nove mesi quel santo di fra Giovanni della Croce, del quale lei ancora forse non saprà quel che ha sofferto, e le accuse che gli muovono. Se volesse le patenti, vostra grazia gliele dia, quando le avrà viste chi le parrà opportuno che le veda, perché forse le mostrerà al presidente e al confessore del Nunzio, a cui mando anche un messaggio; vostra grazia glielo dia a parte e gli parli da solo a solo.

3. Io vorrei che si appurassero certe menzogne dette da costoro, affinché non si credesse a quanto dicono nei riguardi di nostro padre. Consideri che ciò potrebbe esser di profitto e non le sembri una perdita di tempo; gli dica come ci tratta il Nunzio e come lo ingannino quei padri. Da parte nostra facciamo quello che possiamo, e faccia poi Dio quello che vorrà. È una causa sua, e tutto andrà a finire bene; io lo spero in Lui; vostra grazia non stia in pena.

4. Mi faccia sapere dove sono andati i nostri Scalzi, ai quali non scrivo perché credo che non siano lì. Se per caso nostro padre fosse ad Almodóvar, vostra grazia gli mandi un corriere espresso con queste lettere, se non ce ne fosse uno sicuro, ma non credo che egli sarà lì.

5. Dio sia con vostra grazia, perché ormai la testa non mi regge più. Bacio molte volte le mani a quelle signore.

6. Sappia che dove il nostro Generale mi dice di fondare tanti monasteri quanti capelli ho in testa, non è nella patente, ma in una lettera. Quelle accluse possono ben bastare. Dio sia con vostra grazia. Oggi è il 4 ottobre. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

7. Mi sono molto rallegrata della venuta di don Alonso e delle altre notizie. Dio voglia che le abbiamo in modo completo. Badi di non parlare con nessuno di quest’affare di Roma, tranne che con nostro padre – nemmeno se si tratti d’un religioso –: è quanto conviene fare. Non ha fondamento il fatto che uno di essi dicesse che vi deve andare il padre Giovanni di Gesù.

 

262. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid (?)

Avila, 15 ottobre 1578

Autografo frammento: Carmelitane Scalze del Corpus Christi di Alcalá de Henares (Madrid)

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, padre mio. Ora che la vedo fuori da quella baraonda, se n’è andata la mia pena; per il resto avvenga ciò che vuole avvenire. Mi hanno cagionato grande afflizione le notizie che mi scrivono del nostro padre Generale. Ne sono proprio angosciata: il primo giorno piangevo in continuazione senza poter fare altrimenti, presa dalla pena dei travagli che gli abbiamo dato, quali, certo, egli non meritava di avere; e pensare che se fossimo andati da lui, tutto sarebbe stato facile. Dio perdoni a coloro che lo hanno sempre impedito, perché con vostra paternità io mi sarei ben intesa, anche se a questo riguardo mi ha creduto poco. Il Signore condurrà tutto a buon fine, ma sono afflitta di quanto ho detto e di quel che vostra paternità ha sofferto, perché certo sono sorsate di morte le cose che mi ha scritto nella prima lettera; ne ho, infatti, ricevute due, dopo che ha parlato con il Nunzio.

2. Sappia, padre mio, che mi stavo struggendo d’ansia nel vedere che non dava subito quelle carte, probabilmente consigliato da qualcuno a cui duole poco la sofferenza di vostra paternità. Sono contenta che ne avrà tratto una buona esperienza per condurre gli affari sulla giusta via e non contro corrente, come io ho sempre detto; in verità ci sono state cose che hanno creato impedimenti a tutto, ma non bisogna più parlarne, perché Dio dispone gli eventi in modo da far soffrire i suoi servi.

3. Io vorrei scriverle più lungamente, ma devono portar via le lettere questa sera e ci siamo già. Prima ho dovuto scrivere al vescovo di Osma affinché tratti con il presidente e con il padre Mariano l’affare di cui gli ho parlato; gli ho detto di metterne al corrente vostra paternità. Ora sono stata con mio fratello che le si raccomanda molto.

4. Tutti qui siamo del parere che non vadano frati a Roma, specialmente dopo la morte del nostro padre Generale, per le seguenti ragioni: la prima, perché questo viaggio non è un segreto e potrebbe darsi che i Calzati li prendessero prima della loro partenza da qui, il che sarebbe esporli alla morte; la seconda, perché perderebbero le loro carte e il loro denaro; la terza, perché non hanno troppa esperienza degli affari di Roma; la quarta, perché, arrivati lì, mancando il nostro padre Generale, possono esser presi come fuggitivi; infine, perché andrebbero errando per le strade senza aiuto possibile, come ho detto al padre Mariano. Se qui, con tutto il favore di cui godiamo, non abbiamo potuto soccorrere fra Giovanni, che sarà lì? A tutti, qua, sembra un errore mandar frati a Roma, specialmente a mio fratello, il quale è molto afflitto del modo in cui li trattano. Ci sembra opportuno, qui, che vada qualcuno per sollecitare le trattative; in particolare mio fratello, che li conosce, dice che ciò è molto importante, e che bisogna orientarsi a rimettere tutto nelle mani della persona di cui le ho scritto. Il dottor Rueda ha tale fiducia in lui che gli sembra non vi sia alcuna necessità d’inviare religiosi.

5. Vostra paternità consideri bene tutto, e se a lei e al padre Mariano sembra una decisione opportuna, mandi un messaggero ad Almodóvar perché non stabiliscano l’invio dei frati a Roma, e mi faccia sapere al più presto qualcosa. Quello che partirebbe da qui è molto esperto, solo che per esser tale ci costerebbe di più, ma se vi provvediamo al momento, poi ogni convento darà la sua parte. Potrebbe esserci fatto un prestito su quell’eredità di Alcalá, che in seguito rimborseremmo, giacché per agire presto io non vedo davvero come potremmo fare qui. Così scrivo al padre Mariano, come vostra paternità potrà vedere.

6. Mi stia bene, padre mio, ché Dio disporrà a buon fine ogni cosa. Piaccia a Lui che qualche volta si riesca ad essere tutti d’accordo, e che ora non si faccia nulla che sia un pretesto per martirizzare i nostri frati. Che Dio la conservi, amen. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

7. È una cosa terribile vedere come vanno ora tutti i nostri affari e come il demonio aiuti costoro; le assicuro che ha ben lavorato per sé quando ci ha tolto l’angelo maggiore per darci il flemmatico che ora occupa il suo posto. Io non so come si è potuto fare questo sproposito, ma credo che se Ardapilla si fosse trovato lì, in queste faccende, se ne sarebbero potuti commettere di più gravi. Ben vedo, padre mio, quale martirio abbia sofferto vostra paternità, trovandosi in mezzo a così opposti pareri, mentre se l’avessero lasciato libero di seguire la sua ispirazione, si sarebbe visto chiaramente che la guidava Dio. Tutte queste sue figlie le si raccomandano molto.

8. Sono contenta che abbia detto di non parlar di nulla a nessuno. Andiamo a passo lento, mandiamo ad effetto questo progetto per Roma, ché il tempo appiana le cose, e quelli se la vedano loro, come vostra paternità dice. Vorrei soltanto starle vicina, in un luogo dove potessimo vederci spesso, il che sarebbe d’una gran consolazione per la mia anima; non lo merito, solo merito la croce e sempre la croce, ma se ne è libero vostra paternità, venga alla buon’ora.

9. Sto discretamente, anche se questa mia testa è assai debole. Dio sia sempre con vostra paternità. Non si stanchi di scrivermi a lungo, per carità. Mi sono vivamente rallegrata che non abbiano eletto un Provinciale, cosa molto opportuna, a quanto asserisce vostra paternità, anche se, quando fra Antonio mi ha detto che, sotto pena di peccato, non si poteva fare altrimenti, non ho voluto contraddirlo. Ho pensato che tutto si sarebbe concluso qui, ma, se devono andare a Roma per la conferma delle elezioni, dovranno occuparsi anche della provincia. Mi dia particolareggiate e ampie indicazioni su tutto ciò che si deve fare, nel caso che accettino quanto ho proposto. Oggi è il 15 ottobre. Io, suddita e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

263. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá de Henares

Avila, ottobre 1578

1. … Dio le dia forza per restare saldo nella giustizia, anche se si vede in grandi pericoli. Benedetti i travagli quando, per gravi che siano, non fanno deviare da essa minimamente. Non mi stupisce che chi ama vostra paternità voglia vederla libero da pericoli e ne cerchi i mezzi, ma non sarebbe bello abbandonare la Vergine in tempi di così gran necessità. Non sarà certamente un consiglio di donna Giovanna, la quale non permetterebbe mai un tal cambiamento! Dio ce ne liberi! Né sarebbe un fuggire dai travagli, ma invischiarsi in essi, perché le nostre tribolazioni passeranno presto col favore del Signore, mentre quelle di un altro Ordine forse durerebbero tutta la vita.

2. Quanto più considero la possibilità che le restituiscano le facoltà di Visitatore, tanto peggio ciò mi appare, perché vivrei ogni giorno con lo spavento di vedere vostra paternità in mille contese di mille specie; infine, mi appare evidente che l’onore d’esser visitatore non dura più d’un boccone di pane, mentre potrebbe durare sempre il tormento di vedere vostra paternità in qualche gran pericolo. Per amor di Dio, la supplico che rifiuti d’esserlo, quand’anche glielo ordini lo stesso Nunzio…

 

264. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 24 ottobre 1578

1. Gesù sia sempre con lei, signor mio. Ho ricevuto la lettera che mi ha scritto il giorno di san Luca. Ma in essa non mi dice se ha avuto le lettere supplicatorie che le ho mandate; pertanto sono non poco preoccupata. Infatti quella sua lettera, indirizzata a me, ai fini di ottenere la dovuta licenza tanto dal nostro padre Generale quanto dal padre Visitatore, il domenicano fra Pietro Fernández, e infine da fra Angelo, da qui è stata certamente inviata; in realtà, però, sembra che sia arrivata nelle mani del vescovo di Osma. Sarebbe spiacevole se fosse andata perduta con la mia precedente lettera. La prego, dunque, d’informarmi al riguardo. Ora, tuttavia, non sono più tanto preoccupata del fatto che lei non abbia a credersi responsabile, come se in tutto quest’affare abbia commesso o sia stato causa di una qualche colpa. Se c’è qualcuno che ha meno ragione di tormentarsi in questa faccenda è certamente lei.

2. Sono state rese note le lettere convocatorie per il Capitolo che si doveva tenere il giorno 9. Le ho lette: in esse si dice ciò che la costituzione impone di osservare: nessuno si deve rendere colpevole, né in piccole cose né in grandi, di trasgressioni o di offesa a Dio: Si rende anche pubblico il divieto di procedere nei riguardi della casa di Sant’Anna; vi si aggiunge l’ordine di restare in attesa finché ritorni la tranquillità nella Provincia, al termine della visita.

3. Il P. fra Antonio di Gesù ha consultato uomini dotti, i quali hanno affermato ch’egli era obbligato in coscienza, e mi ha scritto in tal senso. Io gli ho risposto che se la cosa era realmente così, purché Dio non fosse offeso in alcun modo, egli poteva operare come volesse…, in quanto altrimenti ci avrebbero fatto piombare in una gran tribolazione.

4. L’Arcivescovo di Siviglia, al quale è giusto che obbediamo incondizionatamente, rimane fermo su queste parole, assicurando che lui non aveva agito diversamente. Egli, in verità, in tutto quest’affare, non ha nessuna lagnanza da muovere contro coloro che solo intendevano compiacere e servire Dio. Sembra pertanto più prudente che, tenuto conto di tali testimonianze e informazioni, e per riguardo alle persone implicate, nessuno s’intrometta nella prosecuzione della causa; piuttosto si taccia finché si veda con chiarezza che cosa sia più saggio fare.

5. Essi erano convinti che doveva essere proprio così, che la sua sottomissione li avrebbe guadagnati. Ma a questo riguardo hanno agito male, poiché da ciò egli ha colto l’occasione per dimostrare che faceva poco conto di tutti i loro sforzi. Essi prendevano ogni iniziativa, mentre egli era stato privato della possibilità di fare qualcosa. Tuttavia può darsi che per lui le cose vadano bene così. Non mi posso convincere che abbia voluto proporre per loro un superiore scelto tra gli Scalzi, poiché, come anche le ho lasciato capire, io ne eviterei il sospetto, quasi fossi complice di questa faccenda. La prego, signor mio, d’indagare su ciò presso il conte de Tendilla, per sapere se ha mai detto di voler designare uno degli Scalzi o di coloro che professano la regola primitiva, poiché quello che ha detto da parte sua risponde a verità, pur potendosi affermare ugualmente degli altri carmelitani. Forse io sola sono la causa di tale contrattempo, per il fatto che ho chiamato io quest’altro Provinciale, benché il vescovo di Osma, che per primo scrisse a Roma, abbia avuto da qui ovviamente buona occasione di farlo.

6. Oh, sventurati frati convocati dal proprio superiore nel capitolo, che è stata l’unica causa della loro prigionia! Si è scritto molto al padre Antonio affinché non riunisse ora il capitolo. Adesso io scongiuro questi sfortunati padri di tacere, per l’amor di Dio, di restare in attesa e di non agire precipitosamente al riguardo. Non c’è dubbio che hanno dato gran motivo d’irritazione al Nunzio, il quale già dal principio era stato prevenuto dagli altri Carmelitani.

7. Mi creda ora, signor mio, se le dico che tale capitolo, ch’io non ho potuto mai approvare, mi dispiace molto; pertanto non ne sono stata io la promotrice. Così anche altri, che avevano valutato meglio di me la faccenda, hanno giudicato bene.

8. La prego, signor mio, per amor di nostro Signore, che, per quanto dipende da lei, faccia quel che può, al fine di evitare che si giunga a concludere quest’accordo prima che si sia fatto ricorso a Roma, altrimenti avrò un gran dispiacere se ciò avvenga senza licenza del nostro Padre e degli altri che son lì. Mi dia subito notizia di queste cose. Dica a nostro Padre e al P. fra Antonio che frattanto abbiano pazienza, finché Dio non procuri un rimedio.

9. Tutto ciò, mio signore, è opera di Dio, il quale vuole che i suoi servi si esercitino nella pazienza, e vuol metterla alla prova affinché non desista per pusillanimità dalla cura di quelle cose che riguardano il servizio di Sua Maestà. Ci sono speranze che il P. Antonio se ne vada presto (è vecchio e malato e difficilmente nostro Padre potrà fare a meno della sua presenza e del suo aiuto), perché non avvenga, se il Nunzio per caso volesse giudicare le colpe in base alle informazioni e alle testimonianze pervenutegli dall’Andalusia, ch’egli, incapace di opporsi alle testimonianze, si smarrisca e le cose volgano al peggio. Come lei stesso vedrà, mio signore, è questione di grande importanza.

10. Accludo una lettera indirizzata al P. fra Diego de Chaves, e anche, per lei, gli atti del capitolo, trascritti dalla mano di colui dal quale li ho ricevuti. Che nessuno li legga tranne lei e il padre Mariano a cui la cosa interessa. In seguito , il P. Chaves li presenti al re, o, se lo ritiene più prudente, dia egli stesso conto al re di quanto è avvenuto, giustificando al tempo stesso la faccenda e le persone, e spiegando che l’aver egli avuto somma cura di rendere noto pubblicamente e proposto energicamente l’editto, non implica in nulla offesa di Dio, e il fatto che in questo non abbia agito del tutto bene non è stato tuttavia frutto di deliberato proposito e cattiva intenzione, ne sono certa. Pertanto vorrei che lei persistesse saldamente in quest’affermazione e con lei si mantengano altrettanto saldi gli altri. Se non siamo uniti, o lei con noi, o noi con gli altri, ci sopravverrà una gran tribolazione, e la gente penserà male di lei, come dovrà pensarne male anche il P. Mariano. Non resta tempo ora di scrivere a questo P. Mariano. È preferibile ch’egli, vedendo che gli altri non hanno voluto seguire il suo consiglio, indotto dalla carità, ritenga di non aver ragione di adirarsi con loro. Molte di tali avversità capitano nella vita degli uomini. Io… il P. fra Antonio, se lei ne è informato, dev’essere molto afflitto.

11. La cosa era ormai fatta, né lei… Siamo grandi debitori del conte; egli mi spinge a lodare Dio; a lui indubbiamente deve molto il nostro Ordine, pertanto dobbiamo raccomandarlo sempre alla divina Maestà. Dio lo protegga, come lei. Non si scoraggi. Pochi, in verità, sono adatti per la sua incombenza. Si è fatto un buon lavoro, se lei ottiene che il P. fra Antonio e il P. Mariano escano liberi, insieme con il P. Giovanni di Gesù. E Gesù sia sempre con lei.

