LA VOCAZIONE DI UN CARMELO TERESIANO CHIAMATO A VIVERE IN DIALOGO CON DIO E CON I FRATELLI!

Epistolario 2


 
101. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid
Siviglia, 9 maggio 1576
Autografo: Carmelitane Scalze di Siviglia
1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza. Oh, Dio mio, che genere di natura è la sua, adatta a indurre in tentazione! Le assicuro che devo aver molta virtù per scriverle questa lettera, e il peggio è che ho paura che qualcosa della sua natura contagerà il padre mio, il signor licenziato Padilla, poiché non mi scrive nemmeno per inviarmi un saluto, proprio come vostra reverenza. Dio li perdoni; d’altra parte io sono debitrice di tanto al signor licenziato Padilla, che, per quanto mi trascuri, non potrò io trascurare di ricordarmi dei suoi favori, e lo supplico di ritenere questa lettera come sua.
2. Quando considero l’intrico di cose in cui vostra reverenza mi ha lasciata e come dimostri di non ricordarsi di nulla, non so che pensare se non che maledetto l’uomo eccetera. Ma siccome bisogna rendere bene per male, ho voluto scrivere per far sapere a vostra reverenza che il giorno di S. Giacomo abbiamo preso possesso del monastero e che i frati sono rimasti zitti come morti. Nostro padre ha parlato a Navarro, e credo che sia lui quello che li ha fatti tacere.
3. La casa è tale che le sorelle non finiscono di renderne grazie a Dio. Sia benedetto per ogni cosa. Tutti dicono che l’abbiamo avuta gratuitamente, e assicurano anche che oggi non si potrebbe costruirla con ventimila ducati. Il posto dicono ch’è uno dei migliori di Siviglia. Il buon priore di las Cuevas è venuto qua due volte (è felicissimo della casa) e fra Bartolomeo de Aguilar una, prima della sua partenza, giacché, come ho già scritto a vostra reverenza, si recava al Capitolo. È stata una gran bella fortuna che ci sia capitata una tal casa. Per il tributo fiscale abbiamo un’aspra lite; credo che, infine, si dovrà pagarlo tutto. Mio fratello ha dovuto portarci denaro; egli sorveglia i lavori, il che mi evita una gran fatica. È stato un errore del notaio quanto riguarda il tributo fiscale. Nostro padre è felicissimo, come tutti, della casa. Il padre Soto emette gravi sentenze (è stato qui proprio ora) e dice che, siccome vostra reverenza non mi scrive, io non devo scriverle. La chiesa si fa sotto il portico; sarà molto bella. Tutto riesce alla perfezione. Questo è ciò che riguarda la casa.
4. Quanto al Tostado, è venuto ora un frate che l’ha lasciato in marzo a Barcellona, e reca una patente sua (egli è un conventuale di qui) in cui si firma come vicario Generale di tutta la Spagna. Cota è venuto ieri e sta nascosto in casa di don Girolamo, in attesa del frate Agostino Juárez, il quale, a quanto dicono, arriverà oggi. Le due prime notizie sono vere, perché io ho visto la patente e so che Cota è qui. La notizia del Provinciale si dà per certa, e dicono che viene per riprendere il suo ufficio, traendo un «Motu» del Papa di cui non c’è niente di meglio da desiderare per quello che i Calzati si propongono; anche il priore mi ha detto oggi che uno di coloro in cui essi hanno fiducia gliel’ha data per notizia sicura.
5. Sua illustrissima signoria, il nostro buon arcivescovo, il suo aiutante e il fiscale sono del parere che nostro padre si nasconda affinché non gli sia notificato nulla prima che si sappiano gli ordini dell’illustrissimo Nunzio, e questo per molte ragioni; pertanto egli se ne va lontano senza proseguire la visita e per un diverso cammino, perché non è il caso ora di visitare i Calzati, che sono eccitatissimi, Dio perdoni a chi ostacola tanto bene, anche s’io ritengo fermamente che ciò rientra nei disegni di Dio per un maggior bene. Piaccia a Sua Maestà che costoro meritino di emendarsi, non avendo alcun dubbio che gli Scalzi non abbiano a fare grande progressi, sicura che il Signore disponga tutto per il loro maggior bene. Nostro padre ha lasciato come vicario Provinciale il padre priore del Carmen, Evangelista, che sta ora aspettando questo colpo, anche s’io gli dico che a lui, non essendo il capo, non notificheranno nulla. È un uomo di coraggio, e l’aiutante è ben pronto ad aiutarlo, se accadesse qualcosa.
6. Domani il priore e il sottopriore di Los Remedios vanno a Umbrete, perché l’arcivescovo, ch’è lì, li ha mandati a chiamare. Se i Calzati non portano documenti che annullino quanto ha fatto il padre Visitatore (e non credo che li porteranno), molto sarà già fatto. Il Signore indirizzi tutto al suo servizio e liberi vostra reverenza dal canto delle sirene, come anche mio padre, il signor licenziato Padilla, di cui mio fratello bacia molte volte le mani, insieme a quelle di vostra reverenza. Io avrei infinitamente caro di averla qui, perché credo che si allieterebbe molto di vedere la nostra riuscita.
7. Noi siamo venute tre giorni prima che se ne andasse il tenente; con lui e con sua moglie siamo rimasti grandi amici. Tutti ci hanno dato da mangiare bene e ci hanno dimostrato molta cortesia. Il tenente dice che non c’è miglior casa in Siviglia, né in migliore posizione. Credo che non vi si debba soffrire il caldo. Il «patio» sembra fatto d’alcorza. Ora vi entrano tutti – perché si dice la Messa in una sala fino a che non sarà costruita la chiesa – e vedono l’intera casa; nel «patio» più interno vi sono belle stanze, dove stiamo meglio che nell’altra casa. L’orto è molto bello; la vista splendida. Ci è costata una gran fatica, ma la ritengo tutta bene spesa, perché non avrei mai pensato che fosse a tal punto una cosa ottima. La madre priora e tutte le consorelle si raccomandano molto alle orazioni di vostra reverenza e del padre mio Padilla; io, a quelle del padre Provinciale fra Angelo, del cui pronto arrivo lì mi sono stupita. Piaccia a Dio che il Capitolo torni a suo servizio, e penso che sarà così se si agisce come vostra reverenza dice. Dio la protegga, nonostante tutti i suoi errori e la renda in sommo grado santo. Oggi è il 9 maggio.
8. Vostra paternità mi faccia informare di come andranno le cose; può rendersi conto, infatti, che, non essendo qui nostro padre, non ho modo di saper nulla. Non vorrei che vostra reverenza se ne andasse da lì finché non abbia visto come va a finire tutto ciò. Le assicuro che sento molto la mancanza di vostra reverenza che è al corrente dei nostri affari; tutti qui procederemo ora con prudente considerazione e attenzione. I miei saluti al padre fra Vincenzo e auguri per la sua professione. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù, Carmelitana.
9. Oh, le menzogne che si dicono qui in giro! È cosa che fa venir meno. Proprio ora mi hanno detto che il Visitatore di quelli del panno, come li chiamano, è a Carmona e che in molti conventi gli hanno reso obbedienza. Malgrado tutto, ho paura di queste cose di Roma, perché ricordo ciò che si è passato, anche se non ritengo che siano a nostro danno, ma interamente a nostro vantaggio. I Calzati devono avere in mano qualcosa, ché non sarebbero così sciocchi da venir qui, non sapendo ancora che nostro padre è partito; essi credono che sia qui. Riceviamo molti complimenti; il quartiere esulta di gioia. Vorrei veder concluso l’affare di noi Scalzi, ma, infine, il Signore non sopporterà troppo a lungo questi altri; dovranno pur avere fine tante avversità.
 
102. Alla M. Anna di Gesù, a Beas
Siviglia, metà giugno 1576
Pensi che cosa sentirebbe nel vedere un così gran prelato inginocchiato davanti a questa povera donnetta, deciso a non alzarsi finché ella non gli desse la benedizione, in presenza di tutte le religiose e confraternite di Siviglia.
 
103. Al P. Girolamo Gracián, a Siviglia
Malagón, 15 giugno 1576
Autografo framm.: Carmelitane Maravillas, Madrid, Carmelitane Scalze di Iriepal (Guadalajara)
1. La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Mi sono molto rallegrata che mi si offra oggi l’opportunità di questo mulattiere, per avere la serenità di poterle scrivere servendomi come corriere di una persona così sicura, perché le dirà che il pensiero di saperla a Siviglia e della fretta che si son dati per farvela ritornare, mi è causa di grande angoscia; ritengo che per non sentirmi così, il mezzo migliore sarebbe l’esser lì presente; quando, infatti, considero che solo di tanto in tanto avrò notizie di vostra paternità, non so come potrò sopportarlo. Dio vi ponga rimedio e mi faccia la somma grazia di vederla libera da tale gente.
2. Io non so perché lì vogliano infliggere pene a vostra paternità e a tutti gli altri, quando, in materia di scomuniche, bastavano il padre Mariano e il padre priore. Non mi resta altro conforto tranne quello di sapere che il dottor Arganda è con lei. Gli dia i miei più vivi ossequi; desidererei molto poterlo rivedere; non dimentichi dirgli che lo supplico di non nutrir troppa fiducia nell’idea che quella gente rinunzierà a perseguire la sua libertà, sia pure a prezzo della vita di qualcuno; è quel che dicono di fare se vostra paternità torna da loro. Anche nel caso che non giungano a tanto, è sempre bene prevenire quanto può accadere, trovandosi fra gente così faziosa.
3. Sappia, padre mio, che sono rimasta assai soddisfatta di lei il giorno in cui l’ho vista e che mai mi rammaricherò del fatto che non sia stato presente alle assurdità che si sono viste lì, perché non ne avrebbero fatte meno, a tutto danno della dignità del suo ufficio e della sua persona.
4. Desidero vivamente di sapere se sta bene, dopo esser tornato a fare un viaggio così lungo. Per amore di nostro Signore, vostra paternità procuri di scrivermi al più presto e di trovare qualche via per l’invio delle lettere (questa, infatti, è un’altra pena, la consapevolezza della cattiva organizzazione di Avila per aver notizie di vostra paternità tranne che non sia di tanto in tanto); le lettere dovranno seguire la via di Madrid o di Segovia e, qualche volta, di Toledo. Guardi un po’ che giro, di fronte alle necessità in cui ora ci troviamo, a causa delle quali mi sembrava un lungo tempo restare qualche ora senza notizie di vostra paternità. Giacché ora sa questo, non curarsene sarebbe una grande crudeltà: anche se non può scrivermi a lungo, almeno ch’io possa avere notizie della sua salute. Il Signore gliela conceda così buona come ne ha bisogno l’Ordine.
5. Mi faccia sapere l’andamento degli affari e se vostra paternità si è rallegrato di vedere com’è perfetta la casa di S. Giuseppe e di sapere quale fama le sia venuta dalla festa che si è celebrata. Ho visto subito che, essendo sistemata in modo da offrire un po’ di riposo, Dio non mi avrebbe lasciato lì. Sia benedetto per sempre. Qui il monastero è molto in disordine: venendo da quella casa, mi è sembrato anche peggio.
6. La madre priora sta meglio, anche se non del tutto bene; la sua malattia mi dà molta pena e me ne darebbe ancor più se non avessi la speranza della sua guarigione, perché qualora il suo male la mettesse in pericolo, noi perderemmo in lei il miglior soggetto dell’Ordine. Infatti dei difetti che aveva si è ormai così ravveduta, a quanto dice, che non potrà più agire senza riflessione. Le voglio molto bene e quel che m’impegna maggiormente ad amarla è vedere quanto ella ami vostra paternità e la preoccupazione che ha della sua salute. Non dimentichi di raccomandarla grandemente a Dio; questa casa sarebbe perduta, per così dire, senza di lei.
7. Ho mandato subito un corriere a donna Luisa; sto aspettandola e sono decisa, se non fa le cose bene, ad adoperarmi perché trasferisca le religiose alla sua casa di Paracuellos, fino a quando non si faccia questa; si trova a tre leghe da Madrid e due da Alcalá, a quanto credo, ed è un posto molto sano, tanto ch’io avrei desiderato che fondasse lì il monastero, ma non ha mai voluto. Preferirei di gran lunga che le religiose non andassero via da qui, visto che ci sono, perché è un paese di molto transito, ma se non si può fare altrimenti, piaccia a Dio che donna Luisa accetti questa soluzione e che vostra paternità la ritenga ben fatta; anzi, io non aspetterò altra sua autorizzazione, persuasa come sono che l’avremo sicuramente, non potendosi far nulla di meglio; disfare il monastero, come quello di Pastrana, non è assolutamente tollerabile. Infine, se in questo nostro incontro la risposta di donna Luisa non sarà favorevole, andrò a Toledo perché le parlino – appoggiando la mia proposta – alcune persone, e non partirò da lì finché in un modo o in un altro non si sistemi la cosa. Vostra paternità non se ne dia pena.
8. Sono arrivata bene, giacché l’abbiamo indovinata a compiere il percorso così anziché con i carri, per il fatto che viaggiavo all’ora che volevo, oggetto di tutte le cure da parte di mio fratello, il quale le bacia devotamente le mani; anche lui è arrivato bene e gode buona salute; è un uomo assai buono. Se acconsentisse a lasciarmi a Toledo e ad andarsene fino a che le difficoltà si siano appianate! Lì avrei anche più frequenti notizie di vostra paternità, ma non c’è modo di persuaderlo. Teresa è venuta con noi rallegrandoci durante tutto il viaggio: non ci è stata di alcun fastidio.
9. Oh, padre mio, che cosa tremenda mi è capitata! Mentre stavamo sull’aia (e ci ritenevamo ben fortunati d’averla trovata), vicino a un albergo dove non potevamo entrare, un grosso rettile o una lucertola mi è salita per il braccio fra la tonaca e la carne, ed è stata misericordia di Dio se non si è infiltrata in altra parte, perché credo che ne sarei morta, tale è stata la mia impressione, anche se mio fratello l’ha afferrata subito, e nel gettarla via l’ha fatta cadere sulla bocca di Antonio Ruiz; egli ci è stato di molto aiuto nel viaggio, come Diego; in ricompensa gli dia fin d’ora l’abito perché è angelico. Mi sembra che abbia condotto da noi una religiosa, ch’io preferisco di gran lunga a quella Caterina che dovrei portarmi via da qui. Sembra che stia meglio, ma quest’ansia di partire le rovina del tutto la salute. Vostra paternità  può essere ben certo ch’era in questo stato quando ha compiuto quella bell’azione. Dice che l’ha fatto per rendere più onore all’Ordine.
10. La madre priora si raccomanda vivamente a vostra paternità. Dice che non le scrive per non stancarla. Ora si alza, ma, amante com’è d’occuparsi di tutto e meticolosa in estremo, questo le sarà d’impedimento per una rapida guarigione. Quando vostra paternità andrà alla nostra casa, mi abbia particolare cura di San Gabriele, che ho lasciato molto afflitta: è un angelo di semplicità, ha una grande spiritualità, e le devo molto.
11. Vostra paternità ordini che in parlatorio non si dia da mangiare ad alcuno, per nessuna ragione: ciò disturba molto le religiose e, se non si tratta di vostra paternità (il che, quando è necessario, non rientra in tale considerazione), lo fanno assai di malavoglia, e questo per me, come ho lasciato loro detto partendo, è peggiore del farlo, oltre a presentare molti inconvenienti. Basta dire che, così facendo, non avranno da mangiare, perché le elemosine sono poche; esse non diranno nulla, ma resteranno digiune, e sarebbe ancora il meno. Quando io ero lì, procuravo che non mancasse loro il nutrimento e non si consumava mai nulla di quanto apparteneva al convento. Tutte le cose prendono avvio dagli inizi, e da tali inizi può risultare un gran male; pertanto vostra paternità ne comprenda l’importanza e consideri quanta consolazione sarà per loro sapere che lei vuole l’osservanza dei regolamenti fatti e confermati dal padre fra Pietro Hernández. Sono tutte assai giovani e mi creda, padre mio, che per maggior sicurezza è bene che non trattino con frati. Niente mi fa più paura di questo nei nostri monasteri, perché anche se ora tutto è santo, so dove si andrà a finire senza un immediato rimedio preventivo: ecco perché vi do tanta importanza. Mi perdoni, padre mio, e che Dio sia con lei. Sua Maestà me la conservi e mi dia la pazienza di sopportare il lungo tempo che vedo trascorrere in attesa di leggere la sua scrittura.
12. Sono arrivata qui il secondo giorno di Pasqua; oggi è il venerdì seguente. Sono passata da Almodóvar; fra Ambrogio mi ha fatto molto festa. Sono assai afflitta della partenza del padre fra Baldassarre per Toledo; non so come il padre Mariano lo faccia andare incontro alla tentazione, che non manca anche da lontano… Piaccia a Dio che quel monastero si faccia… credo che sarà eccellente.
13. Ero a questo punto quando mi è giunta la risposta di donna Luisa. Dice che in settimana manderà un operaio assai buono. Mi è dispiaciuto. Mi dimenticavo di dirle che a Siviglia mi ha parlato il padre fra Alonso, il sottopriore, travagliato dal male che gli procura stare in quella casa, tanto che doveva chiedere a vostra paternità di mandarlo altrove. È un uomo buono e sarà giusto offrirgli un conforto. Almodóvar farebbe al suo caso, a mio giudizio, perché hanno un vitto buono, e siccome lì manca il priore, converrebbe che vi fosse qualche sostituto; fra Gregorio potrebbe far le sue veci e credo che tutto andrebbe assai bene, perché più tratto questo padre, più mi sembra buono, Lo si vedrà lì.
14. Ciò di cui io supplico vostra paternità è che si abbia molto riguardo; non vorrei che si trascurasse tanto da provocare la rovina di tutto. Io so che la madre priora farà quanto occorre alle sue necessità; vi provvederà da qui, e anche a me non ne mancherà la possibilità. Lo dico perché qualora avesse bisogno di qualcosa, lo chieda alla priora, che in breve le invierà denaro e ciò che le potrà essere necessario – io non so quanti reali abbia lasciato a San Gabriele, cioè che cosa mi era rimasto, ma si trattava di ben poco –. Badi che non vorrei dirlo a riguardo di altri frati, né vostra paternità se ne meravigli, perché le sue necessità sono evidenti e io sono molto preoccupata di vederla in quel luogo durante l’estate. Queste nostre cure di provvederla di qualcosa da qui, non sono dovute al fatto che lì non vi provvederanno con sollecitudine priora, sottopriora e tutte, ma soltanto all’eventualità ch’esse ricevano scarse elemosine, e vostra paternità, essendone consapevole, stia molto attento al riguardo.
15. Piaccia a Dio di farla star bene e di conservarcela a lungo. Il tempo della sua assenza si sopporterà, anche se male. L’indegna serva e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.
 
104. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia
Malagón, 15 giugno 1576
Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid
Per la madre priora Maria di S. Giuseppe. Siviglia
1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Oh, come vorrei scrivere a lungo! Ma siccome devo occuparmi di altre lettere, non ne ho il tempo. Ho detto al padre fra Gregorio di farle un lungo resoconto di tutto il viaggio. Si dà il caso, però, che c’è poco da raccontare, perché è stato assai buono, senza molto caldo, e siamo arrivati bene, grazie a Dio, il secondo giorno di Pentecoste. Ho trovato la madre priora meglio, anche se non si è rimessa del tutto. Abbiano molta cura di raccomandarla a Dio. Mi sono intrattenuta piacevolmente con lei. Ho molto pensato al cambio che restava loro da fare. Piaccia a Dio che non sia mancato nulla.
2. Per carità, la prego di scrivermi per mezzo di tutte le strade possibili, affinché io sappia sempre come stanno. Non tralasci di farlo attraverso la via di Toledo; lì avviserò la priora d’inviarmi le lettere a tempo debito, e forse anche mi fermerò alcuni giorni, perché temo che la conclusione di quest’affare di donna Luisa debba costare molta fatica. Lo raccomandi là a Dio, e mi ricordi molto alla madre sottopriora e a tutte le consorelle. Badi ad avere grande cura della mia suor san Gabriele ch’era completamente tramortita il giorno della mia partenza. Mi raccomandi molto a Garciálvarez e ci parli del processo e di tutto, ma specialmente di nostro padre, se è arrivato. Io gli scrivo raccomandandogli vivamente di non permettere che lì mangi alcuna persona – badi di non dare inizio a una cattiva abitudine –, salvo che non si tratti di lui, il quale ne ha tanto bisogno, e la cosa potrà farsi senza che si sappia; del resto, se si viene a sapere, c’è differenza fra un superiore e un sottoposto, e la sua salute ha per noi tanta importanza che tutto quel che possiamo fare per lui è poco. La madre priora manderà un po’ di denaro con il padre fra Gregorio a questo scopo e per qualunque altra eventuale necessità, perché l’ama davvero molto e pertanto lo fa assai volentieri. Ed è bene ch’egli lo sappia, perché le assicuro che riceveranno poche elemosine e potrà quindi darsi il caso che restino senza mangiare, se danno ad altri il cibo di cui dispongono. Io desidero vivamente che loro non abbiano preoccupazioni di sorta, salvo quella di servire grandemente nostro Signore. Piaccia a Sua Maestà che sia così come io gliene rivolgo supplica.
3. A suor san Francesco dica d’essere buona storiografa per quanto avviene nei riguardi dei frati. Venendo da quella casa, questa mi è sembrata ancora più brutta; le consorelle qui soffrono molto. Teresa, durante il viaggio, era proprio un po’ triste; diceva che ne era causa il lasciare quelle sorelle. Non appena si è vista qui, è stato come se fosse vissuta sempre con queste, tanto che la sera del nostro arrivo, dalla gioia non ha voluto quasi cenare. Me ne sono rallegrata, perché credo ch’è ben radicata la sua affezione per loro. Tornerò a scrivere per mezzo del padre fra Gregorio. Ora non dico altro, se non che il Signore la protegga e la renda santa, affinché lo siano tutte le altre, amen. Oggi è il venerdì dopo Pentecoste.
4. Dia l’acclusa lettera a nostro padre, nelle sue mani, e se non fosse lì, non gliela mandi se non per mezzo di una persona molto sicura, è importante. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù. Teresa non scrive perché è occupata; dice ch’è priora e le si raccomanda molto.
 
105. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia
Malagón, 18 giugno 1576
Per la madre Maria di San Giuseppe, priora di San Giuseppe di Siviglia, carmelitana.
1. Gesù sia con vostra reverenza, figlia mia. Le assicuro che se sentono un po’ di dolore per la mia assenza, ben me lo devono. Piaccia al Signore di giovarsi per il suo servizio di tanti travagli e della pena che mi dà l’aver lasciato figlie così care; spero che loro stiano tutte bene; io godo buona salute, grazie a Dio.
2. Avranno già ricevuto le lettere portate dal mulattiere; questa sarà assai breve, perché pensavo di star qui più giorni, ma, visto che domenica è San Giovanni, ho affrettato la mia partenza, pertanto ho poco tempo. Siccome il messaggero è il padre fra Gregorio, non m’importa molto.
3. Io sono preoccupata al pensiero che vostra reverenza si trovi in imbarazzo nel pagare quest’anno le rendite, giacché l’anno prossimo il Signore manderà qualcuno che le paghi. La madre priora loda molto una sorella di suor Sant’Angelo che sta qui, e la preferirebbe a quella ch’è entrata. Dice che a questa che sta qui (sarà un anno nel mese di agosto da quando c’è) daranno in dote trecento ducati, e altrettanti ne porterebbe la sorella, somma con cui potrebbero pagare il tributo di quest’anno. È ben poco, ma se è vero quello che dicono di lei, merita di essere presa gratuitamente, tanto più ch’è di queste parti; ne parli con nostro padre, e se non avessero un’altra soluzione, si appiglino a questa. Il guaio è che non ha più di quattordici anni, e per questo dico che la si prenda in caso estremo; ci pensino loro.
4 A mio giudizio sarebbe bene che nostro padre disponesse l’immediata professione di Beatrice, per molte ragioni, di cui una è per farla finita con le tentazioni. Me la saluti, e così sua madre, tutte le persone che lei vedrà, la madre sottopriora e tutte le consorelle, specialmente la mia infermiera. Dio me la conservi, figlia mia, e la renda una gran santa, amen.
5. Mio fratello vi ha scritto l’altro giorno e vi si raccomanda molto. È più equanime di Teresa, che non riesce ad amare altre monache se non loro. Siccome la madre priora le scriverà (certo, mi sono intrattenuta piacevolmente con lei) e fra Gregorio le dirà tutto quello che c’è da dire, non aggiungo altro. Credo che mi fermerò qualche giorno a Toledo; mi scrivano là. Ieri è stato il giorno della Santissima Trinità.
6. Cerchi d’inviarmi una lettera di nostro padre, o mi dia a lungo sue notizie, perché non ho saputo più nulla di lui. Dio le renda tutte sante. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.
7. Per quanto riguarda quella religiosa, ho attinto altre informazioni, e per ora non c’è da parlarne.
 
106. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia
Malagón, 18/22 giugno 1576
Autografo: Carmelitane Scalze di Innsbruck (Austria)
1. … non appena vostra paternità sia in quella città. Da qui ieri è passato il priore di Carmona con un altro Presentato; il padre fra Gregorio le dirà qualcosa di quanto ci è accaduto. Mi ha detto che Cota se ne stava ritirato nel Carmine, che il fiscale del consiglio reale si era assunto l’incarico del suo processo e che il consiglio se ne stava occupando. Mi sembra un atteggiamento di gran mollezza di fronte agli spropositi che sono stati fatti, anche se questo padre si rende ben conto che hanno agito male; dice che lo ha ripetuto insistentemente e ora va dal Nunzio per esortarlo a castigare i colpevoli in modo che non debbano pagarne il fio tutti; gli chiederà anche che il Visitatore non sia più vostra paternità, ma chiunque altro, perché nessuno le obbedirebbe.
2. Io mi domandavo se non sarebbe bene che vostra paternità stessa lo chiedesse al Nunzio e al re, dicendo che, vista l’idea ormai fissa di costoro e la grande inimicizia che nutrono nei suoi riguardi, le sue visite sarebbero di ben poco frutto per questi padri, ai quali sembrerebbe… e tutti ne sarebbero soddisfatti. Qualora, poi, il Nunzio e il re non accettassero, io avrei almeno la consolazione di sapere che vostra paternità ha fatto il possibile per lasciarli. Il pensiero che debbano tornare a sottomettersi a vostra paternità e ricominciare ad agitarsi è per me peggiore della morte. Ci pensi bene, padre mio; quando non potrà resistere oltre, agirà solo in forza dell’obbedienza, e il Signore l’aiuterà.
3. Essi dicono: «che restino con la loro provincia, ci penserà il Tostado». Vi provveda il Signore, perché sarebbe bene trovare qualche riparo di fronte a gente che non lascia alcuna speranza, visto che vostra paternità ha avviato tutto bene. Oh, Gesù, com’è duro esser lontani per tutte queste cose! Le assicuro che per me è una gran croce.
4. Io parto per Toledo e non credo di venirne via finché donna Luisa non ci dia qualche aiuto per questa casa. Ora dice che manderà qui un operaio, ma in tono assai fiacco. Sto bene… Quando saprà con certezza…
 
107. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia
Toledo, 2 luglio 1576
Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid
Per la madre priora do Siviglia, Maria di S. Giuseppe
1. Gesù sia con vostra reverenza. Le assicuro che le ricambio pienamente la nostalgia che dice d’avere di me. Dopo aver scritto la lettera qui acclusa, ho ricevuto le sue. Ne ho gioito tanto da restarne commossa. Le sue richieste di perdono mi hanno fatto sorridere. Purché mi ami tanto quanto la amo io, le perdono quello che ha fatto e quello che farà: ciò di cui più ho da lagnarmi ora di lei è lo scarso piacere che aveva di stare con me, ma vedo bene che non era per colpa sua, come ho detto alla madre priora di Malagón; era solo che il Signore, il quale ha voluto ch’io avessi là tanti travagli, poiché la sua compagnia mi dava conforto, disponeva di togliermela. Non c’è dubbio che, in cambio d’aver procurato che vostra reverenza e quelle consorelle restino con un po’ di pace, do per ben impiegati i travagli avuti, e farei altrettanto anche se fossero stati assai di più. Mi creda, io le voglio molto bene e se vedo in lei questo stesso affetto, il resto è una sciocchezza di cui non dover far caso, anche se là, essendoci sia i travagli sia il suo abbandono, mentre io la trattavo come figlia prediletta, mi era causa di molta sofferenza non trovare in lei la stessa semplicità e lo stesso amore. Ma con questa sua lettera tutto si è cancellato in me: resta l’affetto, e sarebbe peggio non avere la difesa di tale ricordo per moderarne l’intensità.
2. Mi sono rallegrata infinitamente di vedere che tutto si sia fatto così bene. Il contratto dev’esser sempre in prima linea, anche se non ci sia molta sicurezza per l’avvenire, perché è cosa dura essere invischiati in processi, specialmente al principio. Cercheremo di pagare presto il denaro anticipato da mio fratello, intendo dire quello della tassa sull’acquisto, perché sono molto preoccupata, più di quanto lo ero lì, o per lo meno nella stessa misura, per quella casa. Oh, come egli si è rallegrato delle sue lettere! Non finisce di lodare la sua discrezione. Le lettere sono giunte in buono stato; solo che, quando vostra reverenza si sforza di rendere migliore la sua calligrafia, scrive peggio del solito. Siccome egli e Teresa le scrivono, non dico nulla di loro. Avevo già scritto al padre mio priore di Las Cuevas; oggi devo scrivere a Malagón una lettera d’affari e a nostro padre; pertanto sarà molto se posso anche rispondere alle consorelle, visto che nemmeno le visite mi hanno dato tregua.
3. Io credo bene a tutto quello che fa il buon Garciálvarez, in virtù della sua carità. Gli dica molte cose da parte mia. Mi sono rallegrata della lettera del padre priore. I miei amici mi fanno un gran regalo comportandosi con loro come si comportano. Cerchi di conservarseli e, quando se ne presenterà l’occasione, di fare qualcosa, purché sia con moderazione, per Mariano e fra Antonio, dei quali non vorrei che perdesse il favore. Dio li perdoni, perché un tale chiasso qual è quello che hanno fatto con i Calzati si sarebbe potuto evitare e per un’altra strada si sarebbe potuti giungere a una conclusione con essi; nostro padre ne è molto afflitto. Sta bene, e il Nunzio ha ritenuto decisione opportuna che non sia ritornato in Andalusia.
4. Non dirà che non le scrivo di frequente. Faccia anche lei lo stesso, perché le sue lettere mi sono di gran gioia. Non sapevo niente di quel che accade lì, perché nostro padre scrive assai brevemente; non deve, credo, poter fare di più. Dio sia con lei e la renda una gran santa. Gabriella mi scrive di non star bene – ho letto la sua lettera solo dopo aver scritto una gran parte di questa –: dice di soffrire di dolori allo stomaco. Piaccia a Dio che non sia nulla di più grave. Non ricordo a chi ho lasciato la raccomandazione d’aver cura di lei. Che lo faccia la sottopriora, e lei stia attenta a non tralasciare di obbedirle e di badare alla sua salute, per amor mio, perché s’essa le vien meno, ne avrò infinita pena. Piaccia al Signore di dargliela come io Lo supplico di fare. Il mio vivo ricordo alla madre di Beatrice e a Delgado; la priora mi dà il suo per vostra reverenza. Tutte sono state felici di quanto le loro cose vadano bene. Che sia sempre così. Credo d’aver già detto che è il giorno della Visitazione.
5. Il sacerdote è venuto mentre stavo a Messa, e dopo aver detto la sua, è andato via: gli ho parlato, e se si fosse fermato qui, gli avrei usato qualche cortesia, ma ha detto ch’era in compagnia e che per questo doveva proseguire il cammino. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.
6. Gabriella mi scrive anche che vostra reverenza tiene la casa con molta cura. Avrei vivo desiderio di vederla ora. Non ho potuto guardare, fino a questo momento, di chi erano le lettere. Mi sono rallegrata di quella del nostro buon padre Garciálvarez. Gli risponderò volentieri, e quelle figlie mie mi perdonino se devo adempiere il mio obbligo verso chi le favorisce.
 
108. A don Lorenzo de Cepeda, a Toledo
Toledo, circa il 9 luglio 1576
Autografo: Carmelitane Scalze di Sant’Anna, Madrid
1. Gesù. – Non vorrei che vostra grazia se ne dimenticasse, e per questo glielo scrivo qui. Ho una gran paura che se fin da ora non si tiene in gran conto l’educazione di questi suoi figli, presto potranno mettersi insieme con alcuni vanesi di Avila; è necessario che subito vostra grazia li faccia andare al collegio della Compagnia (io ne scrivo al Rettore, come lei può vedere), e se al buon Francesco de Salcedo e al maestro Daza sembrerà opportuno, si mettano i berretti degli studenti. La figlia di Rodrigo, dei sei figli che aveva ora ne ha solo uno; fortunatamente per lui l’hanno sempre tenuto agli studi, e anche adesso si trova nel collegio di Salamanca. Così pure è stato di un altro figlio di don Diego del Aguila. Infine vedranno loro lì che cosa convenga fare. Piaccia a Dio che i miei fratelli non li lascino crescere estremamente fatui e vanitosi.
2. Vostra grazia non potrà vedere spesso Francesco de Salcedo e il maestro se non va a casa loro, perché abitano lontano da Perálvarez, e questi discorsi è bene farli senza la presenza di nessuno. Non dimentichi di non prendere per ora un confessore determinato e di avere in casa il minor numero possibile di gente di servizio; è preferibile che lo aumenti in seguito, anziché doverlo ridurre. Scrivo subito a Valladolid perché le mandino il paggio. Anche se per qualche giorno andranno senza di lui, non ha molta importanza (poiché sono due e possono uscire insieme); ora scrivo che venga lì.
3. Vostra grazia è propenso e anche abituato a tenere in gran pregio l’onore. Bisogna che si moderi in questo e che non dia retta a tutti, ma si attenga sempre ai consigli delle due suddette persone, e anche, se crede, del padre Muñoz, della Compagnia, benché per le cose più gravi possano bastare i primi due, restando fermo a quanto essi dicono. Consideri che talvolta si possono intraprendere cose di cui non si avverte subito il danno, e che guadagnerà più dinanzi a Dio e agli uomini nel conservare il suo denaro per farne elemosine, come anche ne trarranno vantaggio i suoi figli. Per ora non vorrei che comprasse una mula, ma solo un ronzino di cui servirsi sia per i viaggi, sia per i servizi domestici. Non c’è per il momento ragione di far passeggiare questi ragazzi se non a piedi; li faccia studiare.
 
109. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia
Toledo, 11 luglio 1576
1. Gesù sia con vostra reverenza. Non si dirà che non le scrivo spesso; forse questa lettera, partendo ora, le arriverà prima di un’altra che le ho scritto, credo, tre o quattro giorni fa. Sappia che per il momento io resto qui; l’altro giorno è partito mio fratello e l’ho indotto a condurre con sé Teresa, perché non so se mi ordineranno di fare un giro e non voglio esser gravata del peso di una bambina. Sto bene e mi sento riposata, ora che sono libera da tutta questa confusione, perché, nonostante il grande affetto che ho per mio fratello, mi preoccupava vederlo fuori della sua casa. Non so quanto resterò qui, visto che cerco sempre ancora il modo migliore di condurre a termine l’opera di Malagón.
2. Il suo male mi è stato causa di pena, e quel purgarsi in tale momento non mi sembra una buona cosa. M’informi della sua salute. Nostro Signore gliela dia, come a quelle mie figlie, in conformità del mio desiderio. A tutte mi raccomando molto. Le loro lettere mi hanno fatto piacere. Ad alcune ho già risposto; ora scrivo alla mia Gabriella e a suor San Francesco, troppo generose di lodi. Piaccia a Dio che non mentano e che un’altra volta quello che racconta una non lo racconti l’altra; l’Ottava del Santissimo Sacramento, cioè la festa, me l’hanno raccontata in tre; ciò nonostante, non ne sono rimasta infastidita, anzi ho goduto molto che sia riuscita così bene. Dio ne ricompensi il nostro padre Garciálvarez. Gli dica che gli bacio le mani. L’altro giorno gli ho scritto.
3. Del fatto che si sia concordata la questione della tassa, mio fratello e io ci siamo molto rallegrati; è straordinario quanto egli le ami, e io ne sono rimasta contagiata. Sono stata anche assai contenta dei libri che ha inviato loro, e di tutte le attenzioni che per loro ha il mio santo priore. Dio gliene renda compenso.
4. Vorrei che mi raccontasse molto particolareggiatamente ciò che fanno ora quei poveri frati – intendo dire se c’è qualche mezzo di riconciliazione – e che ne è dei Francescani. Raccomandino a Dio nostro padre, il quale soggiace a molti travagli. Piaccia a Lui ch’egli l’abbia indovinata ad usare tanta severità con quei padri! Dia i miei saluti al padre fra Antonio di Gesù e al padre Mariano: voglio ormai cercare anch’io di raggiungere la perfezione ch’essi raggiungono nel non scrivermi. Al padre Mariano dica che il padre fra Baldassarre e io siamo molto amici.
5. Ieri è venuto Giovanni Díaz, da Madrid. Non c’è idea di fare il monastero qui, perché Giovanni Díaz ritorna a Madrid. Il re ha ordinato a nostro padre di rivolgersi per queste cose dell’Ordine al presidente del Consiglio Reale e a Quiroga. Piaccia a Dio che tutto vada bene. Le ripeto che ha bisogno di molte preghiere. Raccomandino a Dio anche il nostro padre Generale, che è caduto da una mula e si è fracassato una gamba; ciò mi ha dato molta pena perché è ormai vecchio. Molti saluti a tutti i miei amici e alle mie amiche. Facciano ciò ch’è scritto nel foglio accluso.
6. Oh, come sono contenta delle tuniche che ho ricavato dalle lenzuola! Qui dicono ch’è come portarle di lino. Dio renda tutte loro sante e dia salute a vostra reverenza. Pensi molto a sé, perché è meglio prodigarsi ogni sorta di cure che star male. Oggi è l’11 luglio. Serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.
 
110. A Don Lorenzo de Cepeda, ad Avila
Toledo, 24 luglio 1576
Autografo: famiglia Azebedo Coutinho, Oporto (Portogallo)
1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei. Oh, come mi son sembrati lunghi questi quindici giorni! Sia benedetto Iddio che vostra grazia sta bene; la notizia mi ha procurato un vero piacere. Circa quanto mi dice del servizio che ha e della sua casa non mi sembra che sia eccessivo. Ho riso di cuore per il «maestro di cerimonie»; le assicuro che mi ha assai divertito. Può ben fidarsene, essendo persona assai buona e saggia. Me la saluti affettuosamente, quando la vedrà, perché le devo molto, come pure a Francesco de Salcedo.
2. Mi dispiace molto sapere dei suoi dolori. Il freddo comincia presto a darle fastidio. Io sto meglio di quanto non sia stata da anni, mi pare, ed ho una celletta assai graziosa, con una finestra che dà sul giardino, molto appartata. Occupazioni derivanti da visite, ben poche. Se non avessi quella di scriver lettere e se esse non fossero tante, starei così bene che ciò non potrebbe durare, perché di solito succede così quando sto bene. Se lei fosse qui, vicino a me, non mi mancherebbe nulla, ma se Dio mi fa la grazia di darle salute, la lontananza potrà ben sopportarsi. Dio la ricompensi del pensiero che si dà della mia salute; mi solleva molto dalla pena il vedere che anche lei soffre della mia permanenza qui. Spero in Dio ch’essa non duri tanto da evitarmi il freddo di Avila. Pur con il male ch’esso può farmi, io non esiterei ad affrontarlo né mi tratterrei qui un giorno di più, perché Dio, quando vuole, ci dà salute ovunque. Oh, quanto desidero maggiormente, per mia gioia, quella di vostra grazia! Dio, che lo può fare, gliela dia!
3. Giovanni de Ovalle mi ha scritto un’assai lunga lettera, dove insiste a dirmi quanto ami vostra grazia e quel che farebbe per servirla. Ma ha avuto la cattiva idea di credere che tutta l’importanza l’avesse Cimbrón e ch’egli facesse e disfacesse a suo modo per ciò che riguardava vostra grazia, il che è stato il motivo della mancata venuta di mia sorella. Si tratta solo di un sentimento di gelosia, credo proprio che sia così, perché è geloso di temperamento, e me ne ha fatte passare molte a causa della mia amicizia con donna Guiomar. Egli, insomma, non si lamenta che di Cimbrón. In certe cose ha il carattere d’un bambino; s’è comportato meglio a Siviglia, dove ha dato prova di un grande amore per lei. Pertanto, per amor di Dio, voglia sopportarlo.
4. Io gli ho scritto dichiarandogli la mia opinione; gli ho detto che vedo quanto vostra grazia lo ami e che dovrebbe piuttosto rallegrarsi che Cimbrón si occupi di quel che la concerne; mi sono molto adoperata perché le risponda e le invii il denaro, se lei glielo domanda, aggiungendo ch’è meglio che ognuno resti nella sua casa, perché forse così ha disposto il Signore, e attribuendo a lui la colpa da cui ho scagionato Perálvarez. Il guaio è che credo debba venire qui e sarà inutile tutto quello che ho fatto perché non venga. Certo, mi fa pena mia sorella; pertanto ci tocca di soffrire molto. Quanto a lui, io giurerei che la sua volontà di contentare e di servire vostra grazia è grande. Dio non gli ha dato di più. Per questo rende gli altri ben disposti a sopportarlo, e altrettanto dovrà fare vostra grazia.
5. L’Agnus Dei credo che stia nella cassettina, se non sta nel baule, con gli anelli. Dico ora alla sottopriora d’inviargliela perché ne tiri fuori i fogli delle Fondazioni e, avvolti in un plico sigillato, glieli rimandi: devono essermi inviate non so quali cose per la mia compagna e una mia cappa (che ci siamo affrettate a mandare lì). Vi aggiunga non so quali altri fogli ivi contenuti e che terrei non fossero visti da alcuno: per questo voglio che vostra grazia li tiri fuori da sé (che li veda lei non m’importa nulla), unitamente alle Fondazioni.
6. La chiave della cassettina si è rotta; ne forzi la serratura e la conservi in un’arca finché non si sia fatta un’altra chiave. La cassettina contiene la chiave di una cartella che ho dato ordine d’inviarle, perché anche in essa sono alcuni fogli, a quanto credo, su argomenti di orazione. Lei può ben leggerli e trarne fuori uno in cui sono scritte alcune cose della fondazione di Alba. Vostra grazia me li invii insieme con gli altri, perché il padre visitatore mi ha ordinato di finire le Fondazioni, e tali fogli mi sono necessari per vedere quello che ho detto e per la fondazione di Alba. È una cosa che mi dispiace molto, perché il tempo lasciatomi libero dalla corrispondenza preferirei impiegarlo a starmene sola e riposare. Non sembra che sia tale la volontà di Dio. Piaccia a lui che sia per servirlo!
7. Sappia vostra grazia che la priora di Valladolid mi ha scritto che donna Maria de Mendoza ha fatto fare una copia del libro che aveva il vescovo e che ora l’ha presa lui. Me ne sono rallegrata per vostra grazia, perché quando verrò lì potremo riuscire a far sì che lei la veda. Non dica niente a nessuno. Se a lui capitasse di venire lì, lei ben potrebbe chiedergliela.
8. Scriverò a Siviglia ciò che mi dice, perché non so se la lettera sia stata recapitata. C’è da far caso di quattro reali? O non ci sono stati messi, oppure, se chi portava la lettera ha capito che dentro c’era qualcosa, non l’avrà recapitata. La priora di qui sta proprio bene rispetto a quello ch’è il suo stato abituale; le bacia le mani con tutte le sue figlie. L’abbiamo raccomandata molto a Dio perché le dia salute. Le mando un po’ di mele cotogne, perché la sua governante gliele faccia in conserva e lei possa mangiarle dopo colazione, una scatola di marmellata e un’altra per la sottopriora di S. Giuseppe, che mi dicono sia molto debole. Le dica che la mangi; quanto a vostra grazia, la supplico di non darne a nessuno, ma di mangiarla per amor mio. Quando la finirà, me lo faccia sapere, perché qui è a buon mercato e non si paga coi denari del convento: il padre Gracián mi ha ingiunto in nome dell’obbedienza di fare secondo il solito, perché quello che avevo non era per me, ma per l’Ordine. Da una parte, mi è rincresciuto; dall’altra (siccome son tante le cose a cui far fronte qui, quand’anche non si tratti di quanto è dovuto ai corrieri) me ne sono rallegrata, perché mi affligge che i corrieri costino tanto, e son molte le spese che ci si presentano…
 


111. Al Padre Girolamo Gracián, a Toledo (?)
Toledo, agosto 1576 (?)
 
1. Si domanda se si può ricevere senza dote una postulante a cui Lorenza ha offerto l’ammissione gratis, quando può portarla. A Eliseo sembra di no, perché i superiori non sono padroni dei beni del convento, ma solo amministratori. Si consultino al riguardo i dotti e si vedrà che è così.
Oh, quanto avranno da mormorare!
Rispondo: Posto che ciò torni a maggior servizio di Dio, mormorino pure: in Segovia si conosce la povertà di quella casa, eppure si riceve chi non ha dote, com’è avvenuto per quella a cui ora si è dato l’abito, perché chi l’ha non ha bisogno di esenzione.
E l’onore di Lorenza che ha impegnato così la sua parola? – Lorenza risponda di avere un superiore che deve darne l’ordine e ch’ella ormai non ha nulla a che vederci. E per quanto riguarda il maggior servizio di Dio, Lorenza sappia che, benché ella vi sia in mezzo, ciò non riveste per me alcuna importanza, perché preferisco una piccola filaccia dell’onore del mio Gesù e un tantino di quello della Vergine Maria, Signora mia e Madre dell’anima mia, che centomila Lorenze.
Allora, come si deve fare? Dobbiamo intavolare questioni? Quei benedetti licenziati Herrera e altri amici che son lì lo faranno a tempo opportuno autorizzando la cosa, e Dio che sa come si tratti di beni di poveri, la sistemerà.
2. Incertezza generale: Se conviene ordinare a Lorenza che d’ora in avanti non dia parola di ricevere nessuna religiosa senza informarne Eliseo. E questo sia detto in tutti i conventi, per non vederci nella necessità di compiere la parola da lei data. Ed Eliseo impegna la sua davanti al suo Signore di non dar mai l’autorizzazione a nessun fine che non risponda al suo volere e al suo piacere.
Lo dico perché ora in quella casa di Segovia abbiamo dato l’abito a una postulante che, anche se di buon aspetto, non avrà mai nulla più di questo. La casa è assai povera, ci sono molte religiose e ben poche entrate. Anche negli altri monasteri, sebbene vi sia grande santità, non c’è molta roba. E se poi Lorenza crede a qualunque confessore, e per il fatto di confessarsi uno o due volte dai padri della Compagnia, già con questo resta giustificata, in seguito potrebbe essere causa di molto male, perché è preferibile una buona speranza a un cattivo possesso.
1. … I secolari, quando si tratta d’interessi, tengono ben poco conto della ragione. Così è di questa madre priora che, abituata all’abbondanza di Pastrana, è rimasta con ben scarso spirito di povertà: io ne sono stata afflitta, come lo sarò ogni volta che debba constatare un fatto simile, perché queste case, grazie a Dio, sono state fondate solo con la fiducia in Lui; pertanto temo che, cominciando a riporre la nostra fiducia in mezzi umani, ci mancherà qualcosa di quelli divini. Non dico questo nei riguardi di tale affare, ma so che non metterebbe sua figlia qui se non fosse così. Gli dobbiamo, però, talmente poco che questa dev’essere la volontà di Dio. Il modo di visitare le Scalze è quello insegnato da Dio. Sia benedetto per tutto.
 
2. Vostra paternità non ha bisogno di ordinarmelo, perché lo ritengo già come un ordine e agirò così. In verità mi farà piacere liberarmi da questa fatica, senonché temo che in alcune case ci sia più avidità di quanto io vorrei; e piaccia a Dio che non ingannino vostra paternità più di me. Credo che soprattutto questo mi abbia contristata. E, per quello che posso capire di me, ero decisa, anche se vostra paternità non fosse stato il superiore, a non accogliere nessuna senza dirlo a lei, vicino che fosse o anche, credo, lontano. È impossibile indovinarla in tutto. Il tempo sarà maestro, e se andiamo a caccia di doti, peggio per noi.
 
3. Questa è l’informazione della priora. Quando io mi ritengo molto informata, ciò serve al bene delle case e dei loro affari. Non so come si possa dir questo. Dio lo accetti e ci dia la sua luce perché d’ora in poi si riesca a far meglio. Ma non faccio che discolparmi! Il peggio è che sono posta a gran cimento da chi ho detto.
 


 

112. Al Padre Girolamo Gracián, ad Almodóvar

Toledo, 5 settembre 1576

1. … Ora voglio dire a vostra paternità una cosa, perché di questo messaggero mi posso fidare. Già sa che Angela si è preso per confessore il priore della Sisla, perché, creda, per molte cose non si può stare senza qualcuno che dia il suo consiglio in merito: ella non riuscirebbe a trovarne la soluzione e non avrebbe pace. Il suddetto padre era solito vederla spesso, ma dopo aver preso a confessarla, non compariva quasi mai. Né la priora né io riuscivamo a capirne la ragione. Un giorno in cui l’infelice Angela stava parlando con Giuseppe, questi le disse ch’era lui a trattenerlo, perché chi le conveniva di più era il dottor Velázquez, un canonico assai dotto di qui, nel quale avrebbe trovato un po’ di conforto; egli si sarebbe adoperato perché l’ascoltasse e la comprendesse (in quanto ella opponeva qualche dubbio, sapendolo molto occupato); siccome Giuseppe è molto autorevole, come vostra reverenza sa, e quando le ha dato consigli del genere ha colto sempre nel segno, ella, avendo già preso contatto con questo padre a cui deve tanto, non sapeva che cosa fare; d’altra parte temeva di dare dispiacere a Giuseppe.

2. Durò in questo stato alcuni giorni: soffriva di non poter prendere consiglio da vostra paternità e temeva anche che le togliesse la pace lo stabilire rapporti con tante persone. Frattanto venne qui il padre Salazar ed ella decise di fare tutto quello che le avesse detto, anche se il cambiamento le riuscisse increscioso e per poco non si lamentasse di Giuseppe perché non l’aveva avvisata prima. Disse al padre Salazar tutto quello che accadeva; proprio lui, in una visita precedente, le aveva consigliato il priore della Sisla. Il padre Salazar, com’è noto a vostra paternità, è tale che gli si può dire tutto, perché già lo sa. Le rispose di fare quel che diceva Giuseppe. Si è fatto così, e quello che le aveva detto Giuseppe si stava adempiendo perfettamente: anzitutto, venuto qua il Priore e, chiedendogli la madre perché agisse così, le rispose che non lo sapeva neanche lui; pur non essendoci, infatti, cosa che desiderasse di più e rendendosi ben conto che poi se ne sarebbe pentito, non era padrone di sé in questa circostanza né poteva fare altrimenti, assai stupito di non riuscire a dominarsi.