12. Non si tormenti di più. Dio sa trarre il bene dal male, e tanto più grande, di certo, quanto più diligentemente si procura ch’egli non sia offeso in nulla. Oggi è il 24 ottobre. L’indegna sua serva, Teresa di Gesù.

13. Bacio molte volte le mani di quelle signore. Per Avila corre voce che il Papa sia morto. Ma qui non se ne sa nulla. Non sarà vero. Consegni l’acclusa lettera a nostro Padre, informandolo, al tempo stesso, dell’esatto stato delle cose, e abbia cura che questa lettera sia recapitata sicuramente nelle sue mani.

14. Abbia anche cura di avere da lui stesso l’acclusa lettera per il P. Chaves, in modo da poterla leggere. Egli potrà bene informarla e dirle tutte le tribolazioni che soffriamo. Non dimentichi di scrivere con franchezza al P. Mariano tutte le altre cose che la riguardano. Per mancanza di spazio devo chiudere questa lettera.

 

265. Memoriale di «tre cose molto importanti» delle quali informare il Padre Generale Giovanni Battista Rossi

Avila, ottobre 1578

Autografo frammento: Carmelitane Scalze del Corpus Christi di Alcalá de Henares (Madrid)

1. … la verità di tutte le lettere ch’ella gli scrive, mentre prima, al contrario, le scriveva assai di frequente e le accordava il suo favore. Non scrive e non tratta nemmeno con gli altri monasteri, come se non ne fosse il superiore. Si vede bene che gli devono aver detto cose che l’hanno spinto a questo estremo.

2. Ciò che si chiede a sua paternità reverendissima sono tre cose assai importanti per questi monasteri. La prima, se fosse possibile, di convincerlo a non credere a quanto gli è stato detto di Teresa di Gesù, perché davvero non ha fatto mai nulla che non si addicesse a una figlia obbedientissima. È l’assoluta verità e contro di lei non si troverà mai nulla che provi il contrario. E poiché egli sa ch’ella non direbbe una menzogna per nessuna cosa al mondo, e sa di che siano capaci le persone che hanno un partito preso e che non usano trattare con lei (giacché lo ha visto egli stesso), faccia in modo di venire informato ed, essendo pastore, non condanni ingiustamente e senza ascoltare le parti. Se poi, ciò nonostante, avrà valore per lui solo quello che gli hanno detto, si ottenga da sua signoria che la castighi e le imponga una penitenza, ma non l’abbia più in disgrazia, perché qualunque punizione sarà per lei più dolce che vederlo adirato. Se i padri sogliono perdonare ai figli anche colpe maggiori, tanto più bisognerà farlo in questo caso, in cui non c’è alcuna colpa da parte sua, ma solo la pazienza d’aver sopportato molte difficili prove durante la fondazione di questi monasteri, nella consapevolezza di fargli piacere. Prescindendo, infatti, dalla considerazione ch’egli è suo superiore, ella nutre per lui un grandissimo amore; non faccia più soffrire tante serve di Dio d’essere in sua disgrazia, poiché non v’è nessuno che attribuisca ad esse alcuna colpa, ma le consideri sue figlie, come ha sempre fatto, e le riconosca per tali; le loro opere non ne sono certo immeritevoli.

3. La seconda, poiché ora il Visitatore Apostolico ha già finito la sua missione, e questi monasteri di Scalze dipendono direttamente da sua signoria, è che indichi i superiori a cui esse possono rivolgersi, così per le visite come per molte altre eventuali necessità, e siano degli Scalzi della Regola primitiva: non imponga loro d’esser governate da quelli della Regola mitigata, sia perché è molto diverso il loro modo di procedere da quello delle nostre religiose (infatti, per chi non segue questo metodo di vita è impossibile poterlo capire e correggerne gli eventuali errori), sia perché sua signoria sa fino a che punto sia andata loro male con tale governo. Quando poi lo vorrà, si potrà informarlo di quanto abbia assolto male il suo compito colui al quale sua signoria lo affidò in ultimo, pur avendolo scelto loro stesse come il migliore. Certo, non sarà stato per sua colpa, ma per mancanza di esperienza, il che è disastroso. Inoltre, a prescindere da questo, entrambi i Visitatori Apostolici avuti hanno redatto atti contenenti l’ordine che le monache siano soggette a sua signoria e a colui al quale egli darà l’incarico di rappresentarlo, purché si tratti di qualcuno della Regola primitiva, cioè degli Scalzi, visto il danno che producevano gli altri.

4. Se sua paternità non accede a questa proposta, gli si può far capire (sebbene non come un desiderio espresso delle Scalze, ma come qualcosa colta a mezz’aria) ch’esse si sottometterebbero agli Ordinari piuttosto che accettare d’essere visitate e governate dai calzati, in quanto, essendo sua signoria così lontano, questi potrebbero far molto male prima che si riesca a portarvi rimedio, com’egli già sa ch’è accaduto. E questa è stata in parte la causa per cui le nostre case non hanno opposto resistenza ai Visitatori, mentre, come riformate, potevano ben farlo: per non vedersi soggette ai Calzati, avendone ormai esperienza.

5. Di questo non si deve parlare, però, se non dopo aver molto insistito sul punto precedente ed egli non voglia aderirvi, perché sarebbe per loro d’indicibile tormento cessare d’essere soggette al nostro Padre Generale, se non ne è causa il vedersi altrimenti perdute, né mancheranno, certo, di protezioni. Infatti, lasciando da parte che per la loro virtù sono molto stimate sia dal re sia da persone di alto rango, ci sono fra esse donne di qualità, e per bastare a sé non hanno bisogno di denaro, perché tutti questi monasteri sono ormai fatti, non sono poveri, e la fondazione di alcuni si deve a persone ragguardevoli. Dio non voglia che giungano un giorno a vedersi costrette a separarsi da un così buon pastore. Sua Maestà perdoni a chi a seminato tale zizzania. Questo è un punto importantissimo, in cui vostra grazia, per amor di nostro Signore, deve impegnarsi a fondo.

6. Una volta fatta la provincia degli Scalzi, i monasteri di religiose saranno affidati sempre al provinciale. Tuttavia, anche se in essi i rapporti sono soltanto con Dio, sarebbe molto opportuno, se fosse possibile, per quanto riguarda la mortificazione e la perfezione, darne la competenza al padre maestro fra Girolamo della Madre di Dio, Gracián, perché ne è stato Visitatore in questi anni, e per il suo spirito, la sua prudenza, la dolcezza del suo modo di trattare, la sua gran perfezione e irreprensibilità, sembra esser stato scelto dalla Vergine per far sì che queste religiose progredissero molto: a ogni sua visita, infatti, dicono di sentirsi ravvivare il cuore e restano assai avvantaggiate.

7. Se questo si potesse fare, sarebbe quanto converrebbe, e nessuna di tutte le religiose dirà il contrario. Ma sembra sia cosa impossibile, per il fatto che il reverendissimo Generale è molto irritato anche contro di lui come contro Teresa di Gesù, e più ancora, per le ragioni che verranno dette nell’altra informazione. È lui a esser stato nominato Visitatore Apostolico per ordine del Nunzio precedente e del re, e, in base alle calunniose accuse che gli muovono, non c’è da meravigliarsi che il Generale sia montato in collera.

8. Sarebbe rendere un gran servizio a nostro Signore se si potesse dar fine a tutto ciò, ma sembra sia una cosa impossibile, e così è necessario nominarne altri, come il padre presentato fra Antonio di Gesù o il padre fra Giovanni della Croce; questi due padri sono stati i primi Scalzi e sono grandissimi servi di Dio. Se poi non volesse saperne nulla nemmeno di loro, venga pur quello ch’egli manderà, a patto che non si tratti d’un Calzato o d’un Andaluso. Si faccia il meglio che si può, ché con l’andar del tempo si potrà addivenire a un’altra decisione, se ci verrà in aiuto la grazia del Signore. Sarà molto anzitutto restare libere dai Calzati.

9. Ognuno di questi Visitatori, chiunque sia, avrà cura d’inviare ogni anno le tasse ordinarie al reverendissimo Generale, e qualora non lo facesse (ma lo farà perché vi è obbligato), le manderanno i monasteri. Se fosse loro assegnato il padre maestro fra Girolamo Gracián, sarebbero raddoppiate e le religiose resterebbero con molto maggior guadagno, anche se dessero ben di più, tanto importa loro avere quel padre. Beninteso, quanto si è detto or ora non è da riferirsi se non a un collega del reverendissimo Generale, cercando, prima, di sapere quale sia il suo maggior confidente. E sarebbe opportuno trattare anzitutto con lui di tutte le cose di cui si è parlato. Importerebbe molto, infatti, guadagnarsi la benevolenza di coloro che sono vicini a lui, con parole e opere, per condurre l’affare a buon fine.

10. La terza richiesta è che sua signoria si compiaccia di non vincolare il superiore che governerà questi monasteri a direttive più rigide di quelle che ricevono coloro che sono preposti a tutti gli altri Ordini, i quali hanno la facoltà, quando si offra loro un monastero o una casa per farvi un convento, o essi stessi ne provvedano una per monache, di potervene condurre alcune per cominciare la fondazione. Senza questa previdenza, infatti, l’Ordine potrebbe essere male impiantato, e mai nessun Generale vi si è opposto nella propria famiglia religiosa, anzi tutti vi cooperano e gioiscono che le case si moltiplichino, come soleva fare il reverendissimo padre Generale prima d’essere così male informato. Non si capisce ciò che gli sia potuto dire di gente tanto religiosa, che dà e ha dato tanto buon esempio, e che andava con tanta modestia e pietà a popolare i monasteri, perché si sia loro tolto quello di cui godono tutti gli Ordini, come si è detto.

11. Nel capitolo generale il reverendissimo Generale ha proibito, sotto pena di scomunica, a tutte le religiose di uscire dal loro convento e ai superiori di autorizzare alcune a farlo, particolarmente a Teresa di Gesù. Questa, quando il monastero era pronto, vi si recava con alcune religiose per dar inizio all’Ordine e ne prendeva possesso, in conformità delle patenti rilasciatele dal reverendissimo Generale, con tutta la pietà possibile; il che era piuttosto di edificazione per coloro che le vedevano, come apparirà, se sarà necessario, da un’[informazione]…

 

266. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, fine ottobre 1578

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Invio qui acclusa una lettera per il padre Maestro Chaves. In essa lo informo che vostra grazia gli dirà quale sia lo stato dei nostri affari. Cerchi l’occasione di parlargli e di dargliela, e gli dica come ci trattano questi benedetti padri. Credo che tale lettera potrà essere di qualche effetto, perché lo supplico di parlare al re e dirgli alcuni dei guai che noi abbiamo avuto quando eravamo soggette a loro. Dio li perdoni di tutti i travagli che danno a vostra grazia, tali che io non so dove lei trovi la forza di sopportarli.

2. Capisco bene che ciò le deve costare molto, e mi affliggo assai di non poter fare ciò che vorrei, per le molte spese che ho qui, tanto che, pur volendo aiutare quei padri per il loro viaggio a Roma, non vedo come fare, perché questi monasteri devono pagare la loro quota per la stessa via di cui mi servo io; non sarà poco se ci si riesce; in tal caso io darò per ben impiegato ogni sforzo; se, infatti, conseguissimo la pace, si potrebbe fare ciò ch’io desidero nei riguardi di colui al quale noi siamo tanto obbligate.

3. Dall’acclusa informazione vedrà quanto poco serva per questi padri l’ordinanza reale; mi chiedo se avrebbero rispetto per lo stesso re; abituati come sono a riuscire in tutto quel che vogliono – e da queste parti va loro bene – le assicuro che è il più pericoloso banco di sabbia in cui ora possiamo imbatterci quello di trattare con loro. Siccome vostra grazia mi dice che a Pastrana e ad Alcalá vi si sono sottomessi, e io non so se hanno risposto come noi, me lo comunichi, per carità, perché nostro padre non mi scrive nulla di ciò. Non dev’esserci ancora andato.

4. Ho ricevuto tutti i messaggi di vostra grazia. Per queste altre case sono arrivati troppo tardi. Ci faccia sapere in che ci possono essere utili, se non ordinano alla giustizia di esiliare questi padri, o qualcosa del genere. Oggi è stata una mattinata di processo; tutti erano spaventati (gente di giustizia, letterati e gentiluomini ch’erano lì) del loro modo di agire così poco religioso, ed io ne ero molto afflitta; assai volentieri avrei evitato d’ascoltarli, ma non osavamo parlare.

5. Creda che in verità essi non possono dire di averci visto fare nulla di biasimevole. Pietro stava alla porta e quando li vide andò a dirlo a mio fratello. Il fatto ch’egli sia venuto con il correggitore mi è dispiaciuto; non serve a niente, perché probabilmente le loro immaginazioni troveranno più credito delle nostre verità. Per carità, vostra grazia informi nostro padre di tutto quello ch’è avvenuto – non avendo io tempo di scrivergli – e mi faccia sapere come stanno entrambi.

6. La lettera di Valladolid, che l’altro giorno ho detto a vostra grazia di leggere e di mandare poi a nostro padre, è stata scambiata, essendo rimasta qui quella che doveva partire; gli chiedevo come gli era andata con i frati, e gli davo conto di tutto, ma ho scritto che ne informino vostra grazia e anche il convento di Medina.

7. Mi dica se ha saputo qualcosa di fra Baldassarre recatosi dal Nunzio, e se i Calzati possono far notifiche ai nostri padri, giacché, secondo il Breve, solo il Provinciale può farlo: è quello che qui dicono; non so se hanno ragione.

8. Sappia che corre voce che mi faranno andare in un altro monastero. Se fosse uno dei loro, quale vita m’infliggerebbero! Peggiore di quella che hanno inflitto a fra Giovanni della Croce! Io, oggi, visto che col foglio grande ne recavano uno piccolo, ho dubitato che m’inviassero una scomunica. Ma non ho così grandi meriti come fra Giovanni della Croce per patire tanto!

9. Mi sono assai rallegrata che giungesse in un momento così favorevole quel…

 

267. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, primi di novembre 1578

Vostra grazia non avrebbe dovuto fare tanto caso delle mie parole, perché m’intendo poco di processi e vorrei vedere tutto in pace; ma credo che permettere questo sarebbe intensificare la guerra, e basta che sia di tale parere il signor conte de Tendilla.

 

268. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, novembre 1578

Provo una gran vergogna e confusione, figlia, nel vedere ciò che questi signori hanno detto di noi; ne consegue l’obbligo, da parte nostra, di esser tali quali ci hanno dipinte, ad evitare che siano presi per bugiardi.

 

269. Alla M. Anna di Gesù e alla Comunità di Beas

novembre-dicembre 1578

1. Mi ha divertito, figlia mia, quanto a torto si lamenti, avendo lì il padre mio Giovanni della Croce, che è un uomo celestiale e divino. Le assicuro, figlia mia, che dopo la sua partenza non ho trovato in tutta la Castiglia nessuno come lui, nessuno che infervori tanto a incamminarsi verso il cielo. Non potrà immaginare quanto sia grande la solitudine che mi procura la sua mancanza. Si rendano conto di aver lì un gran tesoro in questo santo, e tutte le consorelle di quella casa trattino con lui, comunicandogli le cose della loro anima, e vedranno quale profitto ne trarranno; si avvantaggeranno molto in tutto ciò in cui consiste lo spirito e la perfezione, perché il Signore gli ha dato una grazia particolare a questo fine.

***

2. Assicuro loro che avrei in gran pregio la presenza qui del padre mio fra Giovanni della Croce, il quale è veramente il padre della mia anima, e uno di quelli a cui il comunicarla era di maggior profitto. Lo facciano loro, figlie mie, con tutta semplicità: garantisco che possono averla con lui come con me stessa, e che ne trarranno grandi soddisfazioni, perché è assai spirituale e di molta esperienza e dottrina. Qui ne hanno vivo rimpianto quelle ch’erano conformate alla sua dottrina. Rendano grazie a Dio, il quale ha disposto che lo abbiano lì così vicino. Gli scrivo subito di assisterle, e so, conoscendo la sua gran carità, che lo farà ogni volta che se ne presenti la necessità.

 

270. A donna Maria Enríquez, duchessa di Alba

Avila, 2 dicembre 1578

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra eccellenza, amen. Qui ho sentito certe notizie che mi hanno molto rallegrata, cioè che si è fatto il matrimonio del signor don Fadrique con la mia signora donna Maria de Toledo. Rendendomi conto della gioia che sarà per vostra eccellenza, tale gioia ha attenuato tutte le mie pene. Anche se non lo so da persone a cui posso dare assoluto credito, posso trarne molti indizi dalle voci che corrono. Supplico vostra eccellenza di volermene informare, affinché la mia gioia sia completa. Piaccia a nostro Signore che serva a suo grande onore e gloria, come spero che sarà, visto che da tanto tempo gliene rivolgiamo suppliche.

2. Qui mi hanno informato della grazia che sua eccellenza fa a tutte noi. Le assicuro ch’è tanto grande che…

3. Se sua eccellenza in ciò ci favorisce, è come liberarci dalla schiavitù d’Egitto. Mi hanno detto che ha ordinato che si occupi di quest’affare nostro padre fra Pietro Fernández. È quanto di meglio può capitarci, perché egli conosce gli uni e gli altri. Sembra un’idea venuta dal cielo. Piaccia a nostro Signore di conservarci sua eccellenza a conforto dei poveri e degli afflitti.

4. Bacio molte volte le mani a sua eccellenza per così grande grazia e favore, e supplico lei di farmi il dono di adoperarsi con insistenza per la venuta del padre fra Pietro Fernández alla Corte, impegnandovisi con molto calore. Vostra eccellenza consideri che quest’affare riguarda la Vergine nostra Signora, la quale ora ha bisogno d’essere protetta da persone come loro in questa guerra che il demonio fa al suo Ordine, dove molti e molte non entrerebbero se pensassero d’essere sottomessi a coloro cui oggi vogliono imporci di sottostare.

5. Ora, da quando ci governano i nostri padri, siamo assai più confortati, pertanto spero in nostro Signore che la cosa abbia buon esito.

6. Piaccia a Sua Maestà di conservarci vostra eccellenza per molti anni con la santità di cui io sempre lo supplico, amen. Scritta a San Giuseppe d’Avila il 2 dicembre. Serva di vostra eccellenza, Teresa di Gesù.

 

271. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 28 dicembre 1578

1. Gesù sia sempre con vostra grazia e le dia una così felice fine del Natale e un così felice principio d’anno nuovo pari alla gioia che lei mi ha procurato con una tanto buona notizia, mentre per quelle che aveva portato Pietro Ríes avevo passato i due primi giorni in grande afflizione, ma la mattina della festa di San Giovanni è venuto quest’altro messaggero, che ci ha estremamente consolate. Dio sia benedetto per così somma grazia. Le assicuro che, di fronte ad essa, tutto il resto mi affligge meno, anche se mi sarebbe di gran consolazione sapere i due padri ormai liberi. Spero nel Signore che, come ci ha fatto questa grazia, ci farà le altre.

2. Per quanto riguarda l’affare della provincia, Sua Maestà sistemi la cosa come lo veda necessario. Dio la ricompensi del favore che ci ha fatto nell’avvisare il licenziato dei denari e di tutto il resto. E anche se avesse promesso di più, non mi sarebbe importato nulla, ma questo basta fino a quando riceveremo una risposta. Non appena avrà dato la somma, mi avvisi, perché la rimborserò subito, senza fallo.

3. Supplico vostra grazia di far consegnare in mano propria le accluse lettere, è necessario, e mi informi sempre dell’avvenuta ricezione di quelle che le invio, altrimenti ne resto preoccupata, e c’è di che esserlo. Consideri ch’è molto importante che tutte queste lettere vengano recapitate con ogni garanzia. Non appena vedrò i nostri padri liberi, mi affliggerò ben poco del resto, perché Dio vi provvederà meglio di noi, visto ch’è opera sua. Alla signora donna Ines e a quelle altre signore dia il mio ricordo. È la domenica degli Innocenti. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

272. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 28 dicembre 1578

Al magnificentissimo signor Rocco de Huerta, capoguardia forestale di sua maestà. Porto di mezzo reale. Madrid.

Gesù sia con vostra grazia sempre, amen. Ho ricevuto la lettera di vostra grazia e, siccome le mando la risposta per un’altra via, in questa non mi dilungherò, solo la supplico di farmi sapere con questo corriere se ha ricevuto le mie e quante sono, perché non vorrei che si perdessero: sono molto importanti. Io resto preoccupata finché non so se sono pervenute nelle sue mani. Pertanto con il primo corriere me ne informi e mi faccia la grazia di dare quella acclusa al capitano Cepeda, da parte di mio fratello. L’affidi a mani sicure e m’informi di tutto servendosi del corriere che le darà quelle di cui le ho parlato; credo che sia la via più sicura. Nostro Signore le conceda la sua santa grazia. Dia il mio ricordo alla signora donna Ines e a quelle altre signore. Oggi è domenica, 28 dicembre. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

273. A donna Giovanna Dantisco, a Madrid

Avila, 28 dicembre 1578

Autografo: Chiesa di S. Vincenzo martire, Huesca

1. Signora mia: sappia che da molto tempo tutta la sua orazione consisteva nel chiedere a Dio travagli con ardente desiderio. Io vedevo che Sua Maestà lo disponeva così a ricevere quelli che doveva dargli, e quali sono stati! Benedetto sia il suo nome. Ora deve ritrovarsi con tanto profitto nell’anima da non riconoscersi. Ci ha fatto ben meritare a tutti. Ho avuto sempre presente la loro pena, ma anche loro ne avranno un profitto.

2. Quando io vedrò liberi anche quelli che restano – e li vedremo certamente liberi, perché non avranno più tanti accusatori –, sarò completamente felice, essendo sicura, come ho già detto, che nostro Signore avrà speciale cura dell’affare principale, visto che son tante le anime buone che gliene rivolgono supplica, e farà quello che riesca più utile alla sua gloria e al suo servizio.

3. Sua Maestà tenga vostra grazia con la sua mano e la conservi, come anche faccia per il signor segretario, di cui bacio le mani con quelle di tutte le signore che son lì. Queste sorelle baciano le sue; sono molto contente del favore che ci è stato fatto. Io lo sono moltissimo per quanto le ho detto, anche se tutte faremo un po’ di penitenza, perché le lettere di nostro padre erano di profitto per le anime nostre e venivano lette alla presenza di tutte, come fossero prediche. Il demonio vuol toglierci anche questo conforto. Ma Dio è al di sopra di tutto. Oggi è il giorno degli Innocenti. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

274. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid (?)

Avila, dicembre 1578

Oh, come al mio Paolo viene bene questo nome! Ora è sulle cime più alte, ora nel profondo del mare. Io le dico che noi abbiamo ben di che gloriarci nella croce di nostro Signore Gesù Cristo. ANNO 1579

275. Al padre Fernando de Pantoja, a Siviglia

Avila, 31 gennaio 1579

Autografo: Carmelitane Scalze di Aguilar de la Frontiera (Cordoba) e Siviglia

All’illustre e molto reverendo signor mio don Fernando, priore di Las Cuevas, mio signore, a Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Che cosa le sembra del modo in cui vanno le cose in quella casa del glorioso San Giuseppe e di come hanno trattato e trattano quelle sue figlie, oltre a tutti i travagli spirituali e le afflizioni che da molto tempo patiscono da parte di chi dovrebbe consolarle? Credo che, se ne hanno fatto viva richiesta a Dio, il risultato è evidente. Sia per tutto benedetto.

2. Veramente io non ho molta pena per quelle che mi hanno accompagnata là, anzi a volte mi rallegra vedere quanto avranno da guadagnare in questa guerra che il demonio muove loro. Ne ho molta per quelle che sono entrate dopo, per le quali, quando avrebbero dovuto esercitarsi a guadagnare la pace e apprendere le cose dell’Ordine, tutto si risolve in agitazioni che ad anime nuove come le loro possono nuocere grandemente. Il Signore vi ponga rimedio. Le assicuro, padre mio, che da molto tempo il demonio si dà da fare per turbarle. Io avevo scritto alla priora di comunicare a vostra paternità tutti i suoi travagli. Non deve aver avuto il coraggio di farlo. Un’enorme consolazione sarebbe per me poter parlare chiaramente a vostra paternità, ma, siccome si tratta di metter le cose su carta, non oso farlo, e se il messaggero non fosse di assoluta sicurezza, non avrei detto nemmeno questo.

3. È un ragazzo che è venuto a domandarmi se conoscevo in quella città qualcuno che potesse fargli il favore di garantire per lui, affinché gli riuscisse di assumere qualche servizio, visto che il freddo di questo paese e il gran danno che ne riceve la sua salute, non gli permette di viverci, anche se sia nativo di qui. La persona presso cui è stato a servizio – ch’è un canonico del luogo, amico mio – mi assicura ch’è virtuoso e fedele; ha una buona calligrafia e sa fare i conti. Se le si offrisse il modo di sistemarlo, supplico vostra paternità, per amor di nostro Signore, di farmi questo favore e di rendere questo servizio a Sua Maestà, garantendo le cose che di lui ho detto, qualora fosse necessario; la persona da cui le so non può dirmi che l’assoluta verità.

4. Sono stata felice ch’egli mi abbia parlato, per aver l’occasione di potermi consolare con vostra paternità e supplicarla di dar ordine all’antica priora di leggere la presente con le altre che sono venute dalla Castiglia; vostra paternità saprà ormai che l’hanno deposta dalla sua carica, sostituendola con una di quelle il cui ingresso nell’Ordine è avvenuto lì, come saprà di molte altre persecuzioni da esse sofferte, fino ad essere obbligate a consegnare le lettere che io ho loro scritto e che sono già nelle mani del Nunzio. Quelle poverine sono state del tutto prive di qualcuno che potesse consigliarle, e i dotti di qui sono sbigottiti delle cose che sono state obbligate a fare per la paura della scomunica.

5. Io sono sgomenta di quanto abbiano imbrigliato le loro anime. Dev’essere accaduto senza che se ne rendessero conto, perché nel processo son venute fuori certe loro deposizioni, che sono enormi falsità; io mi trovavo lì allora e non è mai successo niente di simile. Ma non mi meraviglio che le abbiano fatte uscir di senno, perché c’è stata una religiosa tenuta sotto interrogatorio per sei ore, e qualcuna, di scarsa intelligenza, avrà firmato tutto quello ch’essi hanno voluto. Ciò è servito qui a noi, per guardar bene quello che firmavamo, pertanto non c’è stato nulla da dire.

6. Da un anno e mezzo nostro Signore ci mette alle strette, ma io ho assoluta fiducia che Sua Maestà prenderà le difese dei suoi servi e delle sue serve, che si scopriranno gl’intrighi tramati dal demonio in quella casa, e che il glorioso san Giuseppe farà venire in chiaro la verità e farà vedere chi siano le religiose partite da qui, ché quelle di là non le conosco, ma so che godono di maggior credito da parte di chi le tratta, il che è stato un gran danno per molte cose.

7. Supplico vostra paternità, per amor di nostro Signore, di non abbandonarle: le aiuti con le sue preghiere in questa tribolazione, perché non hanno altri che Dio; sulla terra non c’è nessuno con cui si possano consolare. Ma Sua Maestà, che le conosce, le proteggerà e darà a vostra grazia la carità necessaria per fare lo stesso.

8. Invio aperta l’acclusa lettera perché, se hanno avuto ordine di consegnare al Provinciale quelle che riceveranno da me, vostra paternità incarichi qualcuno di leggergliela; potrà, infatti, essere per loro un sollievo vedere la mia calligrafia. Si pensa che il Provinciale voleva cacciarle dal monastero; le novizie, però, intendevano venir via con loro.

9. Ciò di cui mi rendo conto è che il demonio lì non può sopportare Scalzi né Scalze; per questo muove loro tale guerra, ma io confido nel Signore che tutto questo gli gioverà a poco. Vostra paternità consideri quanto ha fatto per mantenerle lì; ora che si trovano in ben maggior bisogno, dia man forte al glorioso San Giuseppe.

10. Piaccia alla divina Maestà di conservare per molti e molti anni vostra paternità come rifugio dei poveri (giacché so bene il favore che ha fatto a quei padri Scalzi), nell’aumento di santità di cui io lo supplico sempre, amen. Oggi è l’ultimo di gennaio. L’indegna serva e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.

Se non le è causa di stanchezza, vostra paternità può ben leggere l’acclusa lettera per le consorelle.

 

276. Alle Carmelitane Scalze di Siviglia

Avila, 31 gennaio 1579

Autografo: Carmelitane Scalze di Siviglia

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con loro, figlie e sorelle mie. Sappiano ch’io non le ho mai amate tanto come ora e che mai loro hanno avuto l’obbligo di servire nostro Signore come adesso in cui le privilegia di così grande grazia, com’è quella di assaporare un po’ la sua croce e partecipare al grande abbandono che Sua Maestà ha sperimentato in essa. Felice il giorno in cui sono entrate in quel luogo, visto ch’era loro preparata una così fortunata occasione! Le invidio molto; in verità, quando ho saputo di tutti questi cambiamenti (perché con grande impegno mi hanno comunicato ogni cosa) e del fatto che volevano cacciarle dal monastero, unitamente a certi altri particolari, invece d’esserne afflitta, ho provato un’immensa gioia interiore nel vedere che, senza che abbiano dovuto passare il mare, nostro Signore ha voluto scoprire loro miniere di tesori eterni, mediante i quali spero in Sua Maestà che diventeranno ben ricche e condivideranno tali ricchezze con noi che stiamo qui; ho piena fiducia nella sua misericordia che concederà loro di sopportare tutto senza mai offenderlo; non si affliggano di risentirne molto; il Signore vorrà far loro comprendere che non sono così forti come pensavano di essere quando desideravano tanto vivamente di soffrire.

2. Coraggio, coraggio, figlie mie; si ricordino che Dio non dà a nessuno sofferenze maggiori di quelle che può sopportare e che Sua Maestà sta dalla parte dei tribolati. Poiché questo è certo, non c’è nulla da temere, ma solo sperare nella sua misericordia che rivelerà la verità di ogni cosa, e così si scopriranno certi intrighi che il demonio ha tenuti nascosti per sconvolgere tutto, causa per me di maggior pena di quella che provo ora per quanto accade. Orazione, orazione, sorelle mie, e risplenda adesso l’umiltà e l’obbedienza nel fatto che non ci sia nessuna a non averla più di loro nei riguardi della vicaria che hanno lì nominata, specialmente l’antica madre priora.

3. Oh, che buon momento per cogliere il frutto delle determinazioni da loro prese di servire nostro Signore! Considerino che spesso Egli vuole aver la prova che ad esse e alle parole sono conformi le opere. Facciano onore alle figlie della Vergine, loro sorelle, in questa gran persecuzione, perché se si aiutano, il buon Gesù le aiuterà; se, infatti, dorme in mare, quando la tempesta aumenta, fa tacere i venti. Vuole che lo preghiamo, e ci ama tanto che cerca sempre il modo di farci progredire. Benedetto sia il suo nome per sempre, amen, amen, amen.

4. In tutte queste case le raccomandiamo molto a Dio, pertanto spero nella bontà di Lui che presto porti rimedio a tutto. Procurino, quindi, d’essere allegre e di considerare che, esaminandolo bene, tutto quello che si soffre per un così buon Dio che ha tanto sofferto per noi, è poco, visto che ancora non hanno versato sangue per Lui. Stanno con le loro consorelle e non ad Algeri. Lascino fare al loro Sposo e vedranno come fra non molto il mare ingoierà quelli che ci fanno la guerra, come fece del re Faraone; Egli libererà il suo popolo e tutti resteranno col desiderio di tornare a patire, tanto sentiranno di aver guadagnato dalle prove subite.

5. Ho ricevuto la sua lettera; avrei voluto che non avessero bruciato quanto avevano scritto, perché sarebbe stato utile. Si poteva evitare di dare le mie, secondo il parere dei dotti di qui, ma ciò ha poca importanza. Piacesse alla divina Maestà che tutte le colpe gravassero su di me, anche se le pene di coloro che hanno sofferto senza alcuna colpa, mi abbiano pesato molto.

6. Ciò che mi ha afflitto grandemente è stato veder asserite, nel processo d’informazione istruito dal padre Provinciale, certe cose ch’io so essere di un’estrema falsità, perché allora stavo lì. Per amore di nostro Signore, guardino bene se qualcuna ha fatto tali asserzioni per paura o turbamento, perché tutto è nulla quando Dio non è offeso, ma che si sia mentito e in pregiudizio di altri è cosa che mi ha ferito profondamente. Non riesco ancora a crederlo, perché tutti conoscono l’onestà e la virtù con cui il padre Gracián tratta con noi e quanto ci sia stato di profitto e d’aiuto a progredire nel servizio di nostro Signore. Stando così le cose, anche se le accuse sono di poca importanza, è gran colpa calunniarlo. Lo facciano presente, per carità, a quelle consorelle, e restino con la Santissima Trinità, sotto la sua custodia, amen.