3. Quanto all’altro, non appena gli fu parlato della cosa, rispose subito che, per quanto numerose fossero le sue occupazioni, sarebbe venuto ogni settimana, con una gioia come se gli avessero dato l’arcivescovado di Toledo (anzi, credo che non ne sarebbe stato ugualmente felice, tanto egli è buono). Fra Fernando de Medina dirà a vostra paternità ciò ch’egli è; non tralasci di chiedergli di lui. Affinché veda come ha preso la cosa, le invio l’accluso biglietto; io l’avevo mandato a chiamare per alcuni dubbi che non dirò, trattandosi di un argomento troppo lungo: comunque, non riguardavano l’orazione.

4. così, padre mio, ella è assai contenta di essersi confessata da lui, tanto più che dopo aver conosciuto Paolo, la sua anima non trovava conforto né gioia in nessuno. Adesso, anche se non tanto come con lui, si sente tranquilla e soddisfatta, e disposta a ubbidirgli, il che è un enorme sollievo per lei; abituata tutta la vita all’obbedienza, quand’era senza Paolo, nulla di quel che faceva la soddisfaceva, non le sembrava mai d’essere nel giusto, né poteva, pur volendolo, sottomettersi a un altro. Creda che chi ha operato nel primo caso, ha operato nel secondo; anche lei è stupita di questo fatto nuovo, non meno di quanto lo era il priore di sentirsi impedito dal fare ciò che desiderava.

5. Io dico a vostra paternità che può rallegrarsi molto se desidera dare qualche sollievo ad Angela: basta, infatti, che non sia così felice come con Paolo, perché la sua anima resti priva anche d’ogni altro conforto. Egli non era ignaro dell’amicizia nutrita da Giuseppe verso di lei, perché ne aveva sentito parlare molto, e non se ne meraviglia; dotto com’è, si appoggia, per autorizzarla, alla Sacra Scrittura. Ciò è di enorme conforto per quella poverina, visto che Dio la esilia in ogni modo da tutto quello che ama. Sia benedetto per sempre.

6. Ora resta da non inimicarsi il primo, facendo sì che non abbia a rendersi conto di nulla, ma creda che solo a causa dei suoi ritardi, a volte ella farà con l’altro la confessione, e perché la sua anima abbia un po’ di merito, vostra paternità mi dica ch’ella gli ubbidisca come ubbidirebbe a lei stesso. Le assicuro che i desideri di questa donna e gl’impulsi di fare qualcosa per Dio sono così straordinari che, non potendo offrirgli nulla di grande, bisogna che cerchi il modo di contentarlo com’è possibile. L’indegna serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

113. Al Padre Girolamo Gracián, ad Almodóvar

Toledo, 5 settembre 1576

Autografo: Madri Mercedarie Scalze di Toro (Zamora)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. Oggi ho inviato alcune lettere a vostra paternità per mezzo del capo-corriere. Bisogna che non si dimentichi di dirmi se le ha ricevute. Ritengo che arriveranno sicuramente a Siviglia, perché il corriere è fratello di una nostra consorella.

2. Le dicevo che il Tostado è partito per il Portogallo il giorno in cui vostra paternità è arrivato qui; che Infante e un altro predicatore dell’Andalusia, i quali lo stavano aspettando, hanno mandato a Madrid un messaggero, il quale ha portato loro questa notizia. Sia benedetto il Signore che ha disposto così le cose.

3. Sappia che i membri del Consiglio dicono che, se devono dare l’autorizzazione in base all’usuale procedimento, non potranno farlo, perché è necessario, da parte nostra, addurre più valide ragioni. Ma non appena vedano una lettera del Nunzio in cui dica che la dà, la concederanno senza discussione. Questa è l’informazione fornita in via amichevole da un uditore a don Pietro González. Vostra paternità, servendosi di quelli che ritorneranno dal Capitolo, mi scriva che cosa possiamo fare e se sarebbe bene chieder consiglio a qualche persona della Corte, come il duca o altri.

4. Mi è venuto il sospetto che lettere da Roma impediscano al Nunzio di dare queste autorizzazioni, perché mi sembra che al padre fra Antonio egli le diede con facilità. Ho anche pensato che se i Calzati danno al Papa false informazioni sul conto nostro, e non c’è lì chi possa confutarle, otterranno contro di noi quanti Brevi vorranno; pertanto è estremamente importante che ci sia sul luogo qualcuno dei nostri: vedendo come vivono, si renderanno conto dello spirito fazioso che ispira le accuse. Credo che fino a quel momento non dobbiamo far nulla, poi i nostri ci porteranno l’autorizzazione per fondare alcune case. Creda ch’è molto importante premunirsi contro quello che può accadere.

5. Scrivo la presente in fretta, pertanto non posso dirle altro se non che tutte si raccomandano alle preghiere di vostra paternità, io a quelle di tutti cotesti miei padri, specialmente al padre priore de Los Remedios, anche se sono crucciata con lui. Vorrei sapere se è venuto il padre Mariano. Dio protegga vostra paternità e la tenga con la sua mano, amen.

6. Mi sono molto rallegrata di vedere che buon tempo fa per viaggiare. Sto aspettando Antonio. Vostra paternità non dimentichi di scrivermi come si chiama l’uomo a cui devo indirizzare le lettere a Madrid, quel servo di suo padre. Cerchi di ricordarselo, di dirmi come devo redigere l’indirizzo e se è persona tale a cui si possa pagare il porto. Oggi è il 5 settembre.

7. Stiamo bene, e mi par di sentirmi un po’ sollevata nel vedere che qui c’è l’opportunità di scrivere a lei. L’indegna figlia e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.

8. Stia attento, padre mio, a non perdere il foglio che le ho dato e che ha detto di dover mettere in una foderino, senza poi farlo. Vorrei che ne conservasse una copia nella cassettina, perché sarebbe per noi una gran complicazione se lo perdesse.

 

114. Al Padre Girolamo Gracián, ad Almodóvar

Toledo, 6 settembre 1576

Autografo frammento: Collegio degli Scozzesi, Valladolid

1. Gesù sia con vostra paternità. È appena arrivato ora chi deve portare questa lettera, ma mi concede ben poco tempo: pertanto non dirò più dello stretto necessario. Ringrazio il Signore che vostra paternità sia arrivato bene. Le ho già scritto per due vie diverse che Peralta è partito per il Portogallo il giovedì stesso in cui vostra paternità è venuto qui. Santelmo mi ha scritto oggi (e le rimetto anche questa lettera col messo) che non dobbiamo temer nulla, giacché Matusalemme è certamente ben deciso ad esaudire il nostro desiderio di separare le aquile, vedendo quanto ciò sia conveniente.

2. Da Siviglia mi hanno scritto oggi del subbuglio suscitato lì dalla gioia per la pubblicazione delle patenti accordate da Peralta; si dice per tutta la città che le farfalle dovrebbero sottomettersi a lui. Certo, conveniva fare quel che il Signore ha fatto. Sia benedetto per sempre. Infante è venuto a parlarmi; voleva una lettera per Paolo. Io gli ho detto ch’egli non farebbe niente per me e che gli parli lui stesso; non si ritiene affatto colpevole. Io credo che se avesse la speranza del ritorno di Peralta, non si mostrerebbe così sottomesso.

3. Quanto a ciò che vostra paternità dice della priora di Malagón, le ho già scritto al riguardo. Ma una cosa tanto grave non dev’essere lasciata da vostra paternità alla mia decisione: non è ammissibile, tanto più che io, vedendo che tale è il desiderio di vostra paternità, mi farei scrupolo di opporle un rifiuto. Pertanto la supplico di fare quello che le sembra il meglio, e di vedere chi può essere adatta per quel convento: deve certo avere più capacità di quanto si richiede da una sottopriora. Io non vedrei altra che la priora di Salamanca; quella di cui parla vostra paternità non la conosco, essendo entrata fra noi da ben poco tempo. Anche l’altra indicata da me sarà di gran lunga inferiore alla carica di priora. Ciò mi è causa di gran preoccupazione. Vostra paternità raccomandi la cosa a Dio e lasci detti i suoi ordini. Le attuali circostanze, però, sono particolarmente difficili per portar via e far venire religiose da un convento all’altro. Il Signore guidi tutto a buon fine, perché di fronte alla necessità non c’è legge che tenga. Oggi è il 6 settembre, giovedì. Non ho tempo di scrivere al padre mio fra Antonio e nemmeno di dilungarmi. Serva e figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

115. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 7 settembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù sia con vostra reverenza. Le assicuro che le sue lettere mi fanno un tale piacere che anelo di riceverle. Non so quale ne sia la causa, quale amore particolare nutro per quella casa e per le consorelle che vi sono; ciò forse è dovuto al fatto che ho sofferto lì tanti travagli. Ora sto bene, grazie a Dio; le febbri si sono risolte in un gran raffreddore.

2. Io vedevo bene le difficoltà che avrebbero avuto dalle parole e dai fatti di quei padri; non ci sono mancate neanche qui, ma come Dio ci ha liberate dal Tostado, spero che Sua Maestà ci aiuterà in tutto il resto. Io non credo che si esageri minimamente accusandolo di grande ostilità contro gli Scalzi e contro me, perché ne ha dato buone prove. Bisogna sempre pregare molto affinché Dio liberi nostro padre da tali uomini, affinché li illumini e metta ordine in queste cose; fintantoché il Generale reverendissimo sarà così irritato, le assicuro che non ci mancheranno occasioni d’acquistare meriti.

3. Siccome saprà tutto da nostro padre, di questo non dico ora nulla; soltanto la prego, per carità, d’aver molta cura di scrivermi ciò che accade, quando nostro padre non potrà farlo, di dargli le mie lettere e di recapitarmi le sue. Vede ormai quante ansie si soffrono, pur stando lì: può immaginare quali siano le mie nell’esser da lì tanto lontana. Il capocorriere di qui è cugino di una nostra religiosa di Segovia; è venuto a vedermi, e promette, per lei, di far meraviglie; si chiama Figueredo. È, ripeto, il capocorriere di qui. Ci siamo messi d’accordo: dice che, avendo cura a Siviglia di dar le lettere al capocorriere, io posso ricevere notizie da lì quasi ogni otto giorni. Pensi che gran cosa sarebbe! Aggiunge che, ponendo il mio plico in una busta indirizzata a Figueredo, capocorriere di Toledo, quand’anche vi fossero molte lettere, non se ne può perdere nessuna. Tutto ciò è un lavoro di più per vostra reverenza, ma io so che ne affronterebbe per me altri di ben maggior peso, come farei io per lei.

4. Sappia che a volte ho un così vivo desiderio di vederla, che sembra ch’io non abbia altro a cui pensare; è la pura verità. S’informi là se bisogna dargli il titolo di «magnifico» o quale altro appellativo. Egli ha una posizione assai buona. Ecco perché sono stata contenta di restare ora qui; Avila non presenta alcuna comodità per questa come per altre cose. Mi dispiace solo per mio fratello, che ne soffre molto. Dall’acclusa sua lettera vedrà quanto stia male in salute, anche se ringrazio Dio che non abbia febbre.

5. Non mi ricordo mai di conservare le lettere in cui mi si parla di Teresa. Mi dicono che tutte sono confuse di vedere la sua perfezione e la sua propensione a umili uffici. Sostiene che non si deve pensare di tenerla in maggiore considerazione perché è la nipote della fondatrice, anzi, minore. LE vogliono molto bene e dicono di lei una quantità di cose. Riferisco loro questo perché ne rendano lode a Dio (essendo state loro quelle che l’hanno indirizzata a far tali progressi). Sono assai contenta che la raccomandino a Sua Maestà. L’amo molto, come suo padre, ma le dico, in verità, esserne lontana è per me un riposo. Non arrivo a capirne la ragione, se non è il fatto che le gioie della vita sono per me una stanchezza. Forse ciò sarà dovuto alla paura che ho d’attaccarmi a qualcosa di terreno; pertanto è meglio evitarne l’occasione, anche se nel presente momento, per non mostrarmi ingrata verso mio fratello, con tutto il bene che ci ha fatto, vorrei stare lì fino a che abbia sistemato alcune cose, per le quali mi attende.

6. Non tralascino d’informare lui e me di quanto riguarda la tassa sui diritti di vendita, in conformità dell’accluso foglio. Vedo bene che le mancherà denaro e per questo mi sono interessata dell’affare del padre Nicola, perché le si diano in tempo i quattrocento ducati. Siccome avevo mandato via la postulante, perché mi hanno detto che aveva non so quale difetto, Nicola mi ha scritto di nuovo l’acclusa lettera. Nostro padre dice che non fa al caso nostro. Ciò malgrado non sono tornata a rifiutarla, perché nella necessità in cui ci troviamo, si può vedere se non sia opportuno metterla alla prova. Può darsi che vada bene. Tratti della cosa là con nostro padre, se si troverà nel bisogno, e s’informi dei suoi difetti, perché io non gliene ho detto che poche parole; vedo, però, che là i conti vanno male, e mi ha meravigliato sapere che non sono più di mille e cinquecento ducati quelli della madre di Beatrice, anche s’ella è tale che a prenderla senza niente ci guadagneremmo sempre molto. Sono stata contenta che lei faccia calze e ne tragga guadagno; se si aiutano loro stesse, Dio le aiuterà.

7. In risposta a quanto mi dice circa la vendita delle rendite per pagare i tributi, è chiaro che sarebbe bene estinguere man mano quel gravame. Se vi si unisse la dote di Bernalda, voglio dire la figlia di Paolo, e si arrivasse a tremila ducati, non vi rinunzierei. Ne parlino prima a persone autorevoli. Quando è stata inserita tale condizione, il padre Mariano mi ha detto che ciò era senza importanza e che, ferma restando la stessa condizione, il denaro si dovrebbe prendere, perché fare altrimenti non sarebbe cosa giusta. S’informi di tutto; prima di pagare le rendite, veda di avere denaro in casa. Che il padre Garciálvarez ne parli con gli uni e con gli altri, e loro trattino della cosa con nostro padre; quando egli si trova là, non deve ricorrere mai a me, ma a lui. Piaccia a Dio che la dote di Leonora non venga decurtata; mi dica come si comporta, visto che io non sono per nulla soddisfatta della sua intelligenza, e se c’è buona volontà da parte sua.

8. Per quanto riguarda la Vanegas, è ben duro in questo momento prendere una novizia senza nulla; si può farlo accettandola unicamente per l’amor di Dio; siccome lì non se n’è presa nessuna a titolo di elemosina. Egli ci aiuterà e forse ne condurrà altre perché si faccia questo per Lui. Ciò riguarda solo il caso in cui insistessero molto con nostro padre ed egli ne desse l’ordine a vostra reverenza. Lei non dica una parola; e stia molto, molto attenta, amica mia, a non precipitarsi a prendere religiose, ché ne va la nostra vita dal rendersi conto se sono adatte a noi. Quella di Nicola non deve, credo, avere nulla di più che la grazia fisica.

9. La nipote o cugina di Garciálvarez, a mio parere, è davvero come le ho detto. Caballar me ne ha dato conferma. Non credo che sia donna Clemenza ma l’altra. Con franchezza può dire a Garciálvarez che le hanno parlato delle sue grandi crisi di malinconia; a me egli ha detto chiaramente ch’è pazza: per questo io non ne ho più parlato; era stata proprio l’identica mia impressione, e credo di non ingannarmi. Tali persone hanno un padre, e prima che ne cavi fuori qualcosa avrà ben da faticare. Anche se non fosse così, non bisogna ora sovraccaricare la casa, tranne che non sia per sgravarsi subito dal debito. Aspettiamo un po’, ché con la baraonda scatenata da quei padri, non mi meraviglio che non venga nessuna postulante.

10. Tutto quello che spenderà per il porto delle lettere lo segni, perché sia computato dai quaranta ducati inviati da San Giuseppe d’Avila; e stia attenta a non fare altrimenti, perché non sarebbe discrezione, ma insensatezza, ho ragione di dirglielo. Come può già presumere d’inviare denaro! È una cosa che mi ha divertito di fronte alla preoccupazione ch’io ho, qui, di come loro riusciranno a vivere. Ciò malgrado, il suo aiuto è venuto a proposito, anche per pagare il porto delle lettere. Dio la ricompensi per questo, per l’acqua di fior d’arancio, che è assai buona, e il velo di Giovanna della Croce. Ciò nonostante, non presumano di ripetere tali donativi, perché, se avrò bisogno di qualcosa, glielo farò sapere certamente, credo, con tanta maggior franchezza e piacere quanta ne comporta rivolgersi a consorelle in cui riposa la mia fiducia, sicura che vostra reverenza e tutte accoglieranno ben volentieri la mia richiesta. Quella dalla bella voce non è più tornata. Sono molto preoccupata di trovare qualcuna che convenga loro.

11. Oh, come desidero che vi diano l’acqua! È incredibile quanto lo desideri. Ho un po’ di fiducia che riuscirà a qualcosa il padre Mariano o il nostro padre con fra Bonaventura, poiché egli è guardiano dei Francescani. Vi provveda il Signore; sarebbe certo un gran sollievo. Loro crederanno sicuramente che mi starebbe più a cuore esser là che qua, visto che ora va a Siviglia nostro padre, anche se dovessi passare qualche brutto momento a causa del vescovo. Mi fa stupire la gioia che provo all’idea di recarmi da loro; Dio ha fatto ogni cosa per il meglio. Sia per tutto benedetto, e mi conservi vostra reverenza molti anni ancora.

12. Per non darle pena, non vorrei parlarle di quella che ho io per la nostra priora di Malagón, anche se Dio ha tratto profitto da situazioni peggiori. Prescindendo da quanto io l’ami, è tremendo il bisogno che ora ne abbiamo. L’avrei portata qui, ma il nostro medico curante dice che se là può vivere un anno, qui non vivrebbe neppure un mese. Il Signore vi ponga rimedio. Gliela raccomandino molto. È proprio spacciata, perché dicono ch’è tisica. Si guardino dal bere l’acqua di salsapariglia, anche se sia particolarmente indicata contro l’isterismo. La priora e le consorelle le mandano i loro saluti.

13. Molta pena mi ha procurato il male del mio santo priore, e lo stiamo già raccomandando a Dio. Mi dia sue notizie, mi dica che cosa ne è della Delgado, se la madre di Beatrice ha lasciato a lei e alla sorella qualcosa che debba passare alla casa, mi ricordi a tutte le persone a cui riterrà opportuno, e resti con Dio, perché mi sono dilungata parecchio, felice di sapere che loro stanno bene, specialmente vostra reverenza; io temo sempre per queste priore, visto lo stato a cui le vediamo arrivare. Dio me la conservi, figlia mia.

14. Da Caravaca e da Beas ricevo lettere qualche volta. A Caravaca non mancano travagli, ma spero in Dio che vi si porrà rimedio. Oggi è il 7 di settembre. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

15. Ora ci scriveremo più spesso. Badi di non trascurare di farlo, né dimentichi di usare qualche volta particolari attenzioni a nostro padre; egli è perfettamente d’accordo con noi circa il divieto di ospitare lì i frati per i pasti. Abbiamo tanto insistito a questo riguardo che non vorrei ch’egli finisse con l’esagerare, perché lei conosce quale sia il suo bisogno e quanta importanza abbia per noi la sua salute.

16. Come mai non mi dice nulla di fra Gregorio? Me lo saluti molto e mi dica come vanno le cose di quei padri (se lei non mi scrive di tutto, non lo fa nessuno), e come se la passa con il padre fra Antonio di Gesù.

17. Non risponderò a Nicola fino a quando non mi darà notizie. Calcoli un porto di mezzo reale, quando non si tratta che di tre o quattro lettere; di più se sono di più.

18. Siccome so che cosa vuol dire vedersi nel bisogno e quanto difficilmente si trovi lì il denaro, non ho osato respingere del tutto la proposta di Nicola. È necessario che nostro padre, quando lo richiederà del suo parere, possa pensarci senza alcuna fretta, altrimenti, occupato com’è, gli sfuggirà l’importanza della cosa.

 

116. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 9 settembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con  vostra reverenza, figlia mia. Le dico sinceramente che le sue lettere m’infondono così grande consolazione che, avendone letta una e non pensando che ve ne fossero altre, quando ho trovato la seconda, ne sono stata così felice come se prima non ne avessi visto nessuna, tanto da meravigliarmi io stessa di me. Da ciò si renda conto ch’esse mi saranno sempre di gioia. M’invii ogni volta un biglietto a parte per quello che devo rispondere a lei in particolare, affinché non dimentichi nulla.

2. Riguardo all’ingresso delle postulanti, mi sembra che nostro padre abbia lasciato detto che la madre di Beatrice poteva entrare, e io me ne sono rallegrata molto: pertanto fa bene a prenderla e può darle l’abito con le nostre vive felicitazioni, perché ne sono particolarmente contenta; le dica anche che sarei ben lieta di stare dov’è lei. Le ho già scritto di ammettere Beatrice alla professione – io lo dirò a nostro padre – e me la saluti molto, raccomandandole di non dimenticarmi quel giorno.

3. Per quanto riguarda le cugine di Garciálvarez, non so se si ricordi che mi hanno detto che una era giunta a tale stato di malinconia da perdere il senno; non credo si tratti di donna Costanza. Parli della cosa con assoluta semplicità. Della nipote non so nulla; se ella fa al caso nostro, qualunque persona della sua famiglia sarà preferibile ad altre. Prenda accurate informazioni e, quando sarà bene al corrente di tutto, mandi a chiedere l’autorizzazione a nostro padre, che ora dev’essere ad Almodóvar, dove, come saprà, si tiene un Capitolo di Scalzi, ottima iniziativa. Come mai non mi parla della malattia del padre fra Gregorio? Ciò mi ha proprio procurato afflizione.

4. Tornando alla questione delle religiose, una di cui le ho scritto che aveva una bella voce, non è più tornata; si parla di un’altra per la quale insiste molto Nicola, e il padre Mariano dice che Nicola può fare tanto per quella casa. Ella porterà poco più di quattrocento ducati, oltre i corredo, ma li darà subito, che è quanto io procuro si faccia perché loro paghino le rendite e non vivano nelle tribolazioni; ce ne sarà anche per i diritti di vendita, come si era convenuto. Mi dispiace molto che non fosse affare concluso quando quell’altro è morto, ma forse sarà per il meglio.

5. Abbia sempre l’avvertenza di ritenere preferibile un accordo, non se ne dimentichi, perché nostro padre mi ha scritto che un uomo assai dotto della Corte gli ha detto che il diritto non è dalla nostra parte, e quand’anche lo fosse, i processi sono cosa ben dura; lo tenga sempre presente.

6. Mi hanno detto che questa religiosa è assai buona; ho raccomandato molto a Giovanni Díaz di vederla, e se è una deformità il segno – non so quale – che dicono ch’ella abbia in viso, non si deve prenderla. Mi attiravano i denari che verrebbero dati non appena lo volessimo, perché non vorrei che lei attingesse a quelli della madre di Beatrice e di Paolo, che servono per il pagamento più importante; se cominciano a diminuire utilizzati per altri fini, loro resteranno con un carico ben pesante, il che, certo, è una cosa terribile; pertanto vorrei che si potesse portarvi rimedio qui. Io m’informerò bene di questa giovane; la lodano molto e, infine, è delle nostre parti. Cercherò di vederla.

7. Circa quello che dice delle prediche, ora va bene; nelle attuali circostanze faccia ciò che le dicono; in seguito non si dovrà se non rispettare i nostri Atti, per quanto possano irritarsene.

8. Le torno a dire che non vorrei che loro vendessero i beni di quella consorella, ma che cercassimo la soluzione per altro verso; diversamente resteremo con quel peso, ed è troppo gravoso pagare tutto insieme con il denaro di Paolo: ne resterebbero assai alleggerite.

9. Oh, quanto mi ha divertita la lettera delle figlie mie! Le assicuro che è perfetta. Me la saluti tanto, ché, dovendo scrivere al nostro buon Garciálvarez, mi fa molto piacere che sia di tale umore. Ciò malgrado, siano riservate, perché egli è così perfetto che forse quanto pensiamo possa edificarlo, lo scandalizzerà. L’Andalusia non è un paese di grande semplicità.

10. Sono estremamente contenta che il Vescovo stia bene, e ne ho reso grazie al Signore. Glielo dica appena lo vedrà, e se ciò non avviene con frequenza, non se ne preoccupi. Le ultime lettere vanno molto bene, perché ognuna m’informa di una cosa. Ne sono stata assai contenta.

11. Tutto va molto bene nei riguardi di Teresa. Era motivo di render lode a Dio la perfezione di cui ha dato prova durante il viaggio, tale da far restare stupiti. Non ha voluto dormire nemmeno una notte fuori del monastero. Le assicuro che se lì si son date da fare con lei, ella fa ben loro onore. Non finirò mai di ringraziarle per la buona educazione che le hanno dato, e neppure suo padre. Egli sta bene. Ho strappato una lettera scrittami da lei, che ci ha fatto ridere. La raccomandino sempre a Dio, per carità; lo chiedo specialmente alla sua maestra. Mi scrive che ha sempre nostalgia di Siviglia e decanta le loro lodi. Credo che a questo plico verranno accluse alcune lettere per l’assistente. Se non sarà possibile farlo ora, le invierò in seguito.

12. Oggi ho scritto a Madrid perché il conte di Olivares scriva lì. Questa sarebbe una gran fortuna. Dio voglia concedercela. Io farò al riguardo tutto quello che potrò; piaccia a Dio che possa fare qualcosa. Mi è di gran conforto sapere che la casa è fresca; in cambio di tale vostro benessere, io sono contenta d’aver caldo. Non mi mandino nulla, per carità, giacché tutto costa più di quel che vale. Alcune cotogne sono giunte bene, ma poche; i pesci, buoni. Il tonno è rimasto a Malagón, e se lo godano. Siccome da lì le scriveranno, non le parlo dei loro travagli e della cattiva salute della priora, anche se l’emottisi è cessata, grazie a Dio. Ch’Egli mi conservi loro tutte, figlie mie, e le renda sante, amen.

13. Non credo che si osi rispondere alla sua lettera. Ciò malgrado, dico che, visto che loro portano tuniche di stamigna, possono fare dello stesso tessuto anche le gonne, senza incorrere in alcuna imperfezione. Io le preferisco di gran lunga così, che non di panno. Oggi è il 9 settembre. Io, di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

117. Al Padre Girolamo Gracián, ad Almodóvar (?)

Toledo, 9 settembre 1576

Per il nostro padre fra Girolamo Gracián, commissario apostolico dell’Ordine carmelitano.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo guidi vostra grazia e la illumini, e la sua Vergine l’accompagni. Le assicuro ch’io credo che bisogna servirsi dei meno colpevoli di tali padri perché siano eseguiti gli ordini di vostra paternità. Quel provinciale, se non si fosse comportato con tanta insensatezza, non sarebbe stato un cattivo soggetto. Ora io ho molto più coraggio dell’altra volta.

2. Sappia che il mio buon amico Salazar è qui. Gli avevo appena scritto che avevo bisogno di parlargli, ed eccolo fare un giro di molte leghe per venire: è davvero un amico. Mi sono molto rallegrata della sua visita. Egli dice che l’angelo maggiore è assai contento di avere una nipote fra le farfalle ch’egli stima molto, e gli ha parlato delle aquile facendole elogi a non finire.

3. Molte cose dalla priora e da queste consorelle. Raccomandano vivamente vostra paternità a Dio. La mia Isabella è un amore. Legga l’acclusa lettera della mia signora donna Giovanna. Ella sarà la mia consolazione, anche se per me è una tremenda mortificazione che questa casa non sia organizzata in modo adeguato a quanto ella vorrebbe. Come mai non ha avvisato quel Rocco delle mie lettere? È proprio questo il nome che desideravo sapere. Perdoni la lunghezza della presente: essa mi è servita di riposo. E che Dio accompagni vostra paternità. Ieri è stata la festa di Nostra Signora. Oggi è arrivato Antonio. L’indegna figlia, Teresa di Gesù.

4. Rodrigo Alvarez mi ha scritto parlandomi molto di vostra paternità. Non tralasci di frequentarli com’è solito, per carità.

 

118. A don Francesco de Salcedo, ad Avila

Toledo, 13 settembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Logroño

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei. Mi sembra che nostro Signore tratti vostra grazia da forte, perché, siccome vuol esser povero, le va togliendo la rendita. Sia benedetto per tutto: così Egli arricchisce coloro che ama, esercitandoli a soffrire.

2. Non appena l’ho saputo – me l’ha detto il nostro padre Visitatore, a cui l’aveva riferito l’illustrissimo presidente del Consiglio Reale – ne ho avuto molta pena. In seguito mi è sembrato che sia meglio così, perché non è possibile che nostro Signore non si prenda cura di vostra grazia ora, vedendo che non ha di che vivere. Ch’Egli indirizzi le cose come devono andare perché vostra grazia lo serva: questo è quanto dobbiamo voler tutti noi che l’amiamo nel Signore, essendo ciò che conviene di più. Gliene rivolgo viva supplica e con me queste consorelle; ovviamente quelle di là non mancheranno di aver la stessa cura, ed è impossibile che Dio tralasci di fare ciò che più converrà a vostra grazia. Pertanto abbia molta fiducia e sia sereno.

3. Io lo sono da quando questo suo servo mi ha detto che lei da un anno a questa parte sta molto bene, senza i soliti acciacchi. Non è stata la madre priora a dirmelo. Sia ringraziato Dio e la ricompensi dell’aiuto che dà sempre alle consorelle e che sembra ispirato da Lui, visto che vostra grazia non si stanca mai di farlo.

4. Sua Maestà ci libererà da questo debito, essendo assai buon pagatore. Non la ringrazio spesso di questo, sapendo io di lei e lei di me per altra via, ma sia certo che non è mancanza di gratitudine, perché se io potessi servire vostra grazia a prezzo della mia vita e della mia pace, credo che lo farei… Dio gliela conceda qua come può, in modo che goda poi di quella eterna.

5. Non è qui il vescovo di Troya, e pertanto non si consacra il calice. Dicono che verrà presto. Io cercherò, appena viene, di mandarlo. Intanto si trovi lì il rimedio alla situazione. Supplico vostra grazia di non dimenticare di raccomandarmi a Dio nei suoi santi sacrifici. Sua Maestà la conservi per molti anni con la santità di cui io lo supplico, amen. Oggi è il 13 settembre. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù, Carmelitana.

 

119. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 20 settembre 1576

Autografo frammento: Carmelitani Scalzi, S. Teresa al Museo, Napoli

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. Non pensi, padre mio, di portare a compimento le cose d’un colpo. Che frutto può trarre dalla permanenza di due o tre giorni in queste piccole case se non quello che è capace di trarne il padre fra Antonio? Infatti, appena se ne andrà, ritorneranno allo stato di prima, mentre lei si espone per esse a mille pericoli.

2. La signora donna Giovanna è fermamente convinta che vostra paternità fa ciò di cui la supplico. Piaccia a Dio che riguardo a quanto ora le ho detto sia così. È stata qui tre giorni, anche se non ho potuto godere della sua presenza nella misura in cui avrei voluto, perché ha avuto molte visite, specialmente da parte del canonico; sono diventati grandi amici. Assicuro vostra paternità che le qualità di cui Dio l’ha dotata sono delle migliori; il suo talento e il suo carattere sono così rari che nella mia vita ho visto poche persone simili a lei, anzi, credo nessuna; è di una tale semplicità e franchezza ch’io ne sono estasiata. In questo supera di molto suo figlio. Mi sarebbe di enorme consolazione stare dove mi fosse possibile vederla spesso. Ci capivamo così bene come se fossimo vissute insieme tutta la vita.

3. Dice di essere stata assai contenta del suo soggiorno qua. Dio ha voluto che si trovasse un alloggio presso una signora vedova che vive sola con le sue donne di servizio. Vi è stata del tutto a suo gusto e ha reputato una fortuna la sua vicinanza al convento. Da qui le si portava il pasto preparato, e vostra paternità mi ha dato la vita orinandomi di possedere un po’ di denaro, per non essere legata a quanto dà il convento, il che mi sarebbe riuscito assai penoso. Pur non rappresentando nulla ciò che si è fatto, è stato quanto era di mio maggior gradimento.

4. Vostra paternità mi fa sorridere quando mi dice di aprire la grata per lei; sembra che non mi conosca: io vorrei aprirle le mie viscere. Fino all’ultimo giorno le ha tenuto compagnia donna Giovanna, sua figlia, che mi è sembrata assai graziosa, e mi fa molta pena vederla fra quelle giovanette, perché, a quanto dice, in verità, soffre più disagi di quanti non ve ne siano qua. Ben volentieri io le darei l’abito, come a quell’angioletto di sua sorella, così bella e paffuta che non si può immaginare nulla di meglio. La signora donna Giovanna non finisce di stupirsene, guardandola. Il piccolo Piero, suo fratello, che è venuto qui, dalla meraviglia non riusciva a riconoscerla. È l’unica distrazione ch’io abbia in questo luogo. Ne ho parlato molto alla signora donna Giovanna l’ultimo giorno. Sembra che fosse un po’ scossa, secondo quel che mi ha detto Anna de Zurita, alla quale ha confidato che aveva trascorso la notte con questo pensiero e che non era molto lontana dal decidersi, ma che voleva rifletterci ancora. Dio vi provveda. Vostra paternità glielo raccomandi, perché, siccome le somiglia molto, sarebbe mio vivo desiderio d’averla con me.

5. La signora donna Giovanna, avendo visto la gioia e il comportamento di tutte le religiose, è decisa a procurar di mandare presto la signora donna Maria a Valladolid, e credo anche che sia pentita di aver dissuaso la signora donna Adriana dall’andarvi. È rimasta, pertanto, assai contenta, a quanto mi sembra, e credo che non sia capace di fingere.

6. Ieri mi ha scritto una lettera con mille cortesie dicendomi che qui non sentiva la sua pena e la sua tristezza. Me l’hanno strappata con altre (non si contano quelle che mi sono state inviate in questi giorni, tanto da ridurmi intontita), e me ne dispiace molto, perché volevo mandarla a vostra paternità. Il giorno della partenza da qui dice ch’era caduta la febbre terzana al signor Luca Gracián e che sta già bene. Oh, che cara persona, poi, è Tommaso de Gracián! Mi è piaciuto molto; è venuto qui anche lui. Oggi gli ho scritto del buono stato di salute di vostra paternità.

7. Domandandomi chi, fra noi due, amasse di più vostra paternità, ho pensato che la signora donna Giovanna ha marito e altri figli da amare, mentre la povera Lorenza sulla terra non ha che questo padre. Piaccia a Dio di conservarglielo, amen, ché io cerco di consolarla come meglio posso. Mi dice che Giuseppe è tornato a rassicurarla, e così ella vive, anche se con travagli e senza conforto per essi.

8. Veniamo a quanto riguarda il Capitolo: i Padri ne sono ritornati soddisfatti e io stessa sono assai felice che tutto sia andato così bene. Sfido che a vostra paternità, questa volta, non sono risparmiati grandi elogi! Tutto viene dalla sua mano, e fors’anche le preghiere fanno molto, come vostra paternità dice. Sono rimasta estremamente contenta della nomina d’uno zelatore preposto alle varie case; è un provvedimento assai opportuno ed utile. Gli ho raccomandato che insista molto sui lavori manuali, cosa di grandissima importanza. Gli ho detto che ne avrei scritto a vostra paternità, perché egli dice che non se n’è parlato in Capitolo. Ho aggiunto che tale prescrizione è contenuta nelle Costituzione e nella Regola; che cosa c’è di meglio se non farla osservare? Sono stata anche contenta – al punto da non poter credere che fosse vero – di sapere che sono stati cacciati dall’Ordine quelli per i quali lo si è fatto: l’averlo potuto fare è molto importante.

9. Sono stata anche assai contenta del disegno che si è delineato di procurare con tutti i mezzi possibili l’erezione in provincia per mezzo del nostro padre Generale, perché è una guerra intollerabile quella che nasce dall’agire a dispetto del proprio superiore. Se a tal fine occorrerà denaro, Dio ce lo darà; i compagni ne vengano allora provvisti e, per amor di Dio, vostra paternità abbia cura che non ritardino la partenza. Non la ritenga una cosa accessoria, perché è essenziale, e se quel priore de la Peñuela lo conosce così bene, sarebbe opportuno che ci andasse lui col padre Mariano. Qualora non si potesse venire a capo di nulla, si tratti col Papa, ma la prima soluzione sarebbe assai migliore e adesso il momento è particolarmente propizio. Visto inoltre lo stato di salute di Matusalemme, non so che cosa aspettiamo, se non mancare di un qualunque appoggio e restare sul più bello senza alcuna speranza.

10. Sappia che un ecclesiastico amico mio – il quale tratta con me di cose della sua anima – mi ha detto oggi che ritiene con assoluta certezza imminente la morte di Gilberto: ha, anzi, detto che morirà quest’anno, aggiungendo di aver avuto altre volte tali presentimenti per altre persone senza mai sbagliarsi. È una cosa possibile, anche se non bisogna far caso di ciò; pertanto, siccome non è impossibile, è bene che vostra paternità tenga presente tale eventualità in vista degli affari che c’incombono; attenda, dunque, alle cose riguardanti le visite come a cose di breve durata. Fra Pietro Hernández, per tutto quello che vuole eseguire all’Incarnazione, si servì di fra Angelo e lui se ne stava lontano, né per questo lasciava d’esser visitatore e di compiere il suo dovere. Ricordo sempre ciò che ha fatto quel padre Provinciale per vostra reverenza, quando lei era nel suo monastero, e non vorrei, se fosse possibile, che lei gli si mostrasse ingrato. Si lamentano che vostra paternità si lasci guidare dal padre Evangelista; anche a questo riguardo è bene che proceda con avvertenza, perché non siamo così perfetti da far escludere la possibilità di un partito preso contro alcuni, o di propensione verso altri, ed è necessario stare attenti a tutto.

11. La priora di Malagón va un po’ meglio, grazie a Dio, anche se c’è poco da sperare, stando a quanto dicono i medici. Mi stupisce molto che vostra paternità abbia voluto lasciare a me la decisione di andare a Malagón, quando non è da parlarne per molte ragioni: anzitutto perché sarebbe senza scopo, non avendo io tanta salute né tanta carità da curare ammalate; per quanto, poi, riguarda la casa, intendo dire i lavori, faccio molto di più qui: dal momento che lì c’è Antonio Ruiz, le monache non hanno niente da fare, e quand’anche la mia presenza fosse molto necessaria, come vostra paternità vede, il tempo è cattivo.

12. Un’altra buona ragione è che lei non me lo comanda né le par bene ch’io vada, e che mi dice di fare quanto mi sembra meglio. Bella perfezione sarebbe, da parte mia, pensare che il mio parere è migliore di quello di vostra paternità! Quando le religiose mi hanno fatto sapere che la priora aveva perduto conoscenza e parola – sottolineandone molto la gravità –, ho mandato loro a dire che la direzione della casa fosse presa da Giovanna Battista, la quale, a mio giudizio, è la migliore. Mi riesce, infatti, così increscioso trasferire le religiose da tanto lontano, che mi trattengo dal farlo fino a quando mi è impossibile evitarlo. Pertanto ho scritto alla priora, nel caso che fosse in condizione di leggere la lettera, che tale era il mio parere, ma che se lei fosse di avviso diverso, poteva scegliere a quel posto chi voleva, perché è cosa conforme alle regole dell’Ordine.

13. Ella non ha voluto Giovanna Battista e ha scelto Beatrice di Gesù, dicendo ch’è molto migliore. Forse lo sarà, ma a me non lo sembra. Non ha neanche voluto che Isabella di Gesù fosse maestra delle novizie, le quali sono così numerose da essermi causa di gran preoccupazione, e questa Isabella, che ha esperienza di tale carica, non ci ha dato cattive novizie, perché, pur non essendo molto avveduta, è una buona religiosa. Nemmeno il licenziato è stato del mio parere, e così Beatrice ha ora tutto nelle sue mani ed è sopraffatta dalla fatica. Se non dovesse adempiere bene il suo ufficio, si potrà darlo a una delle altre, e per i bisogni della casa è meglio una qualunque di là, a mio giudizio, che farne venire una da fuori, finché Dio manterrà in vita la priora. Ho visto bene che vostra paternità lo ha fatto per procurare un piacere a lei, ma se mi venisse la tentazione di recarmi lì, sarebbe cosa assai dura, perché non ho finito di pensare, mi sembra, d’andare in un luogo che tutti lo sanno. Quanto al mio desiderio, confesso a vostra paternità che non sarei scontenta di passare lì alcuni giorni.

14. Ieri è venuta qui donna Luisa, e penso di riuscire a farmi dare da lei quest’anno quattromila ducati, mentre non doveva darne che duemila; il capotecnico dice che se dà tale somma, in un anno, a partire da questo Natale, farà la costruzione dove potranno essere alloggiate le monache, cioè esse potranno abitarvi per quell’epoca. Infine, è ben evidente che Dio guida vostra paternità, perché il mio soggiorno qui sarà molto proficuo, anche ai fini della mia personale soddisfazione, in quanto mi è assai gradito non vedere parenti, ed essendo priora di Avila.

15. È strano il mio carattere, perché quando ho visto che vostra paternità non teneva in alcun conto il mio desiderio di non restare qui, decidendo di lasciarmici, ne ho avuto grandissima gioia, e mi sento più libera di manifestare i miei desideri e dire tutto quello che penso nel vedere che lei non fa alcun caso della mia opinione.

16. Ho detto alla maestra di Isabella di scrivere a vostra paternità; se non ne ricorda il nome, sua è la lettera acclusa. Oh, come si va facendo bellina! Come ingrassa e com’è graziosa! Dio la renda santa e vegli su vostra paternità molto più che su di me. Mi perdoni d’essermi dilungata e abbia pazienza, poiché lei sta là e io qua. La mia salute è buona, e oggi è la vigilia di san Matteo. Supplico vostra paternità di affrettarsi per quanto riguarda l’affare di Roma; non attenda l’estate, ché il tempo ora è buono, e creda che ciò ci conviene. L’indegna serva e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.

17. Vostra paternità non si ammazzi per quelle monache, poiché il suo ufficio durerà poco tempo, stando a quel che dice Matusalemme, e gli uccelli notturni pensano ugualmente; dicono che il Nunzio ha esortato Peralta ad affrettarsi, per essere di ritorno di qui a due mesi, e dicono anche che certamente egli dirigerà tutto. Oh, se io potessi vedere in porto il nostro affare! Alla buon’ora, e Sua Maestà ci liberi tutti da queste agitazioni!

 

120. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 20 settembre 1576

Per la madre priora di S. Giuseppe, a Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Ho scritto assai lungamente a nostro padre, pertanto ora non ho più nulla da dire, tranne che desidero avere notizie di vostra reverenza, e informarla che la madre priora di Malagón sta un po’ meglio.

2. Mio fratello vuol sapere se vostra reverenza ha ricevuto certe sue lettere, in una delle quali erano contenuti quattro reali da consegnare a un farmacista che sta vicino alla vostra casa, per un piccolo unguento ch’egli gli ha dato; credo che sia stato quando aveva la gamba malata. Se non fossero pervenuti, li paghi vostra reverenza e non tralasci di scrivergli, perché mi sembra che è questo a cui tiene, anche se io gli faccio avere i suoi saluti. Mi raccomando molto a tutte; la priora, a vostra reverenza; scriverà col mulattiere, perché io non le ho permesso di farlo ora, sperando di pagare meno porto, mentre sono arrivate più lettere di quel che pensavo, pertanto il porto sarà molto.

3. Desidero notizie del mio padre priore di Las Cuevas, e di come si è risolta la questione dell’acqua. Dio vi provveda come può, e mi protegga tutte le consorelle, a cui la prego di dare i miei saluti. Per carità, si ricordi di raccomandare a nostro padre di aversi riguardo e gli usi particolari attenzioni; metta sul conto dei quaranta ducati quello che spende, e non sia sciocca: faccia quanto le dico, e così pagherà anche i «porti», perché io lo verificherò. Qui raccomando a tutte di raccomandarla molto a Dio, anche se vedo che non è una raccomandazione necessaria. Oggi è la vigilia di San Matteo, e io sono di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

121. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 22 settembre 1576

Per la madre priora di san Giuseppe del Carmine a Siviglia, convento delle Carmelitane scalze nella via di san Giuseppe, alle spalle di san Francesco.

1. Gesù sia con vostra reverenza. Due giorni fa ho scritto a vostra reverenza servendomi del capocorriere, pertanto oggi non ho altro da dire se non che mio fratello sta ormai bene (avevo dimenticato di farglielo sapere), e che non vogliamo una stamigna così cara. Quella con cui si fanno qui le gonne è come la stoffa usata per Teresa, ma più grezza, e quanto più riuscirete a trovarla grezza, tanto meglio sarà. Per carità, si ricordi di farmi avere notizie di nostro padre per la via indicatale nella lettera portata da sua paternità. Ho vivo desiderio di sapere se è arrivato bene e come gli è andata. Se quando gli ero vicina ne ero tanto preoccupata, può rendersi conto di quel che sarà ora.

2. Vorrei proprio che stesse molto attenta a non riempire la casa di monache, se non si tratta di chi abbia l’attitudine necessaria e aiuti a pagarla. Vorrei anche che fossero venute a un accordo per quanto riguarda i diritti di vendita. Le assicuro che sono molto preoccupata di vedere le angustie fra cui lì si dibatte. Piaccia a Dio ch’io possa saperla libera da esse completamente e con la salute che le desidero. Mi raccomando a tutte le mie consorelle e alla mia infermiera, che non dimentico, soprattutto la notte.

3. Non torno ora a scrivere a nostro padre, perché, come ho detto, ho scritto lungamente a sua paternità l’altro ieri, e credo che sia tanto occupato ch’è bene non impegnarlo in cose superflue; noi lo raccomandiamo molto a Dio. Non trascuri di farlo anche lì. E mi ricordi massimamente al padre fra Gregorio, di cui non mi dice se è guarito. Ieri è stata la festa di San Matteo. Io sono di vostra reverenza, Teresa di Gesù. Stiamo bene.

 

122. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 26 settembre 1576

1. Gesù sia con vostra reverenza. Il latore della presente ha tanta fretta che non posso dir altro se non che sto bene e che ieri, molto tardi, è venuto il padre Mariano. Mi sono rallegrata della lettera di vostra reverenza. Sia ringraziato Dio che stanno bene.

2. Non prenda la figlia del portoghese – o di chi altro sia – s’egli prima non deposita presso qualche persona quello che deve darle, perché ho saputo che non gli si caverà fuori un soldo, e non siamo in tempi in cui possiamo accogliere gratuitamente una religiosa; stia bene attenta a non discostarsi da quanto le dico.

3. Dia le accluse lettere al nostro padre Provinciale, nelle sue proprie mani, e gli dica di non affliggersi, perché il padre Mariano e io ci stiamo adoperando, circa l’affare lì in corso, a cercar di trovare una qualche soluzione, e si farà tutto il possibile per riuscirvi. Gli dica anche che, quando queste lettere erano state scritte e affidate al buon Antonio Ruiz, visto che andava a Madrid, è arrivato il padre Mariano; mi sono molto rallegrata d’incontrarmi con lui e di sapere che il Signore va sistemando i nostri affari col disporre che quei padri se ne vadano prima di esser cacciati.

4. Vostra reverenza mi scriva, per carità, subito e particolareggiatamente ciò che accade; non si fidi di nostro padre, il quale non avrà tempo. Al signor Garciálvarez trasmetta i miei auguri vivissimi di buona salute e gli dica che desidero vederlo; guardi un po’ che desideri, a quanto pare impossibili, mi nascono. Dio lo ricompensi del favore con cui ci assiste sempre, e lo protegga, come il nostro buon priore. Lo abbiamo raccomandato molto al Signore; mi rallegro che stia un po’ meglio. Mi parli anche della sua salute, e dica a nostro padre che sarebbe stato mio vivo desiderio che il padre Mariano l’attendesse.

5. Alle mie figlie dia i miei saluti, e resti con Dio, amica mia. Le sorelle di Caravaca sono state male; mi si dice che hanno scritto a vostra reverenza. Ora se la passano bene e già comprano la casa. Siccome non ho risposto alla loro lettera, non gliela invio. Mi sono rallegrata delle notizie da Beas e dei conti del padre fra Gregorio, al quale scriverò. La madre priora Malagón sta molto male. Credo che oggi sia il 26 di settembre. Io di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

123. Al Padre Giovanni di Gesù, Roca, a La Roda

Toledo, principio d’ottobre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Consuegra (Toledo)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, padre mio. Quella sua casa è talmente fuori di mano che, pur volendolo, non trovo di chi servirmi per risponderle; pertanto ho aspettato la partenza di questi padri.

2. Il caso del padre fra Antonio è stato forse una grazia di Dio, perché mi rendo conto che soffriva d’una gran malinconia, e con i nostri pasti si sarebbe aggravato. Dio sia con lui, il cui stato, certo, non mi sembra dovuto più a mancanza di salute che di bontà d’animo. Non si può evitare che la cosa si sappia, perché bisogna provvedere Almodóvar di un altro predicatore. Piaccia a Dio che ritorni al suo Ordine; il nostro non ha niente da perdere con la sua venuta né con la sua partenza.

3. Speravo che vostra reverenza passasse di qua al suo ritorno; una piccola diversione gliel’ha impedito. Non dev’essere grande il suo desiderio di compiacermi, perché, anche quando è stato qui, ho potuto parlarle ben poco. Sappia che nella stessa misura, anzi, meno ancora io ho influenza circa il viaggio a Roma di cui vostra reverenza mi scrive: da tempo lo chiedo e non sono riuscita neanche ad ottenere che rimandi una lettera a chi sarebbe così doveroso mandarla; ma siccome facciamo qual che dobbiamo, succeda quel che vuol succedere. E non dipende dal nostro padre Visitatore, il quale l’ha già fatto, ma c’è tanta gente a dare consigli diversi, che io valgo a poco. Mi rincresce molto non poter fare di più. Credevo che questo viaggio fosse deciso: mi avevano detto così. Vi provveda Dio, e vostra reverenza, per carità, potendo ben più di me, non manchi di dar loro fretta.

4. Ho già mandato le lettere a Siviglia e ad Almodóvar, anche se credo che il padre priore fosse già a Madrid (malgrado io abbia scritto subito), ed è ancora lì; ho inviato anche quella di Caravaca, ed è stata una fortuna, perché stava per partire un corriere, e ve ne sono pochi per quella regione. Mi ha molto addolorata la malattia del padre fra Gabriele; vostra reverenza glielo dica e gli dia i miei saluti; noi, qui, lo raccomandiamo a Dio. È un padre per il quale ho molto affetto, egli ne ha poco per me.