7. Tutte queste consorelle si raccomandano vivamente a loro. Stanno aspettando di vedere come, scomparsa questa nuvolaglia, suor San Francesco saprà fare il resoconto di tutto. Mi raccomando alla buona Gabriella e la prego di essere molto allegra, perché penso sempre all’afflizione che avrà avuto nel veder trattare la madre San Giuseppe com’è stata trattata. Suor San Girolamo non mi fa pena, se i suoi desideri sono sinceri, altrimenti mi farebbe più pena di tutte. Domani è la vigilia di nostra Signora della Candelora.

8. Preferirei di gran lunga parlare anziché scrivere al signor Garciálvarez, e poiché non posso dirgli per lettera quel che vorrei, non gli scrivo. I miei saluti alle altre consorelle alle quali loro oseranno parlare di questa mia. L’indegna loro serva, Teresa di Gesù.

 

277. A donna Ines Nieto, ad Alba de Tormes

Avila, 4 febbraio 1579

Autografo: Carmelitane Scalze di Toro (Zamora)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei, sempre, e le conceda di uscire con profitto dalle sue pene. Io ho sofferto di esse, pertanto la raccomando a nostro Signore, anche se d’altra parte mi rendo conto che sono grazie fatte da Sua Maestà a coloro che ama molto per risvegliare le loro coscienze e far sì che attendano a non tenere in nessun conto le cose di questa vita – così mutevoli ed instabili – e cerchino di guadagnare la vita eterna.

2. Quest’anno abbiamo avuto tante tempeste e calunnie, che lì per lì, in un primo momento, ho sofferto maggiormente dell’imprigionamento del signor Albornoz. Avendo poi saputo che si tratta dell’affare del signor don Fadrique, spero in Dio che la prova durerà poco. Bacio le mani di vostra grazia e le dico che verrà tempo in cui egli non vorrà cambiare il giorno che gli hanno messo i ceppi con quante catene d’oro ci sono al mondo. Piaccia a Dio di dargli salute, perché ciò serve a far sopportare meglio i travagli.

3. Di vostra grazia non ho eccessiva pena, ritenendo che nostro Signore le abbia dato sufficiente ricchezza spirituale per sopportare prove maggiori. Sua Maestà vada man mano aumentandole la sua grazia e la conservi per molti anni, amen, amen. Oggi è il 4 febbraio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

278. Al Padre Nicola Doria, a Madrid (?)

Avila, 10 febbraio 1579

Autografo: Carmelitani Scalzi di San Gioacchino, Messico D.F.

1. … Visto il desiderio che abbiamo di negoziare, non vorrei che incappassimo in qualcosa che non si possa condurre bene in porto. Bisogna anche vedere se ci conviene fondare una casa a Roma, anche se ora ci siano circostanze favorevoli, o aspettare d’essere più forti, perché se quelli di là prendono ad odiare gli Scalzi (come certo sarà: ciò ch’è buono, infatti, suona offesa dove ci sono colpe), essendo vicini al Papa, si scatenerebbe una guerra terribile per tutti. Se poi mandano la lettera al canonico del re, è necessario che le loro reverenze gli scrivano chi intendono nominare Provinciale, perché nel memoriale sono stati segnalati alcuni che non sanno nulla, a quanto credo, salvo qualche eccezione, e sarebbe cosa ben dura se per caso si eleggesse una persona di tal fatta.

2. Per ora io non vorrei che vostra reverenza facesse questo viaggio – visto che le cose presentano un così buon assetto che sembra non ve ne sia bisogno –, perché qui non dobbiamo restare tutti condannati alla penitenza senza aiuto di nessuno. Qualora dovesse proprio andarvi, sarebbe molto a proposito aspettare il Capitolo Generale, se vi si deve recare il Provinciale, com’è suo dovere, in realtà, nella speranza che Dio lo faccia eleggere tale, e se i padri che vanno ora l’attendessero; con ciò farebbero ammenda della vergogna di cui ci hanno coperto gli altri. Nostro Signore indirizzi tutto alla sua maggior gloria, e conservi vostra reverenza con aumento di santità.

3. Non ho tempo di dirle altro, perché vostra reverenza tragga ancora motivo di fastidio da tante verità. Ho paura che il padre Mariano non subirà condanna, ritenendolo Dio un debole. Sua Maestà ci renda così forti da poter morire per Lui, perché, certo, questo scontro è frutto della sua misericordia. Oggi è il 10 febbraio. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

4. Ma che lettera, questa, propria di una vecchia priva di umiltà, così piena di consigli! Piaccia a Dio che in qualcuno l’indovini, e se no, amici come prima.

 

279. A Rocco de Huerta, a Madrid

Avila, 12 marzo 1579

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Mi affligge la pena che le danno i nostri affari. Sappia ch’io non me li prendo così a cuore, perché mi rendo conto che riguardano Dio e che Sua Maestà vi bada più di noi; pertanto qualunque cosa succeda, sarò tranquilla, essendogliene stata fatta vivissima raccomandazione e da parte di anime buone. Così forse ciò che meglio conviene al suo servizio è quello che a noi sembra più contrario, e vostra grazia non si affligga di nulla; non è prossima la fine del mondo.

2. Se vedo che questi nostri padri stanno bene e che si ha rispetto dei loro diritti, non c’è nulla da temere; così anche se non fossero rispettati, perché non può sopravvenirci tempo migliore di quello in cui dovessimo patire senza colpa, tanto più che mi dicono che il signor Nunzio è un gran servo di Dio; pertanto s’informerà di tutto, e lo stesso faranno gli altri giudici. Siccome a quei padri non si possono consegnare lettere né parlare, è inutile scrivere ad essi, nonostante ch’io vorrei consolarli e dir loro quanto ne abbia invidia.

3. Ho già ricevuto la lettera giunta per la via di Toledo e quella recata da Pietro Ríes, così sfiduciata che mi ha fatto ridere, insieme a farmi lodare nostro Signore nel vedere la carità di vostra grazia e quanto prenda a cuore i nostri affari. Forse un giorno la potremo servire anche noi.

4. I giudici hanno ragione da vendere nel dire che non faranno nulla per favore, perché non sarebbe buona giustizia quella ispirata dal favoritismo invece che dalla verità.

5. La signora donna Maria de Montoya ha torto nel credere che noi possiamo pensare che le lettere recate al signor canonico basteranno per concludere l’affare, poiché è cosa che deve fare Sua Maestà, ma di solito giovano per accreditare i richiedenti come persone religiose e ritenute per tali in Spagna; più ce ne sono, meglio è.

6. Il signor dottor Rueda mi ha mandato le lettere qui accluse perché siano consegnate a sua maestà; gliele dia lei stesso con il mio baciamano. Avrei ben voluto scrivere al conte. Gli bacio molte volte le mani. Ci ha dato gran gioia la salute di suo figlio. Vostra grazia glielo dica e aggiunga che ci consola sapere sua signoria alla corte.

7. Faccia consegnare la lettera indirizzata al padre Priore di Sant’Agostino da chi la rimetta nelle sue proprie mani, senza che si sappia che viene da parte mia né da quella di vostra grazia; creda che ciò può esserci di danno. E invii anche per mezzo di una persona sicura quella indirizzata al padre Scalzo di San Francesco, che è un padre molto amico mio. L’altra è di mio fratello. Supplico vostra grazia di darla a chi è indirizzata e dirgli che le mandi la risposta; me la invii e mi perdoni. Tranne questa lettera, le altre sono di grande importanza per quello che ci riguarda.

8. Vedo che questi corrieri consegnano sempre puntualmente le lettere, a lei come a me; pertanto non sono necessari giri d’altro genere; del resto, siccome questi padri hanno ormai quello che vogliono, non faranno ricorso a troppe diligenze. Vostra grazia sigilli bene le lettere.

9. Creda che, pur di non vedere nostro padre Gracián come Visitatore, il resto mi sembrerà sopportabile. Questo è stato il mio continuo tormento. E sarei ben contenta se ce ne mandassero uno di qualunque Ordine, purché non fosse preso da questi padri. Dio, che lo può, vi provveda e protegga vostra grazia con quelle signore, alle cui preghiere mi raccomando. Oggi è il 12. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

280. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, primi di aprile 1579

Sono sbalordita e molto contristata per le lettere di Alcalá, specie per quella che ha scritto vostra paternità. Oh, Dio mio, come noi non ci conosciamo! Dico dunque a vostra paternità quanto le ho già scritto, che, nonostante quello che si è fatto, ho tanta paura che non vorrei vederla là, e credo che finirà proprio così. Magari ritornasse con i gatti! La minaccia è buona.

 

281. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, aprile (?) 1579

1. Sono sbigottita e addolorata per quelle due anime; Dio voglia emendarle. Si direbbe che tutte le furie infernali si siano riunite lì per ingannare e accecare chi sta dentro e chi sta fuori.

2. Vostra paternità sappia che tutta la mia grande afflizione, quando mi ha scritto di quel processo, è stata la previsione di quanto ora vedo, che si sarebbe sparsa qualche calunnia su Paolo; quest’infausta vicaria si è sempre caratterizzata per grandi calunnie; da giorni vivevo con questa pena. Oh, Gesù, quanto ne sono stata oppressa! Tutti i travagli che abbiamo sofferto non sono niente al confronto.

3. Dio ci mostra così il poco caso che dobbiamo fare delle creature, per quanto buone esse siano, e come abbiamo bisogno di astuzia, invece che di tanta semplicità, e piaccia a Lui che ciò basti per Paolo e per me.

 

282. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, metà di aprile 1579

Autografo: Carmelitane Scalze del Corpus Christi di Alcalá de Henares (Madrid)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, padre mio, e la ricompensi della consolazione che mi ha dato con la speranza di poterla rivedere, il che sarà certo una gran gioia per me. Chiedo quindi a vostra reverenza, per amor di nostro Signore, di disporre praticamente come ciò debba avvenire, perché una gioia mancata non affligge tanto quanto la perdita di quella che si spera, e io credo che il nostro incontro gioverà a servire nostro Signore.

2. Questa gioia mi ha indotto a fare buon viso all’elezione del nuovo superiore. Piaccia a nostro Signore che goda della carica per poco tempo; non voglio dire con ciò che debba perdere la vita, perché infine è lui fra i Calzati ad avere maggiore attitudine per questa carica e con noi sarà molto prudente, specialmente perché è così pieno di buon senso che capirà dove si va a finire. In parte ai Calzati si rende un così cattivo servizio come a noi. Quali persone che tendono alla perfezione, non potevamo desiderare niente di meglio del signor Nunzio, perché ha fatto acquistar meriti a noi tutti.

3. Lodo nostro Signore che il padre fra Gregorio sia tornato al suo convento, e farò lo stesso se vostra reverenza ottiene che la priora di Siviglia sia rimessa al suo posto, perché è proprio necessario. E se non lei, almeno Isabella di S. Francesco, perché quella attuale è un’irrisione, adatta solo a mandare in rovina la casa. Piaccia al Signore d’indirizzare tutto al suo maggior servizio e paghi a vostra reverenza la cura che si prende di vegliare su quelle povere straniere. Se non dipenderanno dal Provinciale del panno, ne avranno un gran conforto, giacché potranno inviare e ricevere lettere. Ho scritto loro servendomi del priore di Las Cuevas, e non mi dispiacerebbe che la lettera finisse nelle mani del Provinciale, avendola scritta con questa intenzione.

4. Il viaggiatore è ormai bene a posto per la partenza, e quanto più lo tratto, tanto più spero che farà tutto perfettamente. Qui siamo state in discussioni, perché io avrei voluto che si facesse un duplicato della lettera del re, per mandarla col primo corriere al canonico Montoya insieme a un plico che invio a sua madre per lui; gli scrivo che gli sarà subito portata questa lettera, altrimenti gliela recheranno due padri che vanno a prestare obbedienza al nostro padre Vicario generale. Mi sembra che per un affare di tale importanza è bene seguire due strade, perché non siamo sicuri del buon esito del cammino scelto e sarebbe gravoso, nella situazione attuale, attendere un altro viaggio. Inoltre, poiché il canonico se n’è già occupato, è bene non metterlo fuori concorso (per molte cose, con l’andar del tempo, ci sarà amico prezioso, e non si tratta, certo, di un affare troppo facile), perché sarà un danno per noi; anzi, io preferirei che fosse lui ad occuparsi della negoziazione e che questi padri andassero direttamente dal padre Vicario generale: mi fido poco, infatti, che sia mantenuto il segreto, e se vanno negoziando con gli uni e con gli altri, ed egli lo viene a sapere, potrebbe irritarsi del fatto che non si siano rivolti anzitutto a lui, il che non può accadere con il canonico.

5. Il padre fra Giovanni si chiede perché egli deba andar lì, se il canonico si assume la negoziazione; ma c’è tanto di cui occuparsi, che forse saranno necessari entrambi. E volesse il cielo che trovasse l’affare fatto; non sarebbe poca cosa che lì conoscessero Scalzi di maggior spirito religioso di quelli che hanno visto fino a questo momento, e informino di tutto il padre Vicario generale. Gli sembra anche che si spenderebbe…

 

283. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, aprile 1579

Autografo frammento: Carmelitane Scalze di Chichester (Inghilterra)

1. … Tutte le religiose di questa casa le si raccomandano molto. Io non mi stupisco della santità di cui si parla a suo riguardo, ma mi meraviglierei del contrario, in base alle preghiere che si sono fatte per lei da anime così buone, quali ritengo che siano queste sue figlie. Come, però, ci ha ridotti nostro Signore con questo cambio di superiori e quanti sono i miei timori! Io le dico che…

2. … tutto questo stanca mentre il resto sarebbe riposare. Sia benedetto Dio che si compiace di farci trascorrere la vita così! La sofferenza che prova vostra paternità aumenta grandemente la mia pena. Dio le perdoni i giorni che mi ha fatto passare con le sue febbri e il suo sputare sangue! E mi dicono che soffre così da molto tempo: io non so come non me l’abbia detto. Le assicuro, padre mio, che mi sento così aggressiva ch’io non so come riesca a dirle buone parole, perché anche se non…

 

284. Al Padre Girolamo Gracián, a Pastrana (?)

Avila, 21 aprile 1579

È per mio padre Paolo nella grotta di Elia.

1. Gesù sia con vostra paternità, padre mio. Avevo già scritto l’acclusa lettera quando ho ricevuto quella di vostra paternità a cui spero che nostro Signore abbia dato così buone feste di Pasqua come io le desidero per lei e come tutte queste sue figlie gliene rivolgono supplica.

2. Sia benedetto Dio che va sistemando i nostri affari in modo che avranno presto fine queste assenze e la povera Angela potrà parlare della sua anima, perché da quando vostra paternità si mantiene lontano, non ha potuto parlare con nessuno di nulla che la riguardi, per trarne conforto. In verità abbiamo avuto, comunque, di che occuparci con le nostre pene. Mi sembra che vostra paternità ne abbia avuto la miglior parte, giacché nostro Signore le ha pagato assai prontamente il fatto di aver giovato a tante anime.

3. La signora donna Giovanna mi ha scritto ora una lettera per quanto riguarda la professione di nostra sorella Maria di S. Giuseppe, senza nominare vostra paternità; anche se mi dice di aver scritto in fretta, ciò non basta per farmi astenere dal lamentarmene. Ho scritto alla priora di Valladolid perché al termine dell’anno le faccia celebrare la professione. Mi ha risposto che non le era mai passato per la mente niente di diverso fino a quando io le avevo detto di aspettare. In verità mi sembrava che rivestisse poca importanza un ritardo che avrebbe permesso a vostra paternità di assistere alla cerimonia, ma ora è meglio così, perché, siccome abbiamo sicura speranza della provincia sono d’accordo con lei che tutto andrà bene.

4. Mio fratello bacia le mani di vostra paternità; Teresita è assai contenta ed è sempre la solita bambina.

5. Sono un po’ sollevata circa la situazione di Siviglia, per il fatto che i Calzati non hanno più nulla a che vedere con quelle religiose. L’arcivescovo mi ha scritto che quando sono arrivate le decisioni del Nunzio, gli Scalzi erano proprio alle strette e pertanto ne sono stati assai felici. Son loro, adesso, quelli che vanno a confessare le religiose, e il vicario fra Angelo dice che da qui a un mese vi andrà Nicola, si restituirà autorità e voce a Maria di S. Giuseppe e si procederà alle elezioni.

6. Dalle lettere che mi scrive il padre Nicola capisco ch’egli dev’essere molto saggio e riuscire di gran vantaggio all’Ordine. Prima di partire deve venire a vedermi. È necessario per comprendere meglio quel ch’è avvenuto là e dargli certi avvisi perché li trasmetta a Maria di S. Giuseppe nel caso in cui dovesse esser rieletta. Garciálvarez non va più al monastero; dice che gliel’ha proibito l’arcivescovo. Dio trovi rimedio a tutto e si compiaccia di far sì ch’io possa parlare con vostra paternità a mio bell’agio di molte cose. Col padre Giuseppe vedo che deve andarle assai bene. È quello che importa.

7. È divertente per me sapere che ora vostra paternità ha nuovamente desiderio di tribolazioni. Ci lasci tranquille, per amor di Dio, poiché non le sopporterebbe da solo. Riposiamoci qualche giorno. Io mi rendo ben conto ch’esse sono un cibo tale che chi l’ha davvero gustato una volta, capisce di non poter avere miglior alimento per l’anima. Ma siccome non so se si estendano ad altri, oltre a colpire me, non posso desiderarle. Voglio dire che deve esserci una gran differenza tra il nostro soffrire e la vista della sofferenza del nostro prossimo. Ecco profilarsi una questione che vostra paternità mi chiarirà quando ci rivedremo.

8. Piaccia a nostro Signore che riusciamo a servirlo, per qualunque via Egli voglia. E conservi lunghi anni vostra paternità con la santità di cui io lo supplico, amen.

9. Ho fatto sapere con lettera a Valladolid che non c’era motivo di scrivere alla signora donna Giovanna per quella riscossione, perché non deve dar nulla fin dopo la professione, e anche allora non è cosa certa; ho aggiunto che, essendo stata ricevuta senza quella somma, le religiose non avevano nulla a che dire se non la dava; invocheranno l’aiuto di Dio, come si fa in altri monasteri. Non ho voluto parlare d’altro, e ho mandato alla priora la lettera che vostra paternità ha scritto alla signora donna Giovanna. Ora tutto è a posto. Non vorrei ch’ella dicesse qualcosa di ciò al padre fra Angelo, perché non v’è ragione né alcuna necessità di farlo, anche se è un grande amico suo, ma vostra paternità sa perfettamente come queste amicizie possano aver presto fine, essendo tale il mondo. Mi sembra che me l’abbia chiarito in una delle sue lettere; può ben darsi, però, che non fosse con quest’intento. In ogni caso vostra paternità voglia avvertirla, e resti con Dio.

10. Non si dimentichi di raccomandarmi a Sua Maestà unitamente alle anime che ha sempre presenti, giacché sa che deve render conto a Dio della mia. Oggi è l’ultimo giorno delle feste di Pasqua. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

11. Vostra paternità scriva alla signora donna Giovanna che si farà la professione, perché io ora non ho tempo di scriverle. Scrivo con tanta paura a questo riguardo che lo faccio e lo farò il meno possibile. Ho risposto a mia figlia Maria di S. Giuseppe. Mi sarebbe di gran sollievo tenerla con me, ma nostro Signore non sembra disposto a darmene alcuno.

 

285. A don Pietro Giovanni de Casademonte, a Madrid

Avila, 2 maggio 1579

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ho ricevuto la sua lettera e quella di Giuseppe Bullón. Nostro Signore l’accompagni, ché dà pena vederlo andare così lontano, ma siccome il bisogno è grande, qualcosa si deve sopportare. Tutti gli dobbiamo molto; ha virtù e capacità per questo e anche per altro. Dio ce lo riporti felicemente. Supplico vostra grazia di dirmi in che giorno è partito e come stava.

2. Non mi par l’ora che esca dalle nostre terre, visto che viaggia in quel modo; purché non ci accada qualche disgrazia! Capiterebbe in una tremenda circostanza.

3. Nostro Signore la ricompensi per le buone notizie che mi scrive. Sappia che da quando quei signori e padri miei Domenicani sono stati nominati assistenti, mi è scomparsa tutta la preoccupazione dei nostri affari, perché li conosco, e con tali persone quali sono quei quattro, sono sicura che ogni loro decisione sarà a onore e gloria di Dio, il che è ciò a cui tutti aspiriamo.

4. Quelli che mi danno ora molta preoccupazione sono i padri mitigati, giacché fatti così orribili non possono non ferire profondamente noi che portiamo quest’abito. Dio vi ponga rimedio, protegga vostra grazia e la ricompensi dell’affetto che ha per quest’Ordine e per le opere che compie in nostro favore, che, certo, sono tali da farmi lodare il Signore. Dove esiste la carità, Sua Maestà fa sì che ci sia come esercitarla.

5. Piaccia a Dio di proteggere vostra grazia e la signora donna Maria; io non trascuro, benché miserabile, di rivolgergliene supplica, come anche di dar loro una gran santità. Oggi è il 2 maggio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

286. A Isabella di San Girolamo e a Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, 3 maggio 1579

Per la madre Isabella di San Girolamo e per la madre Maria di San Giuseppe, Carmelitane scalze in San Giuseppe di Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. L’altro ieri ho ricevuto la sua lettera e quella delle mie consorelle. Oh, Gesù, che gran consolazione sarebbe per me vedermi ora in quella casa! Così come sarei stata felice di trovarmici prima, per partecipare dei tesori che nostro Signore ha loro dato in tanta abbondanza. Sia benedetto per sempre, amen.

2. Mi si è raddoppiato in grado estremo l’amore che avevo per loro, anche se era molto, specie per vostra reverenza, perché lei è quella che ha sofferto di più; ma tenga per certo che quando ho saputo che le avevano tolto voce, posto e ufficio, ne ho avuto particolare consolazione, perché, anche se vedo che mia figlia Maria di San Giuseppe è piena di miserie, mi rendo conto che teme Dio e che non avrebbe mai fatto nulla contro Sua Maestà per meritare tale castigo.

3. Ho scritto loro una lettera servendomi del padre mio il priore di Las Cuevas perché gliela facesse pervenire. Desidero sapere se sua paternità l’ha ricevuta, come quella per lui, e a chi l’ha data, anche se devo tornare a scrivere. Quando il padre Nicola ha saputo la sorte che aveva avuto quella di suo fratello, l’ha strappata. Vostra reverenza gli deve moltissimo. Se lo è accattivato meglio che non il padre Garciálvarez.

4. Mi è rincresciuto che non dica lì Messa, anche se ciò che rappresenta una perdita per il monastero, per lui, invece, è liberarsi da un gran peso. Certo, noi gli dobbiamo molto, ma io non so proprio che cosa si può fare, perché se il reverendissimo arcivescovo non ha dato ascolto al padre priore di Las Cuevas e al padre Mariano, mi chiedo per chi potrà farlo.

5. In parte mi hanno irritata i biglietti del padre Mariano; non so come gli sia venuto in mente che in quella casa si potesse far ricorso a tali procedimenti, tanto peggio che ne abbia parlato. Il fatto è che il demonio, nell’eccesso della sua furia, ci ha voluto travagliare in tutti i modi, specialmente in ciò che costituisce… il maggior tormento per tutti. Già sembra, però, che nostro Signore non intenda dargli tanta mano libera, e spero che Sua Maestà andrà disponendo le cose in modo che si scopra la verità.

6. In quella casa di verità ce n’è stata poca, ed io ho avuto una gran pena quando ho saputo le deposizioni rese nel processo; alcune cose sapevo ch’erano del tutto false, perché si riferivano al tempo in cui io ero lì. Ora che ho visto che cosa è avvenuto di quelle consorelle, ho reso vive grazie a nostro Signore di non aver permesso loro ulteriori calunnie.

7. Entrambe queste anime mi son causa di tormento, ed è necessario che tutte facciamo speciali preghiere perché Dio le illumini. Da quando il padre Garciálvarez si comportava in quel modo, io temevo quello che ora vedo; se vostra reverenza se ne ricorda, in due lettere le ho scritto di ritenere che il male procedesse dal monastero. Ho anche nominato una di esse (Margherita non mi è mai passata per la mente), perché la tenesse d’occhio, in quanto io non sono mai stata soddisfatta del suo spirito, anche se alcune volte mi sembrava che ciò dipendesse da una tentazione e ch’io fossi una miserabile. Ne ho anche parlato con il nostro padre Gracián, affinché, essendo stato in frequenti rapporti con lei, facesse attenzione alla cosa; pertanto ora non ne sono rimasta molto stupita, e non perché io l’abbia ritenuta persona di cattive tendenze, ma vittima di un errore e d’immaginazione malata, adatta a esser preda degl’inganni del demonio, com’è stato, giacché egli sa giovarsi assai bene dei difetti di natura e della mancanza di buon senso; non c’è da fargliene, quindi, troppo grande colpa, ma compatirla molto. In questa situazione, vostra reverenza e tutte mi devono fare la carità di non discostarsi da quanto adesso dirò loro: credano che, a mio parere, è quello che conviene fare, e rendano gran lode al Signore che non ha permesso al demonio di tentare così duramente nessuna di loro, perché, come dice Sant’Agostino, dobbiamo pensare che avremmo fatto cose peggiori. Non vogliano perdere, figlie mie, quello che hanno guadagnato in questo tempo; si ricordino di quanto fece santa Caterina da Siena nei riguardi di quella che l’aveva accusata d’essere una donna di malaffare, e temiamo, temiamo sempre, figlie mie, perché se Dio allontana da noi la sua mano, quali mali non saremo capaci di commettere? Credano pure che quella consorella non ha abilità né talento per tutte le invenzioni che ha dette; per questo il demonio ha voluto darle quella compagna, ed era certo lui a istruirla. Dio sia con lei.

8. Quello che anzitutto dico è che abbiano molto a cuore di raccomandarla a Sua Maestà in tutte le loro orazioni e in tutti i momenti, se potranno, come faremo noi qui, perché ci faccia la grazia d’illuminarla e che il demonio la lascia svegliarsi dal sonno in cui la tiene. Io la considero, in parte, come chi è fuori di sé. Sappiano che ho sentito parlare di alcune persone, anche se non delle nostre case, dall’immaginazione malata, a cui sembra di vedere realmente tutto ciò che passa loro per la mente, perché il demonio gliene dà probabilmente l’ispirazione; la mia pena è appunto che a quella consorella deve aver fatto credere di vedere ciò che a lui sembra opportuno per mandare in perdizione il monastero, e forse ella non ha tutta la colpa che pensiamo, come non l’ha un pazzo, che certamente, se si mette in testa d’essere Dio Padre, nessuno potrà rimuovere da questa convinzione. Ecco come si deve mostrare, sorelle mie, l’amore che loro hanno per Dio, nell’avere molta pietà di lei, proprio come l’avrebbero se fosse figlia dei loro genitori, poiché lo è di questo vero Padre a cui dobbiamo tanto e ch’ella, poverina, ha desiderato di servire tutta la sua vita. Bisogna pregare, sorelle, pregare per lei: anche molti santi sono caduti e poi sono tornati ad esser tali. Forse tutto ciò è stato necessario perché fosse umiliata; se, infatti, Dio ci concedesse la grazia di farle capire il suo errore e ritrattarsi, tutte avremmo ricavato un guadagno dalla nostra sofferenza, e per lei potrebbe essere lo stesso, perché il Signore sa trarre il bene dal male.

9. In secondo luogo, non la sfiori più l’idea, per ora, che lasci il monastero: sarebbe una grande insensatezza e non conviene in alcun modo: quanto più crederanno di evitare pericoli, tanto più cadranno in essi. Lascino passare il tempo, perché ora non è il momento di effettuare questo cambio, per molte ragioni che potrei addurre, e mi meraviglio che lei non ne avverta l’evidenza. Ci rifletta, ché Dio gliele rivelerà, e abbia fiducia di Sua Maestà e di noi che consideriamo con più calma e attenzione ciò che conviene alla vostra casa. Intanto si guardino dal parlarne e anche dal pensarci, se possono.

10. In terzo luogo, non le si mostri alcun segno di freddezza, anzi quella che terrà il posto di superiora ne abbia grande cura, e tutte le esprimano cortesia e fraternità, come anche alla sua compagna. Cerchino di dimenticare ciò ch’è stato, e considerino quel che ciascuna vorrebbe che si facesse con lei se le fosse accaduto questo. Siano certe che quell’anima dev’essere assai tormentata, anche se non ne è cosciente, perché ci penserà il demonio, non essendo riuscito a fare di più. Potrebbe indurla a compiere una cattiva azione che le faccia perdere l’anima e la ragione, danno, quest’ultimo, che forse non richiede molto sforzo; ed è quanto ora tutte dobbiamo tener presente, non quello che ha fatto. Può darsi che il demonio le desse a credere che la sua anima ne traesse un guadagno e che servisse mirabilmente Dio. Non se ne faccia parola davanti a sua madre, della quale ho una gran pena. Come mai non mi dice in che modo abbia sopportato tutte queste cose, che cosa le diceva – avrei proprio desiderato saperlo – e se si è resa conto delle sue trame?

11. Io temo che il demonio ora susciti in loro di nuovo altre tentazioni inducendole a credere che siano malvolute e trattate male, e sarei molto contrariata se gliene dessero l’occasione. Già mi hanno scritto qui che quelli della Compagnia disapprovano che sia trattata male. Stiano molto attente.

12. In quarto luogo, non la lascino parlare con nessuno se non alla presenza di una terza persona – che sia molto avveduta – né confessarsi se non da uno Scalzo, quello che fra tutti preferirà, poiché il Vicario generale ha dato l’ordine che siano loro a confessarle, senza eccezione di nessuna. Si badi, senza darlo a vedere, che le due religiose non parlino molto fra loro. Non impongano ad esse alcuna costrizione – perché noi donne siamo deboli – finché il Signore non le avvii alla guarigione; non sarebbe male, inoltre, occuparla in qualche ufficio, purché ciò non implichi in nessun modo rapporti con chi è al di fuori del monastero, ma solo con le persone di casa. E questo perché la solitudine e lo star continuamente a pensare le farà molto male; di tanto in tanto, quindi, si trattengano con lei quelle che vedono di poterle giovare.

13. Io credo che prima della partenza del padre Nicola per Siviglia, ci vedremo – vorrei che fosse presto – e parleremo meglio di tutto. Adesso facciano quanto dico loro, per carità. In ogni caso quelle che hanno sinceramente desiderio di soffrire non devono nutrire rancore verso chi fa loro male, anzi, più amore. Da questo vedranno se il tempo della croce è stato loro di profitto. Spero in nostro Signore che presto si rimedierà a tutto e che la casa tornerà a essere quella di prima e anche meglio, perché Sua Maestà dà sempre cento per uno.

14. Badi che torno a pregarla vivamente che in nessun modo si parli più fra loro di quanto è avvenuto, perché non può venirne alcun bene e molto male. Per l’avvenire bisogna procedere con grande prudenza, perché, come ho detto, ho paura che il demonio renda un cattivo servizio a quella poveretta di Beatrice (ché per l’altra nutro meno timore, perché è più abile), dandole la tentazione di andarsene. Stiano bene in guardia, specialmente di notte, perché il demonio, inteso com’è a screditare i nostri monasteri, rende alle volte possibile quello che sembra impossibile.

15. Se quelle due consorelle sciogliessero il vincolo fraterno che le unisce e se ci fosse una ragione di malumore tra loro, si saprebbero più a fondo le cose e sarebbe facilitato il compito di disingannarle. Vostra reverenza vedrà, perché quanto più saranno amiche, tanto più si aiuteranno a tramare intrighi. Le preghiere possono molto, pertanto spero che il Signore le illumini. Esse mi sono causa di gran travaglio.

16. Se è loro di conforto scrivere tutto quello ch’è stato, non sarà male ai fini di prender consiglio dall’esperienza, perché per i miei peccati quella degli altri non mi serve di lezione; se, però, la storiografa è suor San Francesco, badi di non esagerare, ma dica molto semplicemente ciò ch’è avvenuto. La scrittura sia quella di mia figlia Gabriella. Vorrei scrivere a tutte, ma non mi regge la testa. Ho invocato tante benedizioni per loro. Possano sortire effetto quelle della Vergine, nostra Signora, e di tutta la Santissima Trinità.

17. Si sono guadagnate la riconoscenza dell’intero Ordine; specialmente quelle che non hanno fatto la professione hanno ben provato che sono figlie sue. Affinché lo siano sempre più, le raccomandi a Dio, e quelle che mi hanno scritto ritengano come propria questa lettera, perché, anche se indirizzata alla madre Maria di San Giuseppe e alla madre vicaria, in particolare, nella mia intenzione è per tutte.

18. Avrei voluto scrivere alla mia sorella Girolama. Le dicano da parte mia che con più ragione deve lamentare il discredito che l’allontanamento del padre Garciálvarez fa ricadere sulla casa, che non la sua sorte, perché egli è ben conosciuto a Siviglia. Quelle su cui si riversa tutto lo smacco son le povere straniere. È chiaro che, se si pensasse ch’egli è reo di qualche colpa, le religiose non potrebbero esserne esenti, ma della sua innocenza io sono sicura, perché – ripeto – la sua virtù è ben conosciuta. Quanto al resto, si libera da una gran fatica, ché, certo, quella da lui sopportata lì e ciò che tutte gli dobbiamo, non si può esprimere né ricambiare adeguatamente; solo Dio può farlo.