5. Nostro padre mi ha scritto d’essere arrivato bene; mi ha detto che alcuni padri del panno erano andati via e ch’egli aveva dato soddisfazione al Capitolo. Poi non c’è stato altro, tranne che quei padri si mostrano docili e gli mandano intercessori. Se Dio ce lo conserva, credo che farà molto bene. Vostra reverenza non manchi d’avere la cura di raccomandarlo a Lui, e lo stesso faccia per me. Io mi affido alle preghiere di tutti quei padri; la priora a quelle di vostra reverenza, che nostro Signore renda così santo come io gliene rivolgo supplica, amen. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

124. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 5 ottobre 1576

Autografo: Carmelitani Scalzi di Treviso

1. La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Se non fosse giunta la lettera che vostra paternità mi ha inviato per la via di Madrid, sarei stata fresca, perché oggi è l’indomani della festa di S. Francesco, fra Antonio non è venuto, e io non sapevo se vostra paternità fosse arrivato bene, finché non ho avuto la sua lettera.

2. Sia benedetto Dio che gode buona salute e che è così anche di Paolo, nel riposo della pace interiore. Sembra davvero un miracolo un miglioramento così perfetto. Tutto ciò deve esser necessario alla nostra natura, perché cose di tal fatta ci aiutano molto a umiliarci e a conoscerci. Io, qui, ho pregato molto il Signore di dargli un periodo di calma, sembrandomi sufficienti gli altri suoi travagli; vostra paternità glielo dica da parte mia.

3. Io, attualmente, non ne soffro alcuno; non so come questo andrà a finire, ma mi hanno dato una cella appartata simile a un romitaggio, molto allegra, sono in buona salute e lontana dai parenti, anche se tuttora mi raggiungono con le loro lettere; solo il pensiero di quello che accade laggiù mi è causa di pena. Posso affermare a vostra paternità che, per farmi stare a mio agio, l’ha indovinata a lasciarmi qui; anche riguardo alla pena che le ho detto, mi sento, del resto, più tranquilla del solito.

4. Ieri sera stavo leggendo la storia di Mosè e le tribolazioni che con quelle piaghe procurava a quel re e a tutto il regno, e come non l’abbiano mai toccato; in certo modo sono sbigottita e, insieme, lieta di vedere che nessuno ha il potere di nuocere quando il Signore non lo vuole. Mi è piaciuta la storia del mar Rosso, perché mi veniva in mente quanto sia meno quello che noi domandiamo. Godevo di vedere quel santo in mezzo a tali lotte per ordine di Dio. Mi rallegravo di scorgere il mio Eliseo nella stessa situazione e l’offrivo di nuovo al Signore. Mi ricordavo delle grazie che mi ha fatto e quanto di lui Giuseppe mi ha detto: Gli resta da vedere ancora molto di più per l’onore e la gloria di Dio. Mi struggevo dal desiderio di trovarmi fra mille pericoli per servirlo. In queste e altre cose simili trascorre la mia vita; così ho anche scritto le sciocchezze che qui vedrà.

5. Ora comincerò la storia delle Fondazioni di cui Giuseppe mi ha detto che sarà utile a molte anime. Se Dio mi aiuta, lo credo anch’io; peraltro, indipendentemente da queste parole, io avevo già deciso di scriverla, perché ordinatami da vostra paternità. Sono stata molto contenta che nel Capitolo lei ne abbia dato così ampia informazione. Non so come non si vergognino di quanto hanno detto quelli che hanno scritto il contrario. È una gran fortuna che comincino ad andarsene spontaneamente coloro che forse avrebbero dovuto andar via contro la propria volontà. Mi sembra che nostro Signore vada sistemando i nostri affari. Piaccia a Sua Maestà che si concludano per la sua gloria e per il profitto di tali anime. Vostra paternità farà assai bene ad ordinare dal suo convento quello che si dovrà fare; così non avranno da osservare se va o non va in coro. Glielo dico perché tutte le cose si facciano meglio. Qui non mancano le preghiere, che sono armi migliori di quelle che usano cotesti padri.

6. Per mezzo del capocorriere ho scritto lungamente a vostra paternità, e in attesa di sapere se riceve tali lettere, non ne ho più inoltrate per quella via, ma per Madrid. Circa l’affare di David, io credo ch’egli abbindolerà il padre Speranza, come di consueto, perché stanno sempre insieme e suo fratello è partito; anche se la presenza di fra Bonaventura può fare molto, conoscendo entrambi l’affare (il che è una gran fortuna, perché – Dio mi perdoni – io desidererei che ritornasse alla sua prima vocazione); temo, infatti, che non possa far altro che crearci ostacoli. Da quando sono qui non ne ho saputo più nulla. La figlia e serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

125. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 5 ottobre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di san Giuseppe di Siviglia.

1. Gesù sia con vostra reverenza. Non so come lasci partire il mulattiere senza una sua lettera, specialmente quando è lì nostro padre, del quale vorremmo avere notizie ogni giorno. Le invidio molto di averlo vicino. Per carità, non faccia più così, e non trascuri di scrivermi tutto quello che accade, perché nostro padre scrive brevemente, e, quando egli non ha il tempo di farlo, mi scriva almeno lei, a cui ho già indicato il mezzo di cui servirsi per inviarmi spesso notizie.

2. Sono stata felice di sapere, dalla lettera che mi ha portato il padre Mariano, che vostra reverenza e tutte le sorelle stanno bene (fra Antonio non è venuto) e che si sia giunti a un accordo per i diritti di vendita.

3. Mio fratello sta ormai bene. Ha sempre piacere d’aver notizie di vostra reverenza. Le ho già detto di non tralasciare di scrivergli qualche volta. Ha comprato una proprietà (di cui si parlava fin da quando era lì) vicino ad Avila, credo a una lega e mezza, e anche meno. È fornita di pascoli, campi di grano e boschi. Gli è costata quattordicimila ducati, e ancora non si sono fatte le scritture; dice che quanto è avvenuto lì gli è servito di lezione per non fare la compra, se tutto non è molto sicuro e chiaro, non volendo cause. Lo raccomandi sempre a Dio con i suoi figli (per i quali già si presentano occasioni di matrimonio), perché abbiano a servirlo.

4. Sappia che, siccome appena giunta qui, pensavo che saremmo ripartite subito, ho spedito all’arrivo il baule e tutti gl’involti che avevamo, per mezzo di un mulattiere, e non so se sia stato nel toglierli fuori dall’imballaggio o come sia avvenuto, non si trova il grande Agnus Dei di Teresa né i due anelli con gli smeraldi, e io non ricordo dove li ho messi né se me li abbiano dati. Mi ha fatto proprio pena vedere come tutto si sia concluso con una delusione al posto della gioia ch’ella nutriva pensando di avermi là con sé, ché le manco per molte cose. Cerchino di ricordarsi se questi oggetti stavano in casa, quando siamo partite, chieda a Gabriella s’ella rammenta dove io li abbia messi, e raccomandino a Dio di farli ritrovare.

5. Mi ha molto meravigliata ciò che mi dice riguardo ai padri della Compagnia. Come l’altra le ha raccontato, essi non sono meno meravigliati del nostro rigoroso tenore di vita. Sarebbe bene che parlasse loro il nostro padre Garciálvarez. Me lo saluti molto, come tutte le mie figlie e il padre priore di Las Cuevas. Noi raccomandiamo vivamente a Dio la sua salute. Voglia Egli dargliela, ché la sua malattia mi affligge; non gli scriverò fino a quando non saprò che sta meglio. Me ne dia notizie, se disporrà di un messaggero.

6. Sarebbe bene, malgrado tutto, che si adoperasse di tanto in tanto ad avere per confessore della comunità qualcuno della Compagnia: sarebbe molto opportuno per toglier loro il timore che nutrono nei nostri riguardi; il padre Acosta andrebbe molto bene, se fosse possibile. Dio perdoni loro, giacché con quella postulante, se era tanto ricca, si sarebbe concluso tutto, sebbene, visto che Sua Maestà non ce l’ha condotta, si prenderà cura lui di sistemare le nostre cose. Forse è più necessaria dov’è andata.

7. Io credevo che, stando lì fra Bonaventura, la faccenda dell’acqua si potesse trattare meglio, ma non mi sembra che le facilitino molto. Dio ci lasci pagar la casa, ché poi, avendo denaro, tutto si potrà ottenere. Per ora ci passino sopra, visto che hanno buoni pozzi; qui chissà che cosa pagheremmo per averne uno, perché il problema dell’acqua ci procura ben duri travagli.

8. Mi dica come se la passa fra Bonaventura in qualità di Visitatore, e che cosa si fa nei riguardi del monastero che hanno abolito presso Córdoba, giacché non so nulla. Sto bene, e sono tutta al suo servizio, come suol dirsi. Mi dica anche se nostro padre qualche volta viene là a pranzare, o in che modo possono usargli qualche attenzione, visto che nella sua casa non ne può ricevere, né credo che farebbe buon effetto. M’informi di tutto, e resti con Dio, giacché ora sarà bene che ci scriviamo assai spesso.

9. Mi ha molto divertito quanto mi dice della vecchia che hanno lì, e di come si serva della scala. Mi dica se il ragazzo è con loro o chi abbiano che le serva. La madre priora di Malagón mi ha scritto di star meglio, ma la sua malattia è tale che un piccolo miglioramento non basta a rallegrarmi. La raccomandino sempre a Dio. Sua Maestà la protegga, figlia mia, e me la faccia santa con tutte le consorelle, amen.

10. Dall’acclusa lettera della sorella Alberta vedrà quale sia la situazione di Caravaca. Mi sono molto rallegrata di quella di Beas (di cui da parecchio non sapevo nulla) e della notizia circa l’ingresso di quella religiosa, che è assai ricca. Tutto si va sistemando bene, grazie a Dio. Gli raccomandino sempre molto nostro padre e me, ché ne ho bisogno. Ieri è stata la festa di san Francesco.

11. Includo qui il «porto» perché è molto; stia attenta ad avvisarmi se non ha denari quando le si offre l’opportunità di usare qualche cortesia a nostro padre, e non faccia la dignitosa, perché sarebbe una sciocchezza; io glielo posso mandare. Vostra reverenza badi alla sua salute, non foss’altro per non far morire me, perché le assicuro che mi costa già molta pena questa mia priora di Malagón. Dio vi porti rimedio dandole la salute, amen. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù, carmelitana.

12. Se si tratta di affidar le lettere al mulattiere, il porto può includersi in esse; se ad altri, sa bene quello che son soliti fare: è esporre le lettere al rischio di non arrivare; glielo dico perché non lo faccia mai.

 

126. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, primi di ottobre 1576

Autografo mutilato: Carmelitane Scalze, arco Mirelli, Napoli

Per il padre mio fra Mariano di S. Benedetto, carmelitano, a Madrid.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Io non so come possiamo stare in pace, avendo tante occasioni di contese, con la pena per la malattia del signor licenziato Padilla e la preoccupazione che mi danno altri affari. Mi sembra che sarebbe stato giusto informarmi di tutto. Per amore di nostro Signore, non sia così privo di pietà. E mi dica anche come vanno le cose dell’Andalusia e mi parli del padre fra Bonaventura, di cui sono preoccupata.

2. Sappia vostra reverenza che nostro padre fra Antonio de Sahagún… se il padre priore fra Baldassarre non deve star lì, bisogna per forza mandarne un altro, come dicono tutti. Molti saluti al padre mio, il signor licenziato Padilla. Piaccia a Dio che abbia continuato a migliorare; vostra reverenza in ogni caso mi tenga informata, come di tutto il resto, e si ricordi di non occuparsi più di quanto riguarda Malagón. Donna Luisa ne è molto contenta e ci darà tutte le licenze che vogliamo… e Antonio Ruiz con le sue rane mi ha fatto ridere. … di ottobre, e io serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

127. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 13 ottobre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di S. Giuseppe di Siviglia, figlia mia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Ho provato una gran pena per la sua malattia; non so che fare per non soffrire tanto dei mali di queste priore. Quella di Malagón sta meglio, grazie a Dio. Vostra reverenza si abbia cura, si guardi con tutte di prendere l’acqua di salsapariglia e, per amor di Dio, non trascuri di liberarsi da questa febbre sorda ai rimedi, anche ricorrendo a farmaci che non siano solo purghe. Mi ha riconfortato un po’ ricordarmi che qualche volta sembrava che avesse la febbre, mentre poi vedevo che non l’aveva. Dio me la conservi con la salute di cui lo supplico, amen.

2. I plichi sono arrivati proprio bene e sarà sempre così servendosi di Figueredo; in tal modo il «porto» arriverà sicuramente, e dell’ammontare di esso, che sta dentro, può porre l’indicazione sul plico; non dimentichi mai d’includervelo. Bisogna che mi dica per quale via riceve le mie lettere, perché mi sorge ora il dubbio se siano arrivate là quelle che ho inviate con questo Figueredo. Qui non corrono alcun pericolo, perché egli ne è avvertito, il che è un’ottima cosa; anche se vostra reverenza dà risposta ad alcune delle mie lettere, non ricordo in quali le ho scritto questo. Dio la conservi, ché fa assai bene tutto, ma non è necessario mettere le mie lettere con le sue di risposta; è un bel fastidio.

3. Oh, quanto le invidio per quei sermoni, e quale desiderio ho di trovarmi ora con loro! Qui dicono che io amo le consorelle di quella casa più di tutte le altre; certo, io non so a che cosa sia dovuto, ma mi sono affezionata grandemente a loro; pertanto non mi meraviglio che vostra reverenza nutra affetto per me, visto ch’io ne ho sempre avuto per lei, anche se mi lusinga udirlo. Ormai non bisogna più parlare del passato; io credo veramente che non dipendesse da lei. Mi piace assai il suo coraggio, in virtù del quale credo che Dio l’aiuterà. Piaccia a Lui di darle la salute di cui io lo supplico.

4. Mi sono molto rallegrata della presa d’abito e della professione di quelle religiose; faccia loro le congratulazioni da parte mia, e dica a Suor San Francesco che ho molto piacere di ricevere le sue lettere e quelle delle altre, purché mi perdonino le mancate risposte. Non è nulla la corrispondenza che avevo là; da quando sono qui è qualcosa di terribile.

5. Per quel che riguarda le aprenti di Garciálvarez, faccia quanto ritiene opportuno; egli dirà la verità, e persone della sua famiglia non possono essere non buone. Se ho tempo gli scriverò per chiedergli di non lasciare di confessarvi, perché è una cosa che mi ha dato molta pena; altrimenti glielo dica vostra reverenza da parte mia. Molto mi affligge la malattia del nostro buon padre priore, e tutte lo raccomandiamo a Dio. Temo che il corriere stia per andarsene, pertanto non gli scrivo. Perdendolo, loro perderanno molto, ma resta sempre ad aiutarle Dio, che dura senza fine.

6. Per quanto l’orazione di quelle sorelle, scrivo a nostro padre, il quale gliene parlerà. Quando la San Girolamo avrà qualche travaglio, lo scriva a me. Non bisogna trattare in alcun modo con Rodrigo; con Acosta sì. Gli dica tante cose da parte mia, perché davvero sono in ottimi rapporti con lui, e gli dobbiamo molto.

7. Sono stata felice che si sia regolata la questione dei diritti di vendita, perché mio fratello ha fatto un acquisto a La Serna: è una proprietà padronale vicino ad Avila, molto buona, ricca di pascoli, campi di grano e boschi. Gli costa quattordicimila ducati, e siccome egli non ha tanto denaro in questo momento – anzi, gli manca – e non sarebbe stata questa circostanza la più adatta per tralasciare di dargli il terzo di quel che gli si deve, allo scopo d’aver di che mangiare, io spero in Dio che potrà cavarsela senza questo, giacché sarà un gran vantaggio se prenderanno a poco a poco quello che devono dar loro le persone della casa.

8. Non mi parla della figlia del tenente; me li saluti, come tutte le consorelle, e chiunque altro vedrà, Delgado, Biagio, e resti con Dio. Faccia avere il mio ricordo a fra Gregorio e gli dica d’informarmi sempre della sua salute. Dio la conceda a vostra reverenza, i cui lavori mi hanno divertito. Ciò malgrado, vostra reverenza non attenda al filare quando ha la febbre, altrimenti non le andrà via mai, tenuto conto di quanto agiti le braccia nel filare e del molto che fila. Saluti a Margherita.

9. Se devono prendere una conversa, tenga presente che una parente di nostro padre ci tempesta di continuo; mi faccia sapere se si potrà prendere. La priora di Valladolid l’ha vista; dice che come conversa va bene; credo che non sappia leggere. Nostro padre non vuole occuparsene. La sua sorellina è qualcosa di speciale, d’un temperamento più dolce di Teresa, e di un’abilità straordinaria. Io m’intrattengo assai volentieri con lei. Oggi è il 13 ottobre. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

128. Al Padre Ambrogio Mariano, A Madrid

Toledo, metà ottobre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Guipúzcoa

Per il mio padre il dottor fra Mariano di San Benedetto, carmelitano. Madrid.

1. Gesù. Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza e la ricompensi per le buone notizie che mi ha dato sulla salute del nostro buon padre, il signor licenziato Padilla. Piaccia a Dio di conservargliela così per molti anni. Ora mi dà il titolo di reverenda e signora? Dio la perdoni, giacché sembra che vostra reverenza e io siamo ritornati a essere Calzati. Mi ha divertito l’amicizia del reverendo che è venuto a chiederle un favore. Con me tentò di cattivarsela in Avila, e Dio voglia concedergli miglior salute!, anche se il giorno è fatto di dodici ore: forse avrà cambiato parere.

2. Sappia che mi è stato detto – ed è così – che il Tostado ha mandato un corriere qui con lettere al provinciale, il quale vuole inviare là un religioso. Mi sembrano troppe premure. È per me causa di afflizione la partenza del padre fra Bonaventura, prescindendo dal bene che faceva. Se le malefatte ai suoi danni hanno esito, tutti si renderanno conto che Dio gli fa una grazia. E non mi dice che cosa si decide per quel convento soppresso. Oh, Gesù, quante cose tu permetti!

3. Desidero vivamente sapere se ha preso possesso di quella piccola casa, giacché il resto si farà poi, se Dio vuole; io non vorrei vedere neppure le mura di chi ci ama così poco. Ho già detto che con una lettera del signor Nunzio tutto finirebbe. Padre mio, diamoci fretta a fare quanto possiamo, e vostra reverenza, potendo, si occupi della separazione della provincia, perché non sappiamo quello che può avvenire, e a far questo non si perde nulla, ma si guadagna molto. Per carità, se ha notizie di nostro padre, me le scriva, perché sono preoccupata. I miei saluti al signor licenziato Padilla, e al padre fra Baldassarre. Ugualmente fa la priora anche per vostra reverenza. Mi sono rallegrata di veder lì questo santo padre. Dio sia sempre con vostra reverenza. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

129. Al Padre Ambrogio Mariano, A Madrid

Toledo, 21 ottobre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Siviglia

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza. Si vede bene che vostra reverenza non ha capito tutto quello che devo al padre Olea e quanto lo ami, poiché mi scrive circa una faccenda che sua reverenza ha trattato o sta trattando con me. Credo che lei sappia bene ch’io non sono ingrata, pertanto le dico che, se in quest’affare ci avessi dovuto rimettere il mio riposo e la mia salute, sarebbe ormai concluso; ma quando c’è di mezzo la coscienza, l’amicizia non basta, perché devo più a Dio che a nessun altro. Piacesse a Lui che si trattasse d’una mancanza di dote; vostra reverenza, infatti, sa bene – e se no, può informarsene – quante religiose ci siano nei nostri monasteri senza alcuna dote, mentre la dote di questa postulante è buona: le danno cinquecento ducati, con i quali ella può essere religiosa in qualunque monastero.

2. Siccome il padre mio Olea non conosce le monache di queste case, non mi meraviglio che resti incredulo: io che so che son serve di Dio e conosco la purezza della loro anima, non potrò mai credere ch’esse rifiutino l’abito ad alcuna senza averne molte ragioni, perché non ignoro lo scrupolo che si fanno di ciò, e per decidersi a questo, ne devono avere ben motivo. Siccome siano poche, l’inquietudine che generano quelle che non son fatte per la nostra Regola è tale che una coscienza dappoco si farebbe scrupolo di desiderarle, tanto più chi aspira a non scontentare in nulla nostro Signore. 2. Siccome il padre mio Olea non conosce le monache di queste case, non mi meraviglio che resti incredulo: io che so che son serve di Dio e conosco la purezza della loro anima, non potrò mai credere ch’esse rifiutino l’abito ad alcuna senza averne molte ragioni, perché non ignoro lo scrupolo che si fanno di ciò, e per decidersi a questo, ne devono avere ben motivo. Siccome siano poche, l’inquietudine che generano quelle che non son fatte per la nostra Regola è tale che una coscienza dappoco si farebbe scrupolo di desiderarle, tanto più chi aspira a non scontentare in nulla nostro Signore.

3. Vostra reverenza mi dica: se no le danno i voti (e non glieli danno), come posso io imporre loro di prendere per forza una religiosa, se non lo fa alcun prelato? Né vostra reverenza creda che per il padre Olea la cosa rivesta importanza, perché mi ha scritto ch’ella non gli preme più di qualcuno che passi per la via; ma a lei i miei peccati hanno ispirato tanta carità per una cosa che non si può fare e in cui io non posso servirla, che ciò mi dà molta pena. Veramente, poi, anche se si potesse fare, non le si renderebbe un buon servizio lasciandola con chi non la vuole.

4. Io ho fatto in questo caso anche più di quel ch’era giusto, richiedendo di tenerla un altro anno, ben contro la loro volontà, per metterla ancora alla prova, e perché, s’io passo di lì quando vado a Salamanca, possa informarmi meglio di tutto. Questo, per rendere un servizio al padre Olea e dargli la miglior soddisfazione possibile, ben sapendo che le religiose non mentono (lei sa, infatti, come anche in cose di lieve importanza ciò sia alieno da esse); d’altronde non è una novità che ci siano religiose le quali lascino queste case, anzi è molto frequente, e non perdono nulla a dire che non avevano la salute necessaria per sopportare il rigore della nostra Regola, né ho mai visto alcuna che per questo sia meno apprezzata.

5. Resa esperta da ciò, dovrò stare bene attenta da qui in poi a quel che faccio; pertanto non si accetterà quella del signor Nicola, anche se soddisfi di più vostra reverenza, perché ho avuto informazioni da altra parte, e non voglio, per compiacere i miei signori e amici, crearmi inimicizie. È strano che vostra reverenza mi chieda perché mi sono occupata di questo (se non si facesse così non si prenderebbe nessuna religiosa); desideravo servirlo, ma mi avevano dato informazioni diverse da quelle che poi ho avuto, e io so che il signor Nicola ama più il bene delle nostre case che l’interesse di una particolare persona, pertanto tutto è appianato.

6. Vostra reverenza non se ne occupi più, per amor di Dio, perché le danno una buona dote per poter entrare altrove, e non entri dove, essendo troppo poche, devono essere bene, assai bene scelte. Se finora con qualcuna non siano state tanto esigenti – anche se si tratti di casi rari – ci è andata così male che da qui in poi lo saremo sempre. Non ci metta pertanto in contrasto col signor Nicola; la si manderebbe di nuovo via.

7. Mi ha divertito il fatto che vostra reverenza dica che, vedendola, la conoscerà. Noi donne non siamo tanto facili a conoscersi: ci sono di quelli che le confessano per molti anni e poi essi stessi si sorprendono di quanto poco le abbiano capite. Ed è perché nemmeno loro si capiscono per poter dire le proprie colpe, ed essi giudicano in base a quanto loro dicono. Padre mio, quando vorrà esser servito nelle nostre case, ci dia persone di buone tendenze, e vedrà come non andremo in disaccordo per la dote; ma senza questa condizione, non potrò renderle servizio in nulla.

8. Vostra reverenza sappia ch’io ritenevo facile avere una casa dove i frati potessero alloggiare, e non mi sembrava eccessiva pretesa che dessero loro licenza di dirvi la Messa, pur non essendo un monastero, come la concedono per la casa di un cavaliere secolare; pertanto lo mandai a dire a nostro padre. Egli mi rispose che non conveniva perché significava pregiudicare la cosa, e mi sembrò una giusta intuizione. E vostra reverenza, conoscendo in merito la sua volontà, non avrebbe dovuto prender la decisione di riunire tanti religiosi e preparare la chiesa, come se ne avesse l’autorizzazione, cosa che mi ha fatto ridere. Nemmeno la casa io avrei comprato senza averne licenza dall’Ordinario. In Siviglia dove non l’ho fatto, sa bene cosa mi è costato.

9. Ho detto ripetutamente a vostra reverenza che finché non giungesse la lettera del signor Nunzio con la concessione della licenza, non se ne sarebbe fatto nulla. Quando don Girolamo mi ha detto che ne avrebbe pregato i frati sono rimasta tramortita. E per non somigliare alle loro reverenze nel fidarmi tanto di essi, almeno ora non ho l’intenzione di parlare a Valdemoro, del quale sospetto che non abbia nei nostri riguardi un’amicizia intesa a volere il nostro bene, ma solo a vedere se scopre in noi qualcosa di cui avvisare i suoi amici. Così vorrei che fosse l’atteggiamento di vostra reverenza nei suoi riguardi e che non si fidasse di lui, né si servisse di tali amici per risolvere quest’affare. Ne lasci la cura a Colui al quale la cosa spetta, cioè Dio, giacché Sua Maestà farà tutto a tempo opportuno, e non si dia tanta fretta, ché ciò basta a rovinare ogni cosa.

10. Vostra reverenza sappia che don Diego Mejía è un perfetto gentiluomo e farà tutto quello che dice; poiché si è deciso a parlare, deve aver capito che suo cugino si adopererà a nostro favore; creda pure che quel che non farà per lui, non lo farà nemmeno per sua zia; non c’è pertanto ragione di scrivere né a lei né ad alcun’altra persona, sono primi cugini, e un parente e amico di don Diego Mejía merita molta stima. È anche un buon segno che l’arcidiacono abbia detto che presenterà una relazione nei nostri riguardi, perché, se non pensasse di farla in nostro favore, non si assumerebbe quest’incarico. L’affare è in buoni termini; vostra reverenza ora non lo rimesti più, altrimenti non potrà che peggiorare. Vediamo che cosa faranno don Diego e l’arcidiacono. Io cercherò di vedere se c’è qui qualcuno che li preghi d’agire; se il decano può fare qualcosa, donna Luisa l’otterrà da lui.

11. Tutto questo è stato molto di mio gusto e mi ha fatto credere ancor più che questa fondazione risulterà a gran servizio di Dio; ecco la ragione per cui niente è dipeso da noi. Va molto bene che abbiano la casa, perché presto o tardi otterremo la licenza; se il signor Nunzio ce l’avesse data, tutto sarebbe già concluso. Piaccia a nostro Signore di dargli la salute della quale Egli vede che abbiamo bisogno. Le assicuro che il Tostado non ha perduto la fiducia di riuscire né io sono sicura che colui il quale ha cominciato a servirsene contro di noi, cesserà di farlo.

12. Per quanto riguarda Salamanca, il padre fra Giovanni di Gesù è in un tale stato con le sue febbri quartane, ch’io non so che cosa si può fare, né vostra reverenza dice quali servigi i nostri debbano rendere. Nei riguardi lì del collegio, cominciamo dall’essenziale, cioè che il signor Nunzio dia la licenza; una volta ch’egli l’avesse data, la cosa sarebbe fatta, mentre se si commettono errori al principio, tutto è annullato. Ciò che il vescovo esige, a mio parere, è (avendo saputo che il signor Giovanni Díaz sta a Madrid nelle condizioni in cui sta) di avere lì qualcuno che possa fare altrettanto, e io non so se la nostra regola comporti il far da vicari; non mi sembra che ciò convenga né a che cosa, qualora ciò fosse, due mesi servirebbero se non a irritare il vescovo. Né so come riusciranno nel governo di questa casa tali padri (i quali forse esigeranno una grande perfezione, esigenza poco opportuna per questo genere di persone), né so se il vescovo avrà piacere che vi si rechino frati.

13. Le assicuro che c’è più da fare di quanto lei pensi e che forse proprio là dove pensiamo di guadagnare perderemo, né mi sembra che convenga all’autorità del nostro Ordine l’ingresso in questa casa di vicari (i quali non sono richiesti che a tale scopo), in cui si dovrebbero vedere solo eremiti contemplativi, e non gente che va di qua e di là con tali donne, perché, tranne il vantaggio di tirarle fuori dalla loro cattiva vita, non so quanto la cosa sarebbe ben vista.

14. Espongo tali inconvenienti perché là le loro reverenze li considerino e facciano quanto sembra loro opportuno: io mi do per vinta; loro vedranno meglio il da farsi. Leggano quanto scrivo al signor licenziato Padilla e al signor Giovanni Díaz, ché io non so più di quanto dico. La licenza del vescovo dev’essere sempre indubbia, altrimenti non avrei nemmeno troppa fiducia nell’abilità delle trattative condotte dal signor don Teutonio: nel suo gran buon volere sì, nelle sue possibilità, poca.

15. Io aspettavo d’essere là per darmi da fare in questa faccenda, perché sono una gran faccendiera (se non lo si crede, può dirlo il mio amico Valdemoro); non vorrei che la cosa non si effettuasse per mancato ricorso ai termini giusti, essendo quella casa, con questa, quanto ho più desiderato. Di sospendere quella di Ciudad Real fino a che non ci sia migliore opportunità, mi sono rallegrata, perché non ritengo assolutamente che se ne possa venir fuori bene. Male per male, è molto meglio pensare a Malagón, ove donna Luisa ha molto desiderio che si faccia e dove con l’andar del tempo ella ci offrirà buone comodità e c’è un gran numero di grossi borghi nei dintorni; voglio dire che non mancherà di che mangiare.

16. E per giustificare con un qualche pretesto l’abbandono di quell’altra casa, la potrebbero trasferire lì; né si deve ora dire che si abbandona definitivamente, ma solo fino al termine dei lavori, perché sembra poco serio fare un giorno una cosa e disfarla l’altro.

17. Ho dato a don Girolamo la lettera per don Diego Mejía; egli doveva mandargliela con un’altra indirizzata al conte di Olivares. Io tornerò a scrivergli quando vedrò ch’è necessario. Vostra reverenza non lasci che la cosa cada in dimenticanza: le ripeto che, s’egli ha detto chiaramente di occuparsene, che ne ha parlato con l’arcidiacono e che ritiene la cosa per fatta, è uomo di sicura fede.

18. Ora mi ha scritto in favore di una postulante, le cui doti piacesse a Dio che fossero possedute da quelle che rifiutiamo: in tal caso, infatti, non mancheremmo di prenderle. La madre del padre Visitatore si è informata di lei. Ora, dicendo questo, mi viene in mente che sarà bene, col pretesto di dare a don Diego qualche notizia di questa religiosa, di parlargli dell’altro affare e raccomandarglielo di nuovo: è quello che farò. Vostra reverenza dia ordine di consegnargli questa lettera, e resti con Dio, ché io mi sono dilungata troppo, come se non avessi altro da fare!

19. Al padre priore non scrivo, sia perché ora ho molte altre lettere da sbrigare, sia perché sua paternità può considerare la presente come sua. Molti saluti al padre mio Padilla. Rendo gran lode al Signore per la sua buona salute. Sua Maestà sia sempre con vostra reverenza. Io procurerò il documento, anche se riuscirò a parlare come si conviene a Valdemoro – non potrei attendervi con più impegno – perché non credo che farà nulla in nostro favore. Oggi è la festa delle Vergini. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

20. Oggi mi hanno dato altre lettere di vostra reverenza, prima dell’arrivo di Diego. Con il primo messaggero vostra reverenza mandi a nostro padre questa lettera che riguarda alcune licenze. Non gli scrivo nulla dei nostri affari: pertanto vostra reverenza non tralasci d’informarlo.

21. Affinché veda se le mie religiose sono più abili delle loro reverenze,le mando questo brano d’una lettera della priora di Beas: guardi un po’ se ha trovato una buona casa per i frati di La Peñuela! Ne ho avuto proprio gran piacere. Scommetto che le loro reverenze non ci sarebbero riuscite tanto presto. Hanno ricevuto una religiosa, la cui dote ammonta a settemila ducati. Ne stanno per entrare ancora due con altrettanto, e hanno già accolto una signora di gran rango, nipote del conte di Tendilla, i cui oggetti d’argento già inviati, candelabri, ampolline e molti altri, come un reliquiario, una croce di cristallo – sarebbe lungo enumerarli tutti – hanno un ben più grande valore.

22. E ora s’intenta loro una causa, come vedrà da tali lettere. Vostra reverenza veda un po’ che cosa si può fare; quello che converrebbe al caso sarebbe di parlarne a don Antonio, dicendogli quanto siano alte le grate e che a noi importa più che a loro non recare molestia. Infine, veda che cosa si può fare.

 

130. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 21 ottobre 1576

1. Gesù. – Ieri le ho scritto quanto calmi e placati fossero questi padri, tanto che ne ringraziavo Dio. Sappia, però, che ancora non si era letto loro il precetto e il Motu. Per questo temevo molto che accadesse quel ch’è accaduto: oggi è venuto a trovarmi uno di essi e mi ha detto come siano rimasti turbati e sorpresi. Ritenendo di averne in un certo modo motivo, è chiaro che debbano risentirsi. Dicono quello ch’io ho detto ripetutamente al padre Mariano, e non so se l’ho anche scritto a vostra paternità: che comandare come superiore, senza aver mostrato da dove provenga tale autorità, è evidentemente una cosa che non ha precedenti.

2. Quanto a ciò che vostra paternità dice nella lettera al padre Mariano, cioè le ragioni per cui non ha inviato il Breve, si può certo replicare che se c’era qualche motivo di dubbio, sarebbe stato meglio pensarci prima. Volesse il cielo che le cose arrivassero al punto che si togliesse a vostra paternità tale incarico, lasciandolo attendere solo a noi Scalzi e Scalze!

3. Il padre Padilla riferirà a vostra paternità come Melchisedech dica che in base al Concilio io non possa fare le fondazioni e che il nostro reverendissimo Padre lo dichiara espressamente. Mi piacerebbe molto che vostra paternità vedesse, se è possibile, questa dichiarazione. Quando al dire che ogni volta porto monache con me, ciò avviene sempre con autorizzazione dei superiori. Ho qui quella che lo stesso Melchisedech mi ha dato per condurre religiose a Beas e Caravaca. Come mai non ci ha pensato allora, quando già esisteva tale dichiarazione? Oh, se mi lasciassero in pace!

4. Dio conceda a vostra paternità, padre mio, il riposo che io le desidero. Forse questi padri schizzeranno ora il loro veleno e dopo saranno migliori, anche se, a mio parere, erano assai disposti a obbedire. Non mi è dispiaciuto questo scontro, anzi godo di tanta opposizione, perché è segno che Dio sarà molto servito.

5. La lettera acclusa per vostra paternità riguarda l’affare di Salamanca, di cui mi sembra che le abbiano scritto. Io ho risposto che quello non è affare per frati Scalzi; dar asilo là alle pentite, sì, ma non per essere loro vicari (giacché mi sembra che non vogliano se non questo); a tal fine due mesi sono pochi, il vescovo non lo richiede da loro, non c’è la volontà di mandarceli, né son fatti per affari di tal genere. Io vorrei che lì gli Scalzi apparissero come gente di altro mondo, e non gente che va e viene per attendere a donne. Senza questo, abbiamo guadagnato il vescovo alla nostra causa, mentre con questo forse ne perderemo il favore. Non so se il buon Teutonio farà qualcosa, perché ne ha scarsa possibilità e non è abile negoziatore. Se io fossi là a muovere le acque, sono certa che la cosa riuscirebbe, e chissà che ciò non sia possibile, se vostra paternità lo ritiene opportuno. Tutto questo ho scritto a quei signori.

6. La priora e le consorelle si raccomandano alle orazioni di vostra paternità e di quei padri; io, a quelle di fra Gregorio. La mia Isabella sta bene ed è molto benvoluta; altrettanto è della signora donna Giovanna e di tutta la sua famiglia. Dia ogni tanto i miei ossequi al signor fiscale e all’arcivescovo, per carità, alla signora Delgada e alle amiche di vostra paternità, specialmente a Bernarda, glielo dico una volta per sempre. Resti vostra paternità con Dio, ché è molto tardi. Oggi è la festa di Sant’Ilarione, padre mio. La serva e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

131. Alla Madre Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, ottobre 1576

Autografo frammento: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù. – Lo Spirito Santo, figlia mia, sia con vostra reverenza. Ho già risposto alle sue lettere che sono arrivate regolarmente con il corriere e mi sono rallegrata molto di esse, solo che sono afflitta della sua malattia. Per carità, mi dia presto notizie della sua salute e di ciò che saprà nei riguardi di nostro padre. Ho avuto invidia della sua confessione generale; non aveva certo tanto di cui confessarsi quanto me, che non avrei potuto farla così facilmente. Benedetto sia Dio che ama tutti.

2. Mio fratello mi dice oggi in una lettera di averle scritto e dato la sua procura per riscuotere il terzo. Sta bene e l’acquisto della proprietà è concluso. Le religiose di san Giuseppe non se la cavano male. Di là scrive Teresa. L’Agnus Dei e gli anelli, di cui in principio mi ero preoccupata, si sono ritrovati, grazie a Dio. Io sto bene; presto sonerà l’una, pertanto non mi dilungherò. Desidero sapere qualcosa del mio buon priore di Las Cuevas.

3. La settimana passata hanno inviato da Malagón un po’ di tonno fresco, ed era assai buono; ci è piaciuto molto. Io non ho mai rotto il digiuno dopo il giorno della Croce; guardi un po’ se sto bene! La nostra priora di Malagón, che mi ha scritto di star meglio, lo ha fatto, la santa, per evitarmi una pena, perché il suo miglioramento era cosa da nulla. Oggi ho avuto una sua lettera, e sta molto male, con una gran nausea, che è quanto di peggio ci possa essere, considerata la sua estrema debolezza. Noi la raccomandiamo caldamente a Dio, ma i miei peccati sono grandi. So che là non c’è bisogno di raccomandar loro di pregare per lei, ma lo raccomando a tutti i conventi.

4. Donna Guiomar si è sposata oggi. È molto contenta di sapere che tutto va bene per vostra reverenza, e così donna Luisa, la quale non mi ha mai mostrato l’affetto di ora ed è piena di attenzioni per me, il che non è poco. Raccomandi entrambe a Dio, perché glielo deve, e mi saluti moltissimo tutte le consorelle.

5. Sono molto preoccupata per quei monasteri di cui s’incarica nostro padre. Gli ho offerto l’aiuto delle Scalze e molto volentieri gli offrirei il mio stesso. Io gli dico che mi fa gran compassione, e subito egli mi palesa di quali cortesie lì è oggetto. Dio la conservi. Lo prevenga di non mangiare da quei frati, per carità. Io non so perché egli vada laggiù, se non per dare a tutte tribolazioni. Ho già detto a vostra reverenza di mettere in conto sulla somma inviataci da San Giuseppe quello che spenderà per lui. Badi che sarebbe una sciocchezza agire diversamente, e io so quel che dico; lo pagherà senza accorgersene. La buona sottopriora ne tenga conto; non avrà importanza che lo faccia anche per l’acqua. Pertanto glielo dica, e dia molti saluti alla mia Gabriella. Dio sia con loro.

6. Si affretti a pagare quello di cui dispone la consorella e quanto di più potrà mettere insieme, ai creditori della casa, per non dover versare forti interessi, che è cosa ben dura, perché, se anche non vogliano…

 

132. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 23 ottobre 1576

Autografo frammento: Carmelitane Scalze di Antignano (Livorno)

Al padre mio, il maestro fra Girolamo della Madre di Dio, priore de Los Remedios.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Oggi ho ricevuto tre lettere di vostra paternità per il tramite del capocorriere e ieri quelle che portava fra Alonso. Il Signore mi ha ben pagato il tempo che hanno tardato a giungermi. Sia sempre benedetto per il buono stato di salute di vostra paternità. Dapprima ho avuto un forte sobbalzo: quando mi hanno consegnato i plichi della priora, non vedendo la calligrafia di vostra paternità in nessuno di essi, può immaginare che cosa ho dovuto provare. Presto, però, mi sono riavuta. Vostra paternità mi dica sempre quali sono le mie lettere da lei ricevute, perché spesso non risponde a nulla di quanto le chiedo, e poi, in una dimentica di mettere la data.

2. In un’altra mi chiede come mi è andato l’incontro con la signora donna Giovanna, cosa che le ho scritto servendomi del corriere di qui. Penso che la risposta mi verrà nella lettera che mi dice d’inviare per la via di Madrid; pertanto non ne sono molto preoccupata. Io sto bene e la mia Isabella è tutto il nostro svago. È straordinaria la sua dolcezza e la sua letizia. Ieri mi ha scritto la signora donna Giovanna. Stanno tutti bene.

3. Ho lodato molto il Signore dell’andamento dei nostri affari, ma sono rimasta stupita delle cose che si dicono di vostra paternità, riferitemi da fra Alonso. Com’era necessario il suo viaggio! Anche se non avesse da far lì nulla di più, mi sembra che in coscienza vi fosse obbligato per l’onore dell’Ordine. Io non so come si siano potute divulgare così gravi calunnie. Che Dio li illumini! Se vostra paternità avesse qualcuno di cui fidarsi, sarebbe ottima cosa far loro il piacere di nominare un altro priore, ma poiché non lo ha, sono meravigliata di chi le ha dato questo consiglio, che equivaleva a non far nulla. Sarebbe assai utile per ogni verso la presenza lì di qualcuno che non sia sempre ostile, e qualora tutto andasse bene, sarebbe una gran contrarietà che l’attuale priore si rifiutasse. Infine, non sono abituati a desiderare d’esser poco stimati.

4. Non c’è da meravigliarsene. Di più mi stupisce che, avendo tante occupazioni, Paolo possa attendere a quelle di Giuseppe così tranquillamente. Ne lodo molto il Signore. Vostra paternità gli dica che si ritenga ormai soddisfatto della sua orazione e non si curi di attività dell’intelletto quando Dio non gli concede le sue grazie in altro modo, perché sono molto contenta di quanto mi scrive. Il fatto è che in queste cose interiori dello spirito, la più gradita e opportuna è quella che lascia migliori effetti; non mi riferisco a grandi desideri da avere subito, all’istante (perché a questo riguardo, anche se si tratta di cosa buona, a volte essi non sono quali ce li dipinge il nostro amor proprio); chiamo migliori effetti quelli convalidati da opere, in modo che il desiderio della gloria di Dio si manifesti nell’adoperarsi con gran sincerità a procurargliela e impiegare la memoria e l’intelletto a cercare la maniera di compiacerlo e dimostrargli meglio l’amore che si ha per Lui.

5. Oh, è questa la vera orazione, e non certi piaceri che non servono ad altro che al nostro piacere; pertanto, quando ciò avviene, segue una gran fiacchezza accompagnata da timori e dalla sensazione che faccia difetto la nostra stima. Io non vorrei altra orazione all’infuori di quella che mi facesse aumentare le virtù. S’essa fosse con grandi tentazioni, aridità, tribolazioni, e questo mi lasciasse più umile, la riterrei buona orazione; riterrei, infatti, come migliore orazione quanto può riuscire più gradito a Dio. Non è da supporre che non preghi colui che soffre: facendo offerta a Dio della sua sofferenza, spesso prega molto più di colui che si va rompendo la testa in solitudine e che s’immagina, se ha spremuto qualche lacrima, che in ciò consista l’orazione.

6. Vostra paternità mi perdoni un così lungo messaggio; l’amore che ha per Paolo glielo farà sopportare, e se quanto dico le sembrasse giusto, glielo faccia sapere, altrimenti no, ma io dico quello che vorrei per me stessa. Le ripeto che le opere e la buona coscienza sono una gran cosa.

7. Mi ha divertito quanto mi dice del padre Giovanni; potrebbe darsi che il demonio abbia voluto fargli un qualche male e che Dio ne abbia tirato fuori un bene. Ma è necessaria una grandissima prudenza, perché sono sicura che il demonio non tralascerà di cercar di nuocere a Eliseo; pertanto egli fa bene a vedervi un tranello del diavolo. E credo anche che non sarebbe male dare poco ascolto a tali cose, perché se lo scopo è che Giovanni faccia penitenza, Dio gliene ha inflitta già molta. Quanto è avvenuto non riguarda soltanto lui, perché i suoi tre consiglieri l’hanno presto pagata.

8. Ciò che Giuseppe allora ha detto è stato certamente che Clemente non era colpevole, che se aveva commesso qualche mancanza ne era causa la sua malattia, aggiungendo che nella regione dove l’avevano mandato stava in pace e che Giuseppe gli aveva preannunziato le prove che si preparava a dargli. Lorenza non ha saputo nulla da Giuseppe, ma quello che diceva la gente le è stato riferito da altra parte. Io non credo che Giuseppe divulghi siffatti suoi segreti, perché è molto prudente. Sono certa che lo calunniano, e quanto più sento dire ch’Egli parla da altre parti – ciò di cui ella non ha potuto essere informata – tanto più mi appare una fandonia del diavolo. Mi diverte vedere dove va ora a gettare le sue reti. Perché dovrebbe liberarlo dalle sue devote per farne progredire meglio l’anima? Sarebbe bene chiedere questa libertà all’angelo, anche se a me farebbe piacere che si cercasse di cacciare il diavolo da quella casa con i mezzi che di solito s’impiegano a tal fine. Proceda con attenzione, perché egli darà presto a vedere chi è. Io raccomanderò la cosa a Dio, e Angela dirà in un’altra lettera ciò che abbia pensato in merito a ciò. È stata un’ottima avvertenza trattare questa faccenda sotto il segreto della confessione.

9. Quanto alla San Girolamo, sarà necessario farle mangiare carne per un po’ di giorni ed esonerarla dall’orazione; inoltre vostra paternità le ordini di non trattare che con lei, o scrivermi, perché la sua immaginazione è debole e le sembra di vedere o di udire ciò su cui medita, benché alcune volte sarà vero, come di certo lo è stato, perché è un’anima assai buona.

10. Lo stesso penso di Beatrice, e quello che mi scrivono circa la data della sua professione non mi sembra un capriccio, ma molto opportuno; ha bisogno di far pochi digiuni. Vostra paternità lo ordini alla priora, aggiungendo che di tanto in tanto non lasci praticar loro l’orazione, ma le tenga occupate in altri uffici, affinché non ne venga un peggior male; mi creda, è una cosa necessaria.

11. Sono rimasta afflitta della notizia circa le lettere perdute; per di più lei non mi dice se erano importanti quelle che sono finite nelle mani di Peralta. Sappia che mando ora un corriere. Ho molto invidiato le religiose, per la gioia che hanno avuto di godere delle prediche di vostra paternità. È evidente che se lo meritano, come io mi merito i miei travagli. Ciò nonostante mi auguro che Dio me ne dia molti di più per amor suo. Mi ha addolorato il fatto che vostra paternità debba andarsene a Granada; vorrei sapere quanto tempo ci resterà e vedere in che modo devo scriverle, e dove. Per amor di Dio, mi lasci tale informazione.

12. Non mi è arrivato nessun foglio firmato; vostra paternità me ne invii un paio, perché non credo che neanche servano; vedendo il gran lavoro da cui è preso, e fino a che non sarà un po’ più tranquillo, vorrei alleggerire di qualche fatica vostra paternità. Dio le conceda il riposo che io le desidero con la santità ch’Egli le può dare, amen. Oggi è il 23 ottobre. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

133. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 31 ottobre 1576

Per il mio padre il Maestro fra Girolamo Gracián, commissario apostolico del Carmelo.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità. Le Fondazioni volgono al termine, credo che sarà contento di prenderne conoscenza, perché è una lettura gustosa. Veda un po’ se obbedisco a modo! A volte credo di avere questa virtù; se, infatti, mi si comanda una cosa per scherzo, vorrei farla sul serio, e la faccio più volentieri che non sia scrivere queste lettere, perché tale congerie di lavoro mi dà la morte. Non so come mi sia rimasto il tempo per quanto ho scritto, senza cessare di riservarne un po’ a Giuseppe, che è Colui il quale dà forza per tutto.

2. Digiuno anch’io qui, perché in questa città il freddo non è eccessivo, pertanto il digiunare non mi fa male come altrove. Dica, per carità, molte cose da parte mia al padre mio fra Antonio, anche se sarebbe meglio, potendolo evitare, non dargli a vedere che a vostra paternità scrivo molto e a lui tanto poco. Forse adesso gli manderò qualche rigo.

3. Se Santelmo avesse preso l’affare della sua religiosa come Nicola non ne avrei sofferto tanto. Le assicuro, ma non so quel che mi dico, che non riusciamo a esser santi in questa vita. Se vedesse tutto ciò che ha l’altra per essere accettata e come questo padre tratta la priora! Piaccia a Dio, padre mio, che non dobbiamo aver bisogno d’altri che di Lui. Di me, almeno, tale padre potrebbe giovarsi ben poco, perché, vedendo – come io vedo – che la sua richiesta è contro coscienza, neanche se si sprofondasse il mondo la farei accettare. E, ciò nonostante, dice ch’ella non gl’interessa più di una qualunque che passi per la strada. Guardi un po’ che vita! Che farebbe allora se gl’interessasse! Mi fa paura di doverne prendere qualcuna che gli stia a cuore.

4. Mariano di San Benedetto ne è spaventato, e siccome penso che ne scriverà a vostra paternità, l’ho avvertita perché non se ne preoccupi: abbiamo fatto più di quanto si doveva. Infine, arriverà a capire la verità, e, in caso contrario, poco importa. Tutto quello che importa per la mia tranquillità è che Dio mi conservi lei, padre mio, in grande santità.

5. Oggi è la vigilia d’Ognissanti. Il giorno dei morti io presi l’abito: vostra paternità preghi Dio di far di me una vera carmelitana, perché è meglio tardi che mai. I miei saluti al fiscale, ad Acosta e al rettore. L’indegna serva e vera suddita di vostra paternità. Lo sarò sempre, benedetto sia Dio, avvenga ciò che avvenga. Teresa di Gesù.

6. Il foglio qui accluso con questa «villanella» per i santi lo mandano le consorelle a vostra paternità esprimendole il desiderio di averla qui. Dicono che da alcuni giorni a questa parte Dio fa tutto quanto gli chiedono. Da alcune cose che ho visto, effettivamente hanno ragione.