19. Gli dicano molte cose da parte mia; gli avrei scritto ben lungamente se avessi testa per farlo, tanto più che per lettera si dice male quello di cui vorrei parlargli. Me ne astengo, perché potrei esprimere qualche lagnanza; sapendo, infatti, altri i grandi misfatti che quelle benedette sorelle imputavano al monastero, non doveva avere molta importanza che qualche volta io ne fossi informata – visto ch’ero la persona a cui ciò dava maggiormente dolore – invece d’aspettare che vi portassero rimedio quelli che ci amano tanto poco, come tutti sanno. Infine, la verità patisce, ma non perisce; spero, quindi, che il Signore ne darà ben evidente prova.

20. Dia i miei saluti al buon Serrano; mi auguro che venga il giorno in cui potremo ricompensarlo del molto che gli dobbiamo. Al mio santo priore di Las Cuevas molti omaggi. Oh, poter stare con lui un giorno intero! Dio mi conservi tutte loro e le renda così sante come io gliene rivolgo supplica, amen. Queste consorelle hanno pianto più di me sulle loro traversie e si ricordano loro vivamente. Presto tornerò a scrivere, e l’affare che mi raccomandano della madre Maria di San Giuseppe forse sarà concluso quando giungerà la mia lettera. Ora stanno bene: non abbiano fretta, ché non v’è ragione di fare elezioni, finché non ne verrà mandato l’ordine da qui; non si pecca di negligenza nell’adoperarsi a ottenerlo.

21. Se il padre Mariano fosse lì, gli portino questa lettera, ed egli poi la restituisca, giacché, siccome credo che la mia non lo trovi a Siviglia, adesso non gli scrivo. Diano i miei saluti al padre fra Gregorio; mi auguro di vedere una sua lettera. Riguardo alla Messa non so che cosa dire; non si diano fretta. Se non ci fosse chi gliela dica, non ne facciano una questione di vita o di morte; si contentino delle domeniche finché il Signore non vi provveda: non mancherà così loro l’occasione di acquistarsi merito. Io sto discretamente.

22. Il padre Giuliano d’Avila ha sofferto dei loro travagli. Credo che se pensasse di poter giovare a liberarli da essi, ben volentieri verrebbe là. Si raccomanda molto a tutte. Dio conceda loro la forza di soffrire sempre di più, perché finora non hanno versato sangue per Lui che ha versato tutto il suo per loro, le assicuro che da queste parti non siamo rimaste oziose. Oggi è il giorno della Croce. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

23. Oh, quanto ha sofferto mio fratello dei loro travagli! Bisognava consolarlo. Lo raccomandino a Dio, ché glielo devono. Alla madre vicaria Isabella di San Girolamo dico che tutti i consigli da lei esposti nella sua lettera mi sono sembrati molto buoni e dettati da più coraggio di quanto non ne abbia la madre San Giuseppe. Mi raccomando a suor Beatrice della Madre di Dio; le dicano che mi ha molto rallegrata saperla libera ormai da tribolazioni (perché in una lettera che ho ricevuto da lei mi diceva quanto fossero grandi le pene procuratele da quest’ufficio); diano anche molti saluti a suor Giovanna della Croce.

 

287. Alla Priora e alla Comunità delle Carmelitane di Valladolid

Avila, 31 maggio 1579

Per la madre priora e per le sorelle e figlie mie del Monte Carmelo, nel monastero di Valladolid.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, madre mia, e con tutte le mie care sorelle. Voglio ricordare loro che da quando si è fondata quella casa non ho mai chiesto di ricevere una religiosa gratuitamente (per quello che mi rammento), né null’altro d’importante, ciò che non è avvenuto per gli altri monasteri. Il fatto che in uno d’essi ne siano state prese undici gratuitamente non comporta che vada peggio, anzi è quello meglio riuscito. Ora voglio loro chiedere una cosa che sono obbligata a fare per il bene dell’Ordine e per varie altre ragioni; siccome è nel loro stesso vantaggio, intendo assumerne io la cura, e loro si assumano quella di favorire me, perché sono molto preoccupata che possa andar perduto per mancanza di denaro ciò ch’è tanto importante per il servizio di Dio e per la nostra pace.

2. Dalle accluse lettere di Roma, che sono di un padre Scalzo, priore del Calvario, arrivato lì, vedranno la fretta che ci fa per avere duecento ducati. Gli Scalzi, mancando loro in questo momento un capo, non possono far nulla. Per fra Giovanni di Gesù e il priore di Pastrana – recatisi anche loro là, benché non sappia se siano arrivati – hanno potuto fare così poco che, senza quello ch’io ho dato loro, hanno portato solo centocinquanta ducati avuti da Beas. È una grande grazia di nostro Signore che in alcune delle nostre case si possa andare in aiuto a queste necessità, perché, dopo tutto, non capita che una volta nella vita.

3. Da Madrid il padre Nicola mi scrive di aver trovato una persona che, per usargli un gran riguardo, prenderà questi duecento ducati dalla dote di Suor Maria di San Giuseppe, purché dalla casa le si invii una lettera di consegna, e dice che anche se tarderà a riscuoterli, questo le basta. A me è sembrata una gran fortuna; pertanto le prego, per carità, non appena giungerà la presente, di chiamare un notaio che attesti com’ella sia professa, in maniera che l’atto sia del tutto valido (perché senza questo non si può far nulla), e d’inviarmi subito l’attestazione con la lettera di consegna. Non devono essere fatte insieme, ma ognuna scritta a parte. Vedono quindi come importi far presto.

4. Se ciò sembrasse loro molto e si chiedessero perché tutte le case non danno qualcosa, posso assicurarle che ognuna fa quanto è possibile, e quella che non può dar nulla, come questa, non dà nulla. Per questo portiamo tutte lo stesso abito, per aiutarci scambievolmente ; quello ch’è di un monastero è di tutti, e dà molto quello che dà tutto quanto può; tanto più che le spese sono tali che ne sarebbero sbalordite (la sorella Caterina di Gesù può dirlo) e, se non vi provvedono le case, io non posso guadagnare il denaro, essendo monca, e tuttavia mi costa molto di più andare in giro a raccoglierlo e a mendicare. Certo, è per me un tale tormento che solo per Dio si può sopportare.

5. A parte questo, io devo mettere ora insieme duecento ducati che ho promesso a Montoya, il canonico che ci ha dato la vita, e piaccia a Dio che siano sufficienti e che con tale somma sia tutto finito; è una gran misericordia che i denari possano contribuire a una così grande pace. Questo che ho detto, è obbligatorio. Quello che dirò è a loro discrezione, anche se mi sembra ragionevole e sarà gradito a Dio e al mondo.

6. Loro sanno bene di aver ricevuto lì senza dote suor Maria di san Giuseppe per il rispetto dovuto a suo fratello, il nostro padre Gracián. Sua madre, trovandosi in grande necessità, ne sospese l’entrata da loro fino a quando ella avesse potuto negoziare quei quattrocento ducati, a quanto mi è stato detto, giacché pensava che la carità da loro fatta al padre Gracián sarebbe stata mantenuta, e provvedere ai suoi bisogni con quel denaro che, come ho loro detto, ha ben modo d’impiegare. Pertanto non mi sorprende che le pesi rinunziarvi, ma è così buona che, malgrado tutto , non finisce di ringraziare per il bene che le è stato fatto. Per quanto riguarda i cento ducati, vostra reverenza sa bene dalla lettera del padre Gracián da me inviatale, ch’egli dice di detrarre tutto quello che sua madre ha speso per lei – che son proprio i cento ducati di cui parla lì –, pertanto la lettera di consegna dev’essere di trecento ducati.

7. Circa l’eredità della legittima, vi facciano poco assegnamento, perché tutto quello che ha proviene dalla generosità del re e non da rendite, e, una volta venuto a morte il suo segretario, resteranno senza nulla; quand’anche rimanesse qualcosa, sono tanti fratelli che non c’è da farvi assegnamento, com’ella mi ha poi scritto. Non so se ho conservato la lettera; se la troverò, gliela invierò. In conclusione la lettera di consegna dev’essere fatta almeno per trecento ducati.

8. Però dico che sarebbe bene che fosse fatta per tutti i quattrocento, perché non per questo mancherà d’inviare gli altri cento quando saranno riscossi, e anche se non li inviasse, li ha ben meritati per gli amari bocconi che ha ingoiato per suo figlio – questa e altre volte –; sono stati terribili da quando occupa la carica di visitatore, prescindendo da quel che si deve al nostro padre Gracián, così che si son prese molte religiose in quest’Ordine senza dote, a maggior ragione si deve fare qualcosa per lui.

9. Per quella che sta a Toledo, le religiose non hanno chiesto né letto né corredo né abito né alcun’altra cosa; non si è dato loro nulla. E assai volentieri avrebbero preso alle stesse condizioni l’altra sorella, se avesse voluto entrare lì, perché Dio le ha dotate di tali qualità e capacità che l’avrebbero preferita ad altre con la dote. Quanto ai rimanenti cento ducati, ripeto, facciano come sembra loro opportuno; per il resto non si può agire diversamente, perché il bisogno è grande.

10. Ciò che occorre fare, una volta che abbiano termine gli affari, è di vedere ciò che spetta a ogni casa e di restituire a quelle che abbiano dato di più il loro denaro; così si farà con la loro. Adesso aiutiamoci come possiamo. Chiedo alla madre priora che non vada perduto per causa sua ciò che quelle consorelle vorranno fare, essendo sicura ch’esse non sono meno figlie dell’Ordine delle altre che fanno quel che possono. Dio le renda così sante come io gliene rivolgo supplica, amen. La loro serva, Teresa di Gesù.

11. In ogni caso, suor Caterina di Gesù legga la presente a tutte – mi dispiacerebbe molto se si mangiasse una sola parola – e le altre lettere di Roma qui accluse.

 

288. Alla M. Maria Battista, a Valladolid

Avila, 9 giugno 1579

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza e la ricompensi, con tutte le sorelle di lì, per le buone feste di Pentecoste che mi hanno fatto passare dandomi così volentieri la lettera di consegna; è arrivata in tempo, perché il messaggero di Madrid non era ancora partito; mi si scriveva di far presto e pertanto mi è sembrata un’enorme fortuna.

2. Le assicuro che se questo denaro fosse destinato a mio esclusivo uso e consumo, non lo terrei in maggior conto. Loro hanno agito da anime generose e col vivo desiderio di compiacermi. Lo Spirito Santo glielo ripaghi. Io chiedo a Dio di dar loro assai di più, in cambio di ciò. Legga questo brano alle consorelle, a tutte le quali mi raccomando molto. Come mi hanno detto, l’ho scritto a Madrid, affinché vedano che cosa possiedono in loro.

3. Oggi ho scritto tanto ed è così tardi che qui potrò dire poco. Ciò che importa anzitutto, per carità, è che abbia cura di sé, in modo che se Dio mi conduce da quelle parti, io la trovi in buona salute; il padre fra Angelo me ne ha fatto intravedere la possibilità in una sua lettera. C’è una piccola speranza, ma si tratta d’un passaggio così rapido che non lo vorrei, perché significherebbe percorrere molte leghe per aver poi maggior pena nel lasciarla tanto presto. Mi scrive queste parole: «di aver pensato di farmi acquistar meriti confermandomi l’ordine di recarmi a Malagón, perché così guadagnerò di più che non facendo una fondazione, e, di passaggio, recarmi a consolare quei signori, che glielo chiedono». E m’invia la lettera del vescovo, dicendomi che poi vada subito a Salamanca e compri la casa. Sappia, figlia mia, che è questo ciò di cui lì hanno bisogno, e tacciono come fossero morte, il che mi obbliga ancor più a provvedervi. Guardi un po’ ora la povera vecchietta! E subito dopo a Malagón. Le assicuro che tutto ciò mi ha fatto ridere. Pensare che ho coraggio per ben di più. Dio voglia indirizzare tutto a buon fine.

4. Può darsi che prima ch’io abbia finito a Salamanca arrivi il nostro messaggio e ch’io possa venir lì con più tempo a disposizione, perché l’affare di Malagón può essere sistemato da un’altra. Non mancano sospetti – non privi d’indizi – che i frati Calzati forse hanno piacere ch’io sia molto lontana, e a sua paternità non deve dispiacere che lo sia dall’Incarnazione. Lì i bisogni dei nostri monasteri esigono tempo, e ci saranno minori occasioni di mormorazioni circa la mia partenza, che non farlo ora per una sciocchezza. Il Signore indirizzi le cose in modo ch’io possa servirlo meglio.

5. Nella lettera mi esorta a intendere ciò di cui mi parla come l’abbozzo di un quadro, perché anzitutto ne deve trattare col padre fra Pietro Fernández, fino ad allora non c’è da assumere alcuna iniziativa. Nell’acclusa lettera che scrive al signor vescovo sarà, credo, più chiaro. Egli, certo, desidera farle piacere, e davvero non sa dire di no, tanto è buono.

6. Ha approvato il collegio degli Scalzi; quello delle religiose no; non è stato lui a non volerlo, ma il fatto che fra Antonio di Gesù e il priore di La Roda hanno ritenuto che non fosse opportuno. Ne sono stata assai felice, perché ne ho rifiutato varie volte la proposta, essendoci là otto beate, e amerei piuttosto fondare quattro monasteri.

7. Il padre fra Pietro Fernández tiene molto a che non si fondino monasteri fino a quando non saremo in provincia separata, anche se ce ne dia la licenza, e ne dà buone ragioni – me lo ha scritto ora – perché siccome il Nunzio è così suscettibile e c’è chi gli chiacchiera intorno, ce ne potrebbe venir danno. Bisogna pensare bene a tutto.

8. La faccenda di Casilda mi è dispiaciuta; ciò significa che lì non sarà dato loro nulla. Io le dico che non c’era altro da fare se non che consegnassero loro i duemila e cinquecento ducati che avevano detto, o almeno duemila. A che serve tanto chiasso? Non se n’è mai visto tanto per così poco…

 

289. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Avila, 10 giugno 1579

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio; spero che la Pentecoste le abbia dato tanti suoi beni e doni che possa con essi render servigio a Sua Maestà per il molto che gli deve, avendo egli voluto soccorrere il suo popolo con un così gravoso prezzo da parte di vostra paternità. Sia sempre lodato per tutto, perché certamente c’è di che pensare e scrivere su questa storia.

2. Anche se ignoro i particolari di come si sia conclusa, capisco che dev’essere andata molto bene; per lo meno se il Signore ci concede la nostra provincia, non deve essersi fatto mai nulla in Spagna con pari preparativi e disamina, il che fa capire come il Signore chieda agli Scalzi più di quanto immaginiamo. Piaccia a Sua Maestà di conservare per molti anni Paolo, perché ne goda e ci lavori; io lo vedrò dal cielo, se avrò meritato di andarvi.

3. Hanno già portato la quietanza di Valladolid. Sono molto contenta di mandare questo denaro. Piaccia al Signore che l’affare si concluda presto; anche se il superiore attuale è assai virtuoso, c’è bisogno di ben altro perché tutto sia sistemato come conviene, e poi egli, infine, ci è dato in prestito.

4. Da questa sua lettera, qui acclusa, vostra paternità vedrà ciò che si ordina alla povera vecchierella. In base agli indizi che trapelano, si può avere il sospetto che il desiderio cui forse s’ispirano i miei fratelli Calzati di vedermi lontana da qui è superiore alla necessità di Malagón. Ciò mi ha dato un po’ d’afflizione, ma il resto, neanche come primo impulso mi ha turbata – intendo riferirmi alla partenza per Malagón –, anche se mi duole star lì come priora, perché non sono più fatta per tale carica, e temo di sbagliare nel servizio di nostro Signore. Vostra paternità lo supplichi perché io sia sempre salda in esso; circa il resto avvenga ciò che vuole avvenire, perché quanto maggiori saranno i travagli, tanto maggiore il guadagno. Comunque, vostra paternità strappi subito questa lettera.

5. Mi è di gran gioia che vostra paternità goda di così buona salute, solo che non vorrei vederla in quel luogo con questo caldo. Oh, quale solitudine prova ogni giorno di più la mia anima nel sentirsi così lontana da vostra paternità! Anche se le sembra d’esser sempre vicina al padre Giuseppe, questa vita trascorre proprio senza alcuna gioia terrena, eppure in continua letizia. Vostra paternità non dev’esser più di questo mondo, talmente il Signore l’ha tolta da ogni occasione, dandole a piene mani di che stare in cielo. Davvero quanto più penso a questa tempesta e ai mezzi di cui si è servito nostro Signore per placarla, più ne resto sbalordita, e s’egli volesse che questi andalusi si emendassero un po’, riterrei una grazia particolare che ciò non fosse per mezzo di vostra paternità, come non le si addiceva metterli alle strette, in cui è consistito peraltro il loro bene, cosa che ho sempre desiderato. Mi ha fatto piacere ciò che mi scrive il padre Nicola a questo riguardo; pertanto invio la sua lettera a vostra paternità.

6. Tutte queste sorelle le si raccomandano vivamente. Sono molto addolorate di pensare che me ne andrò via da qui. Informerò vostra paternità degli eventi che seguiranno. Mi raccomandi molto al Signore, per carità. Certo si ricorderà delle mormorazioni che seguono a questi miei viaggi, e chi ne è l’autore. Guardi un po’ che vita! Ma questo ha poca importanza.

7. Ho scritto al padre vicario gl’inconvenienti che si oppongono al fatto di nominarmi priora, sia per non poter vivere sempre con la comunità, sia per altro. In realtà non mi darà alcuna pena andare anche in capo al mondo, se è per adempiere l’obbedienza, anzi, credo che quanto maggiore fosse lo sforzo, tanto più mi rallegrerei di fare almeno qualche piccola cosa per questo gran Dio cui devo tanto; ritengo soprattutto che lo si serva meglio quando lo si fa solo per obbedienza; col mio Paolo, per eseguire qualunque cosa con gioia, mi bastava di render contento lui. Potrei dire molte cose che mi farebbero piacere, ma ho paura delle lettere, specialmente per quello che riguarda l’anima.

8. Affinché vostra paternità abbia qualche motivo di risa, le mando queste strofette inviatemi dall’Incarnazione; in verità ci sarebbe piuttosto da piangere per la situazione di quella casa, ma le povere consorelle cercano di distrarsi. Sarà un gran dolore per loro vedermi partire da qui, perché hanno ancora la speranza, e io la condivido, che potrà portar riparo a quella casa.

9. Assai di buon grado le sorelle di Valladolid hanno dato i duecento ducati, e così anche la priora, che se non li avesse avuti, li avrebbe cercati; pertanto invia la quietanza di tutti i quattrocento. L’ho apprezzato molto, perché è davvero una risparmiatrice per la sua casa, ma io le avevo scritto una tale lettera!

10. Mi ha divertito vedere come la signora donna Giovanna la conosca – ne sono rimasta stupita –; mi scrive che le fa un po’ paura, perché ha dato il denaro senza dirglielo; e veramente, per quel che riguarda suor Maria di S. Giuseppe, l’ho vista sempre dimostrarle molto affetto, il che, in conclusione, rivela quello che ha per vostra paternità. Dio la conservi, padre mio, amen, amen.

11. I miei ossequi al padre rettore come anche al padre che mi ha scritto l’altro giorno. Ieri è stato l’ultimo giorno di Pentecoste. La mia non è ancora arrivata. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

290. Alla Madre Ines di Gesù (?), a Medina del Campo

Avila, giugno 1579 (?)

Non so che cosa faccia questa povera vecchia perché non mi lascino in pace e vogliano che vada a Malagón. All’Incarnazione dispiace molto ch’io me ne vada da questa città, perché nutrono la speranza di vedermi ancora lì.

 

291. Alla M. Anna dell’Incarnazione, a Salamanca

Avila, 18 giugno 1579

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza. Oggi, giorno del Corpus Domini, il padre vicario fra Angelo mi ha mandato l’acclusa lettera per vostra reverenza e l’ordine espresso di recarmi alla sua casa. Piaccia a Dio che non sia una trama di vostra reverenza, perché mi hanno detto che glielo ha chiesto il signor don Luigi Manrique. Comunque, se ciò mi offre la possibilità di fare qualcosa che giovi al suo riposo, lo farò ben volentieri e vorrei che fosse subito. Ma sua paternità mi ordina di recarmi anzitutto a Valladolid. Non deve aver potuto fare altrimenti, perché io, certo, non vi ho contribuito, anzi ho fatto quanto da parte mia ho potuto per non andarvi (questo lo dico solo per lei), perché mi sembrava che in questo momento si potesse evitare, ma chi fa le veci di Dio capisce meglio ciò che conviene.

2. Sua paternità mi dice di restar lì poco tempo, ma, per poco che sia, sarà tutto il mese che viene, e piaccia a Dio che ciò basti. Ritengo, però, che per quanto riguarda gli affari di là non abbia molta importanza tale ritardo. Bisogna che vostra reverenza tenga la notizia segreta, a causa di Pietro de la Banda, che subito ci farebbe morire con i suoi contratti, mentre ciò che più conviene è non farne alcuno. Se ci sarà necessità di qualcosa, vostra reverenza mi può scrivere a Valladolid.

3. Le lettere non sono arrivate, ma il padre dello studente va in giro a cercarlo. Vostra reverenza non stia in pena; io ora vado vicino al luogo dove sta il padre Baldassarre Alvarez. Mi dicono che il vescovo della sua città è ormai guarito, cosa di cui sono stata felice.

4. Dica a suor Isabella di Gesù che sono molto afflitta per il suo male. Alla priora di Segovia dica che ho scritto perché dica al signor Andrea de Jimena di venire qui al più presto, se vuole parlarmi; non so che cosa farà. Il padre vicario mi dice che mi dà la licenza per trattare accordi; mi auguro che non manchi di venire; non ci guasteremo, con il favore del Signore, perché ho vivo desiderio di servirlo e di compiacerlo.

5. Alla mia Isabella di Gesù dica anche che non vorrei trovarla debole; le desidero la salute del corpo, perché di quella dell’anima sono soddisfatta; vostra reverenza glielo dica; il messaggero che porta la presente sta aspettando e non posso, quindi, scrivere di più, tranne che Dio la protegga e che lei mi raccomandi a tutte. Oggi è il giorno del Corpus Domini, e io sono la serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

292. Alla M. Maria Battista, a Valladolid

Avila, 21 giugno 1579

1. Gesù sia con vostra reverenza. Per quanta fretta io mi dia a sbrigare quest’uomo, è tardi, essendo giorno di Messa, ed essendomi anche trattenuta un poco con il padre Nicola, appena arrivato, della cui visita mi sono molto rallegrata.

2. Invio subito la sua lettera al nostro padre vicario, e io scrivo a sua paternità i vantaggi evidenti o le ragioni perché dia la licenza, e gli dico com’è avvenuto che non sia stata presa lì Anna di Gesù. Si renda conto che ho sempre paura dell’abbondanza di denaro, anche se di quella giovinetta mi dica tali cose che sembra ci sia mandata da Dio. Piaccia a Lui che sia per il suo servizio, amen. Le dia molti saluti da parte mia e le dica che mi rallegro di doverla vedere assai presto. La malattia della signora donna Maria mi ha dato viva pena. Dio le conceda la salute di cui io lo supplico, perché non c’è dubbio che quando sono senza di lei vedo di amarla teneramente.

3. Deve sapere che il giorno del Corpus Domini il nostro padre vicario mi ha inviato l’ordine di recarmi costì, con tante minacce di censure in caso di ribellione, che si compie perfettamente la volontà del signor vescovo circa la richiesta da lui rivolta in proposito a sua paternità. Pertanto, da ciò che capisco, partirò da qui un giorno o due dopo la festa di san Giovanni.

4. Per carità, mi spedisca a Medina una lettera che le manderà il nostro padre vicario, essendo necessario ch’io la legga lì, e dica alle consorelle che non mi facciano il chiasso di quei loro ricevimenti: lo stesso chiedo a vostra reverenza, perché le assicuro che mi mortificano invece di farmi piacere. È proprio la verità, io mi struggo in me stessa nel vedere quanto ciò avvenga senza alcun merito mio, e, maggiore è la festa, più me ne affliggo. Badino, quindi, a non fare nulla di speciale, se non vogliono mortificarmi grandemente.

5. Alle altre cose di cui mi scrive non rispondo, perché la vedrò presto, con il favore del Signore; a Medina, infatti, non resterò che tre o quattro giorni, visto che ci ritornerò andando a Salamanca, come mi ordina il nostro padre vicario, il quale vuole che mi trattenga poco lì.

6. Faccia sapere alla signora donna Maria e al signor vescovo tutto questo; essi hanno ragione di rallegrarsi che questa carica sia affidata a nostro padre, il quale, naturalmente, desidera compiacere le loro signorie; pertanto ha troncato tutti gli ostacoli che si frapponevano al mio viaggio – non erano certo pochi –, e anche vostra reverenza vede soddisfatto il suo desiderio. Dio le perdoni. Lo preghi perché la mia venuta serva a non farla essere così ostinata nei suoi voleri. Io lo ritengo impossibile, ma Dio può tutto. Sua Maestà la renda così buona come io gliene rivolgo supplica, amen.

7. Ancora non ho dato i suoi saluti alle consorelle. Per l’affare di Casilda non si tratti di nulla finché io non venga; quando sapremo ciò che fa sua madre, ne informeremo sua paternità. Poiché le sue febbri terzane sono senza complicazioni, non c’è motivo di essere in pena. Me la saluti con tutte le altre. Oggi è la domenica nell’ottava del Corpus Domini. Quest’uomo è arrivato alle cinque del mattino; lo abbiamo congedato oggi stesso alle dodici, poco fa. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

293. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Avila, 24 giugno 1579

Autografo e originale: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre Maria di San Giuseppe, nel monastero di Siviglia delle Carmelitane scalze.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Non so come tacciano così a lungo, mentre io vorrei avere loro notizie ogni momento. Le assicuro ch’io non taccio nei riguardi della vostra casa.

2. Sappia che c’è qui il padre Nicola, ch’è ormai priore di Pastrana. È venuto a vedermi e la sua visita mi è stata di grandissima consolazione; ho lodato nostro Signore di aver dato al nostro Ordine un uomo tale, di tanta virtù. Sembra che Sua Maestà l’abbia scelto per servirsene come rimedio della vostra casa, a giudicare dall’impegno che vi ha posto e dalla pena che se ne dà. Lo raccomandino molto a nostro Signore, perché glielo devono.

3. Quanto a vostra reverenza, figlia mia, lasci perdere ora sciocche idee di perfezione nel rifiutare d’essere nuovamente priora. Lo stiamo desiderando tutte, ci adoperiamo per ottenerlo, e lei se ne viene fuori con puerilità, giacché non conviene loro altro nome! Questa non è cosa che spetta a vostra reverenza, ma a tutto l’Ordine; è così necessaria al servizio di Dio ch’io vorrei che fosse già fatta, sia per l’onore di cotesta casa, sia per quello del nostro padre Gracián. E anche se vostra reverenza non avesse alcuna capacità per quest’ufficio, non converrebbe fare altrimenti, tanto più che, in mancanza di uomini adatti…, come si dice.

4. Se Dio ci farà questa grazia, vostra reverenza taccia e obbedisca. Non dica una parola; badi che in caso contrario mi farà irritare profondamente. Basta quanto ha detto per farci capire che non lo desidera, e, in verità, per chi l’ha provato, non c’è bisogno di dir nulla perché si capisca ch’è una croce pesante. Dio l’aiuterà, visto che la tempesta è cessata per il momento.

5. Desidererei molto sapere se quelle religiose riconoscono la loro colpa o se contestano qualcosa, – perché mi angustia pensare allo stato delle loro anime – e anche come stanno. Per carità, m’informi a lungo di tutto; se manda le lettere a Rocco de Huerta, per il tramite dell’arcivescovo, egli me le farà avere dove sarò; suor Isabella di san Paolo le scriverà adesso quello che avviene qui, perché io non ne ho il tempo.

6. Dia molti saluti alla mia figlia Bianca, della quale sono assai contenta, e molto obbligata sono a suo padre e a sua madre per come si sono adoperati in favore di vostra reverenza. Li ringrazi da parte mia. Le assicuro che quanto è accaduto nella vostra casa, è una storia che mi lascia stupefatta, e desidero che mi si scriva tutto con chiarezza e verità; per ora mi dicano assai particolareggiatamente come vanno quelle due sorelle, le quali, ripeto, mi destano viva preoccupazione.

7. A tutte dia molti saluti da parte mia; alla madre vicaria dica di ritenere questa lettera per sua. Mi raccomando molto, inoltre, alla mia Gabriella. Quanto a suor San Francesco, non riesco a capire come si sia comportata in queste faccende.

8. Ora mi chiamano per il padre Nicola, e domani parto per Valladolid – avendo ricevuto ordine dal nostro padre vicario di andare subito là –, e da lì mi recherò a Salamanca. Andare a Valladolid non sarebbe proprio necessario, ma gliel’hanno chiesto la signora donna Maria e il vescovo. A Salamanca è indispensabile, perché le religiose stanno in una casa assai malsana e passano molti guai da parte di chi gliel’ha venduta, che rende loro talmente dura la vita con continue provocazioni, oltre quello che hanno dovuto sopportare e devono sopportare ogni giorno da lui, ch’è troppo. Supplichino nostro Signore che se ne possa comprare una buona e a buon mercato. Che Sua Maestà me la conservi, figlia mia, e mi conceda di rivederla prima di morire. Oggi è il 24 giugno.

9. Parto domani. Sono così occupata che non posso scrivere alle mie figlie né dire di più. Mi faccia sapere se hanno ricevuto una mia lettera. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

294. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Valladolid, 7 luglio 1579

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Io sono arrivata qui, a Valladolid, da quattro giorni, in buona salute, grazie a Dio, e senza alcuna stanchezza, perché faceva un bel fresco. Sono oltremodo sorpresa per la festa che mi hanno fatto queste religiose e questi signori, non so perché. Tutte si raccomandano alle orazioni di vostra paternità e la priora di qui dice di non scriverle perché, siccome è tanto ciarliera, non può parlare con i muti. Ho trovato la mia Maria di S. Giuseppe molto bene e contenta, come tutte le consorelle lo sono di lei. Sono stata felice di vederla e di vedere come vanno bene queste case, specie se considero la povertà in cui sono state fondate. Che il Signore sia lodato per sempre.

2. Ha preso ora l’abito qui una postulante di grandi qualità e capacità. I suoi beni possono esser valutati a ventimila ducati, ma riteniamo che lascerà poco alla casa, in confronto a quel che potrebbe fare, perché è molto attaccata alle sue sorelle. Ciò nonostante, sarà sempre una cifra ragionevole, e con quel che la priora ha messo insieme, le mancherà poco per avere una rendita sufficiente; tutti, infatti, vogliono che ne abbia una.

3. Quanto alla partenza di Paolo per Roma è un’assurdità, di cui non c’è neanche da parlare né lasciar che ci passi perla mente. Ma io temo che, se è eletto Provinciale, dovrà andare per forza al Capitolo generale, perché in ciò che riguarda il Consiglio questo padre è assai risoluto né dà spiegazioni di sorta. Non bisogna parlarne, ma solo lodare il Signore che ha condotto gli affari in modo che ciò non sia necessario. Non ci mancherebbe che quest’altro guaio come rimedio di quelli passati! Vorrei che nemmeno per un momento quest’idea sfiorasse la mente di vostra paternità.

4. Il padre Nicola è rimasto con me ad Avila tre o quattro giorni. Mi è stato di gran consolazione vedere che vostra paternità ha ora qualcuno con cui può trattare gli affari dell’Ordine, che possa esserle d’aiuto e che sia di mia soddisfazione; mi dava, infatti, molta pena saperla così solo in quest’Ordine per tutto ciò ch’esso richiede. Mi è sembrato, in verità, saggio, di buon consiglio e servo di Dio, anche se manca di quella grazia e di quella gran dolcezza di cui Dio ha dotato Paolo – son pochi, del resto, quelli a cui dà insieme tante qualità –, ma certamente è un uomo maturo, molto umile, penitente, sincero, e che sa accattivarsi affetto; egli si renderà perfettamente conto del valore di Paolo ed è ben deciso ad assecondarlo in tutto, il che mi ha reso assai contenta; se Paolo, infatti, s’intende bene con lui, come credo che farà, non foss’altro per contentare me, sarà di gran profitto che siano sempre dello stesso parere, e per me di enorme sollievo, perché ogni volta che penso a quel che vostra paternità ha sofferto nel sopportare coloro che avrebbero dovuto aiutarla, considero questa come una delle sue più grandi prove. Pertanto, padre mio, non lo eviti, perché, o io m’inganno completamente, o ci sarà di grande utilità per molte cose. Abbiamo parlato di esse e fatto vari progetti. Piaccia al Signore che venga il momento di poterli porre in esecuzione, e mettere bene in ordine questo gregge della Vergine che costa tanto a Paolo.