 

134. Alla Madre Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 31 ottobre 1576

1. Gesù sia con vostra reverenza, figlia mia. Per amor di Dio, cerchi di sapere quando nostro padre riceve una mia lettera, anche se quasi mai io tralasci di scrivere a vostra reverenza allorché scrivo a lui, perché mi portano oggi una lettera di sua paternità, in data 22 ottobre, in cui mi dice che da molto tempo non riceve mie notizie, mentre io non faccio che scrivere. Ho scritto a lungo specialmente quando mi sono servita del mulattiere. Non vorrei che le lettere venissero intercettate, perché se andassero perdute la cosa avrebbe poca importanza. C’è da pensare che possano restare ferme in casa del capocorriere di lì, perché da qui partono con assoluta sicurezza. Vostra reverenza dovrebbe mandare a chiedergli di tanto in tanto se ci sono lettere.

2. Prima che me ne dimentichi: si sono ritrovati l’Agnus Dei e gli anelli, e ad Avila tutti stanno bene, come vedrà dalle accluse lettere. Mio fratello dice che si è divertito e ha riso molto delle sue, e le ha passate a San Giuseppe; le scriverà un altro giorno, perché vuole molto bene a tutte loro. Le assicuro che il mio affetto non è da meno.

3. Mi dice che Nicola si occuperà molto di loro e che le confesserà. È un’ottima cosa. Sia gentile con lui, e mi scriva se ormai sta bene, senza ricorrere a giri di parole, ma con tutta verità.

4. Della salute della priora di Malagón non so che dirle, se non che sta molto male; ora si parlava di portarla qui, ma questo medico dice che sarebbe affrettarne la fine. La malattia è tale che solo Dio è il vero medico, il paese non influisce né positivamente né negativamente su di essa. Torno a raccomandarle che nessuna di loro beva l’acqua di salsapariglia.

5. Ho scritto a Garciálvarez e a nostro padre una lunga lettera su di lui. Mi dica assai particolareggiatamente come procede tutto e perché non fa mangiare carne a nostro padre qualche giorno. Resti ora con Dio, perché le ho scritto da così pochi giorni che non ho altro da dire, salvo che dia a tutte molti saluti da parte mia. Oggi è la vigilia di Ognissanti. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

135. Alla M. Maria Battista, a Valladolid

Toledo, fine di ottobre (?) 1576

Le dico, figlia mia, che prima che lei sapesse della sua morte , credo che la sua anima fosse già uscita dal purgatorio, perché ogni giorno, dopo essermi comunicata, mi si presentava davanti; e quando giunse la notizia, malgrado la lontananza, capii di chi si trattava.

 

136. Alla M. Maria Battista, a Valladolid

Toledo, 2 novembre 1576

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Se qualche volta volesse credere a quel chele dico, non giungeremmo a tanti guai. È vero che non ho insistito abbastanza l’altro giorno in una mia lettera a pregarla di non cavarsi più sangue! Io non so che pazzia sia la sua, anche se il medico vi acconsenta. Il suo male mi ha afflitto molto, perché si tratta di sofferenza alla testa. Ora, per Caterina deve ben ricordarsi di farla raccomandare a Dio, e non perché vuole andare là, visto il bene che le vogliono. Le assicuro che questa donna è di gran merito, e piaccia a Dio che ora non le costi caro il grande affetto che ha per lei; è una cosa che mi è passata per la mente, e gliela dico perché ne abbia rimorso.

2. Ho ricevuto tutte le sue lettere; arrivano bene per questa via e non c’è ragione d’inviare il prezzo del porto, perché ho quanto serve; me lo dà mio fratello, al quale devo molto comunque. Il padre visitatore sta bene: due giorni fa mi hanno consegnato una sua lettera. Ha una gran cura di scrivermi, e finora gli va molto bene con quella gente, ma egli assolve il suo compito con estrema discrezione e dolcezza. Sono ormai passati molti giorni dal fatto riguardante i Francescani, i quali non hanno ucciso il Visitatore.

3. Vera, invece, è la notizia relativa al vescovo Quiroga, e noi ce ne siamo rallegrate molto, perché è in ottimi rapporti con nostro padre. Ora stanno molto male il vescovo e il Nunzio. Li raccomandino lì a Dio, perché ci mancherebbero molto; quella del vescovo, poi, sarebbe una gran perdita per tutto il regno. Raccomandino a Dio anche don Giovanni d’Austria, che è andato nelle Fiandre travestito come servo d’un fiammingo.

4. Oh, quanto piacere mi ha fatto a parlarmi della salute del padre fra Pietro Fernández! Ero afflitta, perché sapevo della sua malattia, ma non della sua guarigione; le assicuro che, quanto a ingratitudine, non somiglia certo al suo amico, perché, pur con tutto il suo da fare, non vien meno all’impegno di scrivermi, e ogni cosa gli sembra che mi sia dovuta, anche se, in fatto di debiti, l’altro mi debba molto di più. Sappia che la cura che ha di lei gli durerà finché non trovi un’altra che entri di più nelle sue grazie, stia pur sicura di questo, quale che sia la sua presunzione.

5. Se Dio non mi avesse trattenuta, già da tempo avrei fatto quello che lei voleva fare, ma Egli non me lo permette, dal che vedo che la persona di cui lei parla è un suo servo; pertanto bisogna amarlo; lo merita, e con lui tutti coloro che sono sulla terra. Quando noi penseremo di valere più di loro, saremo ben sciocche; non è certo una ragione per somigliargli, ma dobbiamo sempre essergli riconoscenti per il bene che ci ha fatto. Pertanto vostra reverenza lasci perdere quelle ritrosie e non tralasci di scrivergli, ma cerchi a poco a poco di riprendere la sua libertà interiore, quella che in me ormai, grazie a Dio, è grande, mentre in lei non è così come dice. Benedetto sia Colui ch’è sempre vero amico, quando vogliamo la sua amicizia.

6. Si porterà la lettera a Luigi de Cepeda. Ho già scritto a vostra reverenza che è morto anche suo padre e che noi, qui, lo abbiamo raccomandato molto a Dio, durante la sua malattia. M’invii il conto che dice di tener pronto per mio fratello (perché quello datomi dalla signora donna Maria de Mendoza l’ho consegnato a lui) e mi mandi anche gli altri conti con tutte le sue memorie; e, quando ella ne avrà il tempo, faccia fare di Stefania una relazione come quella inviatami ad Avila, ch’era molto ben fatta, e che sia scritta in buona calligrafia in modo ch’io, qua, non debba provvedere a ricopiarla. E non si affidi a Giuliana, perché le sciocchezze e le assurdità che ha dette nella relazione su Beatrice dell’Incarnazione erano intollerabili, in quanto frutto di esagerazioni; ma non appena vostra reverenza sarà guarita del tutto, allora scriva quello che sa, perché è un ordine datomi dal Provinciale.

7. Sto bene, grazie a Dio. Non c’è modo di ottenere da lei che prenda quello sciroppo del «re dei Medi» quando deve purgarsi; a me ha dato la vita e non può farle alcun male. Non mandi conti con il corriere ordinario, non ci pensi neppure, ma con il mulattiere, anche se con ritardo, perché qui non arriverebbe nulla.

8. Riguardo a ciò che mi dice di cose interiori, quanti più turbamenti avrà, tanto meno deve far caso di essi, essendo evidente che si tratta di debolezza dell’immaginazione e di cattivo umore; e il demonio, che se ne rende conto, vi aggiunge la sua parte. Ma non abbia paura: san Paolo dice che Dio non permette che siamo tentati oltre le nostre forze, e anche se le sembra di consentirvi, non è vero, anzi trarrà da tutto ciò un merito. Ora porti a termine la sua guarigione, per amor di Dio, e cerchi di mangiar bene e di non restare sola, senza pensare a nulla. Si distragga quanto e come può. Io vorrei esser là, ché avrei ben di che parlare per distrarla.

9. Come mai non mi ha detto nulla delle tribolazioni di don Francesco? Io gli avrei scritto, perché gli devo molto. Non appena vedrà la contessa di Osorno, le dica molte cose da parte mia, come alla mia Maria della Croce, a Casilda, a Dorotea, alla sottopriora e a sua sorella. Non so che cosa si debba fare di quella novizia cieca: le assicuro ch’è un gran guaio.

10. Prádanos è davvero un buon amico; fa bene a trattare con lui, anche se ora cambieranno il capo. Se rimettessero là il padre Domeneque! Lo desidererei molto per lei. Mi scriva presto come sta e resti con Dio. La priora si è afflitta della sua malattia. Tutte la raccomanderemo a Sua Maestà. Mi ricordi sempre, scrivendogli, a fra Domenico, e mi dica come gli va. Oggi è il giorno dei morti, e io sono di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

137. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, 3 novembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Medina de Rioseco (Valladolid)

Per mio padre, il dottore fra Mariano di san Benedetto.

1. Gesù sia con vostra reverenza. Oggi è stato qui il buon Valdemoro, che credo dica la verità quando parla di amicizia, perché ora gli conviene. Insiste a ricordarmi tutte le persecuzioni contro i cristiani di san Paolo e quale poi fu la sua conversione. S’egli fa per Dio la decima parte di quel che ha fatto san Paolo, gli perdoneremo il passato e l’avvenire. Mi prega di chiedere a vostra reverenza d’accettare suo fratello.

2. Certamente, se dice il vero nella descrizione che ne fa, vista la necessità che c’è lì di predicatori, sarebbe utile, senonché ho paura che nostro padre, il quale nelle sue visite manda via quelli che provengono da altri Ordini, non voglia saperne di lui. Per ricambiare la sua amicizia, penso di raccomandarlo a Dio. Loro vedranno ciò ch’è più conveniente.

3. Noi preghiamo molto per la salute di quei signori. Dio gliela conceda in base a quanto lo veda necessario. Sono molto preoccupata dei travagli del buon padre Padilla. Il demonio non può tralasciare di far guerra a così grandi opere. Dio gli conceda forza e salute, e faccia di vostra reverenza e del padre maestro grandi santi.

4. Non ho saputo più nulla in materia d’affari; penso che lì sapranno tutto per primi. Domani devo dare una lettera per vostra reverenza a Valdemoro, che verrà lì; se in essa la supplicherò in favore di suo fratello, il mio ultimo desiderio è che loro facciano ciò che riterranno più utile al servizio di Dio. Questi fraticelli mi son sembrati santi. È una gran consolazione vedere tali anime, per disporsi ad affrontare tutti i travagli che possono sopravvenirci. Oggi è il 3 novembre. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

138. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 4 novembre 1576

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra paternità. In questi giorni ho scritto varie volte; piaccia a Dio che le mie lettere le arrivino, perché sono desolata di vedere quante gliene scrivo e quanto poche vostra paternità mi dice di riceverne.

2. Oggi mi hanno portato quelle di Valladolid; mi dicono che è venuta la dispensa da Roma perché Casilda faccia la professione, e ch’ella ne è felicissima. Non mi pare il caso che vostra paternità tralasci di concedere ora l’autorizzazione per la presa di velo, nell’intento di differirla, perché non conosciamo gli eventi di questa vita ed è bene mettersi al sicuro. Pertanto la prego, per carità, d’inviarmela subito per diverse vie, affinché quell’angioletto non continui a struggersi nell’attesa, che le costa già molto. Avranno ormai detto a vostra paternità, o glielo diranno, a chi ella abbia consegnato la sua relazione; uno è stato fra Domenico, ma se disporrò di tempo leggerò le lettere, perché se non c’è in esse quello che c’è nella mia, invierò questa a vostra paternità.

3. Sappia che due giorni fa è venuto qui Perucho; dice che come San Paolo perseguitava i cristiani e Dio gli toccò il cuore, può essere altrettanto di lui perché volti pagina. Credo che lo farà finché gli convenga. Ritiene assolutamente certo che verrà Paolo contro di loro. Dice ch’egli sarà il primo a fargli buona accoglienza, che ha un fratello il quale è stato cacciato dagli uccelli notturni, un gran santo, un gran predicatore, insomma senza una pecca; prima era domenicano e ora vorrebbe vederlo fra le aquile. Se fosse tale, non sarebbe uno svantaggio per noi, col bisogno che abbiamo di predicatori. Il male è che tutto ciò mi sembra una frottola. Oh, il grande amico ch’io ho in lui! Che Dio ce ne liberi!

4. Colui che dà il terreno per il monastero vorrebbe che si dicesse una Messa alla settimana secondo la sua intenzione; egli, in cambio, provvederebbe alla costruzione di sei ottime celle. Gli ho detto che vostra paternità non vi consentirebbe. Credo che potrà contentarsi con meno e forse anche con nulla.

5. Ho paura che ci venga a mancare Matusalemme. Nel dubbio, mi dica, se ciò dovesse avvenire, che cosa dovrà fare Angela, perché subito si farà scrupolo di obbedienza nei riguardi del monastero dov’ella dovrà vivere. Vedo bene ch’è assai fuori di mano e tale ch’ella vi starà molto peggio che in quello dove si trova attualmente Lorenza, per lo meno ai fini della sua salute, ma proprio là è più necessaria la sua presenza, e pertanto non bisogna badare al suo gradimento, giacché sarebbe un errore tenerne conto su questa terra. Infine, la maggior letizia per lei è di stare vicino al suo confessore Paolo, e lì ce ne sarebbe maggior possibilità, salvo il caso che vi si costruisse un monastero. Il luogo dov’ella si trova attualmente, lo vede lei stesso, è anche peggiore di Avila per il disbrigo di affari. In un modo o in un altro vostra paternità mandi a dirle la sua decisione, perché ormai la conosce, e se succedesse qualcosa, forse non potrebbe attendere una risposta, se qui le dessero un ordine diverso, il che le sarebbe causa di gran dispiacere.

6. Vostra paternità consideri anche se per indicare o scegliere il luogo della sua residenza sia opportuno tener conto di quello designato dal Visitatore precedente, perché, prescindendo dalla necessità della sua presenza lì, sarebbe forse maggior perfezione che non una sua scelta personale; consideri bene, padre mio, ciò che conviene fare a questo riguardo, perché l’errore di un rifiuto come la riuscita di un consenso saranno di dominio pubblico, e io non credo che l’attesa sarà lunga, in quanto ci sarà un altro Matusalemme, ma potrebbe anche essere di sì.

7. Oh, Dio mio, di quale grande libertà dispone questa donna in tutti gli eventi! Le sembra che non possa accadere nulla di male né a lei né al suo Paolo. Operano grandi effetti le parole di Giuseppe, poiché bastano a dare assoluta certezza, tale è la loro eloquenza e la loro forza di esortazione. C’è proprio da lodarne Dio. Vostra paternità gli raccomandi tutto ciò, e mi risponda, per carità, perché col suo consiglio non c’è nulla da perdere, mentre si potrebbe perdere molto se si dovessero seguire altri pareri. Noi raccomandiamo molto a Dio Matusalemme e l’angelo maggiore che è colui per il quale nutro maggior pena, non so perché. Sua Maestà gli dia salute e mi conservi vostra paternità per molti anni in gran santità, amen, amen. Oggi è il 4 novembre. L’indegna serva e suddita di vostra paternità e sua vera figlia, Teresa di Gesù.

 

139. A don Lorenzo de Cepeda, ad Avila

Toledo, principio di novembre 1576

1. … le dico che dev’essersi infranta… l’illusione, essendone nata tanta confusione, che non… si è potuta nascondere. Ora la priora mi dice che ha il denaro di vostra grazia… già riscosso, ma non osa inviarlo finché vostra grazia non abbia scelto qualcuno a cui possa darlo, previa presentazione di una sua lettera. Stia attento, dunque, a quando andrà lì il mulattiere di Avila, che se è uomo adatto per prenderlo o, per meglio dire, per portarglielo, sarà la soluzione migliore. Antonio Ruiz deve andarci… ci andrebbe da Malagón. Ne sarebbe lieto perché, non essendo questo il momento di mandare avanti i lavori della casa, a Malagón non ha nulla da fare: è meglio, pertanto, che sbrighi tutto laggiù. E sarebbe usargli una gran carità, perché comincerebbe così a trarsi fuori dalle sue difficoltà, e vostra grazia non perderebbe nulla. Quando ho pensato di scrivergliene, è stato più per aiutare questa povera gente, così buona, che non giovare al suo interesse, anche se vorrei ugualmente un guadagno per lei e il mio desiderio sia quello di saperla assai ricco, visto che spende così utilmente il suo denaro. Ancora questa mattina mi è venuto in mente che lei non deve sposare tanto presto i suoi ragazzi, per poter far di più in pro della sua anima. Se comincia, infatti a invischiarsi in altre spese, non avrà denaro sufficiente per tutto; e, infine, questa è la ricompensa che deve ricavare dalla fatica che le è costato guadagnarlo: spendere quanto più può in servizio di chi… deve darle il suo regno, per il quale non c’è morte che lo tolga. Sua Maestà…

2. … travagli interiori per cose dello spirito è molto più preparato… vostra grazia come natura e come animo. È necessario dimostrargli sempre molta cortesia, perché gli sembra subito d’essere di noia. Non so se posso affermare che è la persona a cui devo di più al mondo sotto ogni riguardo, perché è stato il primo a illuminarmi, e pertanto lo amo molto. Mi dà gran pena non vederlo con più animo in questo processo che Dio gli ha mandato, giacché non posso credere che gli venga da altra parte.

3. Vostra grazia preghi perché il Signore glielo faccia capire in modo che non stia più in ansia. Questo implica il non essere staccati da tutto: che quanto può esser fonte di maggior guadagno (cioè perdere beni così poco durevoli e stimabili, paragonati con ciò che è eterno) ci travagli e ci tolga ogni merito. Dobbiamo persuaderci che coloro ai quali Dio non ha fatto la grazia di capire questo, non trarranno consolazione da una simile linguaggio, ma almeno vedano che ci affliggiamo della loro pena.

4. Oggi, pensando che Dio distribuisce i suoi beni come vuole, mi stupivo che un uomo qual è questo, che da tanti anni lo serve con tanto ardente zelo, si affligga di perdere beni che appartenevano più ai poveri che non a lui, e, sembrandomi che a me sarebbe importato ben poco, mi sono ricordata del gran dispiacere sofferto a Siviglia quando abbiamo visto in pericolo ciò che recava vostra grazia. Il fatto è che non ci conosciamo mai abbastanza. Pertanto il meglio da farsi è rinunciare a tutto per il Tutto, perché la nostra natura non ci renda schiavi di cose tanto vili; quelli che non riescono a farlo ci riflettano spesso; così deve fare vostra grazia, e se ne ricordi specie quando il suo temperamento la porti…

 

140. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 8 novembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Moncalieri (Torino)

Per la madre priora Maria di S. Giuseppe.

1. Gesù sia con vostra reverenza. Non ho tempo di dire tutto ciò che vorrei. Oggi il mulattiere mi ha dato la sua lettera. Quanto più le sue sono lunghe, tanto più ne sono felice. Son tante le lettere ricevute oggi, che anche per scriver questa non ho tempo, né l’ho avuto per leggere quelle delle consorelle. Me le saluti molto.

2. Le ho già scritto di prendere le sorelle di Garciálvarez. Credevo che la mia lettera le fosse arrivata. Se sono così buone, non bisogna indugiare. Mi affligge che si carichi di monache e non si ponga un rimedio alla situazione. Almeno cerchi che le diano quei trecento ducati che deve pagare quest’anno, perché le assicuro di sentire uno scrupolo di coscienza per il fatto che non abbia i suoi denari il povero Antonio Ruiz, il quale deve usarli per viverci, avendo un affare di bestiame a Malagón, tanto più che mi adopero a ottenere che qualcuno gli dia qualcosa d’altro, e questi è mio fratello, sebbene anche lui ci abbia il suo guadagno, per aiutarlo un po’, visto quanto poco ci sia da contare lì su un rimedio.

3. Anche se la postulante di Nicola non è troppo perfetta, io non la manderei via. Me lo saluti e gli dica ch’è venuto a vedermi suo cugino e che ha mandato un’elemosina.

4. Per quanto riguarda la figlia di Paolo non so che dirle, perché ancora non ho capito bene – e devo rileggere la sua lettera – quale sia la ragione per cui fa tanta premura prima che termini l’anno. Se desse loro millecinquecento ducati e ciò che devono versare quest’anno, rinunzi alla buon’ora; d’altronde queste eredità che finiscono col ridursi a nulla non son buone per noi. E non accetti eredità, ma faccia sì ch’egli prenda a suo carico quella parte che loro danno per la casa. Non le sfiori la mente di accettare eredità; dica ch’è impossibile, poiché è vietato d’aver rendite. Infine, non c’è ragione di scrivermi queste cose; vedano là il meglio da farsi. Io non vorrei che togliessero alcunché da tale dote e da quella di Beatrice, ma che il tutto si desse insieme, altrimenti loro non potrebbero trarsi fuori dai guai, dovendo pagare tanto ogni anno, e invece di rimediare in parte a questo disagio, è certo che perderebbero molto. Riguardo alla conversa, scriverò a Valladolid per garantirla, e subito tornerò a scriverle. Io sto bene. Oggi è l’8 novembre.

5. Manderò le lettere di nostro padre senza indirizzo e le metterò in una busta al nome di vostra reverenza con due o tre croci; meglio due o una, essendo le lettere numerose. Vostra reverenza, da parte sua, lo avvisi di non scriver lui il mio indirizzo, ma lo scriva vostra reverenza, ponendo su quelle sue lo stesso segno; la cosa passa più inavvertita ed è un’idea migliore di quella che le suggerivo. Dio voglia che lei dica la verità quando mi assicura di star bene, e resti con Lui. Sua Teresa di Gesù.

6. Le ho già scritto che le sue lettere sono state consegnate a mio fratello, il quale ne ha avuto molto piacere. Sta bene, e la madre priora di San Giuseppe come il solito.

 

141. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 11 novembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre Maria di S. Giuseppe.

1. Gesù sia con vostra reverenza. Mi mandi sempre a dire in un fogliettino le cose a cui dovrò rispondere, perché le lettere sono lunghe, anche se non mi sembrano tali per la gioia che mi danno, ma per tornare a leggerle quando devo risponderle in fretta, lo sono.

2. Le ho scritto per mezzo del corriere due o tre o quattro giorni fa, che avrei posto due croci sulle lettere di nostro padre, indirizzandole a vostra reverenza. Quando avrà ricevuto quest’avviso, me lo comunichi, perché fino ad allora non farò nulla di quanto ho detto.

3. Le assicuro che mi dà una gran pena questa sua febbre. Perché mi dice che sta bene? È una cosa che mi dispiace. Veda se proviene da qualche occlusione e faccia qualcosa, non lasci che il male prenda radici. Ho la viva impressione, però, che qualche volta ne sia libera, e questo mi consola. Le raccomando di ricorrere a unzioni o ad altri rimedi per attenuare l’eccesso della sua temperatura; non tralasci di parlarne al medico. Lei suole farsi ogni anno un salasso, mi sembra; forse le farebbe bene, come dice la sottopriora. Desidero, insomma, che non resti in questo stato fino a quando, pur volendo porvi rimedio, non sia più possibile. Che Dio vi provveda meglio d’ogni altro.

4. Da molti giorni non so più nulla di Malagón. Sono preoccupata, perché questi medici non mi danno alcuna speranza circa la salute della priora, essendo tutti i suoi sintomi quelli della tisi. Dio è vita e gliela può dare. Gliene rivolgano sempre suppliche – anche per una persona alla quale devo molto –, lo dica a tutte le consorelle e mi ricordi ad esse, le cui lettere mi fanno molto piacere. Non so se avrò tempo di scrivere loro.

5. Le assicuro che le invidio molto per il fatto che godano con tanta semplicità e a loro bell’agio di nostro padre; io non merito così gran conforto, e pertanto non ho motivo di lagnarmi. Sono felice che lei abbia questo sollievo, altrimenti non so come potrebbe sopportare il resto. Ciò malgrado, le raccomando di ordinare da parte mia alla sottopriora di dedurre tutte le spese dai quaranta ducati di San Giuseppe, e non faccia altra cosa, ché sarebbe altrettanta perdita; si regoli come se tutto fosse sistemato qui, e defalchi dal suo debito tutto quello che si spenderà per lui. Mi vien da ridere pensando come la buona sottopriora dovrà mettere in conto anche l’acqua, e farà bene, è quel che voglio, salvo i piccoli regali che riceveranno in elemosina. Mi dispiacerebbe se facessero diversamente.

6. Non mi dicono mai chi sia il compagno. È la sola pena ch’io abbia ora, perché sono molto contenta che tutto proceda così bene, senza che nessuno se n’accorga. Vorrei che a Los Remedios non si sapesse dov’egli mangi, perché tale facilitazione non potrebbe concedersi a nessun altro superiore. Creda ch’è necessario guardare all’avvenire, per non dover rendere conto a Dio d’aver creato questo precedente.

7. Sono preoccupata di vedere come quelle religiose che prendono non siano loro di nessun aiuto. Il padre Garciálvarez avrà ormai avuto la lettera in cui dico di prendere le sue parenti, e a vostra reverenza ho scritto di far sì che portino un po’ di denaro per esser d’aiuto a pagare le rendite – visto che quell’eredità non deve valer nulla –, perché non vorrei che aspettasse fino a non saper più come andare avanti, ma che provvedesse al da farsi prima d’aver l’acqua alla gola. Io ho accettato una religiosa che mi dicevano provvista di dote, a Salamanca, per mandar loro trecento ducati della somma che lì devono a Malagón e pagare i cento di Ascensio Galiano, ma non è venuta. Preghino Dio di portarcela. Le assicuro che lei mi deve molto, per il desiderio che ho di vederla libera da preoccupazioni.

8. Perché non cercano di dar subito quel denaro di Giovanna della Croce, per non essere così gravate dai debiti? Badi che non è cosa da trascurarsi; faccia anche in modo che quell’Anegas porti di che pagare Antonio Ruiz, perché, come le ho detto, sarebbe un caso di coscienza non rimborsarlo subito, vista la sua necessità.

9. Ho riletto quanto riguarda Paolo; non deve credere che loro vogliano sua figlia, ma ch’ella rinunzi ad entrare. E sappia ch’è preferibile per molte ragioni, perché queste persone che trattano d’affari, un giorno hanno molto denaro e un altro lo perdono tutto, tanto più che, avendo parenti, migliorano la situazione di quelli che restano presso di loro e rimane ben poco. Ciò che conviene di più è che paghi quanto lei deve ancora per la casa, se arriva a dare millecinquecento ducati, ma non accettino eredità né si accordino per una somma inferiore; se potessero tirargli fuori di più, lo facciano. Procurino di trovare qualcuno che gli dica che non v’è ragione di sconvolgere la vita dei suoi figli lasciando la sua eredità al monastero. Anche se desse duemila ducati non sarebbe molto.

10. Dicono che la madre della portoghese potrebbe dare la dote; credo che lei sarebbe preferibile a quelle altre. Infine, non potrà non accadere che quando meno lo procurino, Dio mandi qualcuna che porti più di quel che loro vogliano. Non sarebbe male se quel capitano si assumesse l’incarico della cappella maggiore. Non tralascino d’inviargli qualche regalo con cui dimostrargli la loro gratitudine, anche se non c’è di che.

11. Prima che me ne dimentichi: sappia che sono stata informata qui di certe mortificazioni che si praticano a Malagón, come l’ordine della priora che sia dato improvvisamente a qualche consorella un ceffone da parte di un’altra, procedimento appreso qui. Sembra che il demonio insegni, sotto pretesto di perfezione, a mettere le anime in pericolo di offendere Dio. Non ordini in nessun modo né consenta che si colpiscano l’un l’altra (dicono che si danno anche pizzicotti), né guidi le religiose con il rigore che ha visto a Malagón, perché non sono schiave, e la mortificazione non deve servire se non al loro profitto. Le assicuro, figlia mia, che bisogna badare molto a evitare quanto certe priorine fanno di testa loro (guardi un po’ quali cose vengono ora a scoprirmi!), e di cui sono molto afflitta. Dio me la renda santa, amen.

12. Mio fratello sta bene, e anche Teresa. Non ha ricevuto la lettera in cui lei gli parlava dei quattro reali, tutte le altre sì. Esse gli procurano molto piacere e ama loro più di quanto non ami queste sorelle. Oggi è l’11 novembre. E io di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

13. Vostra reverenza cerchi di farmi rispondere da nostro padre riguardo agli affari di cui gli parlo in questa lettera. Voglio dire di ricordarglielo spesso, affinché non gli passi di mente.

 

142. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 11 novembre 1576

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. La scorsa settimana, nell’ottava di Ognissanti, ho scritto a vostra paternità quanta gioia mi aveva dato con la sua lettera – l’ultima da me ricevuta –, anche se breve. Riguardo alla decisione di cui mi parla di scrivere a Roma, piaccia a Dio che la cosa abbia effetto, e che non ci siano altri pareri.

2. Le dicevo anche quanto mi abbiano rallegrato le lettere che mi ha inviato il padre Mariano (a cui le avevo mandate a chiedere), scrittegli da vostra paternità. È una storia che mi ha fatto lodare grandemente Dio. Io non so come lei abbia la testa per tante ingegnose trovate. Sia benedetto Chi gliele ispira, perché è evidente che si tratta di opera sua. Pertanto vostra paternità proceda sempre tenendo presente la grazia che Dio le concede e nutra poca fiducia in se stesso, giacché io posso dirle che l’eccessiva fiducia in sé di Bonaventura, cui sembrava tutto facile (cosa che mi lasciò stupita quando lo seppi), non gli ha fatto conseguire alcun profitto.

3. Questo gran Dio d’Israele vuol essere lodato nelle sue creature; pertanto abbiamo bisogno di tener presente, come fa vostra paternità, il suo onore e la sua gloria, e di fare tutto il possibile per non voler nulla a nostro vantaggio, giacché Sua Maestà, se lo riterrà opportuno, ci penserà Lui: quello che spetta a noi è di capire la nostra bassezza e far sì che a causa di essa aumenti la sua grandezza. Mah! quanto sono sciocca, e come si metterà a ridere il padre mio leggendo la presente! Dio perdoni a coteste farfalle di godere con tanto loro sollievo di quello di cui io lì ho goduto con tanta fatica. Non posso evitare d’invidiarle, ma è una gran gioia per me l’abilità di cui sono dotate per dare un po’ di ristoro a Paolo, e così discretamente.

4. Le ho scritto molti sciocchi consigli. Per vendicarsi di me, dovrebbe cessare di darmi il conforto che mi viene dal cercare di procurarle un po’ di sollievo, visto che ne ha tanto bisogno con tutto il lavoro che grava su di lei. Ma il mio Paolo ha una virtù ben superiore a queste cose, e mi capisce meglio di prima. Perché non ci siano occasioni di venir meno a tale comprensione, io la prego di non essere suo cappellano, tranne che a questo fine. È proprio così, perché le assicuro che s’io avessi passato tutte le pene di questa fondazione per null’altro che per questo, la riterrei un’assai proficua sofferenza, e lodo di nuovo il Signore che mi ha fatto la grazia di procurarle lì un luogo dove rifiatare, senza che sia con secolari. Quelle consorelle mi fanno un gran piacere (e vostra paternità una grazia), scrivendomi tutto particolareggiatamente – come dicono che viene loro ordinato da vostra paternità –, perché è per me una gran consolazione vedere che non mi dimentica.

5. Donna Elena ha unito la legittima di sua figlia a ciò ch’ella deve portare, se entra; dice che bisogna prendere lei, altre due religiose e due converse, e che, una volta fatta la casa, resti un’opera pia come quella di Alba. È pur vero, però, che si rimette in tutto al parere di vostra paternità, del padre Baldassarre Alvarez e al mio. È stato lui a inviarmi questo pro-memoria, non avendo voluto risponderle prima di sapere quale fosse il mio pensiero. Io sono stata molto attenta a rispettare il volere di vostra paternità e così, dopo aver molto riflettuto e averne discusso a lungo, ho risposto come da acclusa lettera. Se vostra paternità non fosse d’accordo, mi avvisi, e tenga presente che, per conto mio, non vorrei mai vedere con rendita le case fondate in povertà. Dio mi conservi vostra paternità. L’indegna figlia e serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

143. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 19 novembre 1576

1. Gesù sia con vostra paternità. Ora può vedere il fastidio causato dai regolamenti lasciati dal padre fra Giovanni di Gesù, che, a mio giudizio, torna a discordare dalle Costituzioni di vostra paternità, non capisco perché. Questo è ciò che temono le mie religiose: la venuta di alcuni pesanti superiori che le opprimano e le aggravino troppo. Ciò non serve a niente. È strano che non credono di compiere una visita senza stabilire qualche regolamento. Se nei giorni della comunione non deve esserci ricreazione, chi dice la Messa tutti i giorni non avrà, dunque, mai ricreazione. E se i sacerdoti non osservano questa regola, perché gli altri, poveretti, la devono osservare?

2. Egli mi scrive che, siccome quella casa non era stata mai visitata, tutto ciò si rendeva necessario, e dev’essere così. In alcune cose avrà fatto bene a intervenire. Ma se solo leggere quei regolamenti mi ha stancato, che cosa accadrebbe se dovessi osservarli? Mi creda, la nostra Regola non ammette persone opprimenti, perché lo è già molto per se stessa.

3. Salazar va a Granada, chiamato dall’Arcivescovo, che è un suo grande amico. Desidera vivamente che si fondi lì una di queste case, e ciò non mi dispiacerebbe affatto, potendosi fare anche se non vi andassi io, ma vorrei che anzitutto ciò fosse gradito a Cirillo, e non so se i visitatori possono dar licenza per le case di monache come per quelle dei frati; salvo, poi, che non ci prendano il posto i francescani, come hanno fatto a Burgos.

4. Sappia che Santelmo è molto irritato con me, a causa della religiosa che è ormai andata via, ma in coscienza non potevo fare altrimenti, e nemmeno vostra paternità sarebbe riuscito a evitarlo. Si è fatto quanto è stato possibile in questo caso particolare, ma allorché si tratta di compiacere a Dio, si sprofondi pure il mondo. Io non ne ho alcun dolore, e neanche vostra paternità deve averne. Che non ci venga mai alcun bene dall’andare contro la volontà del nostro Bene. Io assicuro a vostra paternità che se si fosse trattato della sorella del mio Paolo – ch’è quanto di più posso dire – non avrei potuto impegnarmi maggiormente in tale circostanza. Egli non ha voluto assolutamente sentire ragioni. L’irritazione a mio riguardo è dovuta al fatto ch’io ritengo che le mie religiose dicano la verità, giacché egli pensa che sia un partito preso da parte della priora e crede che la accusino falsamente di tutto. Ha stabilito accordi per farla entrare in un monastero di Talavera con altre che vengono da Madrid, e pertanto ha mandato a prenderla.

5. Dio ci liberi d’aver bisogno delle creature! E gli piaccia d’aiutarci a veder chiaro, senza aver bisogno d’altri che di Lui. Santelmo dice che, siccome ora non ho bisogno di lui, ho agito così, e che gli è stato ben detto ch’io ho di queste astuzie fallaci. Veda un po’ quand’è ch’io ho avuto più bisogno di lui se non allorché si è trattato di rimandare la sua protetta, e consideri come sia mal compresa. Piaccia al Signore ch’io capisca come fare sempre la sua volontà, amen. Oggi è il 19 novembre. L’indegna serva e suddita di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

144. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 19 novembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre Maria di San Giuseppe, priora a Siviglia.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Ho ricevuto la sua lettera, scritta il 3 novembre. Sappia che i suoi scritti non solo non mi stancano, ma mi riposano da altre mie fatiche. Mi ha molto divertito che abbia posto la data in lettere. Piaccia a Dio che non sia per non umiliarsi a non mettere le cifre.

2. Prima di dimenticarmene: la lettera al padre Mariano sarebbe molto buona se non ci fosse in essa quel latino. Dio liberi tutte le mie figlie dal presumere d’essere competenti di latino. Non le accada mai più né lo permetta a nessuna. Preferisco di gran lunga che presumano di apparire semplici, che è virtù propria di chi è santo, anziché far mostra di tali sofisticherie. Ecco che cosa ci guadagna a mandarmi le sue lettere aperte. Ma ormai, essendosi confessata con nostro padre, sarà più mortificata. Gli dica che ho fatto quasi una confessione generale l’altro giorno con chi gli ho scritto, e non ho provato la ventesima parte della pena che sentivo quando dovevo confessarmi con sua paternità. Guardi un po’ che brutta tentazione è questa.

3. Raccomandino a Dio questo mio confessore, che mi è di gran consolazione, e non è poco riuscire a contentarmi. Oh, come ha fatto bene a non chiamare quello che lì mi tormentava, perché non dovessi trovare gioia in nulla laggiù! Quella, infatti, che avevo per la presenza di nostro padre, lei sa a quante apprensioni si accompagnava, e quella che poteva darmi vostra reverenza, se avesse voluto, visto che gode della mia predilezione, me la rifiutava. Sono felice che ora capisca il mio affetto. Quanto all’altra di Caravaca, Dio le perdoni, anche lei ora ne è afflitta. Tale è la forza della verità.

4. Oggi mi ha mandato un abito d’una sargia ch’è la più adatta di quante ne abbia avute, molto leggera, anche se rozza. Gliene sono stata molto grata, perché il mio abito era troppo logoro per affrontare il freddo; e anche la stoffa per le camicie, tutto fatto da loro, anche se qui non si parla di camicie, nemmeno per sogno, in tutta l’estate, e si pratica molto digiuno. Comincio ora a diventare una religiosa. Preghino Dio che ciò duri.

5. Ho mandato già a dire a mio fratello che il denaro è pronto. Provvederà a ritirarlo per mezzo del mulattiere di Avila. Fa bene a non darlo se non dietro consegna di una sua lettera. Abbia cura di ricordare a nostro padre che si disimpegni con il duca per quanto mi dice, perché con tanti affari da sbrigare e solo com’è, non so come gli possano bastare le forze, se Dio non gliele dà per miracolo. Non credo che mi sia neanche passato per la mente di dire che non mangi lì (vedendo la grande necessità che ne ha), ma solo che, quando non debba recarsi da loro a tale scopo, non ci venga spesso, ad evitare che lo si noti e ne sia impedito; piuttosto dico che loro manifestano tanta carità con la cura che hanno di usare riguardi a sua paternità, che non potrò mai ricompensarle. Lo riferisca alle consorelle, perché anche la mia Gabriella si fa un vanto di dirmelo nella sua lettera. Me la saluti molto, e con lei tutte le altre e tutti i miei amici, e mandi il mio più vivo ricordo al padre fra Antonio di Gesù, per il quale raccomanderemo al Signore che gli giovi la cura, avendone io avuta molta pena, come la priora; mi ricordi anche a fra Gregorio e a fra Bartolomeo.

6. La madre priora di Malagón sta anche peggio del solito. Certo, un po’ mi consola che la piaga – come dice – non sia nei polmoni e che non sia tisica. Anna della Madre di Dio, religiosa di qui, afferma d’aver avuto lo stesso male e d’essere guarita. Dio lo può fare. Io non so che dire dei tanti travagli quali sono quelli che Dio ha imposto loro, perché, oltre alle malattie, versano in una tale miseria che non hanno grano né denaro, ma un mondo di debiti. Piaccia a Dio che i quattrocento ducati dovuti da Salamanca e ch’io riservavo a codesta casa – ne avevo già parlato a nostro padre – siano sufficienti a trarle fuori d’impaccio. Ho già scritto d’inviarne una parte. Lì hanno avuto molte spese e di tutti i generi. Per questo io non vorrei che le priore delle case di rendita fossero molto prodighe, né alcun’altra, del resto, perché si finisce in perdita totale.

7. Tutto il peso grava sulla povera Beatrice, ch’è l’unica a star bene, ed ha il carico della casa, affidatale dalla priora, in mancanza di meglio, come si dice… Sono ben felice che loro lì non manchino di nulla. Non sia sciocca, trascurando d’annotare i «porti» e tutto quello che le dico, tanto sono spese che andranno perdute ed è una stupidaggine. Mi è dispiaciuto che il compagno sia fra Andrea, che credo non sappia tacere, e ancor più mi dispiace che mangi al Carmine. Per amor di Dio, lo mettano sempre sull’avviso, ché è tentare Dio recarsi a Los Remedios uscendo da lì. Sua Maestà me la conservi con tutte, perché ho molto da scrivere, e me le faccia sante. Oggi è il 19 novembre. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

8. Volti il foglio. Le ho già detto d’aver ricevuto le lettere che contenevano quelle delle Indie e quelle di Avila. Vorrei sapere chi gliele ha date per rispondere ed essere informata di quando parte la flotta.

9. Godo che loro sopportino così bene la povertà e che il mio Dio provveda sempre alle loro necessità. Sia benedetto per sempre. Ha fatto assai bene a dar le tuniche a nostro padre, perché io non ne ho bisogno. Ciò di cui tutti abbiamo particolarmente bisogno è che non lo lascino mangiare con quella gente, e che sua paternità stia attento a questo riguardo, visto che Dio ci fa così grande grazia di dargli salute fra tanti travagli. Quanto a ciò che mi dice del lino e della lana tessuti insieme, preferisco che, avendone bisogno, usino la tela, perché altrimenti sarebbe aprire la porta a non rispettare mai bene la Costituzione, mentre usando la tela quando è necessario, l’adempiono regolarmente. La stoffa di cui parla dà quasi altrettanto caldo, così vien meno l’una e l’altra cosa, né, d’altronde, devono rimuoversi da quest’abitudine.

10. Il dirmi che le calze devono essere di stoppa o di sargia significa non osservare mai la regola, e me ne duole. Ne avverta nostro padre uno di questi giorni, affinché dove si parla di calze, non indichi più di che cosa devono esser fatte, ma dica solo di una materia povera, e me lo faccia sapere, o non dica di che cosa, ma unicamente calze, che sarà meglio, e non dimentichi di parlargliene. Lo trattenga quanto può dal recarsi a visitare la provincia, fino a che non si veda dove andranno a finire certe cose. Ha notato quanto sia delicata la lettera di sua paternità per Teresita? Non si finisce di parlare di lei e della sua virtù. Giuliano ne dice meraviglie, ed è molto. Legga la lettera che la mia Isabella scrive a sua paternità.

 

145. A don Luigi de Cepeda, a Torrijos

Toledo, 26 novembre 1576

Autografo: Madri Commendatrici di Santiago (Toledo)

Al magnificentissimo signor Luigi de Cepeda, mio signore a Torrijos.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con lei, amen. Ho ricevuto le sue lettere e i quattro ducati. Si porteranno questa settimana. Nostro Signore le ricambi le cure che ha per la nostra suora dell’Incarnazione, la quale è la più bisognosa. Suor Beatrice di Gesù attende ora al governo della casa di Malagón, per la malattia della priora, ed ha molto lavoro; lo fa estremamente bene, gloria a Dio, perché io non pensavo che fosse capace di tanto.

2. Vostra grazia non si meravigli di non riuscire a raccogliersi molto fra tante difficoltà; è, infatti, impossibile; se, quando avranno fine, ritornerà alla sua buona norma di vita, ne sarò soddisfatta. Piaccia a Dio che tutto vada bene, ma vostra grazia non dia importanza al poco più o poco meno che le diano, perché, anche se le resta molto, tutto avrà presto una fine. Mi raccomando alle orazioni delle signore di là; la priora a quelle di vostra grazia. Oggi è il 26 novembre. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

146. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 26 novembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

1. Gesù sia con lei, figlia mia. Il giorno della Presentazione di nostra Signora mi hanno consegnato due sue lettere con quelle di nostro padre. Non tralasci mai di dirmi qualcosa pensando che me ne informa sua paternità, perché non lo fa, e mi meraviglio anche di quel che mi scrive, con tutto il suo da fare. Non sono arrivate quelle che ha mandato per la via di Madrid, contenenti il memoriale o il biglietto, di cui mi parla, sulla baraonda che c’è stata lì. Non credo che le mie siano andate perdute, salvo il primo plico, in cui le dicevo che la mia Isabellina aveva preso l’abito e quanto me ne ero rallegrata con sua madre. Siccome lì c’era una lettera della priora e delle consorelle con alcune domande a nostro padre, ed egli non ha risposto nulla, penso che si siano perdute. M’informi di ciò con il primo corriere. Le dicevo che, quando ho domandato ridendo a Isabellina se era sposata, mi ha risposto, perfettamente cosciente, di sì. Le ho chiesto allora con chi. «Con nostro Signore Gesù Cristo» ha replicato immediatamente.

2. Ho molto invidiato quelle che sono andate a Paterna, e non per il fatto che vi andavano con nostro padre, perché, vedendo ch’era un andare a patire, ho dimenticato il resto. Piaccia a Dio che con ciò Egli cominci a servirsi di noi. Non credo che laggiù, essendo così poche, debbano patire molto, tranne che non si tratti di fame, perché mi dicono che non hanno di che mangiare. Dio sia con loro; noi, qua, glielo chiediamo insistentemente. Mandi ad esse l’acclusa lettera con un messaggero sicuro e m’invii, se ne ha, qualcuna delle loro, affinché veda come se la cavano. Scriva ad esse di continuo, le incoraggi e le consigli. È una gran prova, la loro, d’essere così sole. Ritengo che non dovrebbero assolutamente cantare fino a che non cresceranno di numero, perché sarebbe screditarci tutte. Mi ha fatto molto piacere che abbiano una buona voce le postulanti di Garciálvarez; dovrà accettarle con quello che hanno, così poche come sono rimaste.

3. Sono sbalordita dell’enorme sproposito di permettere che il confessore faccia venire con sé chi vuole. Sarebbe una bella abitudine! Siccome non ho visto il biglietto di nostro padre, non posso dire nulla, ma ho pensato di scrivere a Garciálvarez e pregarlo, quando avrà bisogno di qualche consiglio, di lasciar da parte i maestri di spirito e far ricorso a grandi uomini dotti, che son quelli i quali mi hanno tirato fuori da grandi travagli. Non mi meraviglio dei patimenti di cui mi parla, avendone passati molti, quando mi dicevano che in me operava il demonio. Appena avrò visto il biglietto di nostro padre, gli scriverò e le invierò la lettera aperta anche perché la legga il padre priore di Las Cuevas. Se potrà trattarne con Acosta, credo ch’egli sia il migliore con cui farlo. Legga l’acclusa lettera e gliela invii.

4. Non sarebbe poca fortuna se il rettore di là volesse prendersi cura di loro, come dice; ciò servirebbe di grande aiuto per molte cose. Ma esigono d’essere obbediti, e lei lo faccia, perché, se anche qualche volta non ci convinca quel che dicono, è di tale importanza averli con noi che è bene passarci sopra. Cerchi argomenti su cui interrogarli, perché amano molto risolvere quesiti; e hanno ragione di adempiere bene l’impegno che si assumono; non mancano mai, pertanto, di farlo dovunque si prendono tali cure. In quel gran caos, è una cosa che riveste molta importanza, perché, andato via nostro padre, saranno assai sole.

5. Non mi è passato mai per la mente di volere che si prendesse la postulante di Nicola, se non perché vedevo che lì c’era un gran bisogno di denaro. Se quei mille ducati delle parenti di Garciálvarez fossero in contanti!, giacché esse sono buone. È meglio aspettare, anche se non devono tralasciare di prenderle per questo, a mio parere.

6. Mi ha divertito la ragione per cui m’inviano alle Indie. Dio perdoni loro; ciò che possono fare di meglio, è dire tante cose insieme, così che nessuno possa crederle. Già le ho scritto di non inviare denaro a mio fratello finché egli non glielo scriva. Si adoperi perché nostro padre faccia quanto dice Acosta presso colui che sarà nominato rettore della Compagnia, cosa che avverrà presto. Io ho raccomandato a Salazar (che è stato qui, diretto a Granada, dove è destinato, e dice che forse andrà a Siviglia) di parlare con quel Provinciale; se passasse da lei, sia molto gentile con lui e gli parli di tutto ciò che vorrà; può ben farlo, perché egli è in ottime disposizioni.

7. La madre priora di Malagón sta meglio, grazie a Dio, e io ho molta più speranza nella sua guarigione, perché un medico mi ha detto che, benché abbia una piaga, se non l’ha ai polmoni, vivrà. Dio vi provveda, vedendo la necessità che ne abbiamo; non tralascino di chiederglielo. Mi ricordi a tutte e resti con Lui, avendo io molto da scrivere. Un altro giorno scriverò al mio priore di Las Cuevas, del cui miglioramento mi sono assai rallegrata. Dio ce lo conservi, e anche lei, figlia mia, che non mi dice mai di star bene: ciò mi dà molta preoccupazione. Mi ricordi a Delgado e a tutti. Oggi è il 26 novembre. Sua serva, Teresa di Gesù.

8. Mi scriva sempre come sta il padre fra Antonio; a lui, a fra Gregorio e a fra Bartolomeo, i miei saluti. Lodo grandemente il Signore nel vedere ciò che fa nostro padre: piaccia a Dio di dargli salute. Spero in Lui che le mie figlie adempiranno bene il loro obbligo.

 

147. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, novembre 1576 (?)

1. Il tempo farà perdere a vostra paternità un po’ della sua semplicità, che, certo, capisco esser quella d’un santo; ma, poiché il demonio non vuole che tutti siano santi, le persone vili e maliziose, come me vorrebbero che si togliessero di mezzo le occasioni. Io posso trattarla e avere per lei molto amore per tante ragioni, ma non potrà esser così di tutte le religiose, né tutti i superiori saranno come il padre mio, tali da poter essere trattati con tanta familiarità. E se Dio le ha affidato questo tesoro, non deve credere che tutti lo custodiranno come vostra paternità; le dico, davvero, di temere molto di più quello che possono rubarle gli uomini che i demoni. Sembrerà alle religiose di poter fare anche loro quello che sentiranno e vedranno fare da me (che so con chi tratto e quanto ormai i miei anni mi permettono di fare), e avranno ragione. Ciò non significa che convenga cessare di amarle molto, anzi amarle assai di più.

2. È la pura verità se dico che, per quanto miserabile io sia, da quando ho cominciato ad avere tali figlie, ho proceduto con tanta perplessità e circospezione, attenta alle tentazioni che il demonio potesse loro ispirare a mio riguardo, che, a gloria di Dio, credo siano state poche le cose particolarmente gravi che abbiano potuto notare (avendomi Sua Maestà aiutata in questo), perché confesso che ho procurato di nasconder loro le mie imperfezioni (anche se, essendo così numerose, molte ne avranno viste), l’amore che ho per Paolo e la cura che mi prendo di lui. Spesso mostro loro quanto l’Ordine ne abbia bisogno e che pertanto vi sono obbligata, come s’io fossi capace di non farlo qualora non ci fosse di mezzo tale ragione.

3. Ma quanto sono noiosa! Non riesca pesante al padre mio d’udire queste cose, perché vostra paternità ed io siamo gravati d’un enorme onere del quale dobbiamo rendere conto a Dio e al mondo. E poiché comprende l’amore con cui le parlo, mi può perdonare e accordare la grazia di cui l’ho supplicata di non leggere in pubblico le lettere chele scrivo. Pensi che i giudizi sono diversi e che mai i superiori devono essere troppo chiari in certe cose. Può darsi ch’io scriva nei riguardi di una terza persona o di me stessa e non conviene che ciò si sappia; io parlo di certe cose a vostra paternità, ma sarebbe assai diverso parlarne ad altre persone, foss’anche la mia propria sorella. Come, infatti, non vorrei che alcuno mi udisse quando parlo con Dio né mi disturbasse quando sto sola con lui, così è nei riguardi di Paolo…

 

148. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, fine novembre 1576

Autografo: Sacristia Santissimo Cristo di San Ginés, Madrid

1. Gesù. La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra paternità, padre mio, e me la conservi molti anni, amen. Le assicuro che se Dio non ci facesse capire che tutto il bene operato viene da Lui e di quanto poco noi siamo capaci, non sarebbe esagerato avere un po’ di vanagloria per quello che lei fa. Sia sempre benedetto e lodato il suo nome, amen. A lasciarci inebetiti sono sufficienti le cose che accadono, ma quanto più mi meraviglia è il fatto che vostra paternità vi attenda con tanta calma, rendendosi amici i nemici e facendo sì ch’essi stessi siano gli autori o, per meglio dire, gli esecutori delle sue opere.

2. Mi sono compiaciuta dell’elezione del padre Evangelista. Per carità, vostra paternità gli dia i miei ossequi, e dica al padre Paolo il mio augurio che Dio lo ricompensi della distrazione procurataci con i suoi versi e con la lettera di Teresa. Mi sono rallegrata che non sia vero quanto è stato detto dalle cicale, e dell’andata lì delle farfalle. Spero in Dio che ciò sarà di gran profitto e credo che il loro numero per quel luogo possa essere sufficiente. Sono invidiate da molte, perché, quanto a patire, ne siamo tutte desiderose; quanto, poi, a mettere in opera i nostri desideri, ci aiuti Dio.

3. Sarebbe stato penoso se lo spirito di quella casa fosse stato cattivo. Può ben vedere quanto sia da commiserare la gente spirituale di quel paese. Sia benedetto Dio che vostra paternità si sia trovato lì per fronteggiare quei subbugli, altrimenti chissà che ne sarebbe stato di quelle poverette! Ciò nonostante, sono fortunate, perché traggono già qualche profitto, e io ritengo assai importante quello che vostra paternità mi scrive del visitatore dell’arcivescovo. Non è possibile che quel monastero non debba operare un gran bene, visto che ci è costato assai caro. Mi sembra che non sia nulla quello che sopporta ora Paolo in confronto a quello che ha sopportato per la paura degli angeli.

4. Mi ha molto divertito quel suo andare elemosinando, ma ancora non mi dice chi sia stato il suo compagno. Mi comunica d’inviare in questo plico la lettera di Peralta, eppure non la trovo. Il plico che mi doveva venire per mezzo del padre Mariano non mi è stato consegnato, né egli mi scrive una parola. Da molto tempo non mi ha più scritto. Oggi mi ha inviato una lettera di vostra paternità senza aggiungere nulla; forse avrà trattenuto quella di cui parlo, con il fogli di Garciálvarez; una o due lettere me le ha mandate per Segovia. Avevo pensato che fossero di vostra paternità, anche se gli indirizzi non erano della sua calligrafia; poi ho visto di no. Le notizie di qua sono che Matusalemme sta molto meglio, grazie a Dio, e non ha neanche febbre. È una cosa strana come io mi senta così sicura, che niente di quel che accade mi può turbare, talmente radicata è in me la fede nel buon esito finale.

5. Il giorno della Presentazione ho avuto due lettere di vostra paternità; poi una molto breve unita ad un’altra per donna Luisa de la Cerda, che ne è assai contenta. Uno di questi plichi conteneva la licenza per Casilda, e gliel’ho mandata.

6. Oh, con che cuore, a quanto mi dice Angela avrebbe dato da mangiare a Paolo quando aveva quella fame di cui parla! Io non so perché vada in cerca di maggiori travagli di quelli che Dio gli impone quando si reca a elemosinare; sembra che abbia sette anime e che, finita una vita, ne debba avere un’altra. Vostra paternità lo sgridi, per carità, e lo ringrazi, anche, da parte mia per il favore che mi fa nel prendersi tanta cura di scrivermi. Che ciò sia per l’amor di Dio. Teresa di Gesù.

Quello che accade ora, anche se credo che gliel’abbia detto Speranza…

 

149. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, novembre 1576

1. In certo modo, anche se da una parte mi ha causato molta pena, dall’altra m’ispira una sacra riverenza vedere con quanto tatto lei ha affrontato tante infamie. Le dico, padre mio, che Dio l’ama molto e che lei lo imita bene; sia pertanto molto lieto, poiché le dà quanto gli chiede, cioè travagli, che contraccambierà a vostra paternità, perché è giusto. Sia per sempre benedetto.

2. Circa quanto si riferisce a quella signorina o signora che sia, ho la sicurezza assoluta che non si tratti tanto di malinconia quando di opera del demonio che prende possesso di lei perché spacci tali frottole, non trattando s’altro che di questo, nell’intento di vedere se può ingannare in qualche cosa vostra paternità, dopo aver ingannato lei. Pertanto bisogna che agisca con grande prudenza al riguardo e non vada per nessun motivo a casa sua, affinché non le accada quel che accadde a santa Marina (mi pare che fosse lei), di cui dicevano ch’era suo un certo bambino, ed ella ne soffrì molto. Ora non è il momento che vostra paternità patisca un tal genere di sofferenza. Secondo il mio modesto parere, si disinteressi di tale affare; ci sono altri per salvare quest’anima, e vostra paternità ne ha molte a cui giovare.

3. Avverta, padre mio, che se quella lettera non gliel’ha data sotto segreto di confessione o in confessione, è un caso d’Inquisizione, e che il demonio ricorre a mille inganni, mi è giunta notizia di un’altra persona morta nelle carceri dell’Inquisizione per lo stesso motivo. È vero ch’io non credo ch’ella abbia dato la lettera al demonio – il quale non gliel’avrebbe restituita tanto presto –, come non credo a tutto quello che dice; dev’essere una bugiarda (Dio mi perdoni) a cui piace di trattare con vostra reverenza. Può darsi ch’io la calunni, ma vorrei vedere vostra paternità lontano da quel luogo, perché potesse meglio tagliar corto a tutto.

4. Quanto sono maliziosa, però! Tutto è necessario in questa vita. In nessun modo vostra paternità cerchi di sistemare una questione di quattro mesi. Consideri ch’è assai pericoloso: se la vedano loro. Se c’è qualcosa da denunciare nei suoi riguardi (dico fuori della confessione), prenda le sue precauzioni, perché temo che la cosa si vada divulgando e che poi infieriscano a incolpare vostra paternità, dicendo che sapeva e che ha taciuto. Ma vedo che dico sciocchezze, perché son cose che vostra paternità sa bene…

 

150. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, fine di novembre (?) 1576

Ho scritto la settimana scorsa col corriere di qui, rispondendo a Paolo riguardo allo scapolare delle lingue; Giuseppe, nel colloquio avuto con lui, mi ha detto di avvisarlo che ha molti nemici visibili e invisibili, e che deve stare in guardia. Per questo non vorrei che si fidasse tanto di quelli d’Egitto – vostra paternità glielo dica – né degli uccelli notturni.

 

151. A don Diego de Guzmán y Cepeda, ad Avila

Toledo, fine di novembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di San Giuseppe (Avila)

1. La grazia dello Spirito Santo sia con lei e le dia il conforto di cui ha bisogno per una perdita che ci sembra così grande in questo momento. Ma il Signore che l’ha voluta e che ci ama più di quanto non ci amiamo noi stessi, ci farà capire col tempo di aver reso così il maggior bene possibile a mia cugina e a tutti noi che le volevamo bene, poiché egli chiama a sé le anime sempre quando sono nel migliore stato per seguire il suo appello.

2. Vostra grazia non pensi di avere vita molto lunga, essendo breve tutto quello che finisce così presto; consideri invece che è un momento quanto le può restare da vivere in solitudine e si rimetta interamente nelle mani di Dio, perché Sua Maestà farà ciò che meglio conviene. È una gran consolazione sapere che la sua morte ci permette di ritenere con certezza ch’ella vivrà eternamente. E creda che se il Signore ora l’ha condotta con sé, lei e le sue figlie ne avranno maggior aiuto per il fatto ch’ella si trova alla presenza di Dio.

3. Sua Maestà ci ascolti, ché noi gliela raccomandiamo vivamente, e a lei dia la forza di accettare tutto quello ch’Egli fa, e luce per capire quanto durino poco i piaceri e i travagli di questa vita.

4. Le portano due meloni che ho trovato qui, ma non sono buoni come io vorrei. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

152. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 3 dicembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Calahorra (Logroño)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Da poco ho risposto alle sue lettere, che non mi giungono in così gran numero come quelle che io le invio. Non mi ha mai scritto in che ordine fa la visita nostro padre; me lo dica, per carità. Piaccia a Dio che ci riesca in base all’indicazione ch’egli dice, applicata dal Visitatore dell’arcivescovo e da sua paternità per le proprie religiose, perché sarebbe di gran profitto. Non è possibile, visto il suo grande zelo, che Sua Maestà non l’aiuti.

2. Desidero vivamente aver notizie delle mie religiose di Paterna; credo che se la passino molto bene, e con le informazioni chele darà nostro padre circa la proibizione di accogliere il Tostado, la riforma delle Scalze non si avrà solo in quel monastero. Dio lo protegga; sembra proprio un miracolo il modo in cui vanno le cose.

3. Sono rimasta assai soddisfatta del biglietto che nostro padre ha scritto nei riguardi di Garciálvarez; non c’è nulla da aggiungere a quanto è detto là. Non ho saputo chi sia stato nominato come rettore; piaccia a Dio di uniformare il suo volere a quello del padre Acosta. Siccome gliene ho scritto l’altra volta, non ne parlo ora né aggiungo di più: non saprei, infatti che cosa dire.

4. Della priora di Malagón non ho saputo più di quanto le ho scritto: allora mi avevano detto che stava meglio, né so nulla di Antonio Ruiz, che aveva avuto una ricaduta, ma credo che se fosse morto, già lo saprei.

5. Mi saluti molto tutte quelle mie figlie, e resti con Dio, perché non ho altro da dirle. Le invio l’acclusa lettera, per darle notizie della sua Teresa, affinché la raccomandino a Dio. Sua Maestà me la protegga.

6. Alberta ha scritto a donna Luisa e le ha inviato una croce; lei ancora non le ha scritto (è incredibile quanto si rallegri di qualunque premura delle sue religiose), come non ha scritto a donna Guiomar, che è già sposata. Non si dimostri una piccola ingrata e resti con Dio. Oggi è il 3 dicembre. Sua serva, Teresa di Gesù.

 

153. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 7 dicembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre Maria di San Giuseppe, priora di Siviglia.

1. Gesù sia con vostra reverenza. Oggi, vigilia della Concezione, il corriere mi manda le lettere e mi fa gran premura per la risposta; pertanto dovrà perdonare, figlia mia, la mia estrema brevità, mentre non vorrei esser mai breve con lei, verso cui si estende tanto il mio affetto – perché davvero l’amo molto –, e che ora mi obbliga in tal misura per la cura, piena di attenzioni, che ha verso nostro padre, com’egli mi dice, da aumentare il mio amore; sono, inoltre, molto contenta che lo si faccia con tanta prudenza, perché io credo che né ora né mai ci sarà un altro padre con cui si possa trattare così. Siccome, infatti, il Signore lo ha scelto per dar principio a questa Riforma, il che non si ripeterà ogni giorno, penso che non ve ne sarà un altro simile a lui. E quando i superiori non sono tali, tutto quello che serve ad aprire una porta comporta maggior male di quanto si possa immaginare. Ma poi non ci sarà nemmeno troppo bisogno di questo; è ora, come in tempo di guerra, il momento in cui dobbiamo procedere con maggiore precauzione. Dio ricompensi vostra reverenza, figlia mia, per la cura che si prende delle lettere, per me fonte di vita.

2. Questa settimana mi hanno consegnato tutt’e tre quelle che dice d’avermi scritto; esse, anche se arrivano insieme, non sono certo male accolte. Sono rimasta commossa da quella di suor San Francesco, ch’è tale da potersi stampare; ciò che fa nostro padre ha dell’inverosimile. Benedetto sia chi gli ha dato tanta capacità. Vorrei averne molta anch’io per tributargli la riconoscenza dovuta alle sue grazie, come quella che ci ha fatto nel darcelo come padre.

3. Vedo da qui, figlia mia, le pene e la solitudine in cui ora sono. Piaccia a Dio che non sia nulla la malattia della madre sottopriora; mi rincrescerebbe anche per il maggior lavoro che ricadrebbe su vostra reverenza. Sono stata assai contenta che le abbia fatto bene il salasso. Se quel medico l’ha capita, vorrei che nessun altro la curasse. Dio ci pensi.

4. Oggi mi hanno portato l’acclusa lettera della priora di Malagón; è già molto che non stia peggio. Tutto quello che posso fare in pro della sua salute e della sua soddisfazione lo faccio, perché, a prescindere dal fatto che ben glielo devo, m’importa molto della sua salute; molto di più, però, quella di vostra reverenza, lo creda senza alcun dubbio: può immaginare da ciò quanto desideri che l’abbia!

5. Dall’accluso biglietto vedrà che Mariano ha ricevuto la sua lettera. Quella di mio fratello a cui si riferisce, le ho già scritto in una mia che credo d’averla strappata con altre; era ancora aperta, e dev’essere accaduto così. Mi è dispiaciuto assai e mi son data molta pena per rintracciarla, perché era una gran bella lettera. Ora mi ha scritto d’avergliene inviato una con il mulattiere di là, pertanto non dico altro di lui se non che la sua anima progredisce molto nell’orazione e ch’egli fa un gran numero d’elemosine. Lo raccomandino sempre a Dio, come me. E resti con Lui, figlia mia.

6. Mi è rincresciuto più il fatto che quel priore non adempia bene il suo ufficio che non la sua pusillanimità. Anche nostro padre dovrebbe spaventarlo, dicendogli quanto c’è di cattivo in lui, e certamente lo farà. Mi ricordi a tutti, particolarmente a fra Gregorio e a Nicola, se non è partito, e a quelle mie figlie; delle lettere di Gabrielle…, me la saluti, come anche la sottopriora. Oh, poterle dare alcune delle religiose che qui sono di troppo! Ma Dio gliene manderà. Già le ho raccomandato l’affare della flotta; vedo bene il da fare che c’è lì e ne sono molto preoccupata, ma spero in Dio che, avendo salute, provvederà a tutto. Sua Maestà me la conservi e la renda una gran santa, amen.

7. Sono stata molto felice che cominci ad accorgersi di quel che ha lì in nostro padre. Io me ne sono accorta fin da Beas. Da laggiù e da Caravaca mi sono arrivate oggi alcune lettere. Accludo qui quella di Caravaca perché la legga nostro padre e anche vostra reverenza; dopo me la rimandi con questo stesso mulattiere; ne ho bisogno per quanto mi dice circa la questione delle doti. Quella scritta per la priora contiene molte lamentele nei riguardi di vostra reverenza.

8. Ora devo inviare a Caravaca una statua di nostra Signora riservata a loro, molto bella e grande, non ancora vestita, e mi stanno facendo un san Giuseppe, che non costerà loro nulla. Lei adempie molto bene il suo ufficio, e ha fatto una cosa ottima ad avvertirmi dei pizzicotti, cattive abitudini ereditate dall’Incarnazione. Oggi è… ma l’ho già detto. E io sono di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

9. Nostro padre ha risposto molto bene a tutto e mi ha inviato le licenze che gli ho chiesto. Baci per me le mani a sua paternità.

 

154. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, primi di dicembre 1576

… la nostra Isabella è diventata un angelo. C’è da lodare Dio per il carattere di questa creatura e per la sua gaiezza. Oggi il medico è passato per caso da una stanza dov’ella stava, contrariamente alla sua abitudine. Appena si è accorta che l’aveva vista, pur essendo fuggita a gambe levate, si è messa a piangere ritenendosi scomunicata e meritevole di esser cacciata di casa. Ci diverte molto, e tutte le religiose l’amano grandemente, e con ragione…

 

155. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 7 dicembre 1576

Autografo frammento: Carmelitane Scalze di Parma

1. Gesù sia con vostra paternità, padre mio. Ogni volta che vedo arrivare così di frequente lettere di vostra paternità, vorrei baciarle le mani per ringraziarla di avermi lasciato in questo luogo; non so, infatti, che sarebbe stato di me senza tale conforto. Che Dio sia benedetto per tutto. Venerdì scorso ho risposto ad alcune di esse; ora me ne hanno date altre, che lei ha scritto da Paterna e da Trigueros, quest’ultima così piena di preoccupazioni, e a buon diritto.

2. Nonostante tutte le ragioni che aveva di fermarsi, vista la lettera tanto insistente dell’angelo, io vorrei, anche a costo del suo sacrificio, che non lasciasse di andare a vederlo, dopo aver fatto visita a quei signori marchesi, perché, ammesso ch’egli s’ingannasse, queste cose per lettera mal si comunicano, e noi gli dobbiamo tanto – sembra che Dio l’abbia posto là per aiutarci – che l’errore stesso ci gioverebbe, se ci atteniamo al suo parere. Stia attento, padre mio, a non dispiacergli, per amor di Dio, giacché laggiù lei è privo di buoni consigli, e mi sarebbe causa di molta pena.

3. Mi ha dato anche gran pena il sentirmi ora dire dalla priora che quel santo non adempie bene il suo ufficio, assai più del fatto che abbia poco coraggio. Per amor di Dio, vostra paternità glielo dica in modo da fargli capire che ci sarà una giustizia anche per lui come per gli altri.

4. Scrivo così in fretta che non potrò dire quello che vorrei, essendo stata obbligata a ricevere una visita quando stavo per cominciare la lettera: è già notte avanzata e devono portarla al mulattiere; quest’uomo è così sicuro, che non voglio tralasciare di ripetere quanto ho già scritto, cioè che il Consiglio Reale ha dato ordine al Tostado di non visitare le quattro province; chi ha scritto qui la notizia ha visto quest’ordine, e la sua lettera mi è stata letta. Ciò malgrado, non ritengo molto veritiero colui che la leggeva, ma forse in questo caso lo era, giacché ho motivo di pensare che non aveva ragione di mentire. In un modo o in un altro spero in Dio che tutto andrà bene, poiché Egli va facendo di Paolo un incantatore.

5. Anche s’io non avessi alcun motivo di servire Sua Maestà, sarebbe sufficiente questa grazia. È davvero ammirevole il modo in cui si vanno svolgendo le cose. Sappia che da molti giorni Speranza non mi lodava Paolo, e ora me ne ha mandato a dire meraviglie, esortandomi a dargli la mia benedizione. Che farà quando saprà quel ch’è stato fatto a Paterna? Certo, mi riempie di ammirazione vedere come il Signore vada interponendo alle pene le gioie, che è proprio il cammino diritto per l’esecuzione dei suoi disegni. Teresa di Gesù.

6. Sappia, padre mio, che in certo modo mi fa molto piacere quando mi racconta le sue tribolazioni, anche se quella calunnia mi ha profondamente sdegnata, non per quanto riguarda vostra paternità, ma per l’altra parte. Siccome non trovano un testimonio, cercano chi sembra loro che non parlerà, ma tale persona saprà difendersi meglio di ogni altra al mondo, come difenderà suo figlio Eliseo.

7. Ieri mi hanno scritto un padre della Compagnia e una signora di Aguilar del Campo, un bel borgo nei pressi di Burgos, a tredici leghe. È una vedova di sessant’anni, senza figli. Ha avuto una grave malattia, e poiché voleva fare una buona opera col suo patrimonio (che consiste in una rendita di seicento ducati, più una bella casa con un grande orto), il Padre le ha parlato dei nostri monasteri: ciò le è andato così a genio che nel testamento ha disposto di lasciare tutto per una fondazione. Alla fine è guarita, ma è rimasta con un gran desiderio di farla, e pertanto me ne scrive pregandomi di risponderle. Il posto mi sembra molto lontano, benché forse Dio vuole che si faccia.

8. Anche a Burgos ce ne sono tante che vogliono entrare da noi ch’è un peccato non aver lì un convento. Infine, non lascerò cadere la cosa, ma le risponderò dicendole che voglio informarmi meglio, e così farò nei riguardi del paese e di tutto, finché vostra paternità vedrà quali ordini inviarmi, e se potrà, in base al suo Breve, permettere la fondazione di monasteri di religiose, perché, anche s’io non vada lì personalmente, vostra paternità può mandarvi altre. Non dimentichi di dirmi che cosa mi ordina di fare a questo riguardo.

9. A Burgos io ho ben chi può informarmi; s’ella dà tutto (come credo che farà), devono essere ben novemila ducati, più le case, e da Valladolid a quella località la distanza non è molta. Credo che ci sia molto freddo, ma questa signora dice che c’è modo di difendersene bene.

10. Oh, padre mio, come vorrei poter condividere con vostra paternità tali preoccupazioni, e come fa bene a lamentarsene con colei alla quale le sue pene dorranno certo tanto! Se sapesse come mi diverte di vederla in così grande intimità con le cicale! Ciò darà lì un gran frutto. Io spero in Dio ch’Egli provvederà loro, nella povertà in cui sono. Voglio dirle che la San Francesco mi scrive una lettera piena di buon senso. Dio sia con loro. Il fatto ch’esse amino Paolo mi rallegra molto, come mi rallegra, anche se un po’ meno, ch’egli pure le ami. Già amavo molto le religiose di Siviglia e ogni giorno le amo di più per la cura che hanno di colui ch’io vorrei con il mio affetto circondare di benessere e al cui servizio vorrei dedicarmi. Sia lodato Dio che le dà tanta salute. Stia attento a ciò che mangia in quei monasteri, per amor di Dio. Io sto bene, contenta di avere così di frequente notizie di vostra paternità. Sua Maestà me la conservi e la renda così santo come io lo supplico di fare, amen. Oggi è la vigilia della Concezione di Nostra Signora. L’indegna figlia di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

156. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, 12 dicembre 1576

1. Gesù sia con vostra reverenza. Ho ricevuto un gruppo di lettere fra cui era quella della priora di Paterna. Le molte altre che mi annunzia forse mi arriveranno domani, giovedì; per tale via sono sicure: non si perderanno. Mi sono molto rallegrata di queste, come anche di quella di vostra reverenza. Dio sia benedetto per tutto.

2. Oh, padre mio, quale gioia viene al mio cuore dal vedere che qualcuno di quest’Ordine – dove Dio è stato tanto offeso – fa qualcosa a suo onore e gloria e cancella non pochi peccati! Mi è solo di gran pena e invidia constatare quanto io valga poco a tal fine, perché vorrei vivere fra pericoli e travagli nell’intento che mi toccasse parte del bottino di coloro che hanno le mani in pasta. A volte, però, miserabile qual sono, mi rallegro di starmene qui tranquilla. Ed ecco che, venendo a conoscenza di quanto si lavora da quelle parti, mi sento struggere dall’invidia per le consorelle di Paterna. Sono felice che Dio cominci a giovarsi delle Scalze, perché molte volte, quando vedo in queste case anime così intrepide, ritengo impossibile che Dio faccia loro dono di tanto coraggio se non in vista di qualche gran fine; anche se non si tratti d’altro che del loro soggiorno in quel monastero (ove, infine, si saranno evitate offese a Dio), io ne sono felicissima, tanto più che spero in Sua Maestà che il profitto sarà grande.

3. Vostra reverenza non dimentichi di far porre nella dichiarazione riguardante i religiosi che si possa dar licenza per fondare anche conventi di religiose. Sappia ch’io qui mi confesso dal dottor Velázquez, che è canonico di questa chiesa, assai dotto e gran servo di Dio, come le può risultare da altre eventuali informazioni. Non può sopportare che non si fondino più monasteri di religiose e mi ha ordinato di cercar d’ottenere la licenza del Generale e altrimenti del Papa per mezzo della signora donna Luisa e dell’ambasciatore. Li incarica di dire che i nostri monasteri sono lo specchio della Spagna: egli stesso farà l’abbozzo della lettera. Ora informo vostra reverenza d’una fondazione che ci viene offerta; mi risponda su entrambe le cose.

4. Il biglietto che mi ha inviato mi ha molto consolata. Dio ne ricompensi vostra reverenza, anche se quello che dice è ben fisso nel mio cuore. Perché non mi dà alcuna notizia del padre fra Baldassarre? Dia a tutti i miei saluti.

5. Mi diverte quanto mi riferisce del padre fra Giovanni di Gesù, il quale afferma ch’io voglio ch’essi camminino a piedi nudi, mentre proprio io son quella che l’ho sempre proibito al padre fra Antonio, e avrebbe visto che si sbagliava se mi avesse richiesta del mio parere. La mia intenzione era di facilitare l’entrata a uomini di qualità, che un eccessivo rigore avrebbe potuto spaventare; tutto quel che si è stabilito è stato necessario per differenziarsi dagli altri. Può darsi ch’io abbia detto che avrebbero sofferto ugual freddo così che a piedi nudi.

6. Qualcosa di simile ho detto quando abbiamo parlato del brutto effetto che producono gli Scalzi montati su buone mule, il che non si deve loro permettere tranne che per un lungo viaggio e in caso di estrema necessità: le due cose si appaiano male insieme, come quando son passati da qui certi giovanissimi frati, i quali, invece che a dorso d’asino, trattandosi d’un breve percorso, avrebbero potuto farlo a piedi. Torno pertanto a dire che non fa un bell’effetto la vista di tali giovani religiosi, scalzi, su mule, nelle loro selle. L’andare a piedi del tutto nudi non mi è passato mai per la mente: è già troppo che vadano scalzi. Vostra reverenza li avvisi di non farlo, ma di comportarsi come d’abitudine, e lo scriva a nostro padre.

7. Ciò in cui io ho insistito molto con lui è stata la raccomandazione di dar loro molto ben da mangiare, perché ho sempre presente quanto dice vostra reverenza, e spesso ne provo molta pena: l’avevo non più tardi di ieri o oggi, prima di leggere la sua lettera, sembrandomi che nel giro di due giorni in tutto sarebbe crollato, visto il modo in cui sono trattati. Per consolarmi, mi sono rivolta a Dio, perché Egli, che ha dato inizio all’opera, darà una sistemazione a tutto; pertanto mi sono rallegrata di vedere che vostra reverenza è dello stesso parere.

8. Un’altra cosa di cui l’ho pregato vivamente è d’imporre esercizi, anche se si tratta di far ceste o qualsiasi altra cosa, e che si utilizzi l’ora della ricreazione, qualora non vi sia altro tempo, perché lì dove non si fanno studi, è una cosa di somma importanza. Si renda conto, padre mio, ch’io amo molto essere esigente per quanto riguarda le virtù, ma non per quanto riguarda il rigore, come si può vedere in queste nostre case. Forse è perché io sono poco penitente. Rendo vive lodi a nostro Signore di dare a vostra reverenza tanta luce in questioni tanto importanti. È gran cosa desiderare sempre il suo onore e la sua gloria. Voglia Sua Maestà farci la grazia di morire per questo mille morti, amen. Oggi è mercoledì, 12 dicembre. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

9. Mi fa una gran carità a mandarmi queste lettere, perché nostro padre, quando mi scrive, non lo fa che assai brevemente; non me ne meraviglio, anzi, sono io a supplicarlo di far così. Infine, io rendo lode al Signore quando le leggo, e vostra reverenza deve fare lo stesso, visto ch’è stato il promotore di tale opera. Non tralasci di parlare spesso con l’arcidiacono. Abbiamo con noi anche il decano e altri canonici, perché ormai mi vado facendo altri amici.

 

157. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 13 dicembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora Maria di San Giuseppe, carmelitana.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Fino a quando non mi scriveranno che è senza febbre, sarò molto preoccupata. Badi che non sia di natura broncopolmonare, il che è frequente quando si ha il sangue debole. Io, pur non essendovi soggetta, ho sofferto molto a causa di questo male. La medicina consisteva in certi suffumigi di veccia, coriandoli e gusci d’uovo con un po’ d’olio, di rosmarino e di lavanda, che facevo stando a letto. Le assicuro che mi riprendevo bene. Questo se lo tenga per sé, ma non mi sembrerebbe fuor di luogo che ne facesse la prova. Una volta ho trascinato la febbre quasi per otto mesi, e con questo rimedio se n’è andata.

2. Non mi stanco di render grazie a Dio del fatto che Biagino sia rimasto lì la notte in cui è morta quella buona vecchia. Nostro Signore la faccia stare con sé, come noi, qui, gliene abbiamo rivolto supplica. Credo che non ci sarà bisogno di consolazioni per sua sorella né per sua nipote. Porga loro il mio ricordo e dica che hanno ragione d’esser contente che sia andata a godere di Dio, ma non ha ragione Beatrice di desiderare la stessa sorte; stia attenta, ché questa sciocchezza potrebbe essere un peccato. Mi ha usato una gran carità nello scrivermi proprio tutto da capo a fondo, e mi sono assai rallegrata del fatto che abbiano avuto una così buona eredità. Mi pare che il demonio lì non l’abbia incalzata col darle la stessa pusillanimità che a me, perché ora vedo ch’era lui a darmela, essendo ritornata qui nello stato di prima. A che cosa serve che il buon priore di Las Cuevas scriva al padre Mariano di procurar loro un filo d’acqua? Non capisco come possa riuscirci, anche se ne sarei certo assai felice; egli vi pone lo stesso impegno che avrebbe per una cosa sua. Sia benedetto Dio che lo fa star bene; gli scrivo lì.

3. Molti saluti a tutte, in particolare alla mia Gabriella, le cui lettere sono per me una grande gioia. Mi faccia sapere se è una buona ruotara, e non dimentichi mai di ricordarmi alla Delgada e di dirmi se fra Bartolomeo de Aguilar sta bene. Non so come lei possa star male avendo lì nostro padre. Ogni giorno Dio dà a due… ecc.

4. La regione dove sta mio fratello è il Perù, anche se credo che ora sia andato oltre. Lo saprò da don Lorenzo. Ma per quello che riguarda loro là, si ricordi che non ha fissa dimora, perché non è ancora sposato, e oggi sta qui, domani al capo opposto, come si dice. Ho mandato la lettera di vostra reverenza a mio fratello Lorenzo. Se gli dicessero in quale paese si trovi l’uomo di cui lei parla, forse conoscerebbe qualcuno a cui raccomandarlo. Se ne informi e me lo scriva.

5. Sarebbe giusto che si pagasse la casa con la dote di Beatrice, visto ch’ella è stata parte in causa, mi sembra, a portarci lì. Ricordi sempre a Gabriella d’informarmi di come vanno le cose per le sorelle di Paterna, perché non si stanchi lei a farlo. Non c’è da stupirsi che non siano molto tranquille. Domandi al padre mio se non sarebbe bene che Margherita andasse con loro, ché ne avrà certo il coraggio; mi sembra che siano molto sole, e credo ch’ella potrebbe ormai fare la professione (anche se non mi ricordo quando abbia preso l’abito), perché se una delle due consorelle di Paterna cadesse ammalata, sarebbe cosa ben dura, mentre a lei, lì, non mancano converse. Dio sia con lei, amen. È il giorno di santa Lucia. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

6. Dall’acclusa lettera, che è del medico, vedrà come sta la priora di Malagón.

7. Legga le altre due; perché non faccia quello di cui avviso suor San Francesco, gliele invio aperte; le chiuda. Se il padre priore le desse le immagini per me, non me ne sottragga nessuna, perché gliene darà lì quante vorrà.

 

158. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, 13 dicembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Alcalá de Henares (Madrid)

1. Gesù sia con vostra paternità, padre mio. Oh, che bella giornata è stata per me questa, avendo oggi ricevuto, inviatemi dal padre Mariano, tutte le lettere di vostra paternità! Lei non ha bisogno di dirglielo, perché lo fa in quanto gliene ho rivolto preghiera; e anche se giungono tardi, mi sono di gran consolazione. Ma vostra paternità mi usa ancor più grande carità nel dirmi l’essenziale delle cose che avvengono, perché, ripeto, tali lettere arrivano tardi, nonostante, quando ne giunge al padre qualcuna per me, me la mandi subito. Siamo ormai grandi amici.

2. Mi ha fatto lodare il Signore la maniera, la grazia e soprattutto la perfezione con cui vostra paternità scrive. Oh, padre mio, quale maestà è nelle sue parole a questo riguardo, e quale consolazione procurano alla mia anima! Quand’anche non fossimo fedeli a Dio per il bene che ce ne viene, ma per l’autorità ch’Egli conferisce (e tanto più fedeli quanto più grande è l’autorità), ci sarebbe di grandissimo profitto. Si vede bene che vostra paternità è in pieno accordo con Sua Maestà. Sia benedetto per tutto, Egli che mi fa tante grazie e che dà a lei tanta luce e tante forze! Non so quando potrò mai finire di servirlo.

3. Le assicuro che la lettera che lei ha scritto da Trigueros sul Tostado calzava a pennello e che ha fatto bene a strappare quelle che le furono portate per sollecitarla… Infine, padre mio, Dio l’aiuta e la istruisce a vele spiegate, come si dice; non abbia paura di non riuscire nella sua grande impresa. Oh, quanto invidio vostra paternità e il padre fra Antonio che riescono a impedire tanti peccati, mentre io me ne sto qui accontentandomi solo di desideri!

4. Mi faccia sapere su che cosa si fondava l’accusa contro quella religiosa, vergine e puerpera, giacché mi sembra un’enorme idiozia una tale imputazione. Ma nessuna arriva a quella di cui mi ha scritto l’altro giorno. Le sembra poca grazia di Dio che vostra paternità possa sopportare queste cose come le sopporta? Io le dico che la sta ricompensando dei servigi che lì gli rende. Non sarà questo il solo premio.

5. Sono talmente spaventata di tutta la sfortuna che ci perseguita, specie nei riguardi delle Messe, che sono andata in coro a chiedere a Dio aiuto per quelle anime. Non è possibile che Sua Maestà permetta il crescere di così gran male, visto che ha cominciato a scoprirlo. Ogni giorno comprendo sempre meglio il profitto dell’orazione e ciò che deve rappresentare davanti a Dio un’anima che solo per il suo onore chiede aiuto in favore di altre anime. Creda, padre mio, ch’io sono convinta che si vada adempiendo il desiderio posto all’origine di questi monasteri, cioè fondarli per pregarvi Dio di aiutare coloro che lottano per il suo onore e per il suo servizio, giacché noi donne non siamo buone a null’altro. Quando considero la perfezione di queste religiose, non mi può stupire quello che riescono a ottenere da Dio.

6. Sono stata felice di vedere la lettera che le ha scritto la priora di Paterna, e l’abilità di cui Dio privilegia vostra paternità in tutte le cose. Spero in Lui che le religiose diano lì un ottimo risultato, e mi è venuto un vivo desiderio che non cessino le fondazioni. Ho già scritto a vostra paternità nei riguardi d’una di esse, a proposito della quale mi manda l’acclusa lettera la priora di Medina. Non sono mille ducati quelli che la vedova dà, ma seicento; può darsi che nell’attuale momento ella tenga per sé il resto. Ho parlato di quest’affare con il dr. Velázquez, perché avevo scrupolo di occuparmene contro la volontà del Generale. Egli ha insistito molto a dirmi di procurare che donna Luisa scriva all’ambasciatore affinché ci ottenga l’autorizzazione del Generale. Mi assicura ch’egli fornirà le informazioni necessarie, e se il Generale si rifiutasse di darla, si deve richiederla al Papa, informandolo di come queste case siano specchi della Spagna. E così penso di fare, se vostra paternità non è di parere contrario.

7. Ho risposto chiedendo che mi ripetessero in che modo veniva dato questo denaro, e avevo già scritto al maestro Ripalda, che è stato recentemente rettore di Burgos (egli è il mio grande amico della Compagnia), perché se ne informasse e m’informasse; gli ho detto che se fosse opportuno, io invierei là qualcuno che vedesse le cose sul posto e iniziasse le trattative; pertanto potrebbero andarci, se vostra paternità è d’accordo, Antonio Gaytán e Giuliano d’Avila, appena verrà il tempo buono. Vostra paternità invii loro un’autorizzazione ed essi concorderanno l’affare, come hanno fatto per Caravaca; così si potrà fondare il convento senza ch’io vada lì, ché, se anche si prendano altre religiose per le riforme, ce ne sono a sufficienza da bastare a tutto, ammesso che ne restino poche nei conventi, come in quel caso. Mi sembra che altrove, dove sono più numerose che lì, non conviene che ne vadano via solo due, e anche per quel luogo non mi dispiacerebbe che si aggiungesse loro una conversa, perché ce ne sono, e di che qualità!

8. So bene che non esiste alcun rimedio per i monasteri di religiose, se non c’è dietro la porta qualcuno che li sorvegli. L’Incarnazione è progredita in modo che c’è da renderne lode a Dio. Oh, come desidero di vedere tutte le religiose libere dalla soggezione ai Calzati! Dedicherò la vita a ottenere di costituirci in provincia separata, perché tutto il male viene da qui, ed è senza rimedio. Ché se anche altri monasteri sono rilassati, non è mai fino a questo punto – dico quelli soggetti ai frati, perché la situazione di quelli soggetti all’Ordinario è terribile –, e se i superiori comprendessero di quale onere siano gravati e avessero la cura di cui è dotato vostra paternità, procederebbero in modo diverso, e non sarebbe poca misericordia di Dio che ci fossero tante orazioni di anime buone per la sua Chiesa.

9. Ciò che mi dice degli abiti mi sembra cosa ottima, e da qui a un anno potrà farli prendere a tutte. Una volta che sia cosa fatta, resta fatta, perché tutti i clamorosi dissensi dureranno pochi giorni, e dopo che ne verrà castigata qualcuna, le altre taceranno; questa, infatti, è l’indole delle donne, d’essere, per la maggior parte, pavide. Quelle novizie non restino lì, per carità, visto che esordiscono così male. È per noi molto importante conseguire una buona riuscita in quel monastero, che è il primo. Le assicuro che, per essere amiche sue, la ricompensano proprio bene con le loro azioni.

10. Mi è piaciuta la severità del nostro padre fra Antonio. Si renda conto, infatti, che con qualcuna non sarà stato male agire così, ed è cosa che importa moltissimo, perché io le conosco. Forse si eviterà più d’un peccato nelle loro parole e si otterrà che siano ora più sottomesse; bisogna che ci sia con la dolcezza il rigore – in tal modo ci conduce nostro Signore – e per quelle di carattere molto risoluto non c’è altro rimedio. Torno a dirle che le povere Scalze sono molto sole e che se qualcuna si ammala, sarà una ben dura prova. Ma Dio darà loro salute, vista la necessità in cui si trovano d’averla.

11. Qui va tutto bene per le figlie di vostra paternità, escludendone quelle di Beas che sono ammazzate da processi; ma non è cosa grave che patiscano un po’, visto che la loro casa si è fatta senza molta fatica. Non avrò mai giorni migliori di quelli che ho avuto là col mio Paolo. Mi è molto piaciuto che mi abbia scritto: «il suo amato figlio», e come mi è venuto subito da dire (essendo sola) che aveva ragione! Mi ha dato gran gioia l’udirlo, e più me ne darebbe vedere incamminati così bene gli affari di là, che potesse ritornare qui per occuparsi di questi, che spero in Dio debbano finire nelle sue mani.

12. Mi affligge molto la malattia di quella priora, tanto più che difficilmente se ne troverebbe un’altra come lei per quel posto. Vostra paternità la faccia curare bene e le faccia prendere qualcosa perché le passi quella febbre continua. Oh, come mi trovo bene col mio confessore! Per farmi fare qualche penitenza, egli mi obbliga a mangiare ogni giorno più del solito e a prodigarmi ogni cura. La mia Isabella sta qui; si domanda come mai vostra paternità si prenda tanto gioco di lei da non risponderle.

13. Le ho dato un po’ di melone e mi ha detto ch’era freddo e che le scombuiava la gola. Le assicuro che usa termini gustosissimi, è sempre allegra e di un temperamento così dolce che assomiglia molto al padre mio. Dio vegli su di lei assai più che su di me, amen, amen. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

14. Sappia che lì hanno una strana paura della priora, e anche l’abitudine di non dir nulla di esatto ai superiori. Bisogna stare attenti al fatto che sono servite da studenti. Dio la conservi.

 

159. A Diego Ortiz (?), a Toledo

Toledo, 16 dicembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Toledo

1. Gesù sia con vostra grazia e la ricompensi delle consolazioni d’ogni genere che mi dà. Certo, ci son cose nel suo scritto ch’io non ho mai udito né pensato. Dio sia benedetto per tutto. Quanto all’esserci in ciò o nel fatto di venire qui materia di confessione, mi sembra più scrupolo che virtù. Vostra grazia mi fa molto dispiacere a causa di questo, ma bisogna pur che abbia qualche difetto, perché, infine, è figlio di Adamo.

2. Mi ha dato molta gioia l’arrivo del padre mio San Giuseppe, avvenuto così presto e il fatto che vostra grazia gli sia tanto devoto. Ne resteranno consolate quelle consorelle che stanno lì come straniere, lontane da chi possa confortarle, anche s’io credo che la vera consolazione è ben vicina ad esse. Vostra grazia mi usi la carità di far prendere le misure in larghezza e in lunghezza; dovrebbe provvedervi subito, in modo che si faccia domani la cassa, perché martedì non sarà possibile, in quanto festa, e mercoledì partiranno i carri, al mattino.

3. Non è poco per me dar via tanto presto l’immagine di nostra Signora, che mi lascia in una gran solitudine; pertanto vostra grazia vi porti rimedio con quella che vuol darmi a Natale, per carità. Noi chiederemo di tutto cuore strenne a nostro Signore per vostra grazia e per quei signori. Dia loro i miei baciamano e lei resti con Dio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

4. Le tre fondatrici fanno la professione il giorno di Capodanno, e sarà per loro una consolazione aver là le statue.

 

160. Alla M. Maria Battista, a Valladolid

Toledo, metà di dicembre 1576

1. … Sarò felice che glielo lasci, come ha lasciato il resto. Stia attenta al modo di parlare con lei di tutto quel che le scrivo, perché lo ripeterà a sua madre, e dopo la lettera che ho scritto a don Pietro, farà un cattivo effetto. Potrà ben dirle che si rimetta alla coscienza di lui, altrimenti io non potrei immischiarmene, il che è la verità.

2. Mi diverte che il dottor Velázquez pensi che don Pietro non deve farsene un caso di coscienza, mentre c’è di sicuro chi gli dice che può farlo. Costoro sono così spiacenti che si pensi che i padri della Compagnia siano spinti dall’interesse, che per questo hanno ritenuto bene ch’egli agisca così. Don Pietro tiene alla mia riputazione più di vostra reverenza, visto che mi libera da questa faccenda. Dio le perdoni, me la conservi e le conceda anni felici.

3. Ho sempre ben presente che non deve scontentare la signora donna Maria.

4. Noi stiamo bene; ho mandato al padre Provinciale la lettera in cui vostra reverenza dice che ormai donna Maria vuole una sua rinunzia in favore della casa. Non so che dire di questo mondo dove, quando c’è un interesse, non c’è santità, e questo fa sì che vorrei aborrirlo in blocco. Non so come frammischi a tutto questo un teatino (perché Caterina mi dice che è tale quel Mercado) sapendo l’interesse ch’essi vi hanno. Prádano mi è piaciuto molto; credo che sia un uomo di gran perfezione. Dio la conceda anche a noi, e a essi dia il loro denaro.

5. Mi raccomando a tutti, specie a Casilda. Affretti la sua professione; non tardi oltre, perché è darle la morte. Invierò questa sua lettera al padre Provinciale. Ben m’immaginavo che donna Maria aspettasse quelle di don Pietro per il suo affare. Ne sono molto spiacente. Pensa che io gliene abbia parlato? Credo di no; l’affermarlo sarebbe crearmi uno scrupolo; poiché, infine, vostra reverenza ha un superiore, credo sarà meglio non rinunziare a nulla senza sentire il suo parere. Pertanto non faccia caso di quello che ho detto se non per trarne luce su quanto le conviene di più. Non vorrei neanche darle questa fatica, gravata com’è di travagli. Scriva tutto al padre maestro, e con Arellano, il domenicano, potrebbe farmi sapere s’ella è calma. La signora donna Maria lo farà venire…

 

161. Alla M. Brianda di San Giuseppe, a Malagón

Toledo, 18 dicembre 1576

Autografo: Carmelitane Scalze di Loeches (Madrid)

1. Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia, e le dia in questo Natale un grandissimo amor suo, perché non senta tanto il male. Dio sia benedetto; a molti sembrerà di passare ottime feste in buona salute, gioia e benessere, mentre risulteranno trascorse male il giorno che ne dovranno rendere conto a Dio. Vostra reverenza può ben essere tranquilla a questo riguardo, perché in quel letto non fa che guadagnarsi gloria su gloria.

2. È già molto che non stia peggio con un tempo così cattivo. Della debolezza vostra reverenza non si sgomenti: è malata da tanto tempo! La tosse deve aver la sua causa in un colpo di freddo da lei preso, ma, logicamente, non sapendo bene da che cosa provenga, non si può darle nulla da qui; è meglio che lo dicano i medici di là.

3. Circa le religiose, non ho nessuna postulante da mandarle; solo che, vedendo il bisogno che ne ha, mi chiedo se non sarebbe bene prenderne una che sta a Medina, di cui mi assicurano la gran bontà, ma, poiché vostra reverenza dice che con quei cento ducati può far fronte alla situazione, è meglio non prenderne nessuna fino a che non abbiano la casa.

4. Sono stupita che le ordinino di alzarsi con un tale tempo. Per carità, non lo faccia, rischierebbe d’ammazzarsi finché lo stato del tempo non migliori; pertanto non adesso, che è pericoloso anche per chi sta bene in carne ed è sano… vostra reverenza…

5. Alla … saluti; la informo che si fa molto chiasso perché suor Casilda rinunzi ai suoi beni. Don Pietro mi ha scritto a questo riguardo. Il dottor Velázquez, che è il mio confessore, dice che non possono obbligarla a deviare dalla sua volontà. Infine, mi sono rimessa alla coscienza di don Pietro; non so come si andrà a finire. Vogliono darle cinquecento ducati e il prezzo del velo – pensi un po’ che grossa spesa per doverne tener conto! – ma non vogliono darglieli ora. Certo, quest’angelo deve poco a sua madre. Per un riguardo alla sofferenza della piccola, che è molta, io vorrei che fosse cosa finita; pertanto le scrivo pregandola di non prendersela assolutamente se non le danno nulla.

6. Mi scrive Beatrice che sta ormai bene e che non soffre più. Le basta vedere che vostra reverenza lo vuole, perché le sembri di star bene, anche se sta male; non ho mai visto niente di simile, come dice il povero licenziato… Io sto bene. Piaccia al Signore, figlia mia, che molto presto lo stia vostra reverenza, amen.

7. Il corredo di Beatrice era così ridotto che me ne hanno inviato l’appunto. Ho dato ordine che le si mandino, per mezzo di Antonio Ruiz, almeno le coperte, due lenzuola e alcuni addobbi; credo che il trasporto costerà più del valore di tali cose. Lo pagherò qua io, se vostra reverenza me ne dà incarico. Sua sorella mi manda a chiedere i materassi e altre cose da nulla che… Mi ha proprio infastidito che…

 

162. A don Lorenzo de Cepeda, ad Avila

Toledo, Natale 1576/77

Autografo: Madri Trinitarie Scalze, via Lope de Vega 18 (Madrid)

… questo è un piccolo canto che mi hanno inviato dall’Incarnazione per fra Giovanni della Croce. Le assicuro che mi è piaciuto molto: lo dica pure. Vorrei che Francesco lo cantasse a vostra grazia.

 

163. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 27 dicembre 1576

Autografo: Parrocchia di Budia (Guadalajara)

1. Gesù sia con lei, figlia mia. Soneranno presto le due di notte, dico, pertanto non posso dilungarmi. Per la stessa ragione non scrivo al buon Nicola; gli dia lei il buon anno da parte mia. Oggi è stata qui la moglie di suo cugino; quello che vuol fondare un monastero è sempre allo stesso punto: persiste nel suo buon proposito, ma finché non si conclude l’affare della Corte per avere l’autorizzazione e non viene qui il padre Mariano, la cosa resta ferma.

2. Mi sono rallegrata che abbia preso una così buona religiosa; le dia molti saluti da parte mia, come a tutte.ho avuto gran piacere delle lettere di mio fratello da lei inviatemi. Ciò che mi rincresce è che vostra reverenza non mi dice nulla della sua salute; Dio gliela conceda come io gliela desidero. Ci fa una gran grazia nel darla a nostro padre. Sia per sempre benedetto.

3. Il mulattiere mi ha portato le sue lettere per Malagón; non so se abbia portato il denaro. Sarebbe stata una gran sciocchezza non prendere quello di mio fratello; magari fosse stato di più! Farà bene ad inviarmi i confetti di cui mi parla, se sono così buoni; mi piacerebbe averli per una certa occorrenza.

4. Sto bene, anche se in questi ultimi giorni prima del Natale mi sono sentita alquanto giù, stanchissima per l’eccesso degli affari. Ciò malgrado, non ho rotto l’Avvento. Dia i miei saluti a tutte le persone cui le sembri opportuno, specialmente al padre fra Antonio di Gesù, e gli chieda se ha fatto voto di non rispondermi; mi ricordi a fra Gregorio. Mi rallegro molto che quest’anno abbia di che pagare. Dio darà il resto. Sua Maestà la conservi; avevo proprio desiderio di vedere una sua lettera. Oggi è la festa di san Giovanni Evangelista. Io sono di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

164. A don Diego de Guzmán y Cepeda, ad Avila

Toledo, dicembre 1576

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Ecco la lettera che mi ha scritto il signor Ahumada; gliela mando perché veda ciò di cui la supplica e perché non manchi di farlo a tempo; se, con la pena che ha, teme di dimenticarselo, ne parli subito alla signora donna Maddalena, perché se ne occupi; sarebbe, infatti, increscioso affittare la casa senza averne necessità, o rinunziarvi avendone bisogno. Le dia molti saluti da parte mia e le dica anche di farmi sapere come sta.

2. Mi sembra che il Signore abbia voluto portare quell’angioletto con la madre in cielo. Sia benedetto di tutto, perché – a quanto mi è stato detto – era sempre malata. Dio ha fatto a tutti noi una grande grazia, e a lei in particolare, dandole lassù tante persone che la aiutano a sopportare i travagli di questa vita. Piaccia a Sua Maestà di proteggere donna Caterina, e tenga sempre vostra grazia con la sua mano, amen. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

165. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia

Toledo, fine dicembre 1576

1. La mia Isabella progredisce ogni giorno. Quando io entro in ricreazione, il che non accade spesso, lascia il suo lavoro e comincia a cantare:

          La madre fondatrice

          arriva in ricreazione;

          balliamo noi e cantiamo

          battendole le mani.