5. Rendo lode a nostro Signore della buona salute di vostra paternità. Per carità, le chiedo come una grazia di restare ad Alcalá il meno possibile, finché fa questo caldo. Io non so quanto mi fermerò qui, perché sono preoccupata per l’affare di Salamanca, anche se qui, per quanto riguarda il mio piacere, mi trovo bene (supposto ch’io possa dire sinceramente che ci sia qualche luogo ove non mi piaccia stare); pertanto credo che farò il possibile per non restarvi oltre il corrente mese, affinché non capiti la disgrazia che salti fuori qualcuno per l’acquisto della casa offertaci a Salamanca, che va benissimo, benché sia cara, ma Dio vi provvederà.

6. Non ho mai voluto comunicare a vostra paternità quanto sia insopportabile la figlia del licenziato Godoy, che sta ad Alba, per non darle pena. Io ho fatto quanto ho potuto perché si cerchi di prenderla in tutti i modi per il suo verso, ma non c’è niente da fare: siccome manca d’intelligenza, non arriva a ragionare, e dev’essere piena di malumore, perché erompe in grandi grida. Dice che ciò è dovuto al mal di cuore; io non lo credo.

7. Avevo domandato alla priora che mi scrivesse alcune delle molte cose che mi dice di lei, per mostrare la lettera al licenziato, ed ella mi ha inviato quella che le accludo; poi, però, mi è sembrato preferibile che non la veda e che solo capisca senza bisogno di tanti preamboli che non è fatta per star qui. Ciò mi dà molta pena, perché gli dobbiamo tanto, ma in nessun luogo si potrà sopportarla.

8. Adesso andrò lì e mi renderò conto di tutto. Credo, peraltro, che non servirà a molto, perché le cose che mi hanno scritto sono proprie di chi non ha l’uso della ragione; siccome teme suo padre, dove starà meglio che presso di lui. Ancora non l’ho visto. In una lettera che mi ha scritto ad Avila, mi chiede di tenerla lì finché egli trovi un altro espediente per aiutarla. E così faremo. Ho sempre temuto di prenderla, per il molto che avrei sofferto nel vederla andar via. Si è fatto ormai tutto quello che si è potuto. Piaccia a Dio ch’egli se ne renda conto.

9. Molti rispetti al padre fra Bartolomeo. Sono stata assai contenta della sua lettera; che non si stanchi di farmi questa carità, perché io, invece, sono ora così stanca delle visite di tutte le signore che vengono a vedermi, da non potergli scrivere. Ieri sono stata con la contessa di Osorno. Il vescovo di Palencia è qui. Vostra paternità e tutti noi gli dobbiamo molto.

10. Mi raccomando al padre rettore. Il Signore protegga vostra paternità e la conservi nella santità di cui io lo supplico. Oggi è il 7 luglio. La vera figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

295. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Valladolid, 18 luglio 1579

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Dopo che le avevo scritto è venuto qui il licenziato Godoy, circostanza che mi è parsa molto opportuna. Abbiamo parlato assai lungamente di quanto riguarda la sua religiosa. Dio ha voluto che se la prendano in un monastero di Bernardine – credo a Valderas – e pertanto siamo rimasti d’accordo che quando andrò ad Alba m’informerò di tutto, e se ancora mi sembra che non possiamo tenerla, egli la condurrà in quest’altro monastero.

2. Me ne sono assai rallegrata, perché avevo una gran pena; in base alle mie informazioni capisco ch’è meglio che se ne vada, anzi è inevitabile, affinché, aspettando di più, non debba perdere l’occasione che ora le si presenta. Il padre sopporta la prova proprio da buon cristiano. L’indomani ha avuto un forte attacco di febbri terzane; anche se sono benigne, ne è angosciato. Vostra paternità lo raccomandi a Dio.

3. Sappia che l’abate di qui è molto amico del signor vescovo di Palencia; io gli ho anche parlato: è assai ben disposto verso di me, e c’è già un altro vicario. Se Dio ce ne dà i mezzi, possiamo ritenere sicura l’autorizzazione per S. Alessio. La priora sta male; è venuta qui, ben salda nel suo proposito. Ormai, giunta agli estremi, lascia il licenziato Godoy come esecutore testamentario con solide basi circa gli affari che ha trattato. Sua Maestà si adoperi per la loro riuscita com’è in suo potere: io lo desidero vivamente.

4. Mia sorella Maria di S. Giuseppe sta bene ed è assai amata da tutte; è una piccola santa. Casilda anche. Tutte si raccomandano molto alle preghiere di vostra reverenza; la madre priora, poi, moltissimo. Io sto discretamente e qui mi trovo bene. Farò comunque quanto è possibile per partire presto, preoccupata come sono dell’affare di Salamanca; tuttavia mi fermerò oltre il mese.

5. Voglio raccontarle una tentazione che mi è venuta ieri, e ancora mi dura, riguardo ad Eliseo, sembrandomi che qualche volta trascuri di dirmi interamente la verità su tutto; vedo bene che saranno cose di poca importanza, ma vorrei che procedesse con molta attenzione a questo riguardo. Per carità, vostra paternità lo preghi vivamente da parte mia, perché non capisco come possa esserci assoluta perfezione quando abbia luogo tale negligenza. Guardi un po’ di cosa m’ingerisco, come se non avessi altre cure.

6. Vostra paternità abbia quella di raccomandarmi a Dio, perché ne ho molto bisogno. Resti con Lui; avendo scritto a vari altri luoghi, sono stanca. Oggi è il 18 luglio. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

7. I miei saluti al padre rettore e al padre fra Bartolomeo; la prego, inoltre, di scrivermi come se la passa vostra paternità con questi calori.

 

296. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Valladolid, 22 luglio 1579

Autografo: Biblioteca del Palazzo reale, Madrid

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. E con quanta ragione la posso chiamare così! Se, infatti, già l’amavo molto, il mio affetto è ora talmente aumentato che ne sono stupita; ho, quindi, gran desiderio di vederla e di abbracciarla. Sia lodato Dio, da cui viene ogni bene, per aver fatto uscire vostra reverenza da una così accanita battaglia con la vittoria. Io non l’attribuisco alla sua virtù, ma alle molte preghiere che si sono fatte qui, nei nostri monasteri, per il conseguimento di essa. Piaccia a Sua Maestà che siamo degne di rendergli grazie per il dono che ci ha concesso.

2. Il padre Provinciale mi ha mandato le lettere delle consorelle, e il padre Nicola la sua; da ciò ho visto che vostra reverenza è ormai ritornata al suo ufficio, il che mi ha dato un’enorme consolazione, perché qualunque altra cosa non sarebbe riuscita ad acquietare le anime. Vostra reverenza abbia pazienza. Poiché il Signore le ha dato un così grande desiderio di soffrire, si rallegri di realizzarlo in questo modo, perché mi rendo ben conto che non è tormento da poco. Ma se dovessimo sceglierci quelli che vogliamo e rifiutare gli altri, non sarebbe imitare il nostro Sposo, che tra le vive sofferenze della sua Passione, nell’orazione dell’orto concludeva: «Fiat voluntas tua». Dobbiamo sempre compiere questa volontà; faccia Egli di noi quel che vuole.

3. Ho chiesto al padre Nicola di dare a vostra reverenza gli avvisi che ritenga utili, perché egli è molto avveduto e la conosce; pertanto mi rimetto a ciò che sua reverenza le scriverà. Le domando solo di procurare che si tengano i minori rapporti possibili con chi non appartenga ai nostri Scalzi (intendo dire ai fini d’una direzione spirituale, sia per le religiose di lì, sia per vostra reverenza); non si preoccupino molto se a volte verranno loro a mancare; se le comunioni non sono troppo frequenti, non se ne curino, perché ciò che importa di più è non trovarci in un altro frangente come quello passato. Quanto ai religiosi, se qualcuna a volte vuole cambiarli, non glielo impedisca. Ho così poco tempo che non credevo neanche di poterle scrivere.

4. Mi raccomando assai vivamente a tutte le consorelle; le ringrazi da parte mia del lodevole modo in cui si sono comportate. Sono loro grata anche che siano riuscite a procurarmi gioia. La Vergine le ricompensi; me le benedica e le renda sante.

5. Credo che non potranno evitare di prendere la figlia maggiore di Enrico Freire, perché gli dobbiamo molto. A questo riguardo si regoli secondo quanto le dirà il padre Nicola, al quale io mi rimetto. La più piccola per ora non ci conviene assolutamente, sia per l’età sia perché in nessun monastero stanno bene tre sorelle riunite, tanto più nei nostri che ne annoverano così poche. Cerchi di guadagnar tempo, dicendo che la mancata accettazione è dovuta all’età; non faccia loro perdere animo.

6. Se potrà cominciare a rimborsare mio fratello, tenga presente che ne ha bisogno, perché ha dovuto affrontare molte spese tutte insieme; lei sa bene che gli è molto obbligata. Oh, quanto ha sofferto dei suoi travagli! Dio le conceda il respiro di cui ha bisogno per poterlo contentare. Mi scriva a lungo di tutto, specialmente di quelle due poverine che mi sono causa di gran preoccupazione. Si mostri cortese con loro e cerchi con tutti i mezzi che le sembreranno adatti, di vedere se riesce a ricondurle alla ragione. Io partirò da qui il giorno dopo S. Anna, se Dio vuole. Resterò a Salamanca per alcuni giorni. Le loro lettere, indirizzate a Rocco de Huerta, possono raggiungermi lì. Tutte le consorelle di qui si raccomandano vivamente a lei e alle altre sue figlie. Ad esse loro devono molto.

7. Questi monasteri sono tali che c’è da rendere lode al Signore di tutto. Raccomandino a Sua Maestà l’affare di Malagón e quello per cui mi reco a Salamanca, e non dimentichino tutti coloro a cui dobbiamo aiuto, specialmente quello avuto in questi ultimi tempi. Oggi è il giorno della Maddalena.

8. Le occupazioni, qui, sono tante che ancora non so come ho potuto scrivere questa lettera; l’ho fatto a più riprese, e per questa ragione non scrivo al padre fra Gregorio, come pensavo di fare. Gli scriva lei molte cose da parte mia, gli dica che sono contenta che gli sia toccata tanta parte in questa guerra, della quale gli toccherà anche parte del bottino. Mi dica come sta il nostro buon padre il priore di Las Cuevas, affinché veda come scrivergli di questi affari. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

297. A don Teutonio de Braganza, ad Evora

Valladolid, 22 luglio 1579

Autografo: Carmelitane Scalze di Murcia

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con la vostra signoria illustrissima, amen. La settimana passata le ho scritto a lungo e le ho inviato il mio libricino; pertanto non mi dilungherò in questa, ch’è dovuta solo al fatto d’essermi dimenticata di supplicare vostra signoria di far stampare con quel libro la vita del nostro padre sant’Alberto, acclusa allo stesso in un fascicolo. Sarà, infatti, per tutte noi di gran consolazione, perché non esiste che in latino, testo da cui l’ha tradotta per amor mio un padre dell’Ordine di san Domenico, uno dei buoni teologi che sono qui e gran servo di Dio; non pensando che dovesse essere stampata, non ha l’autorizzazione del suo provinciale, né l’ha chiesta, ma se vostra signoria ne è soddisfatto e dà l’ordine di stamparla, ciò credo che abbia poca importanza.

2. Lì, nella lettera di cui le parlo, informo vostra signoria di quanto vadano bene i nostri affari e di come mi abbiano ordinato la partenza da qui per recarmi a Salamanca, dove penso di restare alcuni giorni. Da lì scriverò a vostra signoria.

3. Per amor di nostro Signore, vostra signoria non tralasci di darmi notizie della sua salute – non foss’altro a conforto della solitudine in cui mi sentirò per il fatto di non trovarla in quella città – e mi faccia sapere se c’è laggiù qualche speranza di pace, perché sono molto afflitta di ciò che sento dire qui, come le ho scritto. Se, infatti, per i miei peccati, questo affare conduce alla guerra, temo ne derivi un grosso disastro per quel regno, né può evitarsi che ne venga gran danno anche al nostro.

4. Mi dicono ch’è il duca di Braganza a fomentare la guerra e il fatto ch’egli è parente di vostra signoria mi duole fino in fondo all’anima, prescindendo da tutte le altre ragioni, oltre questa, per soffrirne. Per amor di nostro Signore – siccome è ovvio che lei a questo riguardo ha una parte importante nelle decisioni di sua signoria – cerchi d’indurlo a un accomodamento, poiché, a quanto mi dicono, il nostro re fa tutto il possibile per riuscire a ottenerlo, e questo giustifica molto la sua causa; si tengano presenti i gravi danni che possono venirne, come ho detto, e vostra signoria abbia cura dell’onore di Dio, come credo che farà, senza tener conto di null’altro.

5. Piaccia a Sua Maestà di mettervi le sue mani, cosa di cui noi tutte lo supplichiamo; le assicuro ch’io ne soffro così profondamente che se Dio vorrà permettere una tale calamità, desidero la morte per non vederla.

6. Ch’egli conservi vostra signoria lunghi anni nella santità di cui io lo supplico, per il bene della sua Chiesa, e le dia tanta grazia da poter appianare una situazione così pertinente al suo servizio.

7. Qui dicono tutti che il nostro re ha il diritto dalla sua parte e che ha svolto tutte le indagini possibili per accertarlo. Il Signore faccia luce perché si veda la verità, senza tante morti quante se ne avrebbero se ci si esponesse al rischio di una guerra; in tempi in cui i cristiani sono così pochi, sarebbe una grande sventura se si uccidessero a vicenda.

8. Tutte queste consorelle, serve di vostra signoria, che lei conosce, stanno bene e, a mio avviso, le loro anime sono in gran progresso. Tutte hanno cura di raccomandare vostra signoria a Dio. Io lo faccio di continuo, malgrado la mia miseria. Oggi è il giorno della Maddalena. Da questa casa della Concezione del Carmine di Valladolid. L’indegna serva e suddita di vostra signoria illustrissima, Teresa di Gesù.

 

298. A Rocco de Huerta, a Madrid

Valladolid, 23 luglio 1579

1. Gesù sia con vostra grazia. Ho ricevuto la sua lettera, e mi ha dato molta gioia il favore che mi fa scrivendomi. Le lettere recate da questo corriere sono destinate a mio fratello. Se non fosse lì, gli ho detto di rivolgersi a lei. Pertanto la supplico di aprire il plico indirizzato a lui e di togliere da esso una lettera che è per nostro padre, il maestro Gracián; procuri di sapere dove sta, se a Toledo o ad Alcalá (io penso che stia ad Alcalá); dovunque sia, vostra grazia faccia andare quest’uomo: si tratta di un affare importante e non l’ho mandato che a tal fine.

2. Per amor di Dio, vostra grazia si affretti ad avviarla a destinazione, perché, come dico, è molto importante, ed egli non può mancare d’essere a Toledo o ad Alcalá.

3. Siccome la presente non ha altro scopo, aggiungo solo l’augurio che Dio sia con lei e la protegga. Ieri è stato il giorno di Maria Maddalena. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

299. Al Padre Girolamo Gracián, ad Alcalá

Valladolid, 25 luglio 1579

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. Sono stata così occupata dopo l’arrivo del latore della presente, che ho perfino temuto di non poter scrivere queste poche righe, per non abbandonare quello ch’ero obbligata a fare.

2. La signora donna Giovanna mi scrive che vostra paternità sta male, che è coperto di eruzioni cutanee e che vorrebbero sottoporlo a salasso. Ora questo fratello mi dice che sta molto bene e si è ingrassato, il che mi ha liberato dalla pena. Dev’essere stato effetto del caldo. Io ne avevo paura. Per carità, vostra paternità cerchi di restare il meno possibile ad Alcalá. Io sto discretamente. Giovedì prossimo partirò da qui per Salamanca.

3. Sono molto contenta di vedere come nostro Signore indirizza i nostri affari. Sia per sempre lodato, e voglia ormai permettere a vostra paternità di parlare, non foss’altro perché abbia un po’ di sollievo fra tanti travagli.

4. Ho scritto due volte da qui a vostra paternità. Questa nostra sorella Maria di S. Giuseppe sta bene ed è un angelo. Qui va tutto ottimamente per le religiose e, grazie alla novizia che è entrata ora, davvero non mancheranno loro le rendite. Anche lei è un angelo ed è molto contenta. Nostro Signore sia con vostra paternità, perché la mia testa è molto stanca.

5. Le assicuro che mi vien da ridere pensando che le hanno inflitto una penitenza per farla riposare e che ha lasciato noi qui a combattere fino in fondo. Piaccia a Dio che possiamo vedere ormai la vittoria, e dia Egli salute a vostra paternità: è quanto più importa.

6. La madre priora le si raccomanda molto. Dice che non vuol scrivere finché vostra paternità non le risponda. Ha più giudizio di me. Oggi è il giorno di S. Giacomo. Di vostra paternità serva e vera figlia, Teresa di Gesù.