2. Questo è solo un momento. Quando non è l’ora della ricreazione, se ne sta nel suo romitorio, così assorbita nel suo Bambino Gesù, i suoi pastori e il suo lavoro, che è da renderne lode al Signore, anche per quel che dice di pensare. Dice che si raccomanda a vostra paternità, che la raccomanda a Dio e che desidera vederla. Non è così per la signora donna Giovanna né per nessun altro, che sono, dice, persone del mondo. Mi procura gran diletto, ma ho tanto da scrivere che mi resta poco tempo per questo…

 

166. Al Padre Girolamo Gracián, a Paterna (?)

Toledo, circa a dicembre 1576

Sono lieta che il padre fra Antonio non stia con vostra paternità, perché, vedendo tante mie lettere e non per lui, ne soffre molto, a quanto dice. Oh, Gesù, che gran cosa è che un’anima ne comprenda così bene un’altra, che non manchi mai nulla da dire né ciò dia stanchezza!

 

167. A don Antonio de Soria, a Salamanca

(Data sconosciuta)

Autografo: Cattedrale di Salamanca

Al magnificentissimo signor Antonio de Soria, mio signore.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra grazia, amen. Ho ricevuto i cento reali e il resto che portava il latore della presente. Nostro Signore conservi per molti anni l’autore dell’invio, dandogli la salute di cui io lo supplico.

2. Porta il letto, e se il signor Sotomayor sta lì, supplico vostra grazia di dirgli che lo faccia esaminare; non ha subito alcun cattivo trattamento; io ero presente al suo collocamento e ne ho avuto la cura che si doveva averne. Sono contrariata del fatto che questo paese sia così misero che non si possa trovare in nessun posto ciò che vostra grazia mi chiede. Si è cercato con gran cura – come questo buon uomo le dirà – ma non si sono trovate che queste tre pezze, e piaccia a Dio che si sia indovinato, perché non siamo riuscite a capire una parte della sua lettera in cui lei dice come devono essere; qui chiamiamo tessuto d’erba il migliore, gli altri non valgono niente. È certo che ho pensato a lungo che cosa poter inviare che lì non ci sia, ma non trovo nulla di una certa utilità – mentre ne sarei assai contenta –, pertanto vostra grazia mi dica in che cosa posso renderle qualche servigio, senza che lo sappia il signor don Francesco.

3. Nostro Signore tenga sempre vostra grazia con la sua mano e faccia di lei il suo servitore. Serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

Mando sette pezze: due di damasco verde e cinque di stoffa intessuta con fili di metallo dorato.

 ANNO 1577

168. A don Lorenzo de Cepeda, ad Avila

Toledo, 2 gennaio 1577

1. Gesù sia con vostra grazia. Serna mi concede così poco tempo che non vorrei dilungarmi, ma quando comincio a scrivere a vostra grazia non riesco più a fermarmi, e poiché Serna non viene mai, mi occorre un po’ di tempo.

2. Quando scriverò a Francesco, non legga mai lei mie lettere, perché temo ch’egli sia soggetto a un po’ di malinconia ed è molto che si apra con me. Forse Dio gli dà questi scrupoli per evitargli altro; fortunatamente, per suo conforto, ha la capacità di credermi.

3. Quel foglio – è chiaro – non l’avevo spedito e ho fatto male a non dirglielo. L’avevo dato da ricopiare a una consorella che non ha più potuto ritrovarlo. Finché da Siviglia non ne manderanno un’altra copia, non c’è modo di spedirlo.

4. Credo che già le avranno consegnato una lettera da me inviatale per la via di Madrid, ma, nel caso si fosse perduta, ripeterò qui quanto in essa le dicevo, sebbene mi pesi molto di attardarmi a far questo. Le dicevo anzitutto di esaminare bene questa casa di Fernando Alvarez de Peralta da lei presa in affitto; mi pare d’aver sentito dire che in essa una stanza minaccia di crollare; la controlli attentamente.

5. In secondo luogo la pregavo di mandarmi la cassetta e altri fogli miei che fossero eventualmente nei fagotti, giacché mi sembra che c’era un sacco contenente fogli: mi sia inviato ben cucito. Se donna Quiteria mandasse per mezzo di Serna un involto che deve farmi avere, dentro di esso saranno ben collocati. Ci sia anche il mio sigillo, perché io non posso sopportare di sigillare le mie lettere con questa morte, ma solo con Colui che vorrei s’imprimesse nel mio cuore come in quello di S. Ignazio. Nessuno apra la cassetta (in cui penso che si trovi quel manoscritto sull’orazione) se non lei, e si regoli in modo che non debba dir niente ad alcuno se vede qualche altra cosa. Guardi che non glielo permetto e che non conviene farlo, perché, anche se a lei sembra che sarebbe servire Dio, ci sono vari inconvenienti a causa dei quali ciò non può essere consentito, al punto che se io mi rendo conto che vostra grazia ne parla, mi guarderò dal leggerle più alcunché.

6. Il Nunzio mi ha mandato a dire d’inviargli copia delle patenti con cui si sono fondate queste case, quante e dove sono, il numero delle religiose e di dove sono, l’età che hanno, e quante ritengo che potranno essere priore; tali scritture stanno nella cassetta o forse nel sacco. Insomma, ho bisogno di tutto quello ch’è lì. Dicono che chiede tali notizie perché vuol costituire la provincia. Io ho paura, invece, che voglia che le nostre religiose riformino altri monasteri; se n’è già parlato, e ciò non ci conviene, eccetto che per i monasteri dell’Ordine. Dica questo alla sottopriora e che mi mandi i nomi delle religiose che sono in quella casa, indicandomene l’età e la data della professione, in buona calligrafia e in un quadernetto d’un quarto di foglio, firmato con il suo nome.

7. Ora mi ricordo che sono priora di quel convento e che lo posso fare io stessa; pertanto non è necessario che lei lo firmi, ma solo che m’invii le notizie, anche se scritte di sua mano, ché io poi le ricopierò. Non c’è ragione che le consorelle ne siano messe al corrente. Veda un po’ vostra grazia come effettuarne l’invio, in modo che le carte non si bagnino, e mi mandi la chiave.

8. Ciò che le ho detto sta nel libro in cui tratto del «Pater noster». Lì troverà molte cose sul suo grado d’orazione, anche se non così estesamente come nell’altro. Mi sembra che si trovi a proposito dell’«Adveniat regnum tuum». Vostra grazia rilegga di quel libro almeno il «Pater noster»: forse vi troverà qualcosa che la soddisfi.

9. Prima che me ne dimentichi: come ha potuto fare un voto senza dirmelo? Bella obbedienza è questa! È una risoluzione che mi è rincresciuta; mi è stata, sì, da una parte motivo di gioia, ma mi sembra cosa pericolosa. Prenda informazioni, perché un peccato veniale potrebbe diventare mortale a causa del voto. Anch’io interrogherò il mio confessore che è molto dotto. Per di più mi sembra una sciocchezza, perché il voto che io ho fatto comporta l’aggiunta di altre condizioni. A questo suo non avrei osato impegnarmi, sapendo che anche gli Apostoli hanno commesso peccati veniali. Solo Nostra Signora non ne ha mai commessi. Sono sicura che Dio avrà accettato la sua intenzione, ma mi sembrerebbe opportuno che le fosse commutato subito in un’altra cosa. Se si può fare mediante una bolla, lo faccia immediatamente. Questo giubileo sarebbe una buona occasione. Dio ci liberi dall’impegnarci in cose nelle quali è così facile sbagliare, anche senza accorgersene! S’Egli non vi ha addebitato maggiore colpa, è perché conosce la nostra natura. A mio giudizio, è bene porvi subito rimedio, e non le accada più di far voti, che è cosa pericolosa. Non ritengo inopportuno che tratti talvolta della sua orazione con quelli che la confessano, i quali, infine, le sono vicini e la consiglieranno meglio su tutto, né a farlo ci perde nulla.

10. Il pentirsi di aver comprato La Serna è opera del demonio, perché non sia grato a Dio della grazia che le ha fatto con quell’acquisto, davvero grande. Si convinca che è quanto di meglio poteva fare sotto molti punti di vista, e che ha dato ai suoi figli, più che un patrimonio, l’onore. Non c’è nessuno che ne senta parlare senza ritenere che abbia avuto una gran fortuna. Pensa forse che la riscossione delle rendite comporti poca fatica? Un trovarsi sempre in mezzo a sequestri! Consideri ch’è davvero una tentazione; non le avvenga più di cadere in essa, ma lodi Dio per tale acquisto e non pensi che se disponesse di maggior tempo, ne dedicherebbe di più all’orazione. Non s’illuda, giacché il tempo ben impiegato, qual è quello di badare al patrimonio dei propri figli, non impedisce l’orazione. Spesso Dio dà più in un attimo che non in molto tempo; le sue opere, infatti, non si misurano col tempo.

11. Procuri dunque, passate queste feste, d’impiegarne un po’ per le sue scritture, sistemandole come conviene. Quello che spenderà per La Serna sarà bene speso, e quando verrà l’estate, godrà di andarvi a passare qualche giorno. Non era meno santo Giacobbe per il fatto di occuparsi del suo gregge, né Abramo né San Gioacchino, ma, quando vogliamo sottrarci al lavoro, tutto ci stanca; così accade a me, e per questo Dio vuole ch’io abbia di che essere infastidita. Di tutto ciò tratti con Francesco de Salcedo, che, in materia di cose temporali, eleggo a fare le mie veci.

12. È una grande grazia di Dio che la stanchi quanto sarebbe di riposo agli altri, ma non per questo deve rinunziarvi, perché dobbiamo servire Dio com’egli vuole e non come vogliamo noi. Quello che, a mio avviso, si può trascurare è il tener dietro a speculazioni; pertanto mi sono in parte rallegrata che lasci andare l’affare di Antonio Ruiz basato su questa specie di guadagni, perché anche davanti agli occhi del mondo probabilmente ci si perde un po’; credo che valga di più da parte di vostra grazia moderarsi nelle elemosine, visto che Dio le ha dato di che mangiare e dare, anche se non è molto. Non chiamo speculazione ciò che lei vuol fare a La Serna, che va molto bene, ma la ricerca di quest’altro genere di profitti. Le ripeto di seguire in tutte queste cose il parere di Francesco de Salcedo, e non avrà tutti questi pensieri. E mi raccomandi sempre molto a lui e a chiunque altro vorrà, specialmente a Pietro de Ahumada, cui desidererei proprio trovar tempo di scrivere, per avere una sua risposta, poiché le sue lettere mi sono di gioia.

13. Dica a Teresa di non temere ch’io ami qualche persona quanto lei; che distribuisca pure le immagini, tranne quelle ch’io ho messo da parte per me, e ne dia qualcuna ai suoi fratelli. Ho vivo desiderio di rivederla. Mi ha commosso ciò che vostra grazia ha scritto di lei a Siviglia; mi hanno inviato qui le lettere che ho letto durante la ricreazione procurando non poca gioia alle consorelle e a me stessa. Chi volesse togliere a mio fratello la sua galanteria dovrebbe togliergli la vita: ogni cosa gli sembra buona, visto che la sua galanteria si rivolge ad anime sante, come io credo che siano tali religiose. Tutto quello che fanno mi riempie di confusione.

14. Ieri abbiamo celebrato una gran festa per il nome di Gesù; Dio ne ricompensi vostra grazia. Non so che cosa mandarle in cambio di tutto quello che lei fa per noi, tranne le accluse strofette composte da me, perché il confessore mi aveva ordinato di tenere allegre le consorelle: ho passato queste sere con loro, ma non ho saputo come rallegrarle se non così. Hanno un suono piacevole; vorrei che Franceschino riuscisse a coglierlo per cantarle. Veda un po’ se faccio buoni progressi! Ciò malgrado, il Signore mi ha accordato molte grazie in questi giorni.

15. Di quelle che fa a vostra grazia sono stupita. Sia per sempre benedetto. Comprendo a qual fine si desidera la devozione: è un fine buono. Ma una cosa è desiderarla e un’altra chiederla; creda, però, che lei fa quel ch’è meglio: lasciare tutto alla volontà di Dio e rimettere la propria causa nelle sue mani. Egli sa ciò che ci conviene, ma lei cerchi di seguir sempre la via che le ho indicato per iscritto. Badi ch’è più importante di quanto non creda.

16. Non sarà male, se talvolta si sveglierà con quegli impeti d’amor di Dio, sedersi un momento sul letto, facendo sempre attenzione a non perdere il sonno (perché, sia pure senza accorgersene, può arrivare a non riuscir più a fare orazione) e cercando di non soffrire molto freddo, che per il suo dolore al fianco non è certo indicato. Non so a quale scopo desideri quei terrori e quelle paure, visto che Dio la conduce per la via dell’amore. Ciò fu necessario a suo tempo. Non pensi che sia sempre il demonio a impedire l’orazione, perché Dio usa la misericordia di toglierla, a volte, e starei per dire che questa è una grazia così grande come quando ne dà molta, per parecchie ragioni che non ho il tempo di spiegare a vostra grazia. L’orazione che Dio le dà è incomparabilmente superiore alle meditazioni sull’inferno, e lei non potrebbe farne, pur volendolo: non abbia, dunque, a volerlo, ché non ve n’è ragione.

17. Mi hanno fatto ridere alcune delle risposte delle consorelle. Altre sono molto buone e mi hanno illuminato sul significato di quelle parole, perché non creda ch’io lo sappia. Non ho fatto altro che dirle un po’ a caso quello che le dirò, quando, a Dio piacendo, la vedrò.

18. La risposta del buon Francesco de Salcedo mi ha divertito. La sua umiltà lascia stupiti, da una parte; Dio lo conduce in modo tale per la via del timore, che può anche non sembrargli bene che si parli così di queste cose. Noi dobbiamo adattarci a ciò che vediamo nelle anime. Io le dico che è un santo, ma Dio non lo conduce per la stessa via di vostra grazia. Infine, lo conduce come un forte, e noi come esseri deboli. Ha risposto lungamente, considerata la sua indole.

19. Ho riletto ora la sua lettera. Non avevo capito che volesse alzarsi la notte, come dice, ma solo mettersi a sedere sul letto. Mi sembrava già molto, perché è di grande importanza non privarsi del sonno. Non si alzi a nessun costo, per quanto grande sia il fervore che prova, tanto più se sente di dover dormire. Non abbia paura del sonno. Se avesse sentito quello che diceva fra Pietro d’Alcántara in merito a ciò, non si stupirebbe di tali slanci, anche essendo sveglio.

20. Le sue lettere non mi annoiano, anzi mi consolano molto, come mi sarebbe di consolazione poterle scrivere più spesso, ma ho tanto lavoro che non potrò farlo con maggior frequenza: anche stasera lo scrivere mi ha impedito di attendere all’orazione. Non me ne faccio uno scrupolo, solo mi dà pena non averne avuto il tempo. Dio ce lo conceda per spenderlo sempre al suo servizio, amen.

21. La mancanza di mercato del pesce in questo paese è un dispiacere per le consorelle. Pertanto mi sono molto rallegrata dei pagelli inviatimi. Credo che, data la stagione, me li avrebbe potuti mandare senza pane. Se le riuscisse di averne quando verrà Serna oppure di trovare un po’ di sardine fresche, dia alla sottopriora qualcosa con cui inviarceli, perché il suo pacco era molto ben fatto. Questa è una città tremenda per chi non mangia la carne: non si trova mai neppure un uovo fresco. Ciò nonostante, pensavo oggi che da anni non mi sento bene come ora, e osservo la Regola al pari di tutte le altre, il che mi è di gran consolazione.

22. Le strofe accluse che non recano la mia scrittura non sono mie, ma mi sono sembrate adatte per Francesco; allo stesso modo in cui le religiose di San Giuseppe ne fanno di loro invenzione, una consorella di qui ha fatto le presenti. In queste feste di Natale, durante la ricreazione se ne sono dette molte. Oggi è il secondo giorno dell’anno. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

23. Pensavo che vostra grazia ci avrebbe inviato la sua «villanella», perché le nostre non hanno capo né coda, eppure le consorelle cantano tutto. Me ne viene in mente ora una che io ho fatto una volta in cui ero in grande orazione, e mi sembrava di godere di maggior quiete. Eccola… ma non so se i versi fossero proprio così; gliela scrivo perché veda che anche da qui le voglio offrire una distrazione:

          O bellezza che sorpassi

          qualsiasi altra bellezza!

          Soffrir fate e non ferite

          né rimpianto alcun lasciate

          dell’amor per le creature.

          Come un nodo insieme unite

          cose molto disparate:

          perché allora vi slegate

          se tal forza voi ci date

          da ammantar di beni i mali?

          Chi è senz’essere riunite

          a quell’Essere infinito;

          senz’aver fine finite,

          chi non merita Voi amate,

          fate grande il nostro niente.

24. Non ricordo di più. Che cervello di fondatrice! Eppure le assicuro che mi pareva di averne molto quando le ho dette. Dio le perdoni di farmi perdere tempo, ma credo che queste strofe la commoveranno e le desteranno devozione: non ne parli, però, con nessuno. Donna Guiomar ed io stavamo insieme allora. Le dia i miei rispetti.

 

169. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 3 gennaio 1577

1. Gesù sia con vostra reverenza, figlia mia. Avranno avuto motivo di passare un buon Natale e un buon anno, avendo lì il padre mio – come sarebbe stato per me –. Sembra che laggiù le difficoltà non finiranno tanto presto, e io già comincio ad affliggermi della solitudine che ci crea qui la sua mancanza. Oh, che freddo gelido abbiamo a Toledo! Manca poco perché sia come quello di Avila. Ciò malgrado, sto bene, sia pure col desiderio di veder arrivare una lettera da laggiù, perché mi sembra che da molto tempo non ne abbia ricevuta nessuna. Certo, ne è anche causa il fatto che i corrieri tardano a giungere qui come a venire lì. In verità, tutto sembra lento nei confronti dei nostri desideri.

2. Sulla busta della sua lettera ho visto che lei dice di star meglio dopo il salasso; quel ch’io voglio sapere è se le è cessata la febbre. Sono stata felice della sua lettera e molto più lo sarei di vederla; ne sarei particolarmente contenta ora, perché mi sembra che saremmo molto amiche; sono poche le persone con cui avrei piacere di trattare molte cose; lei, certo, è di mia soddisfazione, e sono assai lieta di capire dalle sue lettere che ne è ben consapevole, così che se Dio volesse che ritornassimo a vederci, non sarebbe più sciocca, avendo capito quanto la ami, il che mi fa provare gran compassione dei suoi mali.

3. Quanto alla malattia della madre priora di Malagón, non c’è chi ci capisca nulla. Dicono che stia un po’ meglio, ma non le si toglie di dosso una buona febbre, né si può alzare; desidero vivamente che sia in condizione di poter essere portata qui. Non tralascino di ricordarla sempre a Dio; siccome so che non occorre raccomandarglielo, non lo ripeto ogni volta.

4. Non nota che, come sempre, quando scrivo al padre mio, mi fa piacere di scrivere anche a lei, per quante possano essere le mie occupazioni? Ebbene, le assicuro che ne sono meravigliata io stessa. Potessi così scrivere alla mia Gabriella qualche volta! Mi ricordi molto a lei, a Beatrice con sua madre, e a tutte.

5. Scrivo al padre mio che sarà molto opportuno, poiché a Paterna hanno bisogno di religiose – intendo dire di converse – mandar lì alcune delle nostre; sarebbero di grande aiuto alle altre, che, ripeto, sono poche. Dia loro i miei saluti e mi faccia sempre sapere come se la passano. Fra Antonio mi dice quanto sia buona la salute di nostro padre. Me ne sono sentita molto grata a vostra reverenza, perché penso che in gran parte ciò sia dovuto alle sue cure. Benedetto sia Dio che ci fa tante grazie. Molte cose da parte mia al padre fra Antonio; siccome non mi risponde mai, non gli scrivo. Faccia quanto è possibile perché non sappia di tutte queste mie lettere; raccomandi al padre mio di non dirgliene nulla. Mi ricordi a Garciálvarez e a chiunque altro abbia occasione di vedere. Mi viene in mente ora d’essermi chiesta che cosa avranno fatto loro nel Mattutino della notte di Natale. Me lo faccia sapere, e resti con Dio. Sua Maestà la renda santa, come io gliene rivolgo supplica. È il 3 gennaio.

6. Mio fratello mi ha scritto ieri; il freddo gelido non gli fa alcun male. C’è da rendere lode a Dio per le grazie che gli accorda nell’orazione; egli dice che le deve alle preghiere delle Scalze. Ha realizzato grandi progressi ed è di giovamento a tutte. Non lo dimentichino. Sua, Teresa di Gesù. Volti la pagina.

7. Avevo dato a una consorella il foglio di nostro padre – quello che ha scritto per l’affare di Garciálvarez – affinché lo ricopiasse, essendo utilissimo per ogni casa, come per Avila, ma sembra che il demonio l’abbia fatto sparire. Comunque, me ne invii una copia, in buona calligrafia: non lo dimentichi.

 

170. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, metà di gennaio 1577

Autografo frammento: Casa Generalizia OCD, Roma

1. Gesù sia con vostra reverenza. Oh, che gran gioia ho provato nel sapere che lei sta bene! Dio sia benedetto per sempre, perché in questi giorni sono stata molto afflitta per lei. Si abbia riguardo, per amor di Dio, ché tutto andrà bene se lei sta bene. Davvero, quando lei sta male o ha qualche pena, mi rendo conto di quanto l’ami nel Signore.

2. Prima che me ne dimentichi: in nessun modo vostra reverenza cerchi ora di far venire Nicola – sarebbe rendere un gran cattivo servizio alle religiose di Siviglia –; aspetti che sia entrata quella vedova; la priora mi scrive come il demonio si adoperi ad impedirlo e Nicola se ne occupa con grande impegno; anche s’ella ha vivo desiderio d’entrare, ci sono persone che le creano scrupoli; sa bene quanto alle religiose la cosa importi, perché con la sua dote pagano la casa.

3. Mi sono molto rallegrata del buon arcivescovo che Dio ci ha mandato qui. Di quelle dicerie di frati non mi do la minima pena; sarà come delle altre loro calunnie: hanno trovato chi anela subirle.

4. Appena, oggi, ho ricevuto la lettera di vostra reverenza, ho mandato subito all’arcidiacono la sua. Credo che non farà nulla, e vorrei che la finissimo di procurargli inquietudini; poiché noi ora abbiamo un arcivescovo, ho pensato se non sarebbe opportuno ottenere da lui che lo dicesse a quelli del Capitolo di Toledo, visto che la cosa è ormai di pubblica ragione.

5. Se con il Tostado ci si regola come vostra reverenza dice, non tema ch’essi ostacolino ancora la cosa, intendo dire i frati. Mi rallegro che vada a vedere la signora donna Luisa, alla quale dobbiamo molto in ogni senso. Mi ha scritto che pensava che vostra reverenza sarebbe andato a vederla. L’arcidiacono ha detto che avrebbe insistito perché rispondessero presto alla lettera e che sarebbe venuto a trovarmi. Io avrò cura della cosa, perché questi ultimi giorni non mi hanno permesso di occuparmene.

6. Non avevo osato parlare così chiaramente nelle altre mie lettere. Adesso che vostra reverenza sta bene, le faccio sapere che non ho visto l’ora di togliere l’affare dalle mani di questi benedetti padri a cui il padre Giovanni Díaz l’aveva affidato, perché il maestro Córdoba è cugino del padre Valdemoro e l’altro, amico del priore e del Provinciale; essi credono a tutto quanto vien loro detto, il che non è poco. Sono convinta che non ricorrerebbero ad inganno, rendendosene conto, perché sono entrambi uomini dabbene, ma quando si ha l’impressione di negoziare contro giustizia, non ci si può impegnare con molto calore. Da quanto possiamo arguire, nostro padre sarà ora a Granada. La priora di Siviglia mi ha mandato a dire che l’arcivescovo l’aveva pregato di tornare là; non so di più.

7. Vostra reverenza sia grato a Nicola di quel che fa per le religiose, e non gli sia d’ostacolo, per carità, se Dio lo chiama ad affari più importanti di quelli dell’arcivescovo, perché Dio stesso lo provvederà di un altro, anche se, certo, mi affligge ogni travaglio che gli sopravvenga; ed è giusto, perché gli dobbiamo moltissimo. Da vari giorni ritengo sicuro che il grande Inquisitore sarà l’arcivescovo di qui; ciò è molto conveniente per noi, e anche se in certe cose non sembri tanto…

 

171. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 9 gennaio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora Maria di San Giuseppe.

1. Gesù sia con lei, figlia mia. Prima che me ne dimentichi: com’è che non mi dice mai nulla del padre mio fra Bartolomeo de Aguilar, il domenicano? Ebbene, io le assicuro che gli dobbiamo molto, giacché tutto il male ch’egli mi ha detto dell’altra casa che avevamo comprato è stata la causa per uscire da essa; ogni volta che penso alla vita che loro vi avrebbero condotta, non mi stanco di render grazie a Dio. Sia lodato per tutto. Creda ch’è molto buono e che, per quanto riguarda cose di religione, ha più esperienza d’un altro. Non vorrei che trascurasse di chiamarlo qualche volta, essendo un ottimo amico, molto avveduto, e un monastero non ha niente da perdere a trattare con tali persone. Gli scrivo l’acclusa lettera: gliela faccia avere.

2. Prima che me ne dimentichi: mi ha divertito la nota che mi hanno inviato delle elemosine ricevute e il molto che asseriscono d’aver guadagnato. Piaccia a Dio che dicano la verità, perché ne avrei molto piacere, ma lei è una volpe, e reputo che si serva di qualche ripiego; lo stesso timore ho nei riguardi della sua salute, visto che, con quel che dice, sa di rendermi contenta.

3. La nostra priora di Malagón sta sempre allo stesso modo. Ho chiesto molte volte a nostro padre di scrivermi se l’acqua di Loja può giovare, portata da tanto lontano, per mandarla a prendere; vostra reverenza glielo ricordi. Oggi gli ho mandato una lettera con un ecclesiastico, che andava da sua paternità solamente per un affare; sono stata assai lieta dell’occasione e pertanto ora non gli scrivo. Lei mi fa una gran carità nell’inviarmi le sue lettere, ma sappia con assoluta certezza che, anche s’esse non giungono, quelle di vostra reverenza saranno sempre le benvenute; non nutra al riguardo nessun timore.

4. Ho già mandato a donna Giovanna Dantisco tutto ciò di cui mi aveva incaricata; ancora non c’è stata l’opportunità di avere una risposta. Per persone come lei, anche se si deve spendere qualcosa del monastero, non importa, specialmente non avendo più la necessità che avevamo in principio; certo, trovandosi nel bisogno, si è anzitutto obbligate verso le proprie figlie.

5. Oh, come si pavoneggerà ora per esser diventata mezza provinciale! E quanto mi ha divertito nel dire con tanta noncuranza: «le sorelle le inviano queste strofe»!, mentre forse sarà lei l’ideatrice di tutto. Non credo mal fatto, visto che lì, come lei mi scrive, non c’è nessuno che le dica nulla, che le dica qualcosa io da qui, ad evitare che incorra in vanità. Ammetto ch’è evidente che lei non vuol dire né fare sciocchezze. Piaccia a Dio che abbia sempre l’intento di servirlo, perché in tutto questo non c’è niente che sia un gran male. Mi vien da ridere nel vedere come, sovraccarica di lettere, passo il tempo a scrivere cose fuor di proposito. Le perdonerò volentieri il vanto di condurre lì quella dei lingotti d’oro, se ci riuscirà, perché desidero vivamente di vederla libera da preoccupazioni, anche se mio fratello faccia tali progressi nella virtù che di tutto cuore sarebbe pronto a soccorrerla in ogni necessità.

6. È una graziosa pretesa la sua di non volere che ci sia nessun’altra come Teresa. Ebbene, sappia con certezza che se questa mia Bela non ha la grazia naturale e i doni soprannaturali dell’altra (perché veramente abbiamo visto che Dio ha operato alcune cose in lei), la supera in intelligenza, in abilità e in dolcezza, al punto che si può far di lei ciò che si vuole. È straordinaria l’ingegnosità di questa creatura, che con certi miseri pastorelli, certe monachine e una statuetta di nostra Signora da lei posseduta, non c’è festa in cui non inventi qualche cosa nel suo romitorio o durante la ricreazione, cantando alcune strofe, fatte da lei, a cui dà il tono giusto, tanto che ne siamo stupite. Ho solo una difficoltà: di non saper come atteggiarle la bocca, perché è una bocca assai dura: ride con molta freddezza e non fa che ridere. Ora gliela faccio aprire, ora chiudere, ora le impedisco di ridere. Ella dice di non averne colpa lei, ma la bocca, e dice il vero. Chi conosce la grazia di Teresa, sia fisica sia di tutto il resto, deve notarlo di più, ed è quello che accade qui, anche se io non lo palesi, e a lei lo dica in segreto. Non lo ripeta a nessuno, mi piacerebbe che vedesse la fatica che faccio nell’atteggiarle correttamente la bocca. Credo che quando sarà più grande, il suo sorriso sarà meno freddo; per lo meno, fredde non sono le sue parole.

7. Eccole qui dipinte le sue ragazze, affinché non pensi ch’io mento dicendole ciò in cui l’una è superiore all’altra. Gliel’ho detto per farla ridere. Di tutto il lavoro che le do di ricevere e mandare lettere, non tema che la dispensi.

8. Mi hanno molto divertito le strofe venute da lì; ho mandato a mio fratello le prime e alcune delle altre, perché non erano tutte ugualmente ben riuscite. Credo che potranno mostrarle al santo vecchio, dicendogli che così passano le ricreazioni, perché è tutto linguaggio di perfezione, ed è giusto procurare un passatempo a colui cui si deve tanto. La sua gran carità mi riempie di stupore.

9. Sappia che si prepara al nostro padre Garciálvarez qualche avversità, perché dicono che le educa alla superbia; glielo riferisca. Ora ad Avila sono preoccupate di quel che devono scrivere costì, avendo mio fratello detto loro che lei gli aveva inviato la lettera perché esse rispondessero. E sappiano che nessuna, qui, porta né ha portato quella stoffa leggera, tranne me. Anche ora, con tutto il freddo gelido che ha fatto, non ho potuto mettermi altro – per i reni, ché temo molto questo male – e me ne dicono tante, che me ne faccio ormai scrupolo; avendomi nostro padre preso quella veste molto vecchia che avevo di tela grossa, non so che fare. Dio le perdoni. Malgrado tutto, sostengo che col caldo di lì non si può sopportare altro che roba leggera. Per gli abiti no, ma questo ha poca importanza. Fino a che non mi portino ciò che m’invia il mio santo priore, non so che cosa scrivergli, non potendo dirgli che ho ricevuto la sua; gli scriverò con il mulattiere.

10. Oh, Gesù, come gli sono obbligata per tutto quello che fa per loro! E come abbiamo riso della lettera della mia Gabriella, come ci ha riempito di devozione la diligenza dei nostri santi e la mortificazione del mio buon Garciálvarez! Li raccomando molto a Dio. Gli dia i miei saluti, come a tutte, a ognuna delle quali vorrei scrivere in particolare, tanto le amo. Certo, il mio amore per ciascuna singolarmente è davvero grande, non so perché. Mi ricordi alla madre della portoghese e alla Delgada. Perché non mi dice mai nulla di Bernarda López? Legga l’acclusa lettera per Paterna, e se non va bene, la corregga come superiora di quella casa. Io le riconosco la prevalenza nel saper trovare ciò che meglio conviene. Dio la ricompensi di quel che fa per loro – parlando ora sul serio –, perché mi è di gran consolazione. Peccato che non sappia finire quando le scrivo. Piaccia a Dio che non si sia abituata a incantare gli altri, come nostro padre. Dio la incanti e la rapisca a sé, amen, amen. Serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

11. Apra l’acclusa lettera per la priora di Paterna e la legga, essendo stata chiusa per errore; legga, inoltre, quella del priore di Las Cuevas, al quale ho scritto di nuovo (anche se con tanta fretta da non sapere che cosa gli ho detto), e la chiuda.

 

172. Al Padre Girolamo Gracián, a Siviglia/Granada

Toledo 9 gennaio 1577

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra paternità, padre mio. Oh, quante benedizioni ha riversato su di lei questa sua vecchia figlia per la lettera che mi ha inviato oggi, 9 gennaio, il padre Mariano! Avevo ricevuto la vigilia dell’Epifania quella che conteneva la commissione per Caravaca, dove si recava di lì a due giorni un messaggero sicuro, circostanza di cui mi sono molto rallegrata; tale lettera, nonostante la sua cautela nel parlarmi della sua malattia, mi aveva afflitta profondamente. Sia benedetto Dio d’avermi fatto la grazia di ridarle la salute. Avevo scritto subito a tutti i monasteri cui potevo rivolgermi, perché me la raccomandassero a Lui. Dovrò tornare a scrivere per dar loro la buona notizia, non essendovi altro da fare. È stata una gran fortuna che quest’altra lettera sia venuta così presto; vostra paternità aumenta ogni giorno di più le mie obbligazioni verso di lei, per la cura che ha di rasserenarmi; pertanto spero che Dio gliene darà la ricompensa.

2. Le assicuro che mi è piaciuta molto l’idea che ora si dedichi, come se non avesse altra occupazione, a confessare. Mi sembra una cosa che ha ben del miracoloso. Ciò malgrado, non dobbiamo chiedere a Dio miracoli, e bisogna che vostra paternità consideri che non è di ferro, e che nella Compagnia molti si sono rovinata la testa per eccesso di lavoro; circa quanto mi dice della rovina di quelle anime che erano entrate per servire Dio è un fatto su cui piango da tempo. Ciò che può esser loro di gran profitto è avere buoni confessori; e se per i monasteri ove devono recarsi le Scalze vostra paternità non cerca un siffatto rimedio, temo che non si raccoglierà gran frutto, perché opprimerle con pratiche esteriori e non avere chi le aiuti interiormente, crea serie difficoltà, come ne ho avute io fino a che non sono venuti gli Scalzi all’Incarnazione.

3. Poiché vostra paternità vuol fare questo lavoro solo per la salvezza delle anime, lo sia di fatto: procuri loro qualcuno che possa aiutarle ed emani un ordine per stabilire che dove si trovi un monastero di frati, nessuno vada a turbarle. Ad Antequera mi pare ci sia Millán: forse è adatto; le sue lettere, per lo meno quelle che scrive a vostra paternità, mi danno un vero piacere. Piaccia al Signore d’incamminare tutto bene, amen.

4. Oh, come mi rende felice la perfezione con la quale lei scrive a Speranza, perché, trattandosi di lettere da far vedere, è bene che siano così perfette, anche per lei stesso. E come vostra paternità ha ragione quando (a proposito di ciò ch’è necessario per la riforma) dice che non si devono conquistare le anime con la forza delle armi, alla stessa guisa dei corpi! Che Dio me la conservi, poiché mi rende così pienamente soddisfatta. Per poterla raccomandare efficacemente a lui, vorrei essere assai buona, intendo dire perché i miei desideri vengano esauditi, ché nel mio animo non scopro mai viltà, grazie a Dio, se non si tratta di quel che riguarda Paolo.

5. Oh, quanto si diletta Angela del sentimento che le dimostra in una pagina scritta a seguito di una lettera da lei inviatale! Dice che vorrebbe baciarle ripetutamente le mani e che assicuri vostra paternità che può stare tranquillo, perché il mediatore dell’unione era di tale qualità e ha stretto il nodo così fortemente che solo con la vita si scioglierà; dopo la morte sarà anche più saldo, non essendo più eccessiva la ricerca della perfezione, anzi, trovando ella in questo ricordo aiuto per lodare il Signore; il fatto è che la liberta di cui era solita godere le moveva guerra. Ora le sembra di gran lunga preferibile la sottomissione in cui è a questo riguardo, e assai gradita a Dio, perché in essa trova  chi l’aiuta ad avvicinare a Lui anime che lo lodino, e ciò è un così gran conforto e una gioia tale, che io vi partecipo in larga misura. Sia benedetto per tutto. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

173. A don Lorenzo de Cepeda, ad Avila

Toledo, 17 gennaio 1577

1. Gesù sia con vostra grazia. Le ho già detto nella lettera portata via dal corriere di Alba che le sardine sono arrivate bene e i confetti in un momento opportuno, benché avrei preferito che si fosse tenuto i migliori. Dio la ricompensi. Ora non m’invii più niente, ché quando vorrò qualcosa, gliela chiederò. Molte felicitazioni per essere venuto nel nostro quartiere. Ciò nonostante, stia bene attento alla stanza che le ho detto, perché se non la si ripara può essere pericolosa; lo stato era tale che il pericolo è grande. La esamini bene con tutto il resto.

2. Per ciò che riguarda il segreto sulle mie cose, non dico che la mancanza di esso sarebbe un peccato, perché sono nemica in sommo grado di tali costrizioni, tanto più che potrebbe mancarvi per disattenzione; mi basta che sappia che ciò mi farebbe dispiacere. Quanto alla promessa, il mio confessore mi aveva già detto che non era valida: ne sono stata molto contenta perché mi dava preoccupazione. Gli ho detto anche dell’obbedienza a cui si è impegnato con me, e che mi sembra inopportuna. Mi ha risposto che va bene, purché non sia un voto né fatto a me né a nessuno. Pertanto non l’accetto come un voto, e anche sotto altra forma lo faccio a malincuore, ma vi passo sopra per sua consolazione, a patto che non s’impegni con voti a nessuno. Mi sono rallegrata che fra Giovanni la comprenda, perché è dotato d’esperienza, e anche Francesco ne ha un po’, ma non per capire quello che Dio le concede. Con loro due ora sta bene.

3. Com’è buono il Signore! Mi sembra che voglia mostrare la sua grandezza con l’innalzare gente spregevole, e con tanti favori, mentre io non so che cosa ci sia più meschino di noi due. Sappia che da oltre otto giorni sono in un tale stato che, se durasse, mal potrei attendere a tanti affari. Da prima che le scrivessi mi sono tornati i rapimenti, e ciò ha causato la mia pena, perché mi avvengono (com’è successo varie volte) in pubblico; così è accaduto che li avessi a Mattutino. Non c’è modo di resistervi né si può dissimularli. Ne provo tanta vergogna che vorrei nascondermi non so dove. Io supplico Dio di evitarmi questo in pubblico; glielo chieda anche lei, perché comporta molti inconvenienti e non mi sembra più orazione. In questi giorni sono in parte come un’ubriaca; almeno, però, mi rendo conto che l’anima è in un buon posto e pertanto, siccome le potenze non sono libere, è penoso dover attendere a più di quel che l’anima voglia.

4. Prima, ero stata quasi otto giorni mancando, spesso, della possibilità di avere anche solo un buon pensiero, in un’estrema aridità. E, in certo modo, mi faceva gran piacere, perché precedentemente mi ero trovata nello stato in cui sono ora, ed è una vera gioia vedere quanto poco possiamo da noi stessi. Sia benedetto Colui che può tutto. Ho detto molto. Il resto non è da scriversi e neanche da dirsi. È bene che lodiamo nostro Signore l’uno per l’altro; lei, almeno, lo faccia per me, perché sono incapace di ringraziarlo come dovrei, e ho bisogno, pertanto, di molto aiuto.

5. Di ciò che mi comunica d’aver avuto non so che dirle; è certo, più di quanto lei possa comprendere e principio di molto bene, se lei non lo perde per sua colpa. Sono già passata per questa forma d’orazione, dopo la quale l’anima suole trovare riposo e a volte pratica alcune penitenze. Specialmente se l’impeto è assai forte, sembra che non si possa sopportarlo senza che l’anima non si adoperi a fare qualcosa per Dio. È, infatti, un tocco d’amore ch’egli dà all’anima, e se va aumentando, vostra grazia capirà quello che dice di non capire della mia strofa, perché è una pena enorme, un dolore non si sa di che, estremamente piacevole. E benché di fatto sia realmente una ferita aperta nell’anima dall’amor di Dio, non si sa, però, dove né come, né se sia una ferita o che altro sia; si sente solo un dolore dilettevole che fa uscire in lamenti, e pertanto l’anima dice:

          soffrir fate e non ferite

          né rimpianto alcun lasciate

          dell’amor per le creature.

6. Infatti quando l’anima è veramente toccata da quest’amore di Dio, svanisce quello che si ha per le creature, senza alcuna pena, voglio dire in modo che l’anima sia legata a un qualche affetto (ciò che non avviene senza avere quest’amor di Dio), perché qualunque cosa venga dalle creature, se si amano molto, dà pena, e se si vogliono abbandonare, più ancora. Quando Dio s’impossessa di un’anima, invece, le dà a mano a mano il dominio su tutte le cose create, e anche se si perde quella presenza e quel diletto (che è ciò di cui vostra grazia si lamenta), come se non si fosse provato nulla circa questi sensi corporei, a cui Dio ha voluto dare parte del godimento dell’anima, egli non l’abbandona, né l’anima ne resta meno ricca di grazie, come si vede in seguito, con l’andar del tempo, dagli effetti.

7. Degli impulsi sensuali, poi, di cui vostra grazia m’informa, non faccia nessun caso, giacché, sebbene io non li abbia mai avuti, avendomi Dio liberato sempre, nella sua bontà, da tali turbamenti, penso che ne dev’essere causa il fatto che il diletto dell’anima è così grande da influire sui sensi; andrà esaurendosi con il favore di Dio, purché lei non vi badi. Me ne hanno già parlato alcune persone.

8. Passeranno anche questi suoi tremori, perché l’anima, di fronte a certe novità, si spaventa, ed ha ben di che spaventarsi. Ma accadendole frequentemente, diventerà abile a ricevere tali grazie. Resista quanto potrà a questi tremori e a qualunque cosa esteriore, per non contrarne l’abitudine, il che sarebbe più di disturbo che d’aiuto.

9. Quanto al calore che dice di sentire, ciò non ha alcuna importanza; potrebbe solo, se eccessivo, nuocere alla salute, ma anch’esso forse scomparirà come i tremori. Tali fenomeni, a mio avviso, sono in rapporto alla costituzione fisica, e siccome vostra grazia ha una complessione sanguigna, il gran movimento dello spirito, con il calore naturale che si raccoglie nella parte superiore e arriva al cuore, può provocarli, ma – ripeto – non per questo l’orazione è più elevata.

10. Credo di aver già risposto al fatto di «restare dopo come se non fosse accaduto nulla». Non so se sia sant’Agostino a dire così: che lo spirito di Dio passa senza lasciare traccia, come la saetta che non lascia segno nell’aria. Ora ricordo bene che le ho risposto in merito a ciò, ma ho avuto un’infinità di lettere dopo aver ricevuto la sua, e ancora ne ho molte da scrivere, tanto da non disporre di tutto il tempo voluto per questa.

11. Altre volte l’anima resta in modo tale da non poter tornare in sé per molti giorni; allora, come il sole i cui raggi danno calore senza che lo si veda, così l’anima sembra aver sede lungi da noi e animare il corpo senza trovarsi in esso, perché qualcuna delle potenze è sospesa.

12. Molto buono, grazie a Dio, è il suo genere di meditazione, quando – voglio dire – non ha l’orazione di quiete. Non so se ho risposto a tutto: rileggo sempre le sue lettere, il che richiede non poco tempo, e ora non l’ho potuto fare che a pezzi e bocconi. Vostra grazia non si dia la pena di rileggere quelle che mi scrive. Io non rileggo mai le mie. Se mancasse qualche parola, ce la metta lei; io farò altrettanto con le sue. Si capisce subito il senso, e rileggerle è tempo perduto, senza scopo.

13. Per quei giorni in cui non potesse raccogliersi bene nel tempo dell’orazione, o per quando avesse vivo desiderio di far qualcosa per il Signore, le mando questo cilicio, che aiuta molto a risvegliare l’amore, a patto che non se lo metta, con nessun pretesto, dopo essersi vestito né per dormire. Può indossarlo in qualunque parte, sistemandolo in modo che le dia fastidio.

14. Glielo mando con timore, perché essendo lei così sanguigno, qualunque cosa potrebbe alterarle il sangue, ma è tanta la gioia che dà fare alcunché per Dio (si tratti pure d’un niente come questo), quando si vive con quest’amore, che non dobbiamo tralasciare di metterci alla prova. Appena finito l’inverno, farà qualche altra piccola cosa, ché non me ne dimentico. Mi scriva come sopporta questa bazzecola. Io le dico che qualunque sia il castigo che vogliamo imporre a noi stessi, quando ci ricordiamo di quello che ha sofferto nostro Signore, è proprio una bazzecola. Mi viene da ridere nel veder come lei m’invii confetti, regali e denari, ed io cilici.

15. Mi ricordi ad Aranda: che getti un po’ di queste pastiglie nella camera di vostra grazia o quando stia accanto al braciere; sono molto sane e pure, datemi da religiose Scalze delle quali nulla di quel che hanno è ricercato; per quanto mortificato lei voglia essere, può usarle. Sono ottime per i reumatismi e il mal di testa. Faccia portare questo piccolo involto a donna Maria de Cepeda nel monastero dell’Incarnazione.

16. Sappia che è tutto stabilito per l’ingresso nel suo monastero di Siviglia di un’ottima religiosa che ha seimila ducati liberi da ogni vincolo; prima di entrare ha dato certe piastre d’oro che ne valgono duemila e insiste tanto perché si cominci con essi a pagare la casa; la priora lo fa, e mi scrive che ora pagherà tremila ducati. Me ne sono rallegrata molto, perché erano gravate da un grosso peso. Infine, appena farà la professione, si pagherà subito tutto, e forse anche prima. Vostra grazia raccomandi questo a Dio e lo ringrazi, perché così completa l’opera che lei ha cominciato.

17. Il nostro padre Visitatore s’è occupato di regolare varie cose; sta bene e compie la visita delle case. È sorprendente come tenga in pace la provincia e quanto lo amino. Si vede bene l’effetto delle orazioni, come anche della virtù e dei talenti che Dio gli ha dato.

18. Che Dio la accompagni e me la conservi, ma io non so finire quando parlo con lei. Tutti le inviano molti saluti e così anch’io. Dica sempre molte cose da parte mia a Francesco de Salcedo. Ha ragione di amarlo, perché è un santo. La mia salute è molto buona. Oggi è il diciassette di gennaio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

19. Ho mandato a chiedere il libro al Vescovo, perché forse avrò voglia di finirlo aggiungendovi quello che poi mi ha dato il Signore. Si potrebbe farne un altro e anche grosso, se il Signore vuole che riesca ad esprimermi; se no, non si perde molto.

20. Nella cassetta c’erano alcune piccole cose di Teresa che le rimetto. La «pallina» è per Pietro de Ahumada, che, stando molto in chiesa, deve aver freddo alle mani. Io ora non ho bisogno di denaro. Nostro Signore la ricompensi della sua sollecitudine e me la conservi, amen. Può ben raccomandare l’affare dei denari alla priora di Valladolid, che lo assolverà perfettamente, perché conosce un mercante molto amico di quella casa e mio, e buon cristiano.

 

174. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 17 gennaio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Bologna

1. Gesù sia con vostra reverenza. Oh, figlia mia, che lettera m’invia piena di buone notizie, sia della sua salute, sia di quella monachina che ci renderà un così buon servizio quale sarà il pagare la casa! Piaccia a Dio che non vi sia nessun imprevisto spiacevole; io gliene rivolgo viva supplica, perché mi sarebbe di grandissima gioia saperle tranquille. Se entrerà, l’aiuti, per amor di Dio; ben se lo merita. Desidererei vivamente avere il tempo di scriverle a lungo, ma oggi ho scritto ad Avila, a Madrid e in altri luoghi, e la mia testa è in condizioni deplorevoli. Ho ricevuto le sue lettere, quelle di cui mi parla. Una, scritta da me al padre mio, il priore di Las Cuevas – che ho inviato aperta perché la vedesse vostra reverenza – deve essersi perduta, visto che lei non me ne dice nulla. Loro saranno rimaste assai sole senza il nostro buon padre.

2. Dica al signor Garciálvarez che ora è necessario che adempia lui all’ufficio di padre, più di quanto non abbia fatto fin qui. Mi sono rallegrata che sia entrata quella sua parente; me la saluti molto, e mandi la presente alle consorelle di Paterna (a cui avrei gran desiderio di scrivere), affinché sappiano che sto bene e che mi ha fatto molto piacere sapere che vada da loro Margherita e un confessore. Ch’esse non si meraviglino se non si uniformano subito al nostro modo di vivere; sarebbe un errore pretenderlo, né diano troppa importanza al fatto che non devono parlare fra loro e ad altre cose che, in se stesse, non sono un peccato; troppe esigenze, per persone abituate a un diverso tenore di vita, servirebbero a creare più occasioni di peccato, anziché ad evitargliele. Ci vuol tempo nell’attesa che operi Dio, altrimenti si finirà con l’esasperarle. Noi, qui, preghiamo molto per loro.

3. È male, però, che la priora si lasci insultare, salvo poter fingere di non capirlo. È necessario che chi è preposta al governo della comunità capisca che, a prescindere dalla clausura, il resto dev’essere opera di Dio, e che si deve esercitare la propria autorità con molta dolcezza. Egli sia con lei, figlia mia, e me la conservi con tutte le altre, a cui dia i miei saluti.

4. Preghi la priora di Paterna (che in tutte le sue lettere non si cura di suor San Girolamo più che se non fosse lì, mentre forse lavorerà più di lei) di dirmi come vanno le cose e a suor san Girolamo di scrivermi ugualmente in merito a ciò; raccomandi a entrambe di porre la loro fiducia in Dio per riuscire in tutto, e non pensare di poter fare qualcosa da se stesse.

5. Io sto bene; la madre priora di Malagón, come al solito. Mi dica se nostro padre ha preso denaro per il viaggio, perché mi par d’aver capito di no. Gl’invii questa lettera con grande precauzione e al più presto, per carità, ma che sia con una persona sicura. Mi dispiace molto che se ne vada il fiscale. Sembra che Dio voglia farci vedere ch’Egli solo fa tutto. I miei saluti al priore del Carmelo e al mio buon fra Gregorio; gli dica di scrivermi. Oggi è il 17 gennaio, e io sono la serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

6. Mi hanno divertito i suoi Mattutini. Credo che saranno andati bene, perché il Signore ci viene sempre in soccorso nel momento del maggior bisogno. Non manchi di scrivermi, anche se non c’è lì nostro padre. Io non lo farò troppo spesso, per risparmiare il «porto» delle lettere.

 

175. Alla M. Maria Battista, a Valladolid

Toledo, 21 gennaio 1577

1. Gesù sia con lei, figlia mia. Si abbiano tutte le mie felicitazioni lei e quella sua figlia che ha preso il velo. Piaccia a Dio che goda della sua presenza per molti anni e che entrambe lo servano con la santità di cui l’ho supplicato in questi giorni, amen.

2. Amerei molto rispondere lungamente alla sua lettera e, certo, ora ne ho l’occasione, ma potrebbe farmi un gran male, perché sono assai stanca. Avevo già pensato di non scriverle fino ad avere più tempo disponibile, ma voglio farle sapere che ho ricevuto tutte le sue lettere; per questa via sono molto sicure. Non mando la dispensa del Papa, perché, essendo scritta in latino, non ho trovato chi me la legga; gliela manderò. Me l’hanno data ieri, giorno di San Sebastiano. Ha ispirato molta devozione alle consorelle e anche a me. Sia benedetto Dio, perché così si è concluso tutto. Il fatto che la signora donna Maria sia contenta rende assai contenta anche me. Le dica molte cose da parte mia e dia un grande abbraccio alla mia Casilda: vorrei farlo di persona molto volentieri; sarei stata assai felice d’essere lì presente. È stato bene aver avuto in tanta considerazione quei frati, perché la cerimonia avrà ricevuto dalla loro presenza maggior solennità.

3. Per quanto si riferisce alla dote di quell’altra, lei mi aveva detto che bisognava togliere da essa cinquanta ducati per il viaggio. Io le ho risposto che, stando così le cose, perché dire che la dote è di seicento? Meglio non precisare cifre. Del corredo non mi ricordo. S’ella è tale come si dice, poco importa che non disponga di molto, perché le assicuro che abbiamo soprattutto bisogno di religiose in grado di adempiere il loro compito. Creda pure che porterà quello che ha, e lei sa bene che se le religiose sono particolarmente adatte per noi, non dobbiamo guardar tanto alla dote. La sua padrona muore di dolore nel vedersela portar via, a quanto mi hanno detto, e dev’essere vero, pertanto l’aiuterà poco. Il padrone è ben preavvisato che gliela devono restituire, se non è quale egli dice. Sono stata così restia a prendere tale religiosa, che mi sono domandata se non era una tentazione.

4. Legga questa lettera, la chiuda, la sigilli e l’affidi ad Agostino de Vitoria, o a chi vedrà che può recapitarla rapidamente, perché non può gravarla di porto, ed è necessario consegnarla con sicurezza.

5. Il padre Visitatore insiste tanto perché si prenda quella casa, che appena lei sarà d’accordo, manderò Antonio Gaytán; è a lui che il padre Visitatore dà la commissione di fare le scritture. Una volta deciso, ci dev’essere il modo di portar via quella donna, che è vecchia e molto malata, ma bisogna passar sopra a certe cose, perché è grande la necessità che hanno lì le anime. Dio metta tutto in cammino a buon fine e me la conservi: è riuscita ad avere esito felice nei suoi affari. Sia benedetto Lui che fa tutto, perché lei è ben miserabile. Oggi è il 21 gennaio. La sua serva, Teresa di Gesù.

 

176. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 26 gennaio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per mia figlia, la madre priora di San Giuseppe di Siviglia.

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Le assicuro ch’io potrei anche aumentare qui la portata degli elogi che loro fanno di nostro padre, e con assoluta sincerità; io non so che cosa m’induca ad amarla tanto; comincio ora a credere che ricambi il mio affetto. Piaccia al Signore ch’esso sia evidente dal raccomandarci reciprocamente di continuo a Sua Maestà.

2. Ieri, giorno della conversione di san Paolo, il mulattiere mi ha consegnato le sue lettere, il suo denaro e ogni altra cosa; tutto si presentava così bene ch’era proprio da vedersi. Dio la ricompensi per la gioia che mi ha dato con quel che invia alla madre di nostro padre; nessuna finora ha fatto tanto, ed egli ne è assai contento. Come potrei non amarla grandemente se non fa che coprirmi di cortesie? Solo l’Agnus Dei mi ha un po’ ingolosita, perché in questi ultimi giorni stavo appunto cercando che cosa potevo dare all’amministratore, il quale non perde occasione di prodigarsi in mio favore; in particolare si è impegnato molto per questa casa di Malagón e vi si impegnerà ancora; tale monastero presenta una così grande aridità che, data la mia natura, è per me una dura prova, ma ognuna di queste case mi offre una piccola parte di croce, e non me ne dispiace.

3. Dio mi accorda una tale grazia nel far sì che quelle della sua casa siano scomparse e che tutte le cose procedano assai bene, ch’io non so di che cosa potrei lagnarmi, specialmente con la speranza che lei mi dà di pagarla in parte, perché quando penso che debba dare più d’un ducato al giorno non cesso di soffrirne. È stato utile pregare Dio di liberarla da un tal peso. Piaccia a Sua Maestà almeno di alleggerirlo, amen.

4. Ritornando a quanto riguarda l’Agnus Dei, visto a chi era destinato, non ho voluto mancare d’inviarglielo, perché valorizzava il resto, presentandosi assai bene. Qui abbiamo preso un po’ di balsamo, avendoci detto Isabellina che là ne hanno molto, e tre dolcetti, perché non pensi che la mia Isabellina è la figlia della matrigna, cui non abbia a dar nulla; quelli che si mandano sono sufficienti. Dio la rimeriti, figlia mia, amen, amen, amen; e le patate che sono giunte in ottimo stato, proprio nel momento in cui non ho alcuna voglia di mangiare! E le arance, che hanno ristorato alcune inferme, anche se il loro male non è grave! Tutto il resto è pure assai buono, come i confetti, che sono molti.

5. Oggi è stata qui donna Luisa e gliene ho dati un po’; se avessi pensato che li apprezzava tanto, glieli avrei mandati a suo nome, perché qualunque cosa le è molto gradita, ma a noi sembra preferibile dar poco a queste signore. Mio fratello mi aveva mandato la migliore scatola di confetti che lei gli ha inviato. Io sono contenta che ciò non le sia costato nulla; può dunque, quando le sembra opportuno, chiedere qualcosa per una qualche persona, quella che lei vorrà, o, se le si fa un dono, dire che lo accetta per la tale o per la tal’altra, perché questo non è dare di quel ch’è del convento.

6. Io non ho inviato alla priora di Malagón una parte dei confetti mandatimi da mio fratello, per la gran febbre che ha; le darebbero la morte; e vorrei che anche lei non le inviasse in regalo cose che possano essere motivo d’infiammazione, ma se sono d’altro genere, va benissimo, come arance dolci, avendo ella una gran nausea del cibo, e altri doni adatti a un’ammalata. Vorrei tanto portarla qui. Ora spero nell’acqua di Loja. Ho già scritto a nostro padre di farci sapere se si fermerà là, ché ne manderò a prendere. Credo che sia ben curata, perché io insisto molto a questo riguardo. Ciò che ora gradisce di più sono dolci morbidi, fatti col burro, lo zucchero, le uova.

7. Vorrei rispondere molto a lungo alle sue, che ho tutte ricevute, ma il mulattiere va via domani, e vede bene quanta corrispondenza accludo per nostro padre. Perdoni il porto, ma la cosa è così importante che bisogna che sia un buon porto, e anche che vostra reverenza si adoperi subito presso il padre fra Gregorio – glielo chieda da parte mia – perché mandi, e al più presto, qualche persona sicura a portargliele –, per esempio Diego, se sta lì; egli, per amor mio, lo farà molto volentieri. Se, invece, non si tratta di persona assai sicura e che vada subito, non bisogna darle a nessuno, perché ci sono alcune lettere che non oserei mandare nel caso che il mulattiere non sia persona del tutto sicura.

8. Si è visto anche qui l’ordine del Generale recatomi da parte sua quando ero a Siviglia; non solo proibisce a me l’uscita dal monastero, ma a tutte le religiose, così che né si potrà mandarle a far da priore né permetterne l’uscita a qualunque altro fine. E sarebbe una gran rovina se venisse a cessare la commissione di nostro padre, perché, pur essendo noi soggette agli Scalzi, ciò non basta s’egli non fa una dichiarazione in qualità di commissario; la sua dichiarazione è sufficiente per le religiose e per me, ma da un momento all’altro può accaderci di restare a mal partito.

9. Pertanto usi ogni diligenza, per carità: chi porterà le lettere può aspettare ch’egli rediga questa dichiarazione scritta – giacché gli basta poco tempo – per consegnarla poi a vostra reverenza; se non può servirsi del mulattiere dietro pagamento di un buon porto, non la mandi. Dica a nostro padre ch’io ho scritto a vostra reverenza d’inviarla a lei. È strano quanto siamo state sciocche; hanno esaminato la cosa l’amministratore, ch’è un gran legista, e il dottor Velázquez: entrambi dicono che si può fare e mandano le istruzioni. Dio decida ciò che meglio conviene al suo servizio; a me ordinano di cercar d’ottenere al più presto la dichiarazione, ed è quello che faccio.

10. È stata una fortuna non aver dato i denari ad Antonio Ruiz, perché l’alcalde che doveva portarli, è qui. Io avevo già detto a chi ha la riserva per pagare i miei «porti» di dare i venti reali, affinché non restassimo in debito per inezie, ma si farà quel che vostra reverenza dice. Della resina di copale abbiamo anche preso una piccola quantità; io volevo appunto mandargliela a chiedere, perché con essa si fanno certe pastiglie di zucchero rosato che giovano molto ai miei reumatismi. Ne resta molta; giovedì prossimo porteranno il pacco a destinazione.

11. Ho provato una gran gioia nel sapere che sta bene; badi di non trattarsi come una persona ch’è in perfetta salute, e di non darci alte preoccupazioni, perché mi ha fatto passare brutti momenti. Mi ricordi alla sottopriora, a tutti e a tutte. Scriverò presto con il corriere; pertanto ora non dico altro se non che Casilda ha fatto la sua professione. Dio me la conservi, figlia mia, e la renda santa, amen. La serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

Dica molte cose a Garciálvarez e a sua cugina, come a tutti.

 

177. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, 6 febbraio 1577

Autografo: Vaticano, Segreteria di Stato

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, padre mio, amen. Per carità, non scriva nell’indirizzo «signora», perché non fa parte del nostro linguaggio. Sono ben lamentevoli questi eccessi dell’Andalusia.

2. Nostro padre non mi scrive nulla, salvo che sta bene, anche se a volte soffre di qualche indisposizione. Ora lo guarirà la fonte ch’è nei pressi di Antequera. Non riesco a capire quest’affare del padre Bonaventura, perché mi sembra che vostra reverenza mi abbia scritto che gli avevano tolto il mandato; pertanto, se gliel’hanno tolto, come mai fa arrestare i frati? A meno che non gliel’abbiano conferito di nuovo. Dio ci ha fatto una grande grazia concedendo a nostro padre di sopportare le cose con tanta pace; se non lo ostacolano, egli le condurrà meglio in porto, come io spero in Sua Maestà.

3. Vostra reverenza non si affligga minimamente dell’arrivo del Tostado: lasci fare a nostro Signore: è affar suo e trarrà da tutto un gran bene. Io non ne ho alcuna pena; vedo, infatti, che tutti i nostri affari che sembrano andar contro corrente vanno meglio di quelli che sembrano seguire il loro corso, perché Dio mostra in essi il suo potere. Ciò che sembra più difficile è ch’egli venga qui, una volta partito il Nunzio, avendo implicitamente subito fine la commissione di nostro padre.

4. Sappia che il Nunzio ha mandato a chiamare il Tostado da alcuni giorni, e quelli di qua, i carmelitani del panno, sono stupiti del suo ritardo; credo che gl’invieranno un messo, se non l’hanno già fatto; dicono che il male è stato di non aver mandato qualcuno al solo scopo di chiamarlo.

5-6. Venga alla buon’ora; vediamo come andrà a finire quest’avventura. Se il re non ha mutato atteggiamento e così gli altri, la sua venuta avrà poca importanza, e se sono cambiati, sarà per il meglio: non se ne curi minimamente, padre mio. Secondo il mio consiglio, vostra reverenza rimanga nella casa che lì le hanno dato; lasci di cercare altri luoghi. Non posso sopportare tali trattative e l’abbandonare il certo per l’incerto, perché a un tempo ne segue un altro. Resti ora dove sta. Credo che sarebbe stato preferibile fare una fondazione di religiose che negoziare per i frati meglio di quanto facciano essi stessi, non ne dubiti; io l’ho visto in quella Corte negli otto giorni che sono stata lì. Non ci angosciamo; si tratta di affari gravi e, come dice vostra reverenza, ciò che di meglio comportano sono le persecuzioni; pertanto, siccome non si consegue nulla senza di esse, tutto ora va bene.

7. Sono molto contenta che nostro padre non stia a Siviglia; come dice vostra reverenza, sarebbe meglio che venisse qui vicino, anche se a Granada c’è una casa di Scalzi, dov’egli può stare; tuttavia, se la sua commissione finisce e il padre Tostado resta con la sua autorità, è bene che non s’incontrino. Quelli di qui dicono che deve recarsi direttamente alla Corte; tale è l’ordine del Nunzio. Dicono ch’è vero che gli è stata data un’ordinanza reale, ma che poi devono aver esaminato meglio la cosa e pertanto aver mutato parere.

8. Ieri don Pietro González mi ha detto d’aver saputo, da una lettera di Roma, che si era provveduto alla nomina di un altro Nunzio. Io credo, padre mio, che verrà assai prevenuto contro di noi, ma se Dio è con noi, ecc.

9. Qui c’è il padre maestro fra Pietro Fernández. È venuto a vedermi; ritengo che passerà un mese prima che vada alla Corte. Creda, padre mio, che non agirà contro gli atti dei Visitatori apostolici. Quanto al padre Tostado, bisogna servirlo e obbedirgli, ma non in questo, perché sarebbe distruggerci del tutto. Pertanto, se venisse, per quanto si dimostri affabile, resti fermo su questo punto; non la pieghi nessuno a tale riguardo: al nostro padre Generale ciò non importa nulla, perché noi siamo sotto la sua obbedienza. Se ci conservano tali atti – come certamente sarà – sarebbe darci la vita il fatto che si assumesse lui la visita. Gli faccia buon profitto! Io ho paura, padre mio, che Dio non ci concederà questa grazia. Piaccia a Sua Maestà di condurre le cose al suo maggior servizio, e avvenga quel che vuole avvenire.

10. Indirizzo una supplica al padre Giovanni Díaz perché mi faccia la grazia di occuparsi d’un affare di Caravaca di cui10. Indirizzo una supplica al padre Giovanni Díaz perché mi faccia la grazia di occuparsi d’un affare di Caravaca di cui vostra reverenza può prendere visione, perché invio là la relazione e le lettere di raccomandazione per il vescovo di Cartagena; non credo che sarà male da parte di vostra reverenza supplicare la signora duchessa, a mio nome, d’inviare un servo per raccomandargli anche lei la cosa; si dice ch’è molto devoto a sua signoria. Non so come esprimerle l’afflizione in cui sono quelle consorelle e per giunta così lontane. Vedendo le occupazioni… glielo mando a chiedere. Non tralasci di aiutarle, per amor di Dio. Sua Maestà sia sempre con vostra reverenza, amen. Oggi è il 6 febbraio. I miei rispetti al padre priore. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

178. A don Lorenzo de Cepeda, ad Avila

Toledo, 10 febbraio 1577

 

1. Gesù sia con vostra grazia. Io mi ero rimessa dalla debolezza dell’altro giorno, e poi, sembrandomi d’aver molta bile e temendo che ciò potesse impedirmi di osservare il digiuno durante la quaresima, ho preso una purga. Quel giorno sono state tante le lettere e gli affari, da costringermi a scrivere fino alle due, e questo mi ha fatto così male alla testa che credo sia stato per il mio meglio, perché il medico mi ha ordinato di non scrivere mai se non fino a mezzanotte, e talvolta non di mio pugno.

2. Certo, quest’inverno, in fatto di lettere, il mio lavoro è stato eccessivo, e ne ho gran colpa io, perché, per non disturbare le mie mattinate, sacrificavo il sonno, e siccome scrivevo dopo il vomito, tutto congiurava ai miei danni. Benché il giorno in cui ho preso la purga il male sia stato notevole, ora, però, mi sembra di andar migliorando; pertanto vostra grazia non stia in pena, perché mi uso molto riguardo. Le ho detto questo affinché, se a volte vedrà lì qualche lettera non scritta di mia mano e se quelle indirizzate a lei saranno più brevi, sappia quale ne è la causa.

3. Io mi prodigo ogni sorta di cure possibili e pertanto mi sono crucciata per quello che mi ha inviato. Preferirei che fosse lei a cibarsene, perché i dolciumi non sono per me. Tuttavia ne ho mangiati alcuni e li mangerò tutti, ma non lo faccia più, perché m’inquieterei molto. Non basta che non le regali mai nulla?

4. Non so che Paternostri siano quelli che dice mentre si dà la disciplina. Io non le ho mai detto niente di simile. Rilegga la mia lettera e lo vedrà; per nessuna ragione si dia la disciplina più di quanto in essa le dico, ma solo due volte la settimana; durante la quaresima porti il cilicio una volta la settimana, a condizione di toglierselo se vede che le fa male: essendo lei tanto sanguigno, io lo temo molto, e siccome darsi molta disciplina nuoce alla vista, non gliene consento di più, anche perché è maggior penitenza moderarsi dopo aver cominciato: così si piega la volontà. Deve dirmi se il cilicio la fa sentir male, quando se lo mette.

5. La calma preghiera di cui mi parla è orazione di quiete, da me descritta in quel libricino. Circa quegli impulsi sensuali, che lei ha per fare esperienza d’ogni genere di prove, gliel’ho detto, vedo bene che non è questione pertinente al suo caso e che il meglio da farsi è non darvi importanza. Una volta un letterato assai dotto mi disse ch’era andato da lui un uomo estremamente afflitto, perché ogni volta che si comunicava, di otto in otto giorni, cadeva in una gran sensualità (ben peggio di lei), e che gli avevano ordinato di non comunicarsi se non di anno in anno, essendo d’obbligo farlo. Questo dotto, benché non fosse un uomo spirituale, capì la sua debolezza e gli disse di non badarvi, comunicandosi ogni otto giorni. Non appena cessò di aver paura, quegli effetti scomparvero. Pertanto lei non vi faccia alcun caso.

6. Di tutto può parlare con Giuliano d’Avila, che è molto buono. Mi dice che s’intende bene con vostra grazia, e io ne godo. Lo veda di tanto in tanto, e quando vorrà usargli un favore, può fargli un’elemosina, perché è molto povero e non attaccato minimamente a ricchezze, a mio parere; è uno dei migliori sacerdoti che son lì, ed è bene avere uno scambio di conversazione con tali persone, giacché non tutto dev’essere orazione.

7. Quanto al sonno, le dico, anzi, le ordino di non dormire meno di sei ore. Guardi che è necessario per noi che abbiamo già una certa età, trattare il nostro corpo in modo che non faccia crollare lo spirito, il che sarebbe un tormento tremendo. Non può immaginare quale dispiacere io provi in questi giorni, in cui non oso pregare né leggere, anche se, ripeto, sto già meglio; le assicuro, però, che ho avuto una buona lezione per l’avvenire. Pertanto faccia quello che le ordinano; adempirà così i suoi doveri verso Dio. È ben sciocco a credere che questa sua orazione è come quella che non mi lasciava dormire! Non ha niente a che vedere con essa, perché io mi sforzavo molto più di dormire che di stare sveglia.

8. Certo, le grazie che le fa il Signore, con gli effetti che di esse le restano, sono causa, per me, di lodarlo grandemente. Vedrà quanto siano grandi dal fatto che la lasciano con virtù tali che non riuscirebbe ad acquistarle con molti sforzi. Sappia che la debolezza della testa non dipende né dal mangiare né dal bere; faccia quanto le dico. Nostro Signore mi favorisce di una grande grazia nel darle tanta salute. Piaccia a Sua Maestà di conservargliela per molti anni, affinché la spenda al suo servizio.

9. Questo timore di cui mi parla deve certo provenire, a mio parere, dal fatto d’intuire e sentire la presenza dello spirito maligno; anche se con gli occhi del corpo non la si veda, l’anima deve vederla o sentirla. Tenga vicino a sé acqua benedetta, non essendovi nulla che lo volga più rapidamente in fuga. È stato un espediente che mi è riuscito spesso utile; a volte non si trattava solo d’incutermi paura, ma anche di tormentarmi molto; lo dico solo per lei. Ma se non riesce a spruzzargli l’acqua benedetta, non fugge; pertanto bisogna spargerla tutt’intorno.

10. Non creda che sia piccola grazia di Dio il poter dormire così bene; sappia ch’è molto grande, e le ripeto di non procurare che il sonno le passi, perché non è più tempo di far questo.

11. Mi sembra testimonianza d’una grande carità il voler prendere i travagli per sé e donare agli altri i diletti, ed è un’enorme grazia di Dio anche solo pensare di farlo. Ma, per un altro verso, è una grande sciocchezza e un segno di poca umiltà credere che potrà riuscire ad avere le virtù di Francesco de Salcedo o quelle che Dio le concede, senza orazione. Mi creda e lasci fare al Signore della vigna, che sa ciò di cui ciascuno ha bisogno. Io non gli ho mai chiesto travagli interiori, anche s’egli me ne ha dati molti e ben duri in questa vita. Su tali afflizioni hanno grande influenza la natura e le disposizioni di ognuno. Sono contenta di vedere che comincia a capire il temperamento di quel santo, perché vorrei che ne sopportasse bene il carattere.

12. Sappia ch’io prevedevo quello che sarebbe stato l’effetto della sentenza e che doveva produrle una certa pena, ma era impossibile rispondere in tono serio; se lei ha visto, non ho mancato di lodare qualcosa di ciò che ha detto; senza mentire, non avrei potuto parlare diversamente della risposta di vostra grazia. Certo, le dico che la mia testa era talmente stanca, per l’addensarsi, quel giorno, di affari e di lettere, che sembrano accumulati, a volte, dal demonio, che non so come sia riuscita a dire anche quello che ho detto; altrettanto cattiva fu la notte, perché la purga mi aveva fatto male, ed è stato un miracolo che non abbia inviato al vescovo di Cartagena una lettera scritta alla madre del padre Gracián (avevo sbagliato l’indirizzo e stava già nel plico); non finisco pertanto di ringraziare Dio. La informavo delle vicende occorse tra le religiose di Caravaca e il loro Vicario, che non ho mai visto; è una cosa pazzesca: egli ha impedito che si dica loro la Messa. Ora questo è sistemato, e il resto credo che andrà bene, cioè che accetterà il monastero. Non può fare altrimenti. Accluse alla mia erano alcune lettere di raccomandazione. Guardi un po’ che bella cosa avrei combinato, insieme con la mia partenza da qui!

13. Siamo ancora col timore di questo Tostado, che ora ritorna alla Corte; raccomandi la cosa al Signore. Legga l’acclusa lettera della priora di Siviglia. Io mi sono rallegrata di quella di vostra grazia ch’ella mi ha inviato, come dell’altra che lei ha scritto alle consorelle: essa è, certo, divertente. Tutte le baciano ripetutamente le mani; hanno avuto gran piacere della sua lettera, specialmente la mia compagna, quella di cinquant’anni, venuta con noi da Malagón, che si rivela estremamente buona e di grande saggezza. Per lo meno è perfetta nei confronti del mio benessere, perché ha gran cura di me.

14. La priora di Valladolid mi ha scritto che si fa quanto è possibile per quell’affare e che Pietro de Ahumada è lì. Voglio dirle che il mercante il quale si occupa della cosa credo che agirà come si conviene; pertanto non se ne dia pensiero. Me lo saluti, come anche i miei bambini, specialmente Francesco; desidero molto vederli. Ha fatto bene a congedare la ragazza, anche se non gliene ha dato motivo, perché quando sono tante non fanno se non intralciarsi a vicenda. Dica sempre tante cose da parte mia a donna Giovanna, a Pietro Alvarez e a tutti. Sappia cha la mia testa va molto meglio di quando ho cominciato la lettera; non so se sia effetto della gioia che mi procura il parlare con lei.

15. Oggi è stato qui il dottor Velázquez, che è il mio confessore. Gli ho parlato di ciò che lei mi dice dell’argento e della tappezzeria di cui desidererebbe disfarsi, perché non vorrei che, per mancanza del mio aiuto, lasciasse di progredire notevolmente nel servizio di Dio, e ci sono casi in cui non mi fido del mio parere, anche se nell’attuale circostanza il parere era lo stesso. Egli dice che sono cose di nessun rilievo qualora lei cerchi di considerare quanto sia scarsa la loro importanza e non sia attaccato ad esse; che è giusto, poiché deve sposare i suoi figli, avere una casa sistemata come si conviene. Così per ora abbia pazienza, perché Dio suole sempre fornire l’occasione di soddisfare i buoni desideri, e lo farà lo stesso con lei. Dio me la conservi e faccia di lei un gran santo, amen. È il 10 febbraio. E io sono la serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

179. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, 16 febbraio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Clamart, Seine (Francia)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, padre mio. Non mi meraviglio che stia male, ma che sia vivo, dopo quello che deve aver passato lì interiormente ed esteriormente. Ho provato un’infinita pena quando mi hanno detto ch’era a letto, perché conosco vostra reverenza. Ma sapere che non è un male pericoloso, anche se doloroso, mi ha molto consolata. Mi sono chiesta se non si tratti di qualche infreddatura, visti i suoi frequenti viaggi. Vostra reverenza mi faccia sapere molto particolarmente come sta, per amor di Dio, ché, quand’anche sia per mano del padre Miseria, ne sarò contenta, e se ha bisogno di qualcosa; non abbia pena di nulla, perché quando le cose sembrano andare per il meglio, io son solita essere più malcontenta di quanto non lo sia ora. Lei sa bene che il Signore vuol darci sempre il modo di vedere ch’è Sua Maestà a far quello che ci conviene. Affinché ciò s’intenda meglio e si riconosca la sua opera, suole permettere mille contrarietà. Allora è quando tutto riesce meglio.

2. Del mio padre Padilla non mi dicono nulla, il che mi ha fatto dispiacere, né egli mi scrive; vorrei che stesse bene, affinché potesse aver cura di vostra reverenza. Poiché il padre fra Baldassarre deve partire, piaccia a nostro Signore di far sì che vostra reverenza si rimetta presto in salute. A quei padri miei scrivo ciò che si è fatto e che cosa me ne sembra. Questo messaggero non ha da eseguire altra commissione.

3. Sappia, padre mio, che ho considerato quanto ci mancherà il buon Nunzio, perché, infine, è un servo di Dio; pertanto mi dà molta pena vederlo partire e penso che quanto tralascia di fare è dovuto forse al fatto che lo tengono con le mani legate più di quel che possiamo immaginare; ho paura che durante le negoziazioni di Roma, poiché lì c’è chi di continuo si adopera a far questo, devono soffrire di non poche difficoltà. Mi ricordo che il buon Nicola diceva, quando è passato di qui, che gli Scalzi dovrebbero prendersi come protettore un Cardinale. Oggi stesso ho parlato con un suo parente, che sembra assai dabbene, il quale mi dice d’avere a Roma una persona della curia, ben esperta, che, se pagata, farebbe quanto possiamo volere. Gli ho detto subito a qual fine desideravo che ci fosse là qualcuno a trattare di certe cose col nostro padre Generale. Veda un po’ se è bene che l’ambasciatore gli chieda qualcosa per gli Scalzi.

4. Sappia che è stato qui il padre fra Pietro Fernández. Dice che, se il Tostado non ha potere sui visitatori, avranno valore i loro atti, ma se lo ha, non c’è da dir nulla, soltanto obbedire e cercare un’altra via, perché gli sembra che i commissari non possano creare provincia né nominare definitori, se non hanno maggiore autorità di prima; pertanto sarà bene che cerchiamo aiuto altrove. Che Dio ci assista, Egli che deve far tutto, e conceda presto salute a vostra reverenza, per la sua misericordia, come noi tutte lo supplichiamo di fare. Questo messaggero non ha altro scopo se non quello di vedere che cosa vogliono lì che si faccia e di sapere notizie di vostra reverenza.

5. Per carità, dica al padre Giovanni Díaz che cerchi il modo di far avere al padre Olea queste lettere che sono per me di grande importanza, o lo mandi a chiamare vostra reverenza e gliele dia in gran segreto, se non si potesse fare altrimenti. Oggi è il 16 febbraio. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

180. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, 18 febbraio 1577

Autografo: Collegio S. Stanislao, Miraflores del Palo (Málaga)

1. Gesù sia con vostra reverenza. In attesa della lettera del priore del Carmine, intendo dire di una sua risposta, non avevo inviato un corriere. Ed è stato assai bene, perché latore della presente è il signor Diego Pérez, e io ho molto lodato il Signore nel saperlo libero. Sembra proprio ch’egli sia un autentico servo di Dio, talmente nostro Signore l’ha assuefatto a soffrire; fa pena vedere quale sia la situazione del mondo.

2. Se fosse necessaria una lettera della signora donna Luisa de la Cerda per quel suo affare, sappiano che non sta qui, ma a Paracuellos, vicino a Madrid, a tre leghe da lì. Mi è piaciuto molto questo padre; dev’essere particolarmente propenso per ogni forma di bene.

3. La risoluzione del priore del Carmine, in base a quanto oggi ha detto il maestro Córdoba, davanti al signor Diego Pérez, è che fino a quando non veda una lettera scritta di pugno del nostro reverendissimo padre Generale, farà tutto il possibile per impedire la fondazione del monastero, perché dice che non c’è un riformatore e che il signor Nunzio non può far nulla se non per mezzo suo. Ed era così persuaso di questo e del fatto che gli Scalzi contravvengono all’obbedienza, non essendo obbligati a seguire le disposizioni dei visitatori ma del loro Generale, che servirebbe a poco ch’io dicessi il contrario, se non riusciva a convincerlo neanche il padre Diego Pérez; dice anche che il re, visto come gli Scalzi non adempiano l’obbedienza, ha ingiunto di mandare quell’ordinanza emanata dal Consiglio.

4. Io dico a vostra reverenza che c’è da lodare Dio per il modo di negoziare di tali padri; per poco avrei creduto che avessero un Breve nuovo, in base alle loro assicurazioni, e non era che quello del Capitolo generale, ad essi concesso da un anno e mezzo; il maestro Córdoba l’ha visto oggi. Mi sembra che sia cugino del padre fra Alonso Hernández, e non so – visto che lo ha così vicino – perché non dovrebbe informare quei padri dello stato reale delle cose.

5. Se fosse giunta la risposta del priore per sua signoria, partirà prima che vada via questo corriere, altrimenti mi scriva se devo rimettere la lettera all’arcidiacono. Ma fintanto che non venga annullato l’ordine del re, è inutile; una volta annullato, si agirà con prontezza. Non stanchiamo troppo gli altri. Il padre Diego Pérez potrà dire a sua signoria questa sua risposta, avendola udita. Credo che quella dell’arcidiacono non potrà esser data tanto presto e che è meglio prevenirlo. Piaccia a Dio che vostra reverenza stia meglio, poiché sono molto preoccupata della sua salute. Oggi è lunedì, 18 febbraio. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

181. A don Lorenzo de Cepeda, ad Avila

Toledo, 27-28 febbraio 1577

1. Gesù sia con vostra grazia. Prima che mi dimentichi, come altre volte: incarichi Francesco di mandarmi alcune penne ben appuntite, perché qui non ce ne sono di buone: mi procurano disagio e fatica. Non gl’impedisca mai di scrivermi, perché forse ne ha bisogno e gli bastano poche parole che a me non costano nulla.

2. Credo che la mia malattia sia stata per me un bene; comincio, infatti, ad abituarmi a scrivere per mano altrui, come avrei già potuto fare in cose di poca importanza; ora continuerò così. Sto molto meglio, perché ho preso alcune pillole. Probabilmente mi ha fatto male mettermi a digiunare per la quaresima, né si trattava solo di dolor di testa, ma ne risentiva anche il cuore. Ora questo va assai meglio; anche il mal di testa, ch’era quanto mi affliggeva di più, da due giorni è diminuito, e non è cosa da poco, perché la mia paura era di restare inabilitata a tutto; sforzarsi di fare orazione sarebbe stata una grande imprudenza, e ben vede nostro Signore il danno che ciò mi avrebbe procurato; io non ho ora alcun raccoglimento soprannaturale, come se non l’avessi mai avuto, il che mi stupisce molto, perché non dipenderebbe da me resistervi. Vostra grazia non se ne prenda pena; a poco a poco la mia testa riacquisterà forze. Io mi concedo tutto quello che vedo necessario, il che non è poco, e anche un po’ di più di quanto sia in uso qui. Altrimenti non potrei fare orazione.

3. Ho vivo desiderio di star bene. La mia malattia grava sulle sue spese; per questo ritengo che sia giusto il mio desiderio, trovandomi in un tale stato che devo curarmi per non essere di peso. Sopporto così male la carne di montone che ho sempre bisogno di mangiare pollo, perché il nodo della questione sta interamente nella mia debolezza, avendo digiunato dalla Croce di settembre, con l’aggiunta di tutto il lavoro e della mia età; infine, il fatto d’essere di così scarsa capacità mi irrita, perché questo mio corpo mi ha sempre nociuto e impedito di fare il bene. Non è, però, tale la mia sofferenza da non consentirmi di scriverle di mio pugno; non le infliggerò in questo momento tale mortificazione, che sarebbe grande, giudicandone da me.

4. Dovrà perdonarmi se le ho imposto quella di non mettersi il cilicio, perché non si deve regolare in base alle sue preferenze. Sappia che la disciplina deve essere breve: si sente molto di più e sarà meno nociva. Non si colpisca troppo forte, essendo ciò di ben scarsa importanza, anche se penserà ch’è una grande imperfezione. Perché faccia qualcosa di ciò che desidera, le mando questo nuovo cilicio, da portare due giorni per settimana; intendo dire da quando si alza fino a che va a letto, senza mai dormire tenendolo addosso. Mi ha divertito vedere la sua precisione nel computo dei giorni. È un nuovo uso e non credo che le Scalze siano arrivate a tale abilità. Stia attento a non mettersi mai l’altro cilicio; per ora lo tenga in serbo.

5. Ne invio uno anche a Teresa con una disciplina assai dura che mi ha mandato a chiedere; gliela faccia avere con i miei saluti. Giuliano d’Avila mi scrive nei suoi riguardi molte cose buone che mi sono motivo di lodarne il Signore. Ch’Egli la tenga sempre con la sua mano; le ha fatto una grande grazia, come l’ha fatta a tutte noi che le vogliamo bene.

6. In certo modo, le avevo augurato in questi giorni un po’ di aridità; pertanto mi sono molto rallegrata quando ho visto la sua lettera, anche se quanto in essa mi dice non si possa chiamare aridità. Creda che tale stato è molto utile per parecchie cose. Se questo cilicio le arrivasse a tutta la cintola, metta una pezzuola di tela sullo stomaco, perché altrimenti le sarebbe assai nocivo, e badi che se dovesse sentir male ai reni, deve rinunciare al cilicio e alle discipline, perché le sarebbe di gran danno; Dio preferisce la sua salute alla sua penitenza, e che lei obbedisca. Si ricordi di Saul e non agisca diversamente. Non farà poco se saprà sopportare il carattere di quella persona, perché, quanto a me, credo che la causa di tutti i suoi contrasti e delle sue pene consiste nella malinconia che lo domina potentemente; pertanto non c’è colpa da parte sua, né motivo per noi di alcuna meraviglia: dobbiamo solo lodare il Signore che non c’infligge simile tormento.

7. Stia molto attento a non tralasciare di dormire e di fare una colazione sufficiente, perché, a causa del desiderio di soffrire qualcosa per Dio, non si sente il male finché non è ormai un fatto compiuto. Le dico che devo trarre insegnamento dalla mia esperienza a questo riguardo per me e per gli altri. Il cilicio portato tutti i giorni in parte è cosa meno grave, perché con l’abitudine di metterlo non si produce l’effetto della novità di cui parla, e lei non dovrebbe stringersi tanto le spalle come suole fare. Stia attento che nulla abbia a nuocerle. Dio le fa una grande grazia concedendole di sopportare così bene la mancanza di orazione, il che è segno della sua sottomissione alla volontà divina, e credo sia questo il maggior bene causato dall’orazione.

8. Delle mie carte personali ci sono buone notizie. Le sta leggendo lo stesso Grande Inquisitore, il che è cosa nuova (devono avergliene fatto l’elogio), e ha detto a donna Luisa che non vi era contenuto nulla di cui gl’Inquisitori dovessero occuparsi: vi è più bene che male. Le ha chiesto perché non ho fondato un monastero a Madrid. È molto favorevole agli Scalzi; è lui eletto ora arcivescovo di Toledo. Credo che donna Luisa sia stata a trovarlo là dove stava e abbia trattato con impegno questa faccenda, essendo essi grandi amici; me ne ha poi scritto. Presto saprò il resto. Vostra grazia lo dica al signor vescovo, alla sottopriora e a Isabella di san Paolo – molto in segreto, affinché non lo ripetano a nessuno e lo raccomandino a Dio –, ma a nessun’altra persona. La mia permanenza qui ha giovato a tutto, tranne alla mia testa, perché ci sono state più lettere che altrove.

9. Da quella della priora vedrà come hanno pagato la metà della casa, senza toccare la dote di Beatrice e della madre; presto la pagheranno tutta, col favore del Signore. Ne sono stata molto contenta, come della lettera di Agostino e di sapere che non va laggiù. Mi rincresce che lei gli abbia mandato una lettera senza la mia. Ne riceverò una dalla marchesa di Villena per il viceré (di cui ella è nipote beneamata), che manderò quando potrò farlo con sicurezza. Mi dà molta pena sapere ancora Agostino in mezzo a tanti pericoli. Lo raccomandi a Dio, come faccio io stessa.

10. Di ciò che mi chiede circa l’acqua benedetta, non so dirle altra ragione all’infuori dell’esperienza che ne ho. Ne ho parlato con alcuni dotti e non obiettano nulla. Basta, come lei dice, che la usi la Chiesa. Nonostante tutto quello che va male per le religiose della Riforma, esse impediscono molti peccati.

11. Dice ben la verità Francesco de Salcedo a proposito di donna Ospedal, per lo meno che in questo caso io sono come lei. Le dia molti saluti da parte mia, e li dia anche a Pietro de Ahumada; ora non voglio scriverle più a lungo tranne per chiederle di vedere se può dare qualcosa a Giovanni de Ovalle per comprarsi alcune pecore. Gli sarà di molto aiuto e farà una grande opera di carità, se può farlo senza perderci.

12. Ho cambiato tante penne in questa lettera che la mia scrittura le sembrerà peggiore del solito; ciò non dipende dal mio male, ma da tale causa. L’ho scritta ieri; oggi, alzandomi, mi sono sentita meglio, grazie a Dio, perché la paura di rimanere in questo stato è – credo – ben peggiore del male.

13. Graziosa la mia compagna con la storia del selciatore! Me ne ha vantato tali abilità che le ho detto di scriverne lì a vostra grazia. Ciò nonostante, poiché la priora dice che gode di credito, ella deve saperlo, e credo ch’egli non farà male il lavoro, visto ch’ella conosce entrambi gli operai, anche se io ho sempre ritenuto che Vitoria fosse il più indicato al caso. Piaccia a Dio che il lavoro sia fatto bene, e mi conservi vostra grazia, per il suo servizio, cosa di cui lo supplico, amen. Oggi è il 28 febbraio.

14. Il padre visitatore sta bene. A quanto si dice, adesso ritorna il Tostado. Dall’andamento dei nostri affari si ha proprio idea di quello ch’è il mondo, che non sembra altro se non una commedia. Ciò nonostante, desidero vivamente che nostro padre sia liberato da tutto ciò. Che Dio conduca le cose come vede ch’è necessario. La Priora e tutte le consorelle le inviano il loro ricordo. Quella di Siviglia mi colma di attenzioni, come quella di Salamanca; e anche quelle di Beas e Caravaca non hanno tralasciato di fare quanto possono; infine, dimostrano la loro buona volontà.

15. Io vorrei esserle vicina perché lei vedesse tutto questo, e anche per il piacere di mandarle parte di quel che ricevo. Proprio ora mi sono giunte da Siviglia, nel pane, alcune sardine, assai buone da mangiare; me ne sono rallegrata, perché c’è una grande scarsità di pesce in questa città. Quello che mi è particolarmente causa di piacere è vedere l’affetto con cui lo fanno. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

182. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 28 febbraio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe di Siviglia.

1. Gesù sia con lei, figlia mia. Non le ho scritto più spesso a causa dell’indisposizione che vedrà dall’accluso biglietto, aspettando di star meglio, per non darle pena. Anche se ora sono molto migliorata, non sono ancora in grado di scrivere che ben poco, perché ne risento subito effetti assai nocivi; però, in confronto a come stavo appena poco tempo fa, il miglioramento è grande, grazie a Dio. Ch’Egli la ricompensi per le buone notizie che mi scrive: le assicuro che sono state ottime per me, non foss’altro quelle della casa, essendomi di gran sollievo saperla tranquilla. Ne ho molto pregato qui il Signore; pertanto le porgo di tutto cuore le mie congratulazioni.

2. Piaccia a Dio di ascoltarmi, perché ora, con la ricchezza che ha, la carica che le è stata affidata e l’ottima riuscita di ogni cosa, ha bisogno di molto aiuto per essere umile. E mi pare che Dio glielo conceda per le grazie che le accorda. Sia per sempre benedetto, perché può essere ben sicura ch’è Lui a dargliele.

3. Fossi io altrettanto sicura di suor San Girolamo! In certo modo, mi fa pena quella donna. Creda pure che non avrebbe dovuto allontanarsi da me o da chiunque le incutesse timore. Piaccia a Dio che il demonio non ci crei qualche difficoltà a cui dover provvedere. Vostra reverenza avvisi la priora di non lasciarle scrivere una parola; ch’ella le dica, in attesa della mia lettera, ch’io ritengo che sia in preda a un gran cattivo umore, e se non è così, è peggio ancora. Siccome il prossimo lunedì partirà il mulattiere servendomi del quale scriverò a lungo, non lo faccio ora.

4. Dio mio, com’è splendida! Ha fatto stupire queste religiose per tutto quel che mi ha mandato. I cibi sono giunti in condizioni da esser consumati, e tutto il resto è molto bello, specialmente i reliquiari. Per la signora donna Luisa sarà meglio quello grande, che abbiamo accomodato assai bene, perché è giunto con la custodia di vetro rotta; l’abbiamo sostituita con un’altra e ne abbiamo reso stabile il piede con un calco. Di tutto questo parlerò di più quando, come le ho detto, le scriverò a lungo. Resti con Dio.

5. Mi è stato causa di gran dolore il fatto che nostro padre confuti le accuse rivolte contro di noi, specialmente le più infami, che sono aberrazioni; il meglio da farsi è ridersi di esse e lasciar dire. A me, in parte, fanno piacere. Sono molto contenta della sua salute. Dio me la conservi con tutte le altre, amen. Mi raccomandino a Lui.

6. Siccome forse questa lettera partirà prima, non ho voluto tralasciare di scriverle per questa via. Scriverò alla madre sottopriora, le cui lagnanze mi hanno divertito. La priora di Malagón sta molto male. Oggi è l’ultimo giorno di febbraio. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

7. Da vari giorni ho la risposta della madre di nostro padre; partirà lunedì; anche a me ha scritto a lungo della gran gioia che lei le ha procurato.

 

183. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, 28 febbraio 1577

1. Gesù sia con vostra reverenza, padre mio. Oggi mi ha scritto il signor don Teutonio, che sta a Madrid, comunicandomi che il Nunzio non parte più. Se ciò è vero, tranne il caso che per stare ad Alcalá vostra reverenza accampi la scusa di star male, non si può assolutamente ammettere che dia l’impressione di tralasciare d’obbedirgli.

2. Sappia, padre mio, che, da quanto capisco, questi padri vorrebbero ormai essere nostri amici, e finché non si veda ciò che Dio dispone, è bene mostrarsi compiacenti, come ha fatto vostra reverenza. Certamente non attribuisco alcuna colpa al Nunzio, ma la lotta ingaggiata dal demonio dev’essere tale che non mi meraviglio di nulla. Vostra reverenza non abbia a temere che nessuno osi difenderla, perché il Signore è la sua difesa; avendoci Egli fatto la grazia di aiutare finora vostra reverenza a reprimere la sua collera, vada avanti così, e sia questa ora la sua croce, non certo piccola. Se il Signore non l’avesse aiutato particolarmente, credo che non sarebbe riuscito a sopportare tanto.

3. Per quanto riguarda la risposta del Consiglio, non c’è niente da sperare. Non vede che sono tutti convenevoli? Che bisogno c’è, per annullare quell’atto, di mandarlo da qui, quando lì ce c’è una copia e sanno che è autentica? Non è ancora venuto il nostro tempo; aspettiamo un poco, giacché il Signore sa quel che fa meglio di quanto noi non sappiamo quel che vogliamo.

4. Che gliene sembra di come ci conciano in questo scritto? Non so perché ci si dia da fare a confutarlo. Ho torto nostro padre: si tratta di un’enorme bassezza. Per amor di Dio, vostra reverenza non lo faccia vedere a nessuno, giacché sarebbe ritenuta una mancanza di prudenza far caso di simili insensatezze, o farne oggetto di conversazione: mi sembrerebbe una grande imperfezione; bisogna riderci sopra.

5. Sappia, padre mio, che il sovraccarico di lettere e di occupazioni a cui ho atteso del tutto da sola, hanno finito col procurarmi un tale guazzabuglio e una tale debolezza di testa, che mi è stato ordinato di non scrivere di mia mano, tranne in caso di estrema necessità, e pertanto non mi dilungo. Dico solo che, riguardo al fatto di cercar d’ottenere dal re quanto dice, non pensi di farlo prima d’averci riflettuto a lungo, perché, a mio avviso, sarebbe perdere molto del nostro credito; Dio farà quel ch’è necessario per altra via. Ch’Egli mi conservi vostra reverenza. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

 

184. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 1-2 marzo 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe di Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza, figlia mia. Sarebbe giusto, dopo tante buone notizie e tanti regali come quelli che ora mi ha inviato, ch’io le scrivessi lungamente, per lo meno lo farei con sommo piacere; solo che, come le ho scritto ieri, la fatica di quest’inverno col suo carico di lettere mi ha fiaccato tanto la testa che sono stata assai male. Ora sto molto meglio ma, ciò malgrado, non scrivo quasi mai di mio pugno, perché dicono ch’è necessario per una completa guarigione.

2. Oh, come sono stata felice delle belle cose che mi ha mandato per mezzo dell’amministratore! Non può credere quanto egli si dia da fare per il convento di Malagón e per ogni mia occorrenza. E non pensi che ci sia bisogno di poca fatica per il buon andamento dei lavori, perché capitano mille contrarietà con gli operai. Gli ho dato il piccolo reliquiario. Tutt’e due sono assai graziosi, tuttavia il grande è migliore, specialmente dopo la riparazione che se n’è fatta qui, perché è giunto con la custodia di vetro rotta, come le ho scritto. Ne è stata messa una assai buona. Il piede era storto: vi abbiamo posto un calco di ferro. È quanto bisognerebbe sempre fare. Gli ho dato anche il vaso, ch’è il più grazioso di quanti ne abbia mai visti, voglio dire la coppa. Non pensi che per il fatto di vestirmi d’un panno più delicato, il male sia tanto grande ch’io debba bere in una coppa così bella! Gli ho dato inoltre la boccetta così com’era preparata. L’ha gradita molto. È un uomo di valore. Infine, da lì lei ha aiutato la sua casa di Malagón. Non mi hanno permesso di regalargli l’acqua di fior d’arancio, perché ridà la vita alla priora e giova anche a me, e non l’avevamo. Ne chieda un po’ a mio nome alla madre della portoghese e ce la invii, per carità; questa è la condizione in base alla quale mandarla.

3. Oh, come sono felice che si sia pagata in parte la casa! Ma finché quella religiosa non abbia fatto la professione, non dovremmo rallegrarci tanto. È vero che, quand’anche non la facesse, Dio darà quel ch’è necessario in altro modo. Lo preghino molto di volermi liberare dal mio mal di testa. Le ho inviato, con il corriere ch’è partito oggi, il resoconto di ciò che ne è stato la causa, dico almeno in parte.

4. La sua forma di orazione mi piace molto. E il fatto che riconosca d’averla e che Dio le accorda la sua grazia, non è mancanza di umiltà, purché si renda conto che lei non c’entra, il che le è chiaro; lo si capisce quando l’orazione viene da Dio. Lo lodo grandemente per il fatto che lei progredisca tanto, e procurerò di porgergli i ringraziamenti di cui lei mi supplica. Preghi Dio ch’io sia degna d’essere ascoltata.

5. Quanto all’orazione di Beatrice, va bene, ma eviti il più possibile che ci si occupi di queste cose nelle conversazioni e in ogni altra circostanza. Sappia che ciò dipende molto dalle priore. Suor San Girolamo non ne ha parlato qui, perché subito la priora l’ha interrotta e l’ha rimproverata; pertanto ella ha taciuto; e lei ha ben visto che nemmeno quando io ero lì si spingeva molto avanti al riguardo. Non so se abbiamo fatto male ad allontanarla da noi. Piaccia a Dio che ciò finisca bene. [6] Veda un po’ se avessero trovato il foglio le altre, invece della priora! Dio perdoni a chi le ordina di scrivere. Nostro padre vorrebbe ch’io le parlassi severamente nell’attuale circostanza. Legga la lettera che le accludo, e se le sembra che sia opportuno, gliela mandi. Lei fa benissimo a non permettere che se ne parli con alcuno. Da Beas mi scrive la priora che hanno un confessore col quale trattano solo dei loro peccati, e si confessano tutte nel giro di mezz’ora; mi dice che dovrebbero far così dovunque; esse sono assai tranquille e amano molto la priora, con la quale si confidano. Vostra reverenza potrà forse dir loro che, siccome in merito a ciò io ho un po’ d’esperienza, a che scopo devono andare a cercarsi chi probabilmente non ne avrà altrettanta; scrivano, invece, a me, cosa che in quel paese conviene più che in alcun altro. Inoltre procuri che suor San Francesco, passata la Quaresima, dia da mangiare la carne a quella consorella e non la lasci digiunare.

7. Vorrei sapere che cosa intenda dire quando parla di quella gran forza che Dio esercita su di lei, perché non lo spiega. Pensino un po’ al travaglio di sciogliersi in lacrime davanti alle altre, e farsi vedere in procinto di scrivere a ogni passo. Cerchi di avere quello che ha scritto e me lo mandi; inoltre le tolga la speranza di parlarne con chiunque, fuorché con nostro padre, perché questi discorsi l’hanno rovinata. Si renda conto che lì tale linguaggio si capisce anche meno di quel che vostra reverenza pensi, anche se, tenuto in confessione e col padre Acosta, non può venirne alcun danno, ma io so bene che a lei conviene meno che a qualsiasi altra. È ben fatto ordinare che a Paterna si dia una certa libertà alle religiose, quantunque sarebbe stato meglio agire in conformità di ciò che si doveva fare fin da principio: in queste operazioni di riforma, se si ottiene qualcosa a furia di grida, si crede subito di ottenere tutto allo stesso modo. Ha fatto molto bene ad avvertirle di vivere in comunità.

8. Non ho dato le lettere né il reliquiario alla signora donna Luisa (era assente da qui ed è venuta l’altro ieri); aspetto che abbiano tregua le visite. La raccomandi a Dio con donna Guiomar, perché hanno molti travagli.

9. Siccome non scrivo di seguito questa lettera, non so se mi dimentichi di rispondere a qualche cosa. Le mando i chiavistelli uguali a quelli che stanno qui nelle grate del coro; io non credo necessario che siano più belli, anche se prevedo che non ne sarà contenta; ma ci passi sopra come qui, dove le religiose non si ritengono per questo più grossolane, ed è preferibile servirsi più di chiavistelli che d’altro, perché io non capisco quali serrature chieda. I crocifissi sono in lavorazione; credo che costeranno un ducato.

10. Tutte si raccomandano alle sue preghiere e Isabella ha molto gradito le chicche e la tela. Dio la rimeriti; quanto a me, sono ben provvista di vestiti. Crede che non mi rincresca di non aver nulla da inviarle? Sì, certamente, ma la sterilità di questo paese è qualcosa d’incredibile, eccezion fatta per le mele cotogne quando è la loro stagione, e anche queste sono molto migliori là. Le consorelle sono state assai contente delle spezie, specialmente della resina. Non mi hanno permesso d’inviarla a nessuno – come avrei voluto fare ben volentieri – perché molte ne hanno un gran bisogno.

11. Le accludo le risposte al quesito posto a mio fratello. Quelli che le hanno redatte avevano convenuto di mandarle a San Giuseppe, perché le giudicassero le monache di là; ma il vescovo, che si trovava lì presene, ha ordinato che le mandassero a me, perché le giudicassi io, proprio quando la mia disgraziata testa non era neanche in condizioni di leggerle. Le faccia vedere al padre priore e a Nicola, ma deve spiegar loro di che cosa si tratta e avvertirli di non leggere la sentenza prima di vedere le risposte. Se può, poi me le rimandi perché se ne diletti nostro padre (con tale scopo me le hanno mandate da Avila), anche se non sia questo il percorso del mulattiere.

12. Le invio l’acclusa lettera scrittami da mio fratello (sulle grazie che Dio gli fa me ne scrive molte, ma questa mi è venuta fra mano), perché credo che ne avrà piacere, visto che gli vuole bene. Poi la strappi subito e resti con Dio, altrimenti non finirei mai di scriverle e mi fa male. Sua Maestà me la renda santa.

13. Ora mi consegnano una lettera di nostro padre scritta da Málaga, con la data di quindici giorni fa, cioè saranno quindici giorni domani. Sta bene, grazie a Dio. Oggi è il 2 marzo. Mi ricordi a tutti e mi dia notizie della salute di fra Bartolomeo. La serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

14. Mi sia grata d’inviarle la presente scritta di mia mano, cosa che non ho fatto nemmeno per San Giuseppe di Avila. Ieri ho scritto a vostra reverenza e a nostro padre servendomi del corriere. Per questo oggi non lo faccio.

 

185. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, 15 marzo 1577

Autografo: Carmelitane Scalze de La Imagen, Alcalá de Henares (Madrid)

1. Gesù sia con vostra reverenza, padre mio. Non so perché ha omesso di scrivermi servendosi di questo carrettiere per dirmi se aveva ricevuto la risposta del Consiglio, inviatale giovedì scorso. Desidero sapere come possa essere che vostra reverenza stia in quella città senza risiedere presso i frati, cioè nel Carmine, quando il Nunzio ha insistito molto a questo riguardo, ed è giusto non scontentarlo in nulla: non ci conviene da nessun punto di vista. Io desidererei vivamente poter parlare con vostra reverenza, perché ci son cose che si possono dire ma non scrivere.

2. Finora, data l’attesa di aver lì una casa, poteva sembrare accettabile una qualunque sistemazione, ma un soggiorno così prolungato di quattro frati Scalzi, creda, padre mio, che non è ben visto da nessuno, attira molto l’attenzione, e non solo di quelli del panno, di cui non c’è da far caso; ora, nelle cose che prestano il fianco a critiche, vorrei che evitassimo ogni occasione; del fatto che il marchese dica a vostra reverenza che il Nunzio non se ne irriterebbe, non bisogna tener conto.

3. Supplico anche vostra reverenza di parlare con molta prudenza, abbia o no motivo di lagnarsene, perché ho paura, data la sua franchezza, di cui sono a conoscenza, che sia incauto al riguardo, e Dio voglia che quanto dice non giunga alle sue orecchie. Consideri che tutti i demoni ci fanno la guerra, e che bisogna aspettarsi aiuto solo da Dio, il che comporta obbedienza e sofferenza, e allora Egli prende le cose in mano.

4. Io riterrei molto opportuno che, giunta la domenica di Passione, vostra reverenza andasse con gli altri a Pastrana o ad Alcalá, poiché quello non è tempo che si presti a negoziazioni, e qualora ce ne fossero, basta la presenza del licenziato Padilla a occuparsi dei nostri affari, come ha fatto sempre; tali giorni non ammettono la permanenza di religiosi fuori del loro monastero, né alcuno potrebbe veder la cosa di buon occhio, molto meno il Nunzio che è tanto riservato. Per me questa sarebbe una gran consolazione; vostra reverenza ci pensi bene e creda che è quanto conviene, tranne che non voglia stare con i frati del panno, il che, credo, sarebbe peggio.

5. Vostra reverenza si guardi bene dal parlare all’arcivescovo, se una volta l’ha già informato, perché non conviene farlo, anche nel caso che abbia ancora l’opportunità di parlare con lui. Egli si è assunto l’impegno di tale affare; ciò fatto, la miglior negoziazione è tacere e trattarne con Dio.

6. Questa lettera è scritta con molta riflessione e non senza ben più di una ragione, che non posso dire; ma vedo ch’è assai necessario che si faccia quanto chiedo a vostra reverenza, da cui non può venirci alcun danno, mentre dall’agire diversamente potrebbe venircene molto, e nelle cose che ci sembrano giuste non bisogna attendere l’occasione propizia. Nostro Signore ci dà molte opportunità di acquistar merito e vedo bene quelle che vostra reverenza ha avuto e ha lì, tanto da farmi restare stupita per il dominio che dimostra nel frenare la sua collera, ma ora è necessaria la prudenza, e Dio ce la dà, come ha fatto nella faccenda del vescovo. Sia benedetto per tutto, Egli che alla fine favorirà la sua opera.

7. Si dice che il Tostado venga di certo attraverso l’Andalusia. L’accompagni Dio, sia come vuol essere. Credo che sarà meglio lottare con lui che con chi abbiamo lottato finora. Che Dio c’illumini e protegga vostra reverenza e quei padri. Io sto un po’ meglio. Oggi è il 15 marzo. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

186. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 9 aprile 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe del Carmine, a Siviglia.

1. Gesù sia con vostra reverenza, figlia mia. Le ho già scritto per mezzo del corriere; credo che quella lettera le arriverà prima di questa. Ora invio i crocifissi che non sono migliori né peggiori degli altri; costano solo nove reali ciascuno, fors’anche un «cuartillo» di meno, mentre mi avevano detto che non si sarebbero fatti per meno d’un ducato. Un tornitore vi pratichi i buchi, perché, siccome me li hanno portati durante la Pasqua, non si è potuto provvedere ad essi, e glieli mando così, ma è un lavoro facile. Le croci sono di ebano. Non sono care, e avrei voluto mandargliene anche di più.

2. Ho molto desiderio di saper notizie della buona Bernarda. Le ho già scritto che Dio ha chiamato a sé una sorella di questo monastero; io ne ho molto sofferto.

3. Per quanto si riferisce al fatto che lei parli con Garciálvarez dell’orazione, non c’è ragione di rinunziarvi, perché la sua orazione non è tale che si debba correggerla, e così è anche per quelle che seguono la sua via; sembra strano esitare a farlo, soprattutto perché lo ha prescritto il nostro padre Visitatore. Me lo saluti molto.

4. Oh, come vorrei inviare il mio libricino al santo priore di Las Cuevas, il quale me lo manda a chiedere! Gli dobbiamo tanto che vorrei proprio procurargli questo piacere (anche a Garciálvarez non farebbe male conoscere il nostro modo di procedere, soprattutto nell’orazione), e se il libricino fosse disponibile, glielo darei; non avremo, infatti, modo di compensare questo sant’uomo per tutto quello che gli dobbiamo, se non facendo quanto ci chiede. Forse un giorno sarà possibile. Oggi il tempo è trascorso per me così pieno di occupazioni che non posso dilungarmi.

5. Le ho già scritto d’aver ricevuto ciò che portava il mulattiere, anche se non è giunto in buono stato; la stagione ormai non è più adatta per questi doni, dato il caldo. Pertanto non m’invii nulla, tranne l’acqua di fior d’arancio, poiché si è rotta l’ampolla, e, se è possibile trovarne, un po’ di fiori d’arancio, con i petali aperti, secchi e zuccherati; io le invierò l’importo della spesa. Altrimenti, mandi i confetti, ma preferirei i fiori, costi quel che costi, anche se si tratta di una piccola quantità.

6. Le ho già detto che una nostra consorella se n’è andata in cielo, e le tribolazioni che abbiamo avuto, e quanto mi sia rallegrata dell’ingresso di Nicola. Apprezzo molto le sue prove d’affetto per le consorelle di Paterna, le quali me ne informano, quando scrivono. Creda ch’è stata una provvidenza di Dio la permanenza lì di chi abbia la carità e le qualità di carattere di vostra reverenza, per il bene di noi tutte. Spero che le sue virtù andranno grandemente aumentando.

7. Non credo di poter scrivere al padre priore di Las Cuevas; lo farò un altro giorno. Che non sappia di queste mie lettere. Saluto tutte, specialmente la mia Gabriella, a cui vorrei scrivere. Oh, come desidero di vedere ormai quella vedova nel monastero, e professa! Vi provveda Dio, e mi conservi vostra reverenza, amen. Le ho mandato anche una lettera di donna Luisa. È l’ultimo giorno di Pasqua. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

8. Sappia che hanno escluso dalla Compagnia il fratello di suor San Francesco, cosa che mi ha afflitto. Non ho osato scriverle per non darle dolore, ma forse è meglio che lo sappia da noi. Lo vedrà dall’accluso biglietto perché, avendo voluto accertarmene dalla Compagnia – cioè da un suo amico che sta a Salamanca –, ecco che cosa mi scrive la priora. Sono contenta che abbia già di che vivere. Forse starà meglio, anche per quanto riguarda il servizio di Dio. Se lo crede opportuno, glielo dica, e le invii queste righe e le mie.

9. Il padre fra Bartolomeo de Aguilar dice che avrebbe volentieri più frequenti rapporti con loro, ma non ne viene richiesto, e che, essendo in sottordine, bisogna che se ne astenga. Non tralasci di chiedergli qualche predica e di mandare qualcuno a visitarlo, perché è molto buono. Può ben leggere le lettere. Come no?

 

187. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, metà aprile 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Segovia

1. Gesù sia con vostra reverenza. Oh! come vorrei dilungarmi nella presente, perché la sua lettera mi ha dato una gran gioia, ma ieri ho fatto un salasso e oggi mi ordinano di farne un altro, il che è un impedimento per scrivere; non credevo che il corriere, il quale mi sta dando fretta, se ne andasse così presto. Il salasso ha ridato vita alla mia testa e tra breve, a Dio piacendo, starò bene.

2. Ciò di cui mi sono molto rallegrata è che vada a stare con i frati, giacché deve restare lì, ma stia attento, padre mio, che le conteranno le parole. Per amor di Dio, apra bene gli occhi e non sia troppo franco. Credo perfettamente a quello che dicono del Tostado; se è avveduto, non verrà prima di ottenere l’assenso da chi deve darglielo; ecco perché vorrebbe arrivarci con l’aiuto di vostra reverenza. Non ho mai visto così bella trovata. Ho ricevuto ormai le lettere che vostra reverenza dice d’avermi inviato, e ieri quella di nostro padre.

3. Per quanto si riferisce al padre fra Baldassarre, è vero che gliene ho scritto, e anche più d’una volta. Finché vostra reverenza resterà con quei frati, starà molto bene lì. Continui sempre come ora a far contento il Nunzio, che, in fin dei conti, è il nostro superiore, e l’obbedienza è apprezzata da tutti. Non c’è tempo di dir altro. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

188. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, aprile-maggio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Créteil, Seine (Francia)

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con vostra reverenza. Ieri è arrivato qui il padre fra Francesco della Concezione, che stava a Malagón. Dall’acclusa lettera scritta da nostro padre, vostra reverenza vedrà la fretta che dà per averne risposta.

2. Prima era venuto Giovannino, e mi aveva detto di aspettare qui il padre fra Francesco che sarebbe venuto presto con la madre priora di Malagón. È venuto – stando ella meglio, tanto da poter essere trasportata, il che non è stato poco –, allo scopo che i medici, qui, vedano se c’è rimedio al suo male. Nel frattempo si è recata ad assumere quella direzione una religiosa di qui, molto buona.

3. Mi è parso che non sia bene mandare lì il padre Francesco in attesa del messaggio, affinché la presenza di tanti nostri frati non infastidisca quei benedetti Calzati, e che aspetti invece qui o a Malagón. Se vostra reverenza lo comanda, verrà, ma è preferibile – poiché ci si può fidare di questo messaggero – che vostra reverenza lo faccia aspettare e gl’invii qui il messaggio.

4. Nostro padre ha ragione. Ma io ora vedo che vostra reverenza non può far di più, e così gli ho scritto ieri che sapevo bene quanto giovasse a poco far fretta a Matusalemme. Ciò malgrado, vostra reverenza dia alla cosa tutta l’urgenza possibile, per carità, e mi scriva a lungo.

5. Che le sembra della prova subita dalla signora donna Luisa? Ella e sua figlia sono profondamente angosciate. Le raccomandi a Dio e resti con Lui, poiché io sono molto occupata. Di vostra reverenza serva, Teresa di Gesù.

6. Mi ricordi al padre mio Padilla che i travagli – come saprà –, hanno già fatto tanto soffrire lasciandolo in una situazione così penosa che il resto è cosa tale da poter essere superata da lui.

 

189. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 6 maggio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora Maria di San Giuseppe.

1. Gesù sia con vostra reverenza e la ricompensi dei suoi tanti e così bei regali. Tutto è arrivato senza danni ed in ottimo stato. Siccome di questo le parlerò di più quando le scriverò per mezzo del mulattiere, qui dirò solo le cose importanti.

2. Ho avuto invidia di quell’angelo. Dio sia lodato, poiché ella ha meritato di goder così presto di Lui, cosa di cui, certo, non dubito. Quanto al resto, creda che si tratti d’una esaltazione ben nota. Non ne faccia alcun conto, non ne parli, e nemmeno si curi dei discorsi di Beatrice. Io ho molto apprezzato la sua carità. Me la saluti, la ringrazi da parte mia, come sua madre, e mi ricordi a tutte.

3. Mi preoccupa molto la sua febbre e la malattia della sottopriora. Benedetto sia Dio che vuole metterci così alla prova quest’anno e dare a vostra reverenza tante tribolazioni tutte insieme; certo, il peggio è la mancanza di salute, perché quando si sta bene, tutto è sopportabile. Mi mandi a dire al più presto come va la sua febbre, e anche come sta la sottopriora. Piaccia al Signore che la malattia non abbia il solito lungo decorso, perché lì sono così poche loro, che non so come si potrebbe fare. Dio vi provveda nel modo in cui può, perché io sono molto preoccupata.

4. Quanto a ciò che dice della sepoltura, sia certa di essersi regolata molto bene. Noi, qui, le seppelliamo nel recinto della clausura, e procurerò che nostro padre ne dia l’ordine, perché la scelta di un altro luogo si addice a religiose non vincolate a clausura; pertanto ha avuto pienamente ragione il padre Garciálvarez (gli dia i miei saluti), come anche di ritenere che un sacerdote possa entrare nella clausura per una simile necessità; per questo, però, sarebbe meglio che fosse sempre il padre Garciálvarez; il convento è talmente lontano che non so come si potrebbe fare; inoltre ritengo preferibile il padre Garciálvarez perché è lui il loro confessore abituale. Io ne parlerò ora con nostro padre, che vedrò, se Dio vuole, prima di Pentecoste, e le manderò una licenza; il Nunzio lo ha già mandato a chiamare, e sembra che gli affari debbano andar bene. Pensi alla gioia che avrò. Egli è stato a Caravaca e a Beas.

5. Le invio l’acclusa lettera di Alberta, perché sappia come stanno lì. Ancora non l’abbiamo finita con quel monastero. Lo raccomandi a Dio, unitamente alle religiose di Beas, che mi causano una gran pena con i loro processi.

6. Ieri, giorno in cui ho ricevuto la sua lettera, ho trovato subito la persona con cui mandarla a nostro padre; ormai, fintanto ch’egli resterà qui, le ricambierò la cura che lei si è presa nel recapitargli le mie. Prenda pure la conversa, e piaccia inoltre a Dio ch’ella sola possa bastar loro. Ho già detto a nostro padre che le avrei scritto di prenderla.

7. Per quanto riguarda la rinunzia della buona Bernarda, tenga presente che, essendo vivi i genitori, il monastero non eredita, perché gli eredi sono loro. Se essi fossero morti prima di lei, avrebbe ereditato il monastero. Questo è sicuro, io lo so da esperti uomini di legge: genitori e nonni sono eredi di diritto, e, in mancanza di essi, il monastero. Ciò a cui sono obbligati è dotarla, e se per caso non lo sanno, loderanno Dio per il fatto che loro vogliono venire a un accordo con essi. Se dessero almeno quello che risponde alla garanzia che avevano promesso di pagare, sarebbe già molto. Veda un po’ là ciò che può ottenere a questo riguardo, perché non è ammissibile che tralascino di dare una dote.

8. Il padre Nicola vedrà il meglio da farsi. Me lo saluti molto, come il padre fra Gregorio e, ancora, tutti quelli che lei vorrà, e resti con Dio, ché, anche se da alcuni giorni sto molto meglio del male alla testa, non ne trascorre nessuno in cui non avverta un gran rumore, e scrivere mi è causa di sofferenza.

9. La madre priora di Malagón mi farà molta compagnia, ma mi affligge grandemente che il suo male sia senza alcuna speranza, anche se è assai migliorata, perché mangia con più appetito e si alza dal letto; siccome, però, la febbre non l’abbandona, non bisogna darvi troppa importanza, stando a quel che dice il medico. Dio può tutto e potrebbe farci questa grazia: Lo preghino molto di ciò. Poiché ella scrive, non dico altro di lei. Teresa di Gesù.

10. Dica molte cose alla mia Gabriella. La sua lettera mi ha fatto un gran piacere e godo di saperla in buona salute. Dio la conceda a tutte, potendolo fare, amen, amen.

 

190. Al Padre Ambrogio Mariano, a Madrid

Toledo, 9 maggio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Clamart, Seine (Francia)

Per mio padre, il dottore fra Mariano di San Benedetto, a Madrid. In sua propria mano.

1. Gesù sia con vostra reverenza, padre mio, e la ricompensi delle buone notizie che mi ha scritto; esse, a quanto sembra, servono proprio al nostro scopo per molte ragioni. Il ragazzo è ripartito subito. Dio indirizzi le cose alla sua più grande gloria, poiché tutti noi non aspiriamo a nient’altro.

2. Godo che le vada così bene con quei padri, salvo che non trascurano di creare inconvenienti; mi dicono che il padre fra Angelo ha scritto al vescovo di Salamanca di non dare l’autorizzazione di fondare e ch’essi hanno intentato una causa, come qui, né più né meno. Oh, padre mio, come ci si regola male in queste negoziazioni! Sarebbe cosa fatta se si fosse saputo condurla bene, mentre tutto non è servito ad altro che a denigrare gli Scalzi. Creda che agire intempestivamente non dà mai buon esito. D’altra parte penso che è disposizione del Signore e che dev’esserci un gran mistero. Ci sarà poi rivelato; se si fa ciò che vostra grazia mi dice, tutto è ormai a posto. Dio la ricompensi per la stima in cui tiene i miei consigli; piaccia a Lui che ciò duri. Nonpertanto mi sembra che dove ce ne sono di così buoni, c’è da far poco caso di me. Mi è di gran consolazione che i nostri affari siano in tanto buone mani. Benedetto sia Colui che vi provvede, amen.

3. Perché non mi parla mai del padre fra Baldassarre? Non so dove sia. Vostra reverenza gli dia i miei saluti, come al padre mio Padilla e al padre Giovanni Díaz. La priora di qui e quella di Malagón, Brianda, si raccomandano a vostra reverenza. Dopo la sua venuta era stata meglio; stanotte è peggiorata. C’è qualche speranza di salvarle la vita. Dio gliela conceda in conformità di quanto ci è necessaria, e vegli su vostra reverenza.

4. Badi, padre mio, di star sempre in guardia, per non esser colto alla sprovvista, giacché le dimostrazioni d’amicizia che riceve potrebbero non essere spontanee. Il vero amico su cui dobbiamo contare è Dio, e se noi cerchiamo di compiere sempre la sua volontà, non abbiamo nulla da temere. Ho vivo desiderio di conoscere quella risposta, e vorrei anche che vostra paternità e il padre maestro potessero stare dove ritenessero che sono ospitati di tutto cuore. Non può mancare la croce in questa vita, nonostante tutta l’attenzione possibile per evitarla, visto che seguiamo il partito del Crocifisso.

5. Quanto ad Antonio Muñoz, s’inganna, perché non abbiamo tra le nostre monache donna Caterina de Otálora né l’abbiamo mai avuta; ella, dopo esser rimasta vedova, ha solo contribuito a quella fondazione, e ora non credo che sia lì né io la conosco; non rientra inoltre nella mia professione trattare di queste cose; vostra reverenza glielo dica. Anzi, mi faccio scrupolo di quello che ho chiesto a vostra reverenza a tale riguardo, perché, conoscendo poco quel cavaliere (ciò resti fra noi, l’ho visto una volta sola, benché sia un parente assai prossimo), io non so quale carica converrebbe alla sua anima; pertanto supplico vostra reverenza di non far nulla nell’attuale circostanza in base al mio parere, ma solo in conformità dell’impressione che riceverà dalla sua persona.

6. Non gli dica nulla di tutto questo, a evitare che ne tragga motivo di sconforto, perché mi fa pena; gli dia solo i miei saluti e gli dica che non gli scrivo a causa del mio male alla testa, che è ancora in assai cattivo stato; aggiunga che alla signora donna Beatrice, sua moglie, ho scritto oggi e gli assicuri che non è religiosa la signora di cui parla. Dio conservi vostra reverenza come esige il bisogno che abbiamo di lei, amen. Oggi è il 9 maggio. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

191. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 15 maggio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei, figlia mia. Preferirei sapere che sta bene, anziché ricevere tutti i doni che m’invia, benché siano degni d’una regina. Nostro Signore la ricompensi di essi. Il fior d’arancio è assai bello e abbondante, ed è giunto in momento molto opportuno: gliene sono infinitamente grata; i corporali sono di estremo buon gusto. Sembra che la ispiri Dio, perché la priora di Segovia mi aveva inviato una palla che le avevo chiesto di farmi fin da quando ero lì, se ricorda. È tutta lavorata a punto a catenella, intrecciato di piccole perle e granatini. La mano d’opera dicono che può valere trenta ducati. Ora, poi, che ci sono i corporali fatti da Beatrice e la piccola croce (ce ne sarebbero voluti altri per riempire la cassa)! Sono così belli che, per mio gusto, mi sembrano preferibili a tutto il resto. L’acqua è giunta in buono stato, e ora ne abbiamo parecchia. Certamente il pacco era fatto da lei, perché assai ben sistemato.

2. Io vorrei ricambiare in qualche modo ciò che lei m’invia: infine, è una prova d’amore. Ma in vita mia non ho visto mai nulla di più arido di questa terra ove sono, per quanto riguarda cose gradevoli. Venendo dalla sua, mi è sembrata ancora più sterile.

3. Ho dato ordine di pagare qui per ora i cento ducati di cui Ascensio Galiano mi aveva fatto la cambiale. Non so se ricorda che cinquanta erano stati dati a Mariano per quanto aveva speso in quella casa al nostro arrivo, e gli altri cinquanta per pagarne l’affitto. Dopo la morte di Galiano ho avuto cura di saldare il debito e non mi sentirò esente da preoccupazione finché non la vedrò del tutto libera da questi pensieri. Bastano i travagli che le dà il Signore; mi affligge molto la sua malattia e quella della sottopriora proprio adesso, al principio dell’estate. Dio vi ponga rimedio, perché non so come potranno fare.

4. Le ho già scritto, servendomi del corriere, di prendere la conversa e di lasciare il corpo di quella piccola santa dove sta, nel coro, perché noi dobbiamo essere seppellite entro il recinto della clausura, e non nella chiesa. Le ho anche scritto che, avendo la santa padre e madre, anche se ha fatto una rinuncia in favore del monastero, son loro ad ereditare. Se essi fossero morti prima di lei, allora avrebbe ereditato il monastero. Però sono obbligati a dar la dote che le spetta. Pertanto si venga a un accordo come meglio si potrà. Se cedessero l’importo della garanzia, sarebbe una gran cosa, e lasci perdere il suo scrupolo di perfezione, perché, per quanto facciamo, non diranno mai che siamo esenti da avidità. Infine, bisogna fare quel che ordinerà nostro padre. Glielo scriva, e si abbia gran cura, per amor di Dio.

5. Sono molto afflitta per la madre Brianda, anche se dopo la sua venuta qui, sembra che stia meglio. Io godo molto della sua compagnia. Siccome, a quanto mi ha detto, le scriverà, di lei non aggiungo altro.

6. Saprà ormai che il Nunzio ha mandato a chiamare nostro padre. Sembra che gli affari vadano bene; lo raccomandino a Dio. Sua Maestà me la conservi e la renda una gran santa. Ho sentito invidia per la buona Bernarda; nei nostri monasteri l’abbiamo raccomandata molto a Dio, anche se credo che non ne abbia bisogno. Oggi è la vigilia dell’Ascensione. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

7. Dia i miei saluti alla madre sottopriora, alla mia Gabriella e a tutte. Vostra reverenza mi mandi la ricetta dello sciroppo che prendeva suor Teresa, perché me la chiede suo padre; non lo dimentichi in nessun modo; è quello da lei preso abitualmente durante il giorno.

 

192. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 28 maggio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia sempre con vostra reverenza, figlia mia; spero che le abbia dato così buone feste di Pentecoste come io gliele ho augurate. Qui le abbiamo avute buone per la venuta di nostro padre, che si reca alla Corte, chiamatovi dal Nunzio. Sta bene ed è grasso, benedetto sia Dio. Vostra reverenza tenga presente che ora è necessario raccomandare molto al Signore gli affari dell’Ordine, con assai grande… e con tutto l’impegno, perché ce n’è estremo bisogno.

2. Il Tostado è già alla Corte. È passato da qui quattro o cinque giorni fa con tanta fretta che non si è fermato più di tre o quattro ore. Piaccia al Signore di fare in tutte le cose ciò che più conviene al suo onore e alla sua gloria, poiché non desideriamo altro. Raccomandi a Dio questa mia testa che è ancora in uno stato deplorevole.

3. Non abbiamo avuto fortuna con la tela di vostra reverenza, che è stata portata in giro per mezza Toledo, nelle case e nei monasteri, e non si è potuta vendere, perché a tutti sembra molto dare per essa quattro reali, e a noi darla per meno ce ne facciamo scrupolo. Non so che cosa dobbiamo fare. Vostra reverenza veda quel che desidera. Nostro Signore sia con lei. Oggi è l’ultimo giorno di Pentecoste.

4. Nostro padre oggi non è qui; è andato a predicare dove sta sua sorella; pertanto non potrà scrivere, perché il corriere se ne va.

5. Desidero sapere come sta vostra reverenza e tutte le altre; da molto tempo non vedo una sua lettera. Dio me la conservi. La madre Brianda sta sempre molto male e le si raccomanda; io mi raccomando a tutte e al padre mio fra Gregorio, perché ora è il momento in cui è necessaria la preghiera di tutti.

6. Gli mandi subito questa lettera, e tutte s’impegnino nella preghiera, perché con il favore del Signore vedremo la soluzione dei nostri problemi in bene o in male. Mai come ora è stata tanto necessaria l’orazione. Dio me la conservi. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

193. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid

Toledo, 13 giugno 1577

Per il nostro padre e maestro Gracián, commissario apostolico e visitatore del Carmelo. A Madrid.

1. Gesù sia con vostra paternità. Ieri ho ricevuto le sue lettere con le quali il Signore mi ha ripagata, per la gioia che ne ho avuto, della pena sofferta i giorni passati a causa di quelle portatemi da colui che reca la presente; le consorelle non avevano capito che sarebbe ritornato assai presto alla ruota, e pertanto non ho il tempo di dilungarmi.

2. Alla signora donna Giovanna non posso rispondere. Piaccia a Nostro Signore che la malattia del signor Gracián non sia nulla: ne sono rimasta addolorata.

3. Oggi, giorno del Santissimo Sacramento, ha predicato qui il padre fra Baldassarre. Dice che nella sua casa sono molto agitati per quella che noi vogliamo prendere lì. Mi ha spaventata il fatto della scomunica.

4. Credo di dovermi servire presto di un corriere privato da inviare a vostra paternità per la firma di questi contratti, che credo saranno pronti oggi.

5. Mio fratello le bacia le mani, e m’incarica di dirle come sia necessario che vostra paternità si adoperi con molta diligenza nell’affare del processo per quella tassa e dia denaro al procuratore, il quale lo invierà a chi deve, affinché il processo si svolga celermente, in modo che sia finito prima di agosto, per l’inconveniente di cui le ho scritto, che è enorme.

6. Mi sono rallegrata moltissimo che l’amico Elia cominci a capire la ragione. Sappia vostra paternità che io mi sono data molta pena al riguardo perché la capisse anche il fiscale e le mandasse a dire di non andare; ci sono riuscita. Non so se le abbiano dato le lettere. Non posso dire di più. L’indegna serva di vostra paternità, Teresa di Gesù.

 

194. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 28 giugno 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di Siviglia.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia nell’anima di vostra reverenza, figlia mia. Mi dispiace molto che abbia tante tribolazioni e che persistano le sue febbri, ma chi aspira ad esser santa deve soffrire ben altro.

2. Nostro padre mi ha mandato la lettera di vostra reverenza, quella che gli ha scritto il 10 di questo mese. La mia testa è in uno stato deplorevole; per giunta, tutti questi giorni ho avuto la preoccupazione di sapere qualcosa della sua salute e di quella della madre sottopriora, la cui malattia mi affligge molto. La madre Brianda in certi momenti sta meglio, ma poi ha gravi ricadute nei suoi mali.

3. Quanto al male della mia testa, il miglioramento che ho è di non avvertire tanta debolezza, perché posso scrivere e lavorare più del solito, ma il rumore è sempre lo stesso e molto penoso; pertanto scrivo a voi tutte per mano altrui, tranne che si tratti di cose segrete, o di lettere da cui non posso prescindere, perché dirette a persone verso cui ho doveri da compiere. Abbia, dunque, pazienza, in questo come in tutto il resto.

4. Avevo scritto fin qui quando è arrivato mio fratello. Le si raccomanda molto. Non so se le scriverà. Io parlo di Lorenzo. Sta bene, grazie a Dio. Va a Madrid per i suoi affari. Oh, come ha sofferto dei suoi travagli! Io le assicuro che Dio vuole davvero fare di lei una gran santa. Si dia animo, perché a questo periodo ne seguirà un altro e lei si rallegrerà d’aver sofferto.

5. Quanto all’ingresso di quella piccola schiava, non vi si opponga in alcun modo, perché al principio, nelle fondazioni, si fanno molte cose che esulano da quel che si dovrebbe fare: con lei non c’è ragione di trattare di perfezione, ma solo curare che serva bene; il resto poco importa per una conversa, e potrà stare tutta la vita senza fare la professione, se non ha le doti necessarie per questo. Il peggio è la sorella, ma non tralasci di ricevere anche lei, e si adoperi a ottenere da Dio che sia buona. Non opprima né l’una né l’altra con esigenze di perfezione; basta che adempiano bene l’essenziale; le devono molto, e lei le toglie da una gran difficoltà. Bisogna pur sopportare qualcosa, è sempre così dappertutto agli inizi, né può essere altrimenti.

6. Quell’altra religiosa, se è così dabbene, la prenda, perché ha bisogno d’averne molte, visto che ne muoiono parecchie. Non se ne affligga: esse se ne vanno in cielo. Vedo già quanto le mancherà la buona sottopriora. Cercheremo di far tornare quelle di Paterna, appena gli affari saranno sistemati.

7. Oh, che lettera ho scritto a lei e al padre fra Gregorio! Piaccia a Dio ch’essa giunga loro. Come li tratto per il progetto del cambiamento di casa! Io non capisco come abbiano potuto dar l’avvio a un discorso di tale insensatezza.

8. Mi saluti il padre, tutti gli amici e le mie figlie, perché è appena arrivato mio fratello e non voglio lasciarlo ancora solo. Dio me la conservi a lungo, ché la sua malattia mi affligge più d’ogni altra cosa; per carità, si abbia molti riguardi, come la mia Gabriella. Facciano uso di lino e lasci perdere ogni rigore, in un momento di così gran bisogno. Qui la salute va male. Mi raccomandi a tutte. Dio me la conservi, ché non so come io l’ami tanto. Brianda le si raccomanda. Nonostante il suo male, mi fa molta compagnia. Oggi è il 28 giugno.

9. Cerchino di farsi prestare denaro per mangiare, ché poi lo restituiranno. Non restino affamate: ciò mi è di gran pena; anche qui ricorriamo a prestiti e Dio poi ci provvede di denaro. Di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

195. Alla Madre Anna di Sant’Alberto, a Caravaca

Toledo, 2 luglio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Caravaca

Per la madre Anna di Sant’Alberto.

1. Gesù sia con vostra reverenza, figlia mia. Mi è stato di gran consolazione sapere che la casa sia così fresca e che non debbano soffrire come hanno sofferto un anno fa. Sarei molto felice di trattenermi lì alcuni giorni con lei, se Dio lo volesse, senza avere continuamente affari e lettere a portata di mano, e di stare vicino a quelle anatrine e a quelle acque, che devono farle sembrare eremite. Io non lo merito; mi rallegro di tutto cuore, però, che, in vece mia, ne goda vostra reverenza.

2. Sappia che non pensavo di volerle tanto bene e che ho un vivo desiderio di vederla; forse Dio disporrà che ciò avvenga. Io Lo prego molto per lei e sono certa ch’Egli l’aiuterà in tutto; pertanto ritengo, senza alcuna preoccupazione, che lei incoraggerà quelle anime ad attingere la più alta perfezione; stia attenta, però, a non condurre tutte per la stessa via. Ad esempio, quella consorella a cui nostro padre ha dato l’abito, dev’essere diretta come un’ammalata, senza che le venga imposto nulla che esiga un alto grado di perfezione; basta che faccia alla bell’e meglio, come si dice, quel che potrà, e che non offenda Dio.

3. Dovunque c’è molto da soffrire, specialmente agli inizi, perché fino a quando la casa non sia fondata, prendiamo tutte le religiose che possiamo, se hanno denaro per sopperire ai bisogni delle altre; specialmente per quella, che ha aperto la via della fondazione, era giusto farlo. Pertanto la sopporti, figlia mia, come potrà. Se ha l’anima buona, consideri ch’è dimora di Dio.

4. Io Lo lodo ogni volta che manda una gioia a nostro padre. Affinché lo faccia anche lei, le riferisco quanto mi ha detto, cioè che lei è una delle migliori priore che ci siano. Essendo così sola, Sua Maestà l’aiuta. Per il denaro di Malagón non si dia pena; basterà che lo invii quando potrà.

5. Nostro padre, grazie a Dio, sta bene, pur fra molti travagli. Sappia, infatti, ch’è morto il Nunzio, e che il Tostado è a Madrid; egli è il vicario Generale, inviato dal nostro reverendissimo padre. Anche se finora non ha voluto che faccia le visite, non sappiamo come la cosa andrà a finire.

6. La commissione di nostro padre non è venuta meno, nonostante la morte del Nunzio; pertanto egli è visitatore come prima. Credo che ora sia a Pastrana. Ci vogliono molte orazioni affinché si faccia quello che più convenga al servizio di Dio; così si fa qui, ove ci sono state, inoltre, molte processioni. Non trascurino nulla, perché ora il bisogno è assai grande, anche se, a quanto sembra, tutto si farà bene.

7. Nostro padre, nonostante tutti i travagli che ha avuto, non ha lasciato di occuparsi degli affari di quella sua casa e ne ha parlato due volte al vescovo, che gli ha dimostrato molta benevolenza e ha detto che avrebbe fatto tutto quel che occorreva: ha scritto pertanto a quella signora. L’altra settimana mi ha mandato qui una lettera, ma aspettava non so che cosa. Nostro padre è assai contento: dice che tutto andrà ottimamente. Non dia alcuna importanza al piccolo ritardo che la faccenda comporta, perché le assicuro che si è avuta gran cura della cosa. La rendita è stata soddisfacente; non c’è quindi ragione di stare in pena, perché presto tutto sarà fatto.

8. Se quelle postulanti le sono gradite (mi riferisco alle figlie della vecchia), loro non hanno da fare altro che ammetterle alla professione, anche se sono affette da qualche malessere, del quale, del resto, non si trova donna che sia esente. Il mio mal di testa va un po’ meglio, sebbene io non sia in condizione di scrivere a lungo di mio pugno: non scrivo, infatti, a nessun monastero se non per mano altrui, tranne che si tratti di qualcosa di particolare; pertanto eccomi giunta alla fine della presente.

9. Che dirle del groviglio di malattie in cui ci troviamo, specialmente a Siviglia? Gliene sarà data notizia nell’acclusa lettera. Sono afflitta per suor Incarnazione, anche se quelli son mali che vanno scemando con l’età. Me la saluti molto caramente, con tutte le altre, specialmente la sottopriora e le fondatrici.

10. La presidente di Malagón si chiama Anna della Madre di Dio: è un’ottima religiosa che adempie assai bene il suo ufficio, senza discostarsi d’un punto dalle Costituzioni. In Siviglia sono molto travagliate: la sottopriora ha ricevuto l’Estrema Unzione, e la priora ha sempre la febbre; pertanto non è questo il momento di chieder loro qualcosa. Si ricordi che si è assunta l’importo delle sue spese da Siviglia; ora prenderanno altre religiose e la pagheranno.

11. Far venire qui il pesce è un’idea che sa di scherzo, se vostra reverenza non si occupa d’inviarlo, perché portarlo costerebbe assai caro. Per quanto riguarda le tonache di panno di cui parla nostro padre, se ne disfino a poco a poco, se non hanno di che comprarne ora per tutte in una volta, fino a che non ne resti più alcuna. Le venda come meglio potrà.

12. Stabilisca un pieno accordo con donna Caterina de Otálora e cerchi di contentarla in tutto, poiché lei sa quando le dobbiamo, e l’ingratitudine non fa bell’effetto. Se scrivesse a qualche religiosa, le dia le lettere e si adoperi perché le risponda. Nostro Signore faccia di lei una gran santa. La madre Brianda si raccomanda a vostra reverenza. Continua come al solito, in uno stato increscioso. Oggi è il 2 luglio. La madre e la sorella di vostra reverenza stanno bene. L’indegna serva di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

 

196. A Gaspare de Villanueva, a Malagón

Toledo, 2 (?) luglio 1577

Al magnificentissimo e reverendissimo signor licenziato Villanueva.

1. Gesù. – La grazia dello Spirito Santo sia con lei. Le lettere di vostra grazia mi hanno procurato molta afflizione, perché pensare che in qualcuno dei nostri monasteri le cose vanno peggio che in quelli delle calzate di Andalusia mi dà la morte. Per la casa di Malagón ho avuto poca fortuna. Io non so che male può fare alle religiose la presidente, perché esse si comportino come vostra grazia dice nella lettera della madre priora, quando sarebbe bastato ciò che ha detto loro un tal superiore qual è nostro padre per appianare tutto. Si vede bene da ciò la loro scarsa intelligenza, né posso tralasciare di accusare vostra grazia, di cui so che ha tanto potere sulle religiose; se, infatti, s’impegnasse a fondo come quando esse sono state tentate di ribellarsi alla madre Brianda, si comporterebbero ben diversamente.

2. Quello che guadagneranno da tutto ciò è di non vederla più, anche se Dio le desse la salute, e di restare senza vostra grazia, perché Dio paga così chi Lo serve male, e vostra grazia vedrà dove va a finire gente così litigiosa che mi dà sempre vita travagliata; pertanto la supplico di dirlo da parte mia a questa Beatrice. Sono in una tale disposizione d’animo verso di lei che non vorrei neanche sentirla nominare. Supplico vostra grazia di dirle che se comincia a contraddire la presidente od opporsi a qualunque cosa si faccia nella casa e io lo vengo a sapere, le costerà ben caro. Vostra grazia insegni loro, come ha sempre fatto, per amor di Dio, a stringersi a Lui e non vivere in tale scompiglio, se tengono alla loro pace. Lei teme che ce ne siano altre come Anna di Gesù? Certamente, ma io vorrei vederle in uno stato anche peggiore del suo, anziché disobbedienti, perché la vista di qualcuna che offenda Dio mi fa perdere la pazienza, mentre per tutto il resto constato che il Signore me ne dà molta.

3. Circa la possibilità, per Anna di Gesù, di fare la comunione, è certo che lo può, essendosi esaminato bene il caso, e ora che l’ha fatta, continui così per un mese, perché se ne veda l’effetto. In proposito mi rimetto a ciò che la madre priora scrive a vostra grazia. Il fatto di non avvisare vostra grazia è stato un grande sbaglio; non sapendo di più, lei ha fatto abbastanza.

4. Per quanto riguarda il curato, ecco perché io temevo la partenza di fra Francesco, perché né il Provinciale vuole che si confessino sempre dallo stesso confessore, né ciò sembra opportuno a me: l’ho già detto a vostra grazia. Mi riescono gravose le frequenti relazioni; io lo avviserò, perché è cosa a cui bisogna badare molto.

5. La presidente mi ha detto l’altro giorno che, riguardo a una certa cosa, vostra grazia non si accordava troppo con lei. Mi ha fatto capire che vostra grazia non crede ch’ella la tratti con sincerità. Se manca di sincerità con lei, ritengo che sia molto male. Io le scriverò in proposito e le parlerò anche di altre cose in modo che non capisca che ne sono stata informata. Sarebbe bene che vostra grazia le parlasse con franchezza e che si lamentasse di come si è comportata con Anna di Gesù, perché se vostra grazia non districa ciò che il demonio ha cominciato a ordire, si andrà di male in peggio e sarà impossibile che vostra grazia lo sopporti con l’anima in pace; così, anche se mi dispiacerà molto che lei manchi da lì, ritengo che sia più obbligato a mantenere la sua pace che a farmi piacere. Ce la conceda il Signore come può, amen. Bacio molte volte le mani a quei signori. Dicono che, anche se è morto il Nunzio, non è cessata la sua commissione, restando nostro padre quale Visitatore, cosa che per certi riguardi mi dispiace molto. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

197. Al Padre Girolamo Gracián

Toledo/Avila, luglio 1577 (?)

Crede, padre mio, che per le case che ho fondate, mi sia adattata a poche cose che non avrei voluto? No, invece a molte. Bisogna ben sopportare qualche contrarietà per trovare una sistemazione a occorrenze come questa.

 

198. Alla M. Maria di San Giuseppe, a Siviglia

Toledo, 11 luglio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Valladolid

Per la madre priora di San Giuseppe.

1. Gesù sia con lei, figlia mia. Per il fatto che mi dice di stare un po’ meglio, mi sembra di sopportare tutto con piacere. Piaccia al Signore che continui a migliorare, e ricompensi Egli quel suo medico; come di dovere, gli sono riconoscente.

2. È una cosa straordinaria che la sottopriora sia ancora in vita. Può bene Colui che l’ha creata darle la salute, poiché le ha dato l’essere dal nulla. Egli l’esercita nella sofferenza, come tutte noi. Così esercitate, diventiamo persone capaci d’andare in Guinea e anche oltre. Ciò malgrado, vorrei che tutto fosse ormai passato, perché ne sono molto afflitta.

3. Siccome ho detto alla madre Brianda di scriverle quanto c’è da dire nei nostri riguardi, io mi limiterò a dire l’essenziale. Non sono arrivate né le immagini stampate né la lettera che mi annunziava per donna Luisa, e lei non mi dice se ha ricevuto la tela e i crocifissi. Me ne informi in una prossima lettera e raccomandino a Dio Brianda, che sono felice di veder stare tanto meglio.

4. Prenda, alla buon’ora, la religiosa, perché non è male la sua dote, a quanto mi dice. Vorrei che quella vedova fosse già entrata. L’altro giorno le ho scritto di prendere in ogni modo la piccola negra e la sorella, perché non ne avrà alcun danno. Nemmeno mi dice se ha ricevuto questa lettera. Mi ha addolorata la malattia di Garciálvarez; non dimentichi di dirmi come sta, e se la salute di vostra reverenza continua a migliorare. Ho ricevuto le noci di cocco: son cosa degna d’esser vista. Le invierò a donna Luisa. Quella che è destinata a me è molto ben preparata. Nostro padre dice che l’aprirà domani.

5. Per quanto riguarda la faccenda di Paterna, dichiara che non bisogna parlarne fino a che egli non vada là (oggi abbiamo discorso con lui a lungo di ciò), perché sarebbe mettere in subbuglio tutti, se ci fosse il dubbio ch’egli non è più Visitatore, e ha ragione.

6. Dio ricompensi vostra reverenza di tutti i doni che mi fa (deve sognare d’essere una qualche regina), compreso l’invio del porto. Per carità, pensi molto a sé e si tratti bene, ché questo sarà un gran regalo per me. Le consorelle si sono assai rallegrate di vedere la noce di cocco, e io altrettanto. Benedetto sia Colui che le ha create, perché, certo, sono cosa degna d’esser vista. Mi diverte il fatto che con tutti i suoi travagli, trovi l’energia di pensare a ciò. Il Signore sa bene a chi li dà.

7. Ho parlato ora a nostro padre della religiosa proposta dall’arcivescovo; sono assai contrariata di vedere come si accaniscano a importunarlo, mentre a lui la cosa non va. Nostro padre dice di ritenere ch’è una devota affetta da malinconia – cosa di cui dovremmo aver fatta amara esperienza – e che sarebbe peggio mandarla via dopo averla presa. Cerchi di parlarle qualche volta e di capire la sua indole, e, se vede che non è fatta per noi, credo che non sarebbe male che il padre Nicola ne parlasse all’arcivescovo e gli dicesse la mala sorte che abbiamo con questo tipo di devote, o cercasse di ritardare la decisione.

8. Da molto tempo ho scritto al padre Gregorio l’acclusa lettera, che ho mandato a nostro padre perché gliela facesse avere, ed egli ora me la rinvia. È fuori di tempo, ma non ometta di leggerla, per non ricadere in quella tentazione così insensata di lasciare la casa ove stanno attualmente. Mi affligge il pensiero della gran fatica che darà loro quella consorella, e ho pietà di quel che la poverina soffre. Dio vi ponga rimedio. Dia a tutte e a tutti i miei saluti. Mi sarebbe di gran consolazione vederla, perché ne conosco poche che rispondano come lei al mio gusto, e le voglio molto bene. Il Signore può tutto.

9. Molte cose al padre Garciálvarez, a Beatrice, a sua madre e alle altre, a cui dica che hanno bisogno d’essere molto perfette, poiché il Signore comincia con loro quella fondazione e le ha private d’un valido aiuto, tanto ch’io non so come lei possa riuscire a tutto. È vero che sarebbe stato peggio per lei se avesse dovuto badare a Calzate, com’è avvenuto altrove, perché quelle là, in fondo, seguiranno la via da lei indicata. Il peggio è che vostra reverenza debba lavorare con poca salute – io ne ho fatto la prova – mentre, se la sia ha, si sopporta tutto. Dio gliela conceda, figlia mia, come io desidero e Lo supplico di fare, amen. Oggi è l’11 luglio. Io sono, di vostra reverenza, Teresa di Gesù.

10. Siccome nostro padre era qui, ha aperto il plico, mi ha dato le lettere e si è tenuto le immagini stampate, dimenticando forse – l’ho saputo per caso oggi – ch’egli e il padre Antonio se le disputavano. Ne ho visto due, molto belle.

 

199. A Rocco de Huerta, a Madrid

Toledo, 14 luglio 1577

Autografo: Carmelitane Scalze di Antequera (Málaga)

1. Gesù. – Lo Spirito Santo sia con vostra grazia. Nostro padre, il maestro fra Girolamo Gracián, mi ha detto l’affetto che ha per vostra grazia e quanta fiducia nutre che lei farà senza infastidirsi tutto quello che le si presenterà di fare per favorirmi, il che non è poco, carica di affari come sono; pertanto, da qui in poi ricorrerò a lei per le lettere che capiterà di dover far recapitare a nostro padre, ch’è quanto più m’importa. Ma dev’essere a condizione che vostra grazia non v’impegni altro all’infuori del suo lavoro, e che con tutta semplicità teniamo conto noi, a questo riguardo, delle spese di porto, perché diversamente io non accetterò tale favore.

2. In qualunque cosa io possa servirla, lo farò di tutto cuore, se ho qualche capacità a tal fine. La supplico di mandare le accluse lettere al loro destinatario. Oggi è il 14 luglio. L’indegna serva di vostra grazia, Teresa di Gesù.

 

200. Al Padre Girolamo Gracián, a Madrid (?)

Toledo/Avila, luglio del 1577 (?)

1. … Se qualche frate deve restare lì, vostra paternità gli raccomandi di aver poca dimestichezza con le monache. Badi, padre mio, che ciò è molto importante. E vorrei che neanche il licenziato ne avesse troppa, perché, pur essendo tutto assolutamente buono, tali bontà possono dar origine a ben malevoli giudizi da parte dei maliziosi, specialmente in questi piccoli paesi, come, del resto, in tutti gli altri.

2. Vostra reverenza creda che, quanto più vedrà le sue figlie lontane da rapporti assai particolari, tanto meglio sarà, anche per la tranquillità interna della casa. E vorrei che non se ne dimenticasse